Richiami di anatomia
Il dolore al petto sinistro è un sintomo molto frequente, che può essere causato da svariate condizioni mediche, alcune più importanti altre meno.
Con il termine petto si intende genericamente la parte anteriore del torace, porzione anatomicamente delimitata tra
- l’estremità superiore dello sterno, le clavicole e la prima vertebra toracica superiormente
- e il diaframma inferiormente, muscolo a forma di cupola che divide il torace dall’addome.
La caratteristica forma del torace è dovuta alla gabbia toracica, una struttura ossea composta dalle dodici paia di coste, dallo sterno anteriormente e dalle dodici vertebre dorsali posteriormente. La gabbia toracica è poi ricoperta dai muscoli e dalla cute e internamente va a formare la cavità toracica, contenente al suo interno organi e apparati vitali per l’uomo tra cui spiccano:
- Aorta, la più grande e importante arteria del corpo umano
- Arteria polmonare con i suoi rami
- Dotto toracico, l’unico punto di contatto tra sistema linfatico e sistema cardiovascolare, dove la linfa si riversa nel sangue venoso
- Bronchi
- Polmoni
- Cuore
- Diaframma, muscolo su cui appoggiano i polmoni
- Timo, organo appartenente al sistema immunitario
- Tratto terminale della trachea
- Esofago
- Pleure, membrane che avvolgono i polmoni
- Nervi spinali toracici
- Nervo vago
- Vena cava inferiore e vena cava superiore, il più grande vaso venoso dell’organismo
- Vene polmonari.
Scorrendo l’elenco degli organi e delle strutture presenti appare subito chiara l’importanza della gabbia toracica in termini di capacità protettiva di quando vi è contenuto.
Quando preoccuparsi
In molti casi il dolore al petto sinistro è una manifestazione di condizioni mediche non gravi, come contratture o stiramenti muscolari conseguenti ad una attività sportiva particolarmente intensa, ma non è possibile ignorare le possibili cause legate a patologie cardio-polmonari più serie, talvolta anche pericolose per la vita, come l’infarto del miocardio. Va inoltre considerato che anche attacchi di panico o condizioni di stress molto importanti possono manifestarsi con dolore al petto sinistro, seppure in assenza di lesioni di strutture del torace o degli organi in esso contenuto.
Il dolore al petto sinistro può manifestarsi in diversi modi e descriverne le caratteristiche è particolarmente importante per aiutare il medico a comprendere se il dolore derivi da condizioni mediche banali o di emergenza, nonché per valutarne la possibile causa. Il sintomo può presentarsi come:
- localizzato, se si riesce a individuare distintamente la sede del dolore, o mal definito generalizzato e diffuso se si presenta su tutto il petto;
- intenso, lancinante, simile ad una fitta o una pugnalata, o più leggero, sordo, più simile ad un fastidio;
- persistente, quando è presente sempre, o come un dolore “che va e che viene”, che scompare e riappare nel tempo;
- conseguente a specifiche condizioni, ad esempio potrebbe insorgere e/o accentuarsi durante la respirazione profonda o in seguito al movimento del torace o del braccio, o al contrario essere indipendente da variazioni esterne, quando è presente sempre, anche in condizioni di riposo;
- acuto, quando il dolore compare all’improvviso, o cronico, quando il dolore è presente costantemente da molto tempo;
- irradiato, quando il dolore sembra seguire un decorso lungo un tratto del corpo, o localizzato unicamente in un determinato punto;
- associato ad altri sintomi, come febbre, nausea, tosse, tachicardia, respiro accelerato o superficiale, o essere l’unico sintomo.
Descrivere le caratteristiche del dolore è importante per il medico per comprendere la causa, ad esempio un dolore al petto sinistro molto intenso, simile ad una morsa che opprime il petto, che si irradia lungo il braccio sinistro e che peggiora al minimo sforzo fa immediatamente pensare al medico ad un possibile infarto del miocardio.
Inutile dire che sia proprio quest’ultima ipotesi, l’infarto, a destare le maggiori preoccupazioni; se nella maggior parte dei casi il dolore al petto non è segno di un attacco di cuore, si tratta comunque della prima ipotesi che viene messa alla prova in Pronto Soccorso, perché è potenzialmente la minaccia più immediata per la vita del paziente.
