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Introduzione
La COVID-19 è una malattia infettiva respiratoria causata dal virus denominato SARS-CoV-2.
I segni e sintomi della malattia possono comparire da due a 14 giorni dopo l’esposizione (tempo d’incubazione, mediamente pari a 3-4 giorni nel caso della variante Omicron) ed i più comuni sono
Piuttosto caratteristico, ma ad oggi decisamente meno frequente, è inoltre lo sviluppo di disturbi del gusto o dell’olfatto (da una modesta riduzione fino alla totale perdita, seppure temporanea).
L’infezione può manifestarsi accompagnata da numerosi altri sintomi, ma è importante sottolineare come nel complesso la malattia possa decorrere in modo del tutto asintomatico (priva cioè di una qualsiasi manifestazione) fino a quadri di polmoniti potenzialmente fatali che richiedono l’immediata ospedalizzazione del soggetto in terapia intensiva, dove sottoporlo tra l’altro a ventilazione meccanica.
È ad oggi sostanzialmente indistinguibile dall’influenza stagionale.
Le persone anziane corrono un rischio maggiore di sviluppare forme gravi da COVID-19, rischio che aumenta con l’età. Anche i pazienti affetti da condizioni mediche pre-esistenti sono esposte con maggior probabilità allo sviluppo di complicazioni
Alla luce di queste considerazioni appare quindi chiaro di come, parlando di farmaci per la cura di COVID-19, non si possa fare a meno di distinguere le diverse casistiche.

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Cosa fare a casa
A fronte di una diagnosi di COVID-19 il paziente viene invitato ad isolarsi a casa secondo le disposizioni di legge; in questa fase è raccomandato comunicare telefonicamente la condizione al proprio curante e rimanere in contatto con lui/lei fino alla risoluzione dell’infezione, seguendone scrupolosamente le indicazioni e segnalando qualsiasi variazione rilevante della condizione di salute.
Molti pazienti sviluppano fortunatamente forme lievi, spesso paragonate all’influenza stagionale o recentemente al raffreddore, e per questo necessitano al più di un trattamento esclusivamente sintomatico, mirato quindi esclusivamente ad alleviare i sintomi, che tipicamente prevede
- Antipiretici/Antidolorifici/Antinfiammatori (ibuprofene o paracetamolo, ad esempio)
- Riposo
- Assunzione costante di liquidi per prevenire la disidratazione
- Regolare nutrizione, soprattutto in pazienti anziani ad alto rischio di riduzione di massa muscolare (sarcopenia) è necessario un regolare consumo di alimenti proteici
- Promozione per quanto possibile del mantenimento in casa di una certa attività fisica (riducendo per quanto possibile l’allettamento), anche nell’ottica di prevenzione di eventi tromboembolici.
Con circolare del 26 aprile 2021 veniva confermata l’appropriatezza della vigile attesa, intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente.
In caso di tosse l’NHS inglese consiglia di
- evitare di sdraiarsi sulla schiena, meglio invece rimanere in posizione più eretta o sdraiati sul fianco;
- assumere un cucchiaino di miele (TASSATIVAMENTE VIETATO al di sotto dei 12 mesi di età).
Antifiammatori o paracetamolo?
Il paracetamolo, spesso conosciuto con il nome commerciale di Tachipirina®, è un farmaco che ha azione prettamente antidolorifica ed antifebbrile, con un effetto antinfiammatorio sostanzialmente trascurabile. Alcuni Autori ritengano preferibile orientare la scelta verso un antinfiammatorio (ibuprofene, ma spesso vengono nominati anche aspirina e nimesulide) allo scopo di prevenire l’abnorme risposta antinfiammatoria tipica di molti quadri complicati (tempesta di citochine), e ad oggi nessun organismo nazionale ed internazionale esprime preferenze in merito (elenco non esaustivo):
Vale tuttavia la pena di segnalare un articolo pubblicato su TheLancet a firma del Dr. Remuzzi (già impegnato nella ricerca in passato, si veda ad esempio la pubblicazione su EClinicalMedicine di un interessante lavoro) che raccoglie importanti prove dell’utilità di preferire antinfiammatori rispetto al paracetamolo, suggerendo in particolare di
- intervenire fin dall’esordio dei sintomi (a casa), dopo aver contattato il medico ed eventualmente anche prima dell’esito del tampone;
- optare per molecole COX-2 selettive (come celecoxib o nimesulide).
