Introduzione
Il termine infarto viene di norma associato al cuore, ma si riferisce invece ad un fenomeno più generale in cui un tessuto od un organo vanno incontro a morte a causa di un’insufficiente apporto di sangue, ossigeno e sostanza nutrienti.
Grazie al doppio apporto di sangue ai polmoni, sia dalla circolazione bronchiale che dalla circolazione polmonare, questo tessuto è abbastanza resistente all’infarto; un’occlusione della circolazione bronchiale non provoca infarto, che tuttavia può comunque verificarsi quando la circolazione polmonare è bloccata e quella bronchiale non riesca a compensarla adeguatamente.
L’infarto polmonare è nella maggior parte dei casi una rara complicanza dell’embolia polmonare, una condizione medica grave che si verifica quando si ostruisce, a causa di un embolo, l’arteria polmonare principale od un suo ramo collaterale; quasi sempre si tratta di un piccolo coagulo di sangue proveniente dalle gambe, ovvero da una trombosi venosa profonda delle vene degli arti inferiori come la vena safena o la vena femorale, ma un embolo può anche essere costituito da colesterolo, grasso, corpo estraneo od essere una bolla d’aria, avendo in questi casi ovviamente una differente origine.
Un paziente su 10 con embolia polmonare, sviluppa un infarto polmonare, perdendo dunque la funzionalità di quella porzione di polmone, più o meno estesa, che non riceve più ossigeno e nutrienti a causa dell’embolo; nei restanti 9 casi altri vasi sanguigni arrivano a supporto di quello ostruito (come una sorta di bypass naturali) ad ossigenare il polmone ed evitarne la necrosi (cioè la morte).
Se la cura è tempestiva la risoluzione può essere completa: il coagulo si riassorbe, l’area di necrosi polmonare scompare ed al suo posto compare una cicatrice (fibrosi) priva di significato clinico. Il paziente guarisce e torna a respirare senza danni a lungo termine, salvo i rari casi con complicanze a causa della malattia di base.
Cause
L’embolia polmonare è sicuramente la causa più comune di infarto polmonare, che ne rappresenta una temibile complicazione; tra le altre condizioni che più raramente possono innescare un infarto a livello del polmone si annoverano tra l’altro:
- infezioni
- tumori
- conseguenze di interventi chirurgici
- amiloidosi
- Disordini ematologici come l’anemia falciforme
- vasculiti.
Fattori di rischio
Tra i fattori di rischio in grado di favorire lo sviluppo di infarto polmonare, in alcuni casi perché già fattori di rischio cardiovascolari o relativi allo sviluppo dell’embolia stessa, in letteratura vengono segnalati:
- scompenso cardiaco o altre gravi malattie del cuore
- BPCO
- Aterosclerosi severa
- Trombosi venosa profonda o predisposizione famigliare alle vene varicose
- Deficit congeniti della coagulazione
- Vizio del fumo
- Recenti interventi chirurgici, in particolare ortopedici
- Deficit motori con immobilizzazione prolungata
- Storia di lunga assunzione della pillola anticoncezionale
- Fratture
Sintomi
Un paziente con infarto polmonare manifesta uno o più dei seguenti disturbi:
- Dolore improvviso al petto violento e trafittivo che peggiora ad ogni respiro o colpo di tosse
- Tosse con emissione di muco e sangue (emottisi o emoftoe)
- Difficoltà severa a respirare
- Aumento della frequenza respiratoria
- Cianosi, ossia colorazione bluastra della pelle
- Febbre alta
- Infiammazione della pleura
- Emotorace
- Versamento pleurico
- Edemi agli arti inferiori con piedi e gambe gonfie e dolenti
Il paziente può sviluppare anche un crollo della pressione arteriosa ed aumento delle pulsazioni del cuore (tachicardia).
Conseguenze e complicazioni
Se un paziente con infarto polmonare non riceve tempestive ed adeguate cure, può andare incontro a gravi complicanze quali:
- recidive pericolose per la vita (fatali nel 50% dei casi)
- shock
- morte
Fortunatamente l’exitus è raro, ma la probabilità di morte aumenta se
- il tessuto polmonare andato in necrosi è particolarmente esteso (più del 50% del polmone)
- il paziente è emodinamicamente instabile, ossia presenti gravi disturbi polmonari, cardiaci o circolatori
- cure non adeguate per ritardi o errata diagnosi.
In questi casi la probabilità di morire per infarto polmonare può raggiungere il 25%.
Diagnosi
Per la diagnosi il medico si basa sulla raccolta anamnestica della storia clinica del paziente, sui sintomi riferiti ed i segni clinici rilevati dopo un accurato esame obiettivo; la conferma può avvenire anche grazie ad esami di laboratorio e strumentali, quali ad esempio:
- Esami del sangue, in particolare emocromo, test della coagulazione, D-dimero; il D-dimero, in particolare, è un prodotto di degradazione della fibrina, dunque un riscontro di suo accumulo nel sangue è suggestivo di trombosi in atto.
- TAC torace con mezzo di contrasto
- ECG
- Emogasanalisi
- Ecocolordoppler degli arti inferiori
- Scintigrafia polmonare
- Angiografia polmonare
Cura
Il coagulo deve essere mediante il ricorso a farmaci trombolitici, mentre il paziente viene ricoverato, messo a riposo assoluto a letto e supportato attraverso:
- Ossigeno
- Sedativi della tosse
- Antidolorifici, generalmente morfina per ridurre il dolore al petto e la difficoltà a respirare (dispnea)
- Antibiotici, per prevenire possibili infezioni
- Eparina, per evitare l’estensione della trombosi e come prevenzione di una possibile seconda embolia polmonare
Qualora
- la cura medica con farmaci trombolitici o eparina fosse controindicata, oppure
- il paziente non rispondesse alla terapia instaurata, oppure
- in presenza di un’embolia massiva, oppure
- il paziente avesse uno storico di precedenti embolie (recidive emboliche gravi)
si rende necessario l’intervento chirurgico, che prevede la rimozione del trombo per via endovascolare, mediante un catetere introdotto nell’arteria ostruita, e l’inserimento di filtri in grado di fermare l’eventuale risalita di altri trombi dalle gambe ai polmoni.
Autore
Dr.ssa Tiziana Bruno
Medico ChirurgoIscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Trapani n. 3439