Di seguito vengono descritte le cause più frequenti di dolore al petto sinistro. Vengono inoltre riportate una breve descrizione clinica della patologia e i relativi principi generali di trattamento, ma per ulteriori dettagli si consiglia di fare riferimento all’articolo specifico della malattia in questione.
Dolori osteo-muscolari
I dolori osteo-muscolari sono in assoluto la causa più frequente di dolore al petto sinistro. Questo tipo di dolore compare quando siano presenti alterazioni di una o più d queste strutture:
- ossa,
- muscoli,
- articolazioni,
- legamenti,
- tendini.
Nella maggior parte dei casi sono causati da un eccessivo allenamento, in particolar modo in soggetti che praticano attività sportiva in maniera saltuaria o che riprendono dopo un lungo periodo di inattività. Questo può provocare lesioni più o meno importanti, come strappi, stiramenti o contratture. Se il dolore si localizza al livello del petto sinistro, i muscoli più probabilmente interessati sono il muscolo grande pettorale, il muscolo piccolo pettorale, i muscoli intercostali e i muscoli della cuffia dei rotatori della spalla.
Un dolore acuto a livello del petto sinistro, insorto dopo un trauma toracico e che peggiora con i movimenti, può essere causato anche da un’incrinatura o un frattura costale (vide infra), soprattutto in soggetti anziani od affetti da osteoporosi.
Gestione
Il dolore al petto sinistro di origine osteo-muscolare è diverso a seconda della causa e della gravità. Nella maggior parte dei casi migliora con il semplice riposo e, se mal sopportabile, può essere attenuato dall’uso di farmaci antidolorifici, come paracetamolo a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). In una minoranza di pazienti le lesioni muscolo-tendinee o fratture più serie possono necessitare anche dell’utilizzo di tutori o addirittura di interventi chirurgici.
Fratture costali
La frattura costale è l’interruzione parziale o totale dell’integrità di una costa, le principali ossa che, insieme allo sterno e alle vertebre toraciche, vanno a formare la gabbia toracica. Normalmente, un soggetto sano possiede dodici paia di coste, che si articolano posteriormente con le vertebre della colonna vertebrale. A seconda poi di come si articolano con lo sterno anteriormente, le coste possono essere suddivise in:
- Coste vere – sono le prime sette coste, e si articolano direttamente con lo sterno;
- Coste false o spurie – sono l’ottava, la nona e la decima costa. Non si articolano direttamente con lo sterno, ma si collegano con la cartilagine della costa superiore
- Coste fluttuanti – sono le ultime due coste, l’undicesima e la dodicesima. e non si articolano con lo sterno
La causa più frequente di frattura costale è il trauma toracico, come ad esempio in seguito a una caduta, un incidente stradale o un impatto durante sport di contatto. In alcune situazioni, come l’età avanzata, o in associazione ad alcune patologie, come l’osteoporosi o metastasi tumorali ossee, le ossa possono presentare alterazioni strutturali e diventare più fragili. In questi casi, anche movimenti banali, come torsioni brusche del busto, traumi più lievi e anche colpi di tosse profondi e frequenti possono causare fratture costali.
Il sintomo principale di una frattura costale è il dolore a livello della costa rotta. Viene descritto come un dolore molto intenso, trafittivo, che peggiora nettamente anche con piccoli movimenti del torace, come durante la respirazione profonda o la torsione del busto. Quando conseguente ad un trauma, la frattura costale può associarsi alla presenza di ematomi dell’area toracica interessata.
Le fratture delle coste possono essere di vari tipi, a seconda della gravità. L’interruzione della continuità ossea può essere parziale o completa. In alcuni casi, la costa interessata può anche essere semplicemente incrinata. Quando la frattura è completa, vi è la possibilità che possano verificarsi complicanze, alcune delle quali anche molto importanti e potenzialmente mortali. Queste si verificano in quanto il bordo frastagliato del segmento costale fratturato può lacerare gli organi circostanti. Tra le complicanze che si possono verificare ci sono:
- Emotorace – raccolta di sangue nello spazio pleurico
- Pneumotorace – raccolta di aria nello spazio pleurico
- Lacerazioni polmonari
- Lacerazione di vasi sanguigni di grosse dimensioni, come l’aorta
- Lesioni di milza, fegato o reni, soprattutto se vengono interessate le coste inferiori
Gestione
Nei casi meno complicanti la frattura costale guarisce spontaneamente dopo circa uno o due mesi con il semplice riposo. È importante durante questo periodo un adeguato controllo del dolore mediante l’uso di farmaci antidolorifici. Ridurre il dolore è importante tra le altre cose anche per mantenere un’adeguata respirazione profonda, in modo tale da evitare complicanze come la polmonite. Più raramente, in caso di fratture gravi scomposte e di complicanze associate, può essere necessario un intervento chirurgico.
