Che cosa sono le coronarie?
Le coronarie sono arterie che originano dalla prima porzione dell’aorta e che hanno la funzione di fornire sangue al muscolo del cuore.
Sono i vasi più spesso colpiti dall’aterosclerosi, una condizione caratterizzata dalla formazione di placche all’interno del lume del vaso sanguigno, con conseguente riduzione del flusso di sangue. La porzione di muscolo cardiaco a valle del punto in cui si trova la placca riceverà quindi poco ossigeno fino allo sviluppo, nei casi più gravi, dell’infarto del miocardio (cioè del muscolo del cuore).
L’aterosclerosi delle arterie coronariche è una delle patologie più frequenti nel mondo occidentale e sono ormai ben noti i fattori di rischio tra cui:
- fumo,
- pressione alta,
- obesità,
- diabete,
- sedentarietà.
I sintomi di una malattia alle arterie coronarie possono essere del tutto assenti fino agli stati più avanzati, ma è importante prestare attenzione ai segnali più allarmanti che richiedono un’urgente valutazione ospedaliera:
- dolore al torace avvertito dietro allo sterno (angina): può insorgere durante uno sforzo e ridursi subito dopo oppure può comparire a riposo,
- dolore al torace che si irradio al braccio sinistro e/o destro, al collo e/o alla mandibola,
- dolore avvertito a livello dello stomaco con sudorazione intensa,
- difficoltà respiratorie.
In ospedale, in caso di presenza di quest sintomi, verranno eseguiti
- una scrupolosa visita,
- esami del sangue per valutare l’eventuale danno del muscolo cardiaco,
- un elettrocardiogramma.
In caso di persistenza di dubbi sulla diagnosi può essere finanche richiesta un’ecocardiografia, esame utile a valutare il corretto movimento del cuore.
Come intervenire se le coronarie sono ostruite?
Esistono diverse modalità di intervento nel caso si riconosca come causa dei sintomi un’ostruzione delle arterie coronarie:
- PTCA (angioplastica coronarica transluminale percutanea) detta anche comunemente angioplastica con stent: attraverso una puntura dell’arteria radiale che passa a livello dell’avambraccio viene introdotto un piccolo catetere, condotto poi dallo specialista fino alle coronarie. Una volta che il catetere si trova in corrispondenza della placca viene applicato uno stent, una sorta di palloncino che mantiene pervio il lume dell’arteria.
- Fibrinolisi: quando non si può eseguire l’angioplastica in tempo si può decidere di somministrare farmaci che “sciolgono” il coagulo di sangue che si forma sulla placca.
- Bypass: si tratta di una tecnica cardiochirurgica che ha come obiettivo quello di oltrepassare il punto in cui c’è la placca attraverso la creazione di un percorso alternativo per il sangue.
L’intervento di bypass coronarico reindirizza il sangue in un percorso diverso da quello bloccato per continuare a garantire un adeguato flusso sanguigno al muscolo cardiaco; la procedura prevede il prelievo di un vaso sanguigno sano dalla gamba, dal braccio o dal torace, che sarà posizionato in modo da creare un nuovo passaggio per il sangue.
Anche se la chirurgia di bypass coronarico non può curare la malattia cardiaca che ha causato la formazione dell’ostacolo, può alleviarne i sintomi (come dolore toracico e mancanza di respiro) oltre a migliorare la funzione cardiaca e ridurre il rischio di morire di malattie cardiache.
Quando è indicato il bypass?
La scelta del tipo di intervento è complessa, e si basa sempre su una discussione multidisciplinare tra il cardiologo e il cardiochirurgo.
In linea generale si preferisce il bypass se sono presenti alcuni fattori tra cui:
- Fattori medici:
- diabete,
- funzione cardiaca ridotta,
- precedente angioplastica fallita,
- controindicazioni alla somministrazione di farmaci antiaggreganti (come aspirina),
- fattori anatomici:
- presenza di una grande placca nel ramo principale di una arteria coronaria o coinvolgimento diffuso delle coronarie.
Preparazione all’intervento
Verranno eseguiti degli esami del sangue di routine, i cui risultati saranno poi discussi durante la visita anestesiologica; potrebbe essere richiesta una radiografia del torace ed esami aggiuntivi per la funzione cardiaca come, una ecocardiografia.
È necessario informare il personale sanitario riguardo l’assunzione di farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti.
Anestesia
L’intervento viene eseguito in anestesia generale.
Quanto dura l’intervento
Nella maggior parte dei casi l’intervento di bypass cardiocoronarico dura da 2 a 6 ore, variabili a seconda delle difficoltà tecniche.
Come avviene l’intervento
Esistono due tecniche:
- Tecnica tradizionale a cuore fermo: viene eseguita un’incisione per tutta la lunghezza dello sterno, fino ad esporre la regione del cuore. Successivamente, attraverso alcuni tubi, il cuore viene connesso con una macchina esterna e viene fermato: sarà la macchina che supplirà alle funzioni cardiache per tutta la durata dell’intervento. Il chirurgo deciderà se utilizzare come bypass un’arteria che si trova internamente al torace piuttosto che del braccio, o una vena della gamba: questi vasi verranno suturati a livello dell’arteria coronaria malata in modo da riportare il flusso sanguigno al muscolo cardiaco. Al termine la macchina esterna sarà svuotata dal sangue e il cuore ripartirà a battere regolarmente.