In ultima analisi la scelta viene quindi in genere condotta in accordo con il proprio medico curante, tenendo eventualmente in debito conto le preferenze soggettive e la storia clinica del paziente, che potrebbero orientare la scelta verso il paracetamolo o verso i FANS a seconda dei casi.
Vale la pena notare che, se agli esordi della diffusione pandemica erano emersi dubbi su una possibile correlazione tra l’uso di FANS (antinfiammatori) e un aggravamento delle condizioni di salute, queste hanno trovato smentita nel Maggio 2020 a seguito di una comunicazione ufficiale dell’EMA.
Saturimetro
Sebbene non si tratti di un farmaco, può essere precauzionalmente consigliato al paziente di monitorare la saturazione dell’ossigeno del sangue mediante un saturimetro da dito.
Queste raccomandazioni hanno validità generica per tutti i pazienti che non siano in condizioni critiche, ma che anzi si riconoscano in infezioni lievi e moderate (circa l’80%, forse ad oggi anche di più); per pazienti a casa ma in condizioni diverse (ad esempio provenienti dall’ospedale ma non pienamente ripresi, con e senza necessità di ossigeno) le raccomandazioni sono più specifiche, ad esempio le linee guida americane segnalano che i pazienti con dispnea, ovvero fame d’aria ed affanno, possono trarre beneficio dal
- riposo in posizione prona (pancia in giù) piuttosto che in posizione supina
- ricorso ad esercizi respiratori.
In questi pazienti l’assunzione di farmaci viene gestita in maniera più stringente dal curante, in genere in prosecuzione delle terapie prescritte in ospedale.
Cosa NON fare a casa
Si raccomanda di valutare con il proprio medico il ricorso a qualsiasi altro farmaco, evitando in particolare l’assunzione autonoma di principi attivi quali:
- Ivermectina: spesso suggerita in contesti poco professionali, è fermamente sconsigliata dall’EMA al di fuori di ristretti contesti di ricerca; seppure esistano alcune evidenze incoraggianti, ad oggi non disponiamo ancora delle necessarie prove che dimostrino un rapporto rischio/benefico chiaramente favorevole;
- Idrossiclorochina: il contesto è simile a quanto appena descritto per l’ivermectina, se inizialmente la molecola è emersa alla pubblica attenzione, peraltro in base ad evidenze piuttosto traballanti, numerosi successivi studi hanno mostrato che non è un farmaco efficace né utile contro la COVID-19, perché:
- non riduce la mortalità,
- non riduce il numero di pazienti che necessitano di ventilazione assistita
- ed anzi è associata ad un sensibile rischio di effetti indesiderati.
Cosa fare dietro prescrizione medica
- Corticosteroidi (cortisone): ne è sconsigliata l’assunzione in autonomia come cura domestica, se non espressamente prescritta dal curante (vide infra);
- Eparine: Si tratta di un farmaco da assumere solo dietro indicazione medica, a scopo di profilassi degli eventi trombo-embolici nel paziente allettato o con ridotta mobilità;
- Antibiotici: la malattia COVID-19 è un’infezione virale e, per questa ragione, di per sé del tutto insensibile all’azione degli antibiotici come l’azitromicina. Esistono alcune eccezioni (vide infra), ma la cui valutazione è di stretta competenza medica, anche per evitare di peggiorare la drammatica piaga delle resistenze batteriche.
- Antivirali: Anche in questo caso si tratta di farmaci prescritti dal medico in specifiche condizioni, tipicamente pazienti ad alto rischio di progressione severa (vengono approfonditi in seguito).
Azitromicina
L’azitromicina è un antibiotico che trova applicazione nella terapia di infezioni batteriche delle alte e basse vie respiratorie, del cavo orale, della cute e dei tessuti molli e nelle infezioni uro-genitali.
Ad oggi l’azitromicina non gode di evidenze di efficacia incontrovertibili nel trattamento dell’infezione da nuovo coronavirus, ad esempio una review pubblicata sulla prestigiosa rivista Lancet conclude che “i risultati non giustificano l’uso di routine dell’azitromicina per ridurre i tempi di recupero o il rischio di ricovero in ospedale per le persone con sospetto COVID-19”.