Infarto del miocardio
L’infarto del miocardio, o attacco cardiaco, è una condizione di emergenza medica estremamente pericolosa per la vita, causata da una mancanza di flusso sanguigno al cuore per l’ostruzione di una o più arterie del cuore (coronarie). Senza flusso sanguigno le cellule vanno incontro progressivamente e rapidamente a morte (necrosi). Se il flusso sanguigno non viene ripristinato rapidamente, l’infarto può causare danni cardiaci permanenti e anche morte.
In caso di sospetto infarto non bisogna quindi ad esitare a chiamare i numeri di telefono dei servizi di emergenza, perché il tempo è fondamentale nel trattamento di un infarto e un ritardo anche di solo pochi minuti può fare la differenza tra la vita e la morte.
La stragrande maggioranza degli infarti del miocardio si verifica a causa di un blocco in delle arterie che alimentano che alimentano il cuore, le coronarie. Ciò accade più spesso a causa di una condizione definita aterosclerosi, una placca di tessuto lipidico e fibroso che può accumularsi all’interno della parete delle arterie. A volte, la placca aterosclerotica può andare incontro a rottura e innescare la formazione di un coagulo di sangue (o trombo), in grado di ostruire completamente o quasi l’arteria coronaria.
Molti sono i fattori che possono predisporre all’infarto del miocardio, ma spiccano in particolare:
- Età e sesso. Negli uomini il rischio di infarto aumenta notevolmente una volta superati i 45 anni, nelle donne dopo i 50 anni o dopo la menopausa.
- Storia familiare di infarto
- Mancanza di attività fisica
- Dieta con eccesso di zuccheri e grassi
- Fumo o uso di tabacco
- Consumo eccessivo di alcolici
- Diabete
- Obesità
- Pressione sanguigna alta (ipertensione)
- Colesterolo alto (iperlipidemia)
Il sintomo caratteristico dell’infarto del miocardio è il dolore toracico, molto intenso, descritto dai pazienti come una morsa che opprime il petto, inizialmente centralmente, dietro allo sterno, poi più tipicamente sul petto sinistro o sulla bocca dello stomaco, che peggiora con facendo sforzi.
Classicamente, in un secondo momento il dolore si irradia lungo il braccio sinistro.
Altre volte, anche se meno di frequente, il dolore si può irradiare le spalle, la schiena, il collo o la mandibola, anche contemporaneamente in tutte queste aree. Sebbene il dolore da infarto sia nella maggior parte dei casi molto intenso, in una minoranza di pazienti può essere anche molto più sfumato e mal interpretabile. Alcuni soggetti, inoltre, non manifestano sintomi, tipicamente quando affetti da patologie in grado di alterare le percezione della sensibilità come il diabete. In altri casi il dolore da infarto del miocardio può assomigliare a quello di un’indigestione e questi sono i casi più pericolosi, in quanto rischiano di far tardare la diagnosi.
Altri sintomi con cui si presenta tipicamente l’infarto sono:
- Respiro corto e/o difficoltà a respirare
- Nausea, vomito
- Palpitazioni
- Senso di ansia ed irrequietezza
- Aumento della sudorazione
- Sensazione di stordimento, vertigini o svenimento
- Cute pallida e fredda.
Diagnosi
In Pronto Soccorso si ricorre in genere a:
- Elettrocardiogramma, un esame rapido, economico e non invasivo che consente di valutare l’attività elettrica del cuore (una lesione si manifesta attraverso una conduzione anomala del segnale elettrico).
- Analisi del sangue, tra cui ad esempio la troponina.
- Radiografia del torace, che permette di valutare la condizione dei polmoni e la dimensione e la forma del cuore, nonché dei principali vasi sanguigni. Una radiografia del torace può anche rivelare problemi polmonari come la polmonite o un polmone collassato.
- TC: la tomografia computerizzata consente di individuare un coagulo di sangue nel polmone (embolia polmonare) o rilevare una dissezione aortica, condizioni differenti dall’infarto ma ugualmente pericolose.