- Tecnica mini-invasiva a cuore battente: attraverso la medesima incisione della tecnica tradizionale, o attraverso incisioni più piccole, verrà eseguito lo stesso tipo di intervento senza però la necessità di fermare il cuore, fattore che lo rende più complicato da svolgere e per esempio non adatto ai casi in cui è necessario procedere in regime d’urgenza; i vantaggi di questo approccio consistono invece fondamentalmente in:
- riduzione del tempo necessario all’intervento,
- riduzione del rischio sanguinamento durante l’intervento chirurgico e di complicazioni in genere,
- tempi di ricovero più brevi.
Oggi, si tendono ad utilizzare maggiormente bypass arteriosi perché garantiscono una maggior durata nel tempo.
Ii vasi sanguigni usati per la creazione del bypass possono essere prelevati
- dalla gamba (vena safena),
- all’interno del torace (arteria toracica interna)
- o dal braccio (arteria radiale),
scelti perché altri vasi sanguigni fisiologicamente presenti in queste aree sono in grado di compensare adeguatamente la loro rimozione.
Il numero di vasi sanguigni utilizzati dipende dalla gravità della malattia coronarica e da quanti vasi sanguigni coronarici si sono occlusi (ecco perché talvolta si parla di doppio, triplo o quadruplo bypass).
In genere l’arteria toracica interna viene preferita perché in grado di garantire una maggior resistenza al restringimento nel tempo rispetto a quelle prelevate da gambe o braccia.
Tecnicamente si procede prima al prelievo dei vasi sostitutivi, per poi passare all’accesso cardiaco.
Dopo l’intervento
Nella maggior parte dei casi non si verrà risvegliati immediatamente dopo l’intervento, piuttosto il paziente sarà trasferito in un reparto di Terapia Intensiva Post-operatoria dove passerà alcune ore o alcuni giorni a seconda delle proprie condizioni. Qui, lentamente, il paziente verrà risvegliato ma sarà ancora costantemente monitorato, anche e soprattutto in termini di elettrocardiogramma.
Verranno somministrati analgesici per controllare il dolore.
Quando le condizioni cliniche saranno soddisfacenti, si verrà trasferiti in un reparto di degenza (cardiochirurgia o cardiologia) dove si terminerà il processo di cura e si avvierà il processo di riabilitazione cardiologia, qualora indicato.
Convalescenza
I tempi di convalescenza variano da persona a persona, ma generalmente dopo 2-3 giorni sarà possibile alzarsi e fare i primi passi con l’aiuto del personale infermieristico; dopo 1 settimana si potrà occuparsi autonomamente dell’igiene personale, mentre la dimissione avviene in genere dopo circa 7-10 giorni.
Nei giorni successivi all’intervento si potrà avvertire tosse con catarro: sono reazioni normali legate all’anestesia e al ricovero in terapia intensiva.
L’NHS inglese stima che mediamente servano:
- 24 ore per riuscire a sedersi,
- camminare dopo 3 giorni,
- fare le scale dopo 5 o 6 giorni,
- 12 settimane per recuperare completamente.
Dimissione
Alla dimissione, verrà prescritto un piano di riabilitazione cardiologica che generalmente dura 1 mese.
Verranno programmate delle visite di controllo cardiologiche e cardiochirurgiche, in cui sono previsti tra l’altro un elettrocardiogramma e un’ecocardiografia.
Sarà inoltre necessario:
- attenersi ad una scrupolosa terapia farmacologica volta a ridurre il rischio di nuovi episodi di aterosclerosi,
- impostare una dieta adeguata con l’aiuto del proprio medico curante,
- evitare il fumo.
Per le prime 3-6 settimane è normale sentirsi stanchi, perché l’organismo usa l’energia disponibile per guarire, ma anche se ci si sentisse bene è necessario non aver fretta di tornare precocemente al quotidiano:
- l’attività lavorativa può essere iniziata circa 1 mese dopo l’intervento,
- i tempi di ripresa della pratica di esercizio fisico devono essere attentamente valutati con il proprio medico curante o con il cardiologo.
Possono comparire piccoli fastidi per qualche settimana come
- perdita di appetito,
- stipsi,
- gonfiore o formicolio nel punto in cui è stato rimosso l’innesto del vaso sanguigno,
- dolore muscolare o mal di schiena,
- stanchezza e difficoltà a dormire,
- sbalzi d’umore.
È infine naturale che il tono dell’umore sia più basso del solito dopo un intervento chirurgico di bypass al cuore, ma nel corso delle settimane successive il recupero sarà completo.
Complicanze dell’intervento
I possibili rischi legati all’intervento di bypass sono comuni a quelli di tutti gli interventi di chirurgia maggiore:
- aritmie (in particolare esiste il rischio di fibrillazione atriale e conseguente tachicardia),
- ictus,
- insufficienza renale,
- insufficienza cardiaca,
- infarto durante o dopo l’intervento,
- insufficienza respiratoria,
- infezioni,
- embolia polmonare.
Quando chiamare il medico
È necessario rivolgersi al in ospedale se si presentano:
- febbre alta dopo la dimissione,
- fuoriuscita di materiale sieroso o purulento dalla ferita,
- gonfiore alle gambe e/o alla caviglia,
- difficoltà respiratoria,
- dolore toracico,
- formicolii o difficoltà a muovere gli arti o la bocca.
Fonti e bibliografia
- Linee guida ESC 2018
- Harrison’s Principles of Internal Medicine
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.