Il ricorso ad azitromicina (od altri antibiotici) è quindi giustificato solo in caso di sovrainfezione batterica, ovvero di sviluppo di un’infezione batterica (ad esempio polmonare) nel paziente affetto da COVID-19.
Antivirali
Sono ad oggi disponibili tre antivirali per la prescrizione domiciliare
- remdesivir,
- nirmatrelvir/ritonavir
- molnupiravir.
Sono disponibili per il trattamento di soggetti adulti con COVID-19 che non necessitino di ossigenoterapia supplementare, ma che siano ad elevato rischio di complicazioni, presentando cioè una forma di grado lieve-moderato ed almeno uno tra i principali fattori di rischio (patologia cronica, immunodeficienza, obesità, età superiore ai 65 anni, …).
Nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid)
Paxlovid è un farmaco antivirale sviluppato da Pfizer la cui confezione contiene:
- 20 compresse di nirmatrelvir da 150 mg di colore rosa (per ridurre la capacità di SARS-CoV-2 di moltiplicarsi nell’organismo)
- 10 compresse di 100 mg di ritonavir di colore bianco (per prolungarne l’azione, consentendo a PF-07321332 di rimanere più a lungo disponibile in dosi sufficienti ad esprimerne l’effetto).
L’approvazione in Europa è di fine gennaio 2022 e segue di qualche settimana quella americana, mentre in data 22 aprile anche l’OMS si è espressa a favore dell’utilizzo del medicinale, definendola attualmente la miglior scelta terapeutica per i pazienti ad alto rischio (pur evidenziandone criticità non trascurabili in termini di disponibilità e mancanza di trasparenza dei prezzi negli accordi stipulati), mentre non ne giustifica l’utilizzo in pazienti lievi ed a basso rischio di ospedalizzazione.
Il farmaco è stato autorizzato per il trattamento di
- pazienti adulti
- con infezione recente da SARS-CoV-2 (il trattamento dev’essere iniziato entro 5 giorni)
- con malattia lieve-moderata che non necessitano ossigenoterapia
- con condizioni cliniche concomitanti che rappresentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo complicazioni, come ad esempio
- tumori,
- malattie cardiovascolari,
- diabete mellito non adeguatamente compensato,
- broncopneumopatia cronica,
- obesità grave
La terapia ha una durata di 5 giorni ed avviene per bocca (in forma di compresse); il dosaggio raccomandato consiste in due compresse rosa ed una bianca da assumere insieme per bocca ogni 12 ore per 5 giorni.
Nel principale studio che ne ha permesso l’approvazione, Paxlovid è stato somministrato a pazienti infettati con Delta, ma i ricercatori sono fiduciosi sul fatto che sia attivo anche contro Omicron e altre varianti.
Il farmaco è disponibile anche attraverso le farmacie territoriali mediante la distribuzione per conto (DPC) a partire da giovedì 21 aprile, potendolo quindi ritirare gratuitamente dietro presentazione di ricetta medica che potrà essere redatta anche dal proprio medico curante. È molto importante che, nei pazienti considerati a rischio, la terapia venga iniziata il più precocemente possibile e comunque entro 5 giorni dalla prima insorgenza dei sintomi.
Nella maggior parte dei pazienti si osserva il recupero in un arco di tempo variabile tra pochi giorni e due settimane.
Tra i più comuni effetti indesiderati si segnalano disturbi gastrointestinali (nausea, diarrea e vomito), mal di testa e alterazioni del gusto.
È controindicato in pazienti affetti da gravi disturbi epatici o renali (eGFR< 30 mL/min), per i quali dovrebbe essere preferito un antivirale alternativo.