Gestione
Trattare un infarto significa ripristinare il flusso sanguigno al muscolo cardiaco nel più breve tempo possibile; a questo scopo vengono solitamente usati:
- Ossigeno supplementare – per le persone che hanno difficoltà a respirare o con bassi livelli di ossigeno nel sangue
- Farmaci antiaggreganti, come l’aspirinetta o altri farmaci per fluidificare il sangue.
- Nitroglicerina – farmaco usato per alleviare il dolore al petto, in quanto potente vasodilatatore. Allargando i vasi sanguigni il sangue riuscirà in parte a passare lungo la coronaria ostruita
- Farmaci trombolitici – utilizzati per via endovenosa, determinano la rottura e la dissoluzione dei coaguli di sangue che si sono formati sulla placca
- Farmaci antiaritmici: gli attacchi di cuore possono spesso causare malfunzionamenti nel normale ritmo del battito cardiaco (aritmie), pertanto in alcuni casi c’è la necessità di usare questi farmaci
- Antidolorifici – l’antidolorifico più comune somministrato durante la cura dell’infarto è la morfina (oppiaceo).
Per ripristinare completamente l’afflusso di sangue all’arteria ostruita, si ricorre inoltre a:
- Angioplastica coronarica – questa procedura prevede l’utilizzo di un piccolo catetere introdotto e guidato lungo un vaso sanguigno periferico (solitamente l’arteria femorale), fino ad arrivare all’arteria coronarica, dove verrà gonfiata una struttura simile a un palloncino in modo da allargare il vaso colpito. Questa procedura prevede anche nella maggior parte dei casi il posizionamento di uno stent, una sorta di rete che aiuta a mantenere il vaso pervio e a prevenire il riformarsi dell’ostruzione.
- Bypass con innesto dell’arteria coronaria – riservato solitamente ai pazienti con gravi ostruzioni delle arterie coronarie. Questo intervento chirurgico prevede il prelievo di un vaso sanguigno da altre parti del corpo (di solito il torace, il braccio o la gamba) e il suo utilizzo per costruire un ponte che devii il sangue dalla porzione ostruita. Si crea così una strada alternativa attraverso la quale il sangue ossigenato raggiunge il muscolo cardiaco a valle dell’ostruzione coronarica.
Angina pectoris
L’angina pectoris è una patologia cardiaca che si verifica quando le coronarie cardiache non sono più in grado di rifornire adeguatamente il cuore di sangue ossigenato in relazione al lavoro che deve effettuare.
Nella maggior parte dei casi questo è causata dall’aterosclerosi delle arterie coronariche, una placca di tessuto lipidico e fibroso che può accumularsi all’interno della parete delle arterie. Questa, riducendo il calibro del vaso, diminuisce la quantità di sangue che può passarci all’interno. Più raramente la riduzione del calibro dell’arteria può essere determinata da altre cause, come uno spasmo della muscolatura liscia del vaso, che contraendosi ne riduce le dimensioni. Qualsiasi sia la causa, comunque, nel caso dell’angina pectoris la coronaria non è completamente occlusa, pertanto in condizioni di riposo, quando il cuore non ha bisogno di molto ossigeno, non darà tipicamente manifestazione di sé. La sintomatologia dell’angina pectoris compare invece in situazioni di sforzo, quando il cuore ha necessità di battere più velocemente e più energicamente e, pertanto, anche di una maggiore quantità di sangue ossigenato che la coronaria non è tuttavia più in grado di garantire a causa della parziale ostruzione.
- Quando la correlazione tra sforzo fisico e comparsa del dolore è ben nota e costante nel tempo, l’angina viene definita stabile.
- Quando invece il dolore è in progressivo peggioramento e compare anche per sforzi lievi in cui prima non si manifestava o addirittura compare a riposo, l’angina viene definita instabile. L’angina instabile è indice di un netto peggioramento del calibro del vaso e necessita di accertamenti medici il prima possibile.
L’angina pectoris si manifesta clinicamente come un senso di oppressione toracica precordiale, più comunemente localizzata a livello retrosternale o a livello del petto sinistro. Può avere vari gradi di intensità, che solitamente correlano con il grado di ostruzione coronarica. Può manifestarsi come un dolore più sfumato e mal definibile o essere un dolore acuto molto intenso.
- Nel caso dell’angina stabile, i sintomi compaiono in condizioni di sforzo, quando il cuore necessità di più sangue ossigenato, e impiegano qualche minuto a regredire da quando il paziente si mette a riposo dallo sforzo effettuato.
