Introduzione
La fibrosi polmonare è una patologia respiratoria cronica che colpisce i polmoni, che causa la sostituzione del normale tessuto polmonare con tessuto fibrotico-cicatriziale. La fibrosi polmonare fa parte del gruppo delle interstiziopatie polmonari, che colpiscono l’interstizio, ovvero lo spazio tra gli alveoli polmonari.
La fibrosi polmonare può essere:
- idiopatica (cioè senza una causa conosciuta),
- secondaria (con cause note).
I sintomi principali con cui si presenta sono:
- dispnea (sensazione di “fame d’aria” con respirazione difficoltosa),
- tosse secca non produttiva,
- respiro sibilante,
- dolore toracico.
Può essere diagnosticata attraverso:
- anamnesi ed esame obiettivo,
- esami radiologici (radiografia e TC del torace),
- prove di funzionalità respiratoria (spirometria ed emogasanalisi),
- biopsia polmonare.
Purtroppo la fibrosi polmonare è ad oggi una patologia incurabile, con sintomi gravi che peggiorano fino a condurre ad una insufficienza respiratoria cronica, che rappresenta la causa di morte più frequente. Le cure per questa malattia possono tuttavia
- alleviare i sintomi del malato,
- prevenirne le ricadute
- e prolungarne la sopravvivenza.
La sopravvivenza a 5 anni varia dal 30% al 50%.
Causa
La fibrosi polmonare è una malattia relativamente frequente, che colpisce nel Mondo circa 30 persone ogni 100.000. In Europa invece interessa fino a 10 persone su 100.000.
La malattia colpisce più comunemente tra i 30 e i 60 anni, soprattutto i soggetti di sesso maschile rispetto a quello femminile, perché maggiormente esposti ai fattori di rischio della malattia.
La fibrosi polmonare è classificabile dal punto di vista eziologico in:
- fibrosi polmonare da cause note,
- fibrosi polmonare senza apparente causa (idiopatica, la forma più comune).
Tra le cause note, o quantomeno legate a forti evidenze di correlazione, ricordiamo:
- esposizione ed inalazione a:
- polveri inorganiche di silicio, amianto,altri metalli pesanti,
- polveri organiche in ambito agricolo/allevamento (che causano le polmoniti da ipersensibilità),
- fumo;
- farmaci (chemioterapici, alcuni antibiotici, alcuni antinfiammatori come rituximab e sulfasalazina);
- radioterapia del torace per tumori del polmone, della mammella, linfoma, …;
- altre malattie:
- patologie autoimmuni (artrite reumatoide, lupus, sclerodermia, sindrome di Sjogren, …),
- sarcoidosi,
- infezioni respiratorie da:
- virus come il citomegalovirus,
- batteri come il micobatterio della Tubercolosi,
- funghi o parassiti.
A prescindere dalla causa, in caso di fibrosi quello che si verifica a livello polmonare è una deposizione anomala del collagene associata ad una infiammazione cronica. Questi processi portano a modifiche anatomiche e funzionale del polmone che conducono a:
- aumento del lavoro respiratorio,
- aumento della frequenza respiratoria,
- ipossiemia (diminuzione della concentrazione di O2 nel sangue),
- ipercapnia (aumento della concentrazione di CO2 nel sangue).
Fattori di rischio
Sono numerosi i fattori di rischio associati a questa patologia, tra cui il più importante è sicuramente il fumo: fumare o aver fumato nella propria vita porta ad un raddoppio del rischio di sviluppare la malattia. A seguire abbiamo:
- età (dopo i 65 anni il rischio di ammalarsi aumenta notevolmente),
- essersi sottoposti a radioterapia per tumori al polmone o alla mammella,
- lavoratori in ambito agricolo, metallurgico, minatori, carpentieri e muratori (a causa dell’esposizione a polveri di metallo, legno, silicio, carbone, …),
- casi di fibrosi polmonare in famiglia (esiste una forma familiare della patologia),
- infezioni a carico del polmone (polmoniti da citomegalovirus, tubercolosi).