Poiché il farmaco è in grado di interagire con numerosi altri medicinali (tra cui alfuzosina, amiodarone, flecainide, alcuni antibiotici, colchicina, alcuni antistaminici, alcuni antipsicotici, iperico, inibitori delle 5-fosfodiesterasi come Viagra, ansiolitici come diazepam, triazolam, …) è importante che la sua assunzione avvenga sempre rigorosamente dietro prescrizione medica; a questo proposito è stata pubblicata una checklist da parte dell’FDA americana che evidenzia importanti avvertenze relative a più di 120 farmaci, tra cui spiccano importanti indicazioni ad esempio su:
- statine, farmaci per il controllo del colesterolo:
- lovastatina/simvastatina: fortemente controindicate, devono essere totalmente sospese durante la terapia antivirale, da 12 ore prima della prima dose a 5 giorni dopo l’ultima;
- atorvastatina e rosuvastatina sono associate a rischi inferiori, ma dovrebbero comunque essere sospese nei 5 giorni di terapie antivirale;
- pillola contraccettiva contenente etinil-estradiolo, richiede l’associazione di un altro contraccettivo fisico fino alla confezione successiva.
Remdesivir (Veklury)
Remdesivir è stato autorizzato per la prima nell’UE nel luglio 2020 con il nome di Veklury per il trattamento di COVID-19 in adulti e adolescenti a partire da 12 anni di età con polmonite che necessitano di ossigeno supplementare, mentre ad oggi le indicazioni prevedono
- adulti e adolescenti (di età compresa tra 12 e meno di 18 anni che pesano almeno 40 kg) con polmonite e che necessitano di ossigenoterapia, ma non ad alti flussi né ventilazione meccanica o ECMO e con insorgenza dei sintomi da meno di 10 giorni (indicazione ospedaliera);
- adulti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare per respirare e che presentano un aumento del rischio di progredire a COVID-19 severa (indicazione domiciliare).
Remdesivir è un farmaco antivirale nato come trattamento per la malattia da virus Ebola e le infezioni da virus Marburg e la cui azione è quindi per definizione diretta contro il virus, ed è stato il primo farmaco approvato negli Stati Uniti ed in Europa specificatamente per il trattamento della COVID-19.
Inizialmente aveva sollevato qualche dubbio in seno all’OMS, per essere poi rivalutato ed approvato nel mese di aprile 22 dalla stessa organizzazione alla luce dei dati clinici più recenti resisi disponibili.
La somministrazione avviene generalmente a livello ospedaliero perché mediante flebo in vena (infusione endovenosa); ogni dose richiede una tempistica compresa tra 30 e 120 minuti, una volta al giorno.
La dose raccomandata prevede:
- una singola dose iniziale di attacco (200 mg) il giorno 1;
- dosi quotidiane successive (100 mg) a partire dal giorno 2
per una durata prevista variabile in base alle caratteristiche del paziente:
- 3 giorni in “pazienti adulti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare per respirare e presentano un aumento del rischio di progressione a COVID-19 severa”.
- 5-10 giorni in “pazienti adulti e adolescenti (di età compresa tra 12 e meno di 18 anni che pesano almeno 40 kg ) con polmonite e che necessitano di ossigenoterapia supplementare per respirare, ma che non sono sottoposti a ventilazione artificiale (mezzi “meccanici” utilizzati per assistere o sostituire la respirazione spontanea all’inizio del trattamento)”:
Quando assunto a scopo preventivo la terapia va necessariamente iniziata entro 7 giorni dalla comparsa dei sintomi.
Molnupiravir (Lagevrio)
Aggiornamento: In data 10 marzo 2023 “è stato deciso di sospendere l’utilizzo del medicinale antivirale Lagevrio® (molnupiravir) a seguito del parere negativo formulato dal CHMP di EMA, in data 24/02/2023, per la mancata dimostrazione di un beneficio clinico in termini di riduzione della mortalità e dei ricoveri ospedalieri”, ma “[n]on sono stati rilevati particolari problemi di sicurezza collegati al trattamento”.
Lagevrio (Molnupiravir) è un medicinale antivirale orale capace di ridurre la replicazione di SARS CoV 2 nell’organismo; è sviluppato da Merck Sharp & Dohme in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics e viene prescritto a pazienti non ospedalizzati ma considerati a maggior rischio di sviluppare la forma grave della malattia, per diminuire la probabilità di dover ricorrere a ricovero ospedaliero.
Dev’essere iniziato entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi ed il trattamento ha una durata prevista di 5 giorni, richiedendo l’assunzione i 4 capsule alla volta due volte al giorno (ogni 12 ore). La delibera AIFA in merito al suo utilizzo è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 dicembre 2021 ed è efficace a partire dal 30 dicembre 2021.