- Nel caso dell’angina instabile, questi sintomi possono essere presenti anche a riposo.
In alcuni casi il dolore può irradiarsi alla spalla e lungo il braccio sinistro, anche fino alle dita, alla schiena, al collo, alla mandibola e al braccio destro. Talvolta può essere percepita anche come una sorte di dolore gastrico, simile ad una indigestione.
Gestione
Gli obiettivi terapeutici del trattamento dell’angina pectoris sono
- Miglioramento della sintomatologia
- Prevenzione dell’insorgenza dell’infarto del miocardio
Per alleviare i sintomi, il farmaco più utilizzato è la nitroglicerina, un vasodilatatore in grado far aumentare l’apporto di sangue ossigenato a valle della coronaria parzialmente ostruita.
Per prevenire l’insorgenza dell’infarto del miocardio invece i farmaci che vengono più usati sono
- Farmaci antiaggreganti piastrinici (aspirinetta, clopidogrel, prasugrel, e ticagrelor): evitano l’insorgenza di trombosi sulla placca aterosclerotica che potrebbe determinare l’occlusione completa della coronaria.
- Beta-bloccanti: sono in grado di ridurre la pressione arteriosa sistolica, la frequenza cardiaca, la contrattilità e la gittata cardiaca, riducendo pertanto le richieste di ossigeno del muscolo cardiaco.
Quando l’ostruzione coronarica è molto importante e pone in serio pericolo la vita del paziente per una possibile insorgenza di infarto del miocardio o quando i sintomi non sono tollerabili e peggiorano nettamente la qualità della vita, si può decidere di andare incontro a interventi di rivascolarizzazione:
- Angioplastica coronarica – questa procedura prevede l’utilizzo di un piccolo catetere lungo un vaso sanguigno periferico (solitamente l’arteria femorale), in modo tale da arrivare all’arteria coronarica, dove verrà gonfiato una struttura simile a un palloncino in modo da allargare il vaso colpito. Questa procedura prevede anche nella maggior parte dei casi il posizionamento di uno stent, una sorta di rete, che aiuta a mantenere il vaso pervio e a prevenire il riformarsi dell’ostruzione
- Bypass con innesto dell’arteria coronaria – prelievo di un vaso sanguigno da un’altra sede corporea, come torace, braccio, gamba e suo utilizzo per costruire un ponte che devii il sangue dalla porzione ostruita
Pleurite
La pleurite è l’infiammazione delle pleure, le membrane che avvolgono i polmoni e rivestono internamente la cavità toracica. La pleura più interna viene chiamata viscerale, mentre quella più esterna parietale, sono in continuità l’una con l’altra e scorrono tra loro durante gli atti respiratori.
Nella maggior parte dei casi la pleurite è causata da un’infezione virale, più raramente invece può essere causata da
- infezione batterica
- propagazione di un’infezione polmonare (polmonite)
- embolia polmonare
- malattie autoimmuni, come ad esempio il lupus eritematoso sistemico (LES)
- tumore ai polmoni
- asbestosi
Quando le pleure sono infiammate, invece di scorrere normalmente l’una sull’altra, provocano una sorta di sfregamento, peraltro auscultabile anche con lo stetoscopio.
Molte volte la pleurite può essere complicata dalla formazione di versamento pleurico, un liquido che si va a collocare tra i due foglietti pleurici.
Il sintomo principale della pleurite è il dolore toracico, più frequentemente al petto, molto intenso, bruciante e fastidioso. Il dolore tende ad aumentare significativamente durante l’inspirazione e l’espirazione, soprattutto se profonde. Meno di frequente invece il dolore può essere fisso e sfumato.
In aggiunta al dolore, la pleurite si manifesta con:
- respiro corto e superficiale
- dispnea (difficolta respiratoria)
- tosse, nella maggior parte dei casi secca
- febbre
- perdita di peso
- stanchezza, spossatezza.
Gestione
La terapia della pleurite è diversa a seconda della causa che l’ha determinata. Se la causa è un’infezione virale, nei casi più lievi la risoluzione può essere anche spontanea, senza trattamento o con il semplice aiuto di farmaci antidolorifici (come FANS o paracetamolo); nei casi più impegnativi, invece, è necessaria l’aggiunta di antibiotici per evitare una sovrapposizione infettiva batterica.
Pericardite
La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la membrana che riveste il cuore. Il pericardio è formato da due porzioni, una più interna che riveste direttamente il cuore, chiamata pericardio viscerale, e una più esterna e fibrosa chiamata pericardio parietale.