Anche la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) è considerata come possibile fattore di rischio per lo sviluppo di fibrosi polmonare, a causa delle piccole gocce di acido che risalgono dallo stomaco e che possono raggiungere i polmoni, danneggiandoli.
Sintomi
I sintomi della fibrosi polmonare sono:
- dispnea (sensazione di “fame d’aria” con respirazione difficoltosa), che può essere a sua volta:
- da sforzo, cioè a seguito di attività fisica (nelle fasi iniziali della malattia),
- a riposo (nelle fasi finali della malattia),
- tosse secca non produttiva,
- respiro sibilante,
- dolore toracico,
- malessere e affaticamento,
- diminuzione appetito e perdita di peso.
Più raramente possono essere presenti anche:
- febbricola,
- dolori muscolari e articolari,
- emottisi (emissione di sangue dalle vie respiratorie, solitamente attraverso un colpo di tosse).
Complicazioni
A lungo termine si possono presentare una serie di complicanze che condizionano negativamente il quadro clinico del paziente e la sua qualità di vita. Le più importanti sono:
- ipossiemia e ipercapnia (diminuizione di O2 e aumento di CO2 nel sangue) valutabili con un’emogasanalisi,
- pneumotorace (anomala presenza di aria nel cavo pleurico che impedisce la normale espansione del polmone),
- cianosi (colorazione bluastra di cute e mucose),
- ipertrofia dei muscoli accessori della respirazione,
- ipertensione polmonare,
- ippocratismo digitale (dita di mani e piedi con una forma che ricorda la bacchetta di un tamburo).
Queste complicanze, insieme all’insufficienza respiratoria cronica, possono portare poi alla morte del paziente dopo diversi anni di malattia.
Diagnosi
Dinanzi al sospetto di una fibrosi polmonare, va eseguito un iter diagnostico che prevede:
- Anamnesi: L’anamnesi consiste nella ricostruzione da parte del medico di tutta la storia clinica, lavorativa e familiare del paziente. In questa fase potrà essere accertata la presenza di eventuali fattori di rischio e il loro possibile coinvolgimento nello sviluppo della malattia:
- Esame obiettivo: L’auscultazione del torace con lo stetofonendoscopio evidenzia rantoli crepitanti, soprattutto alle basi polmonari. Sarà evidente anche la fatica nel respirare da parte del paziente con atti respiratori più numerosi ma più superficiali.
- Emogasanalisi: All’esordio si rileva ipossiemia con normocapnia. Nelle fasi più avanzate compare anche l’ipercapnia. Tuttavia, qualora nel quadro clinico predomini solo una dispnea da sforzo, i risultati dell’emogasanalisi possono risultare normali.
- Indagini radiologiche: La radiografia del torace può porre subito il sospetto di fibrosi polmonare qualora si evidenzino quadri tipici come alterazioni radiografiche “a nido d’ape”; la sua specificità rimane tuttavia bassa e quindi richiede l’esecuzione di una TC Torace. La TC è il gold-standard per la diagnosi di questa malattia. Può rilevare quadri di fibrosi polmonare anche quando non ci sono sintomi, quindi in fase precoce. Riesce a descrivere accuratamente l’aspetto morfologico e topografico delle lesioni tipiche, fungendo anche da guida per l’eventuale biopsia polmonare. Inoltre dalla TC si potrà risalire al grado di attività della malattia e quindi della sua prognosi.
- Test di funzionalità respiratoria: Sono semplici test che valutano la funzionalità polmonare:
- spirometria (valuta la capacità inspiratoria ed espiratoria del polmone, cosi come la pervietà delle vie aeree),
- ossimetria (consiste nel misurare la concentrazione di O2 nel sangue tramite il saturimetro, un piccolo e maneggevole strumento che viene inserito al dito tramite una “pinza”. Normalmente la saturazione si attesta su valori superiori al 95%, ed in caso di fibrosi tende a scendere al di sotto del 90%),
- test da sforzo (valuta le variazioni di respirazione, pressione arteriosa e frequenza cardiaca durante uno sforzo fisico, come una corsa sul tapis-roulant).