Sotrovimab (Xevudy)
Sotrovimab è un anticorpo monoclonale prodotto dalla GlaxoSmithKline; si tratta di una proteina progettata per legarsi alla proteina spike di SARS-CoV-2 per ridurre la capacità del virus di penetrare nelle cellule dell’organismo.
I risultati della revisione condotta da EMA (a livello europeo) e pubblicati in data 2 dicembre concludono che “sotrovimab può essere utilizzato per il trattamento di COVID-19 confermata in pazienti adulti e adolescenti (a partire dai 12 anni di età e di peso pari ad almeno 40 kg), che non necessitano di ossigenoterapia supplementare ma che sono a rischio di progredire verso la forma severa della malattia”.
Il medicinale è somministrato per infusione (flebo) in vena.
Gli effetti indesiderati segnalati sono stati per la maggior parte lievi o moderati.
Quando rivolgersi al Pronto Soccorso
Si raccomanda di rivolgersi in Pronto Soccorso in caso di:
- gravi difficoltà a respirare (ad esempio impossibilità di pronunciare frasi brevi)
- dolore persistente o senso pressione al petto
- tosse con sangue
- pelle, labbra o unghie pallide/grigiastre/blu (cianosi)
- pallore marcato, sensazione di freddo e sudorazione abbondante
- sviluppo di un’eruzione cutanea (come piccoli lividi) che non sparisce appoggiando sopra un bicchiere
- svenimento
- alterazione della coscienza (agitazione, confusione, letargia)
- ritenzione urinaria o grave oliguria (severa riduzione dell’emissione di urina)
o più in generale in presenza di altri sintomi anomali ed ingravescenti.
Cosa succede in ospedale?
Sulla base delle numerose evidenze scientifiche accumulatesi negli ultimi mesi di pandemia COVID-19 per il trattamento dei soggetti ospedalizzati con COVID-19 l’attuale standard di cura è rappresentato dall’utilizzo di corticosteroidi ed eparina. (Fonte: AIFA)
A questi viene in genere affiancata l’ossigenoterapia e l’eventuale ventilazione meccanica (in terapia intensiva).
Corticosteroidi
I corticosteroidi (o più spesso popolarmente cortisonici) sono farmaci che vantano una spiccata azione antinfiammatoria ed antiallergica, grazie al loro effetto di modulazione sul sistema immunitario, la cui azione è ambivalente e per i quali effetti terapeutici e collaterali sono spesso facce diverse della stessa medaglia.
- Salvavita in caso di shock anafilattico
- Fonte di grande beneficio in caso di malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico o l’artrite reumatoide
- Eppure responsabili, tra l’altro, di una pericolosa soppressione del sistema immunitario, in grado di esporre il paziente ad altre infezioni.
Con una circolare del 26 aprile 2021 (e più volte confermato nel 2022) il Ministero della Salute sottolinea che “l’uso dei corticosteroidi è raccomandato esclusivamente nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno (con o senza ventilazione meccanica).
L’impiego di tali farmaci a casa può essere considerato solo in pazienti con fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento della saturazione dell’ossigeno nel sangue che richieda l’ossigenoterapia ove non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. “L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria“.
Nel trattamento della COVID-19 l’uso di corticosteroidi trova quindi applicazione solo in alcuni casi specifici dove tuttavia, come emerso da una metanalisi degli studi disponibili ed in particolare dei dati provenienti da importanti studi randomizzati (quali RECOVERY e SOLIDARITY), è l’unico trattamento farmacologico che abbia dimostrato un
beneficio in termini di riduzione della mortalità.
Desametasone, prednisone, metilprednisolone ed idrocortisone sono i principi attivi più usati a questo scopo ma, è bene ribadirlo nuovamente, la somministrazione dei corticosteroidi è raccomandata solo in pazienti ospedalizzati, perché per loro stessa natura responsabili di un indebolimento delle naturali difese immunitarie del paziente (da un diverso punto di vista si può affermare che il rapporto rischio/beneficio diventa favorevole solo in casi gravi, quando la risposta dell’organismo fosse già palesemente abnorme e quindi controproducente).
Eparina
Le eparine sono farmaci che agiscono da anticoagulanti, ovvero riducendo la facilità di formazione di coaguli nel sangue, e per questo sono comunemente prescritte per la prevenzione ed il trattamento di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.