La pericardite è causata nella maggior parte dei casi da un’infezione virale. I virus che più comunemente possono provocare pericardite sono
- coxsackievirus
- herpesvirus
- mumps virus
- virus dell’HIV.
In una minor parte dei casi, l’infiammazione del pericardio può essere dovuta da
- infezioni batteriche
- infarto del miocardio
- tumori
- malattie autoimmuni
- traumi toracici
- effetti collaterali di alcuni farmaci
- trattamenti con radiazioni.
Una comune complicanza della pericardite è la formazione di versamento pericardico, un accumulo di liquido che si va a localizzare tra la pozione viscerale e quella parietale del pericardio.
La manifestazione clinica più frequente della pericardite è la comparsa di dolore acuto a livello precordiale o retrosternale, che si può irradiare anche lungo le spalle, il collo o la schiena. Caratteristicamente il dolore tende ad attenuarsi se si sta seduti e piegati in avanti, mentre diventa più importante se si sta sdraiati o quando inspira ed espira profondamente.
Difficilmente il dolore al petto è l’unica manifestazione clinica di pericardite. Nella maggior parte dei casi, infatti, questo si manifesta anche con:
- febbre
- debolezza
- palpitazioni
- dispnea (difficoltà a respirare) mancanza di respiro
- tachipnea (aumento della frequenza respiratoria).
Gestione
Il trattamento della pericardite è diverso a seconda della causa. La gestione di una pericardite di origine virale, causa più frequente, si basa solitamente solo su farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). In alcuni casi può anche essere usata la colchicina, un altro farmaco antinfiammatorio. Solo raramente è invece necessario l’uso di farmaci steroidei (cortisone). In caso di infezione di origine batterica, è necessario ricorrere ad una terapia antibiotica.
Embolia polmonare
Con il termine embolia polmonare si fa riferimento all’ostruzione completa o parziale di un’arteria polmonare o di uno dei suoi rami da parte di un embolo. L’embolo è una sostanza solida che può avere varia natura, in grado di via viaggiare all’interno di un vaso sanguigno e bloccarne il flusso (embolia).
Nella maggior parte dei casi, l’embolia polmonare origina da una trombosi venosa profonda degli arti inferiori (TEV). A questo livello il trombo può rompersi e, tramite il circolo venoso, essere trasportato alla parte destra del cuore, che lo spingerà quindi all’interno delle arterie polmonari, ostruendole. Essendo i frammenti di trombo la causa più frequente di embolia polmonare, si parla spesso di trombo-embolia polmonare.
Più raramente, l’embolia polmonare può avere origine da:
- tessuto adiposo del midollo osseo – soprattutto in seguito a fratture di ossa lunghe (come il femore)
- frammenti di neoplasie (tumori),
- liquido amniotico
- aria – ad esempio risalita troppo rapida di sommozzatori (malattia da decompressione),
- alcuni microrganismi patogeni come parassiti (ad esempio tenia o filaria) o batteri (ad esempio batteri piogeni).
Normalmente, il sangue venoso, povero di ossigeno, viene trasportato al cuore destro mediante il circolo venoso. A questo punto, il ventricolo destro lo immetterà nelle arterie polmonari, che si divideranno progressivamente in arterie sempre più piccole, fino a dare vita ai capillari polmonari. Questi, avendo una parete molto sottile, sono in grado di eliminare anidride carbonica e arricchirsi nuovamente di ossigeno. Il sangue ossigenato verrà quindi trasportato tramite le vene polmonari al cuore sinistro, che lo pomperà nel sistema arterioso, il quale andrà a portare sangue ossigenato a tutti gli organi del nostro corpo. Quando un’arteria polmonare viene ostruita, come nel caso dell’embolia polmonare, il sangue non è in grado di ossigenarsi e di conseguenza tutto l’organismo andrà incontro ad una carenza di ossigeno, con conseguenze anche potenzialmente letali nel giro di poco tempo. Per questi motivi, l’embolia polmonare viene considerata un’emergenza medica e deve essere trattata il più tempestivamente possibile.
La gravità e i sintomi dell’embolia polmonare sono legate in particolar modo alle dimensioni dell’embolo, se particolarmente ridotte potrebbe anche manifestarsi solo con qualche sintomo sfumato o con nessun sintomo e venire degradato rapidamente grazie al sistema fibrinolitico.