- Fibrobroncoscopia: È un esame che permette la visualizzazione delle vie aeree fino ai più piccoli bronchi, tramite uno strumento flessibile dotato di telecamere che viene inserito a livello nasale o della bocca. Durante questo esame è possibile eseguire il BAL (Lavaggio bronchio-alveolare) che consiste nell’iniettare tramite il broncoscopio pochi millilitri di soluzione fisiologica nelle vie aeree che viene subito risucchiata dallo stesso strumento; cosi facendo si aspirano anche diversi campioni di cellule la cui analisi citologica può permettere in molti casi di risalire alla causa che ha scatenato la patologia.
- Biopsia polmonare: Qualora tutti gli esami precedenti siano risultati insufficienti per arrivare ad una diagnosi di certezza, si potrà optare per la biopsia polmonare, con la quale si prelevano alcuni frustoli di tessuto polmonare che potranno poi essere analizzati istologicamente. È un esame invasivo la cui indicazione va attentamente valutata, visto che seppur col minimo rischio, ci possono essere gravi complicanze (emottisi, pneumotorace).
- Consulenza genetica: Molti casi di fibrosi polmonari hanno familiarità, cioè una certa tendenza a presentarsi nell’albero genealogico di un individuo. Negli ultimi tempi sono state scoperte le principali alterazioni genetiche che causano questa forma di fibrosi polmonare familiare, perciò una consulenza genetica permetterà di scoprire il rischio di ammalarsi di un individuo, anticipando così la diagnosi e aumentando la possibilità di un trattamento efficace.
Cura
La prognosi per la fibrosi polmonare è purtroppo negativa. Non esiste una cura definitiva che porti a guarigione completa, ma solo trattamenti di vari tipo che aiutano ad allontanare i sintomi, evitare le ricadute di malattia, e migliorare la qualità di vita dei pazienti aumentandone dove possibile la sopravvivenza.
Qualora la causa della fibrosi polmonare sia nota, la terapia consiste:
- nell’allontamento di quel fattore causale (polveri organiche o di metalli, farmaci, …),
- terapia antibiotica in caso di malattia infettiva (tubercolosi e altri tipi di polmoniti).
Se la causa è invece sconosciuta, la terapia consiste in:
- corticosteroidi (prednisone, desametasone, …),
- farmaci immunosoppressori (ciclofosfamide, metotrexato).
È importante porre attenzione per queste due categorie di farmaci agli effetti collaterali che possono essere anche gravi (osteoporosi, morbo di Cushing, aplasia midollare, danni renali ed epatici, obesità e diabete, ipertensione, …).
In pazienti selezionati che non hanno risposto a nessuna terapia farmacologica si può pensare al trapianto polmonare, che tuttavia è una possibilità non scevra da rischi gravi.
La terapia non farmacologica si avvale di:
- ossigenoterapia (somministrare O2 riesce a contrastare efficacemente l’ipossiemia tipica di questa patologia),
- riabilitazione respiratoria (esercizi aerobici che vanno da una corsa in bicicletta ad una semplice camminata, diminuiscono la dispnea e la difficoltà respiratoria migliorando la qualità di vita del paziente).
La gestione del paziente e della sua patologia prevede un follow-up piuttosto stretto con rivalutazioni periodiche ogni 3-6 mesi. Ad ogni nuova visita verranno ripetuti esami strumentali (come la spirometria ed eventualmente la TC del torace) e l’emogasanalisi. Verrà valutata la qualità di vita del paziente e l’eventuale necessità di ossigenoterapia.
Prevenzione
Alcuni accorgimenti utili per prevenire la comparsa della malattia possono essere:
- smettere di fumare ed evitare il fumo passivo,
- vaccinarsi periodicamente contro l’influenza,
- usare mascherine protettive in caso di lavoro che prevede il contatto con polveri organiche o metalliche.
Fonti e bibliografia
- Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1-2 (17’Ed. McGraw Hill 2009).
- Malattie dell’apparato respiratorio II edizione. E. Gramiccioni, M. Loizzi, M.P. Foschino Barbaro, O. Resta, F. Sollitto. (Edizioni Minerva Medica Torino 2008).
Autore
Dr. Ruggiero Dimonte
Medico ChirurgoIscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Barletta-Andria-Trani n. 2130