Trovano applicazione nella cura della COVID-19 come profilassi degli eventi tromboembolici nel paziente ad alto rischio di sviluppo di episodi tromboembolici, ad esempio perché allettato o perché costretto ad una ridotta mobilità. Viene in questo senso prescritto sia ai pazienti gestiti a domicilio che a livello ospedaliero. Sono inoltre prescritte in pazienti che manifestino complicazioni, i cui meccanismi biochimici potrebbero aumentare il rischio di formazione di coaguli.
Anticorpi monoclonali
Gli anticorpi monoclonali sono proteine prodotte in laboratorio che imitano la capacità del sistema immunitario di combattere i virus, ad esempio legandosi alla proteina Spike presente sulla superficie del virus con un duplice scopo:
- impedire l’ingresso del virus all’interno delle cellule dell’ospite
- fungere da marcatore per altri elementi del sistema immunitario, in grado così di riconoscere la presenza estranea e distruggerla.
Purtroppo sembrano soffrire nel complesso di una ridotta efficacia nei confronti delle più recenti varianti, come Omicron 5.
Sono ad oggi autorizzati all’uso in Italia:
- Casirivimab e imdevimab
- Tocilizumab (RoActemra®)
- Sarilumab (Kevzara®),
Altri farmaci
Baricitinib
Baricitinib (nome commerciale Olumiant) viene proposto anche dall’AIFA (peraltro già dall’anno passato) come possibile approccio per i pazienti “adulti ospedalizzati con COVID-19 grave, in
ossigenoterapia ad alti flussi o in ventilazione meccanica non invasiva, e/o con livelli
elevati degli indici di infiammazione sistemica”; è per questa ragione disponibile unicamente a livello ospedaliero.
Baricitinib è stata la prima molecola individuata mediante il ricorso a strumenti di intelligenza artificiale, quale molecola potenzialmente utile nei pazienti con COVID-19 sulla base di un duplice effetto:
- mitigazione della cascata infiammatoria (meccanismo alla base delle complicazioni più gravi)
- riduzione dell’ingresso del virus nelle cellule polmonari.
Il farmaco viene somministrato per os (per bocca, in forma di compresse), una volta al giorno per due settimane; si tratta di un medicinale già un uso per artrite reumatoide e dermatite atopica, e quindi relativamente ben conosciuto in termini di effetti indesiderati, che tra i più comuni annovera:
- aumento del colesterolo LDL
- infezioni del tratto respiratorio superiore (tra cui polmonite)
- mal di testa,
- riattivazione di herpes simplex,
- infezioni del tratto urinario.
È quindi lampante un effetto di immunosoppressione (riduzione delle difese immunitarie), che non dovrebbe sorprendere in quanto il meccanismo prevede un’inibizione di enzimi coinvolti nella trasmissione del segnale di citochine (mediatori dell’infiammazione)e fattori di crescita, implicati nella produzione delle cellule del sangue (tra cui i globuli bianchi) e più in generale nella risposta immunitaria.
Serve cautela in pazienti con disturbi renali, grave compromissione epatica (fegato), mentre non è utilizzabile nell’infanzia.
Anakinra
Anakinra (Kineret®) è un antagonista del recettore dell’IL-1 già autorizzato per il trattamento dell’artrite reumatoide ed altre condizioni meno comuni. Il suo utilizzo viene valutato in caso di soggetti adulti ospedalizzati con polmonite da COVID-19 moderata/severa ma non sottoposti a ventilazione meccanica.
Conclusioni
Di fronte ad una malattia, qualsiasi essa sia, è molto importante non dimenticare mai alcuni principi fondamentali:
- Il singolo episodio di guarigione non ha alcuna valenza scientifica.
- Farmaci più recenti non sono necessariamente migliori di quelli di cui disponiamo.
- Una dose più elevata non è necessariamente più efficace, ogni molecola dev’essere somministrata al dosaggio corretto.
- Qualsiasi farmaco può causare effetti collaterali, talvolta anche gravi, quindi l’efficacia di un farmaco va sempre soppesata con gli eventuali rischi.
Ricerca bibliografica della prima stesura del testo a cura di Nicolò Romano, Science Writer (nicolo.romano@gmail.com)
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.