I segni e i sintomi dell’embolia polmonare si manifestano invece in tutta la loro gravità quando l’embolo ha dimensioni sufficienti da ostruire un’arteria polmonare di medio-grande calibro. In questo caso si osserva:
- difficoltà a respirare (dispnea), con fame d’aria;
- dolore al torace – presenta un’insorgenza acuta, è particolarmente intenso, trafittivo, solitamente ben localizzabile ed aumenta con gli atti respiratori. Non si presenta in un’area caratteristica del torace, ma può comparire in qualsiasi punto, al petto, al fianco del torace o sulla schiena;
- pressione bassa (ipotensione);
- aumento della frequenza cardiaca (tachicardia);
- aumento del numero degli atti respiratori (tachipnea);
- tosse, talvolta con emissione di sangue (emottisi);
- perdita di coscienza (sincope);
- respiro superficiale;
- stato di agitazione;
- sudorazione profusa;
- colorazione bluastra della cute (cianosi)
Gestione
Gli obiettivi principali del trattamento dell’embolia polmonare sono:
- Degradare l’embolo, mediante l’utilizzo di farmaci fibrinolitici come streptochinasi, urochinasi e attivatore tissutale del plasminogeno o t-PA. In alcuni casi, è necessario effettuare una rimozione chirurgica dell’embolo dal vaso polmonare.
- Supporto di ossigeno, mediante ossigenoterapia
Inoltre, quando necessario, deve essere iniziata una terapia con anticoagulanti, per evitare l’insorgenza di recidive.
Mastite
La mastite è un’infiammazione del tessuto mammario. È più frequente nelle donne che allattano (mastite da allattamento), ma può verificarsi anche nelle donne che non stanno allattando e, in forme particolarmente rare, negli uomini.
Tra le cause più frequenti di mastite ci sono:
- Ostruzione di un dotto mammario. I dotti mammari (chiamati anche dotti galattofori o dotti lattiferi), sono un sistema ramificato di piccoli condotti che collega il capezzolo ai lobuli della ghiandola mammaria, dove si forma il latte. Nel caso in cui il seno non si dovesse svuotare completamente durante la poppata, uno dei dotti mammari può ostruirsi e questo può determinare l’infiammazione della ghiandola mammaria;
- Infezioni esterne della ghiandola mammaria – sono causate da batteri presenti normalmente sulla cute della seno o da batteri presenti nella bocca del neonato che possono entrare nei dotti mammari attraverso fissurazioni o lacerazioni della pelle o del capezzolo
La mastite si manifesta clinicamente con i classici sintomi dell’infiammazione. A livello della ghiandola mammaria si presenta dolore urente, descritto come bruciante, sempre presente e che peggiora durante l’allattamento. Il dolore può associarsi a:
- Gonfiore, rossore e calore del seno e della cute sovrastante
- Ispessimento del tessuto mammario, possono in alcuni casi essere percepiti alcuni noduli alla palpazione
- Stanchezza, spossatezza
- Talvolta febbre, anche superiore a 38 °C
Gestione
La risoluzione della mastite necessita dell’assunzione di antibiotici per eliminare il batterio che l’ha provocata. Durante questo periodo non è necessario sospendere l’allattamento. Se il dolore è troppo forte può essere utile l’uso di farmaci antidolorifici, come paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, esempio ibuprofene, in genere considerato compatibile anche con l’allattamento materno).
Altre cause di dolore al petto sinistro
- Acalasia esofagea
- Aneurisma dell’aorta
- Ansia–stress
- Ascesso polmonare
- Asma
- Attacchi di panico
- Bronchiectasie
- Cardiomiopatie
- Costocondrite
- Dissecazione dell’aorta
- Endocardite infettiva
- Enfisema polmonare
- Fibromialgia
- Fibrosi polmonare
- Infarto polmonare
- Ingestione di sostanze caustiche
- Ipertensione polmonare
- Ernia iatale
- Mesotelioma pleurico
- Miocardite
- Pericardite
- Pneumotorace
- Polmonite
- Reflusso gastroesofageo
- Rottura dell’esofago
- Sindrome di Tietze
- Timoma
- Tracheite
- Tubercolosi
- Tumore al polmone
- Tumori cardiaci
- Ulcera peptica
- Valvulopatie severe
- Versamento pleurico
Autore
Dr. Alberto Carturan
Medico ChirurgoIscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Padova n. 11890.
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