Che cos’è la polmonite interstiziale?
Il termine polmonite interstiziale fa riferimento ad un gruppo di malattie polmonari che comprende più di 200 condizioni, tutte caratterizzate e accomunate dalla presenza di infiammazione e tessuto fibrotico attorno agli alveoli – in quella zona chiamata “interstizio”.
Gli alveoli sono strutture simili a piccoli sacchi, all’interno dei quali si raccoglie l’aria inspirata e la cui sottile parete risulta fondamentale per trasferire ossigeno al sangue, essendo circondati da una fitta rete di capillari.
La progressiva sostituzione del tessuto normale con quello fibrotico, molto simile a quello cicatriziale, impedisce agli alveoli la necessaria espansione, riducendo quindi la quantità di aria che possono contenere; al tempo stesso la barriera che li separa dai vasi sanguigni aumenta di spessore, determinando in ultima analisi un ridotto passaggio di ossigeno nel sangue.
Cause
Le patologie interstiziali polmonari sono numerose e tra le più comuni si annoverano:
- fibrosi polmonare idiopatica, così detta perché non se ne conosce la causa;
- pneumoconiosi, come l’asbestosi, la silicosi e la pneumoconiosi dei lavoratori di carbone. Al contrario della fibrosi idiopatica, in questo caso si riconosce come fattore scatenante l’infiammazione – e quindi il deposito di tessuto fibrotico cicatriziale – l’esposizione a specifiche polveri, rispettivamente l’amianto, la silice e il carbone;
- malattie interstiziali legate alle connettiviti, patologie autoimmuni del tessuto connettivo che coinvolgono diversi distretti corporei, tra i quali anche i polmoni. Troviamo in questa categoria il Lupus Eritematoso Sistemico, la Sclerodermia e la sindrome di Sjogren;
- fibrosi polmonare familiare, nella quale si riconosce una ereditarietà;
- polmonite da ipersensibilità, provocata dalla reazione conseguente all’inalazione di allergeni o irritanti;
- sarcoidosi, caratterizzata dalla formazione di piccoli ammassi di cellule infiammatorie a livello polmonare (ma anche di altri organi, tra cui cervello e cuore).
Al di là di questi esempi specifici, se consideriamo nel complesso il vasto numero di malattie interstiziali dei polmoni, possiamo quasi sempre riconoscere alla base uno di questi tre meccanismi:
- autoimmunità, fenomeno che si realizza quando il sistema immunitario riconosce come estranei componenti del nostro stesso organismo. Ciò accade in varie malattie, come il lupus, le vasculiti, l’artrite reumatoide o la sclerodermia – solo per citarne alcune;
- inalazione di sostanze tossiche, quali proteine di derivazione animale, amianto, carbone, silice o fumo di tabacco;
- effetti avversi di farmaci, in soggetti predisposti. Tra essi sono inclusi alcuni antibiotici, antinfiammatori, chemioterapici o medicinali per il cuore. Vengono poi considerati come parte di questa categoria, poiché il meccanismo è molto simile, anche gli effetti collaterali di sostanze d’abuso come l’eroina.
Va ricordato comunque che non in tutte le polmoniti interstiziali possono essere riconosciute delle cause specifiche, dal momento che spesso si tratta di forme ad origine sconosciuta (malattie “idiopatiche”).
I sintomi della polmonite interstiziale
I sintomi delle polmoniti interstiziali non sono particolarmente specifici, essendo in gran parte sovrapponibili ad altre patologie polmonari in cui si osservi la diminuzione dell’ossigeno circolante nel sangue.
Tra i sintomi più comuni figurano:
- tosse secca,
- sensazione di mancanza di respiro, soprattutto durante l’esercizio fisico,
- stanchezza,
- debolezza,
- perdita di peso,
- riduzione dell’appetito,
- difficoltà nella respirazione,
- dolore o fastidio a livello del torace.
Prognosi ed aspettativa di vita
La gravità della polmonite interstiziale dipende sia dal tipo di malattia che dallo stato di salute generale del soggetto. La fibrosi polmonare idiopatica è una di quelle in cui la prognosi è peggiore, tanto che la sopravvivenza media – pur potendosi prolungare grazie all’utilizzo dei farmaci – è attorno ai tre-cinque anni dalla diagnosi. Molte altre forme, come la sarcoidosi, possono invece godere di una prognosi migliore, con una speranza di vita sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale.
Diagnosi
Oltre alla raccolta dell’anamnesi – che consiste nella storia del paziente, utile per orientarsi su quelle che potrebbero essere eventuali cause – e dei sintomi, per la diagnosi sono essenziali altre metodiche di indagine.
In primis, vengono eseguiti dei test per la funzionalità respiratoria, come la spirometria o il test di diffusione del monossido di carbonio:
- Nel primo caso, al paziente viene chiesto di inspirare e poi espirare all’interno di un boccaglio collegato ad un computer, ottenendo un grafico che mostra importanti dati circa i volumi in entrata e uscita dai polmoni – che in queste malattie restrittive sono sempre ridotti.
- Nel secondo esame si sfrutta il monossido di carbonio per capire quanto adeguatamente avvengano gli scambi tra l’aria e il sangue a livello degli alveoli polmonari – che se sono circondati da tessuto fibroso, porteranno ad una diminuzione di questi e quindi della diffusione del monossido di carbonio usato nel test.
Questi test possono aiutare nella diagnosi di polmonite interstiziale, ma non consentono di determinarne il sottotipo specifico, necessità che può essere soddisfatta mediante la diagnostica per immagini:
- la radiografia convenzionale, eseguita in genere in primo livello, può facilitare il riconoscimento del quadro,
- ma è con la TAC – molto più sensibile nel mostrare i dettagli dell’interstizio polmonare e le sue eventuali alterazioni – che si può davvero ottenere una diagnosi più accurata e specifica.
Infine, qualora fossero necessarie ulteriori informazioni, specialmente nel caso in cui gli esami finora descritti siano di esito dubbio, si può ricorrere anche all’esecuzione di una biopsia, di solito mediante la raccolta di campioni multipli di tessuto polmonare.
Cura
Poiché la polmonite interstiziale è nella pratica clinica non una singola malattia, ma un variegato insieme di condizioni, le terapie sono almeno in parte variabili a seconda della forma sviluppata, ad esempio:
- nei pazienti in cui sia possibile individuare un’esposizione professionale a specifiche sostanze diventa necessario evitare quello specifico ambiente,
- qualora il sospetto cada su un farmaco, questo dev’essere interrotto.
Generalmente il paziente richiede anche una terapia di supporto, volta tra l’altro ad alleviare la sintomatologia o a bloccare, o quantomeno rallentare, la progressiva sostituzione fibrotica (che è purtroppo permanente):
- supporto di ossigeno, principalmente per ridurre la sensazione di mancanza del respiro;
- farmaci antinfiammatori, come il prednisone;
- medicinali immunosoppressori – capaci quindi di bloccare l’attività del sistema immunitario;
- antifibrotici, per evitare la deposizione di ulteriore tessuto fibroso nell’interstizio.
- riabilitazione polmonare, di solito eseguita con l’aiuto di fisioterapisti, che insegnino al soggetto come aumentare il volume di aria introdotta nei polmoni.
Più raramente, e solo in casi estremamente selezionati e gravi, può essere proposto anche un trapianto di polmoni.
Opportuno sottolineare, inoltre, come alcuni accorgimenti possano aiutare molto il miglioramento dei sintomi e l’efficacia dei farmaci, come l’astensione dal fumo, una dieta ben bilanciata al fine di non perdere troppo peso, l’esercizio fisico e sottoporsi a tutte le vaccinazioni raccomandate.
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Iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Vicenza n. 6758.
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