COVID oggi, febbraio 2024: sintomi, vaccino, regole, …

Ultima modifica

Situazione in Italia

Con l’ondata invernale ormai alle spalle, le infezioni da COVID in Italia si confermano particolarmente basse e in continua discesa (parallelamente anche l’influenza stagionale tende a esaurirsi); nell’ultimo bollettino settimanale diffuso dal ministero della Salute (settimana dal 7 al 13 marzo) i nuovi casi di positività al virus sono infatti 738 (erano 998 nei 7 giorni precedenti).

I decessi sono stati 41 (erano 31) nello stesso arco temporale; i tassi di ospedalizzazione/mortalità come previsto aumentano con l’età (i valori più elevati si rilevano nella fascia d’età 90+ anni).

Sul fronte delle varianti con la pubblicazione dell’ultimo flash survey dell’Istituto Superiore di Sanità (settimana dal 12 al 18 febbraio 2024) JN.1 si conferma predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari al 71,7% (77% nella precedente indagine di gennaio 2024). A livello internazionale, JN.1 risulta prevalente e la sua diffusione è ancora in crescita.

Contestualmente, si continua ad osservare una co-circolazione di ceppi virali riconducibili a XBB, ed in particolare alle varianti XBB.1.5 e EG.5.

  • 7,2% XBB.1.5
  • 5.6% EG.5
  • 7,1% BA.2.86
  • 71,7% JN.1
  • 8.4% altri lignaggi

Non si segnalano differenze rilevanti in termini di sintomi e gravità e, essendo discendente di Omicron, sembra essere efficacemente prevenuta dall’attuale generazione di vaccini.

E nel mondo?

A livello globale, il numero di nuovi casi è diminuito del 44% negli ultimi 28 giorni dal 5 febbraio al 3 marzo 2024 rispetto al precedente periodo di 28 giorni (dall’8 gennaio al 4 febbraio 2024). Il numero di nuovi decessi è diminuito del 51% rispetto al periodo di 28 giorni precedente (6.200 nuovi decessi).

Al 3 marzo 2024, a livello globale sono stati segnalati oltre 774 milioni di casi confermati e più di sette milioni di decessi dall’inizio del monitoraggio (fonte OMS).

JN.1 si conferma la variante più diffusa, rappresentando il 90.3% delle sequenze (rispetto al 64,5% di 4 settimane prima), ma fortunatamente si è confermata a basso rischio. Va comunque notato che i casi segnalati non sono una rappresentazione accurata dei tassi di infezione a causa della riduzione dei test e delle segnalazioni a livello globale.

Andamento COVID, fonte OMS

Fonte: Bollettino OMS

Da un punto di vista nazionale i Paesi ad oggi più colpiti sono (ultimi 28 giorni):

  • Federazione Russa (108 115 nuovi casi; +5%),
  • Australia (29.564 nuovi casi; -24%),
  • Cile (25.908 nuovi casi; +72%),
  • Nuova Zelanda (19.632 nuovi casi casi; -16%)
  • e Argentina (15.400 nuovi casi; -45%)

JN1 (una sottovariante di BA.2.86, ovvero Pirola), si conferma la variante più diffusa e in ulteriore aumento rispetto al precedente bollettino; questa la situazione attuale

  • JN.1 90.3%
  • EG.5 (Eris): 2.2%
  • BA.2.86 (Pirola) 2.2%
  • XBB.2.3: 0.8
  • XBB.1.5 (Kraken): 0.6%

Regole

Attraverso un provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri del 7 agosto 2023 è stata cancellata la necessità di isolamento per i soggetti positivi al Covid-19, in altre parole per i soggetti risultati positivi al tampone non è più obbligatorio l’isolamento.

Sei positivo?

Qualora si risulti positivi a un test molecolare o antigenico, si raccomanda comunque di continuare a osservare le stesse precauzioni applicate per la prevenzione dalla trasmissione della gran parte delle infezioni respiratorie e in particolare è utile:

  1. Indossare una mascherina chirurgica o FFP2 se si entra in contatto con altre persone.
  2. In caso di sintomi rimanere a casa fino a risoluzione degli stessi.
  3. Prestare attenzione a una corretta igiene delle mani.
  4. Evitare ambienti affollati.
  5. Evitare il contatto con persone fragili, immunodepresse, donne in gravidanza, ed evitare di frequentare ospedali o RSA.
  6. Informare le persone con cui si è stati in contatto nei giorni immediatamente precedenti alla diagnosi, soprattutto se anziane, fragili o immunodepresse.
  7. Contattare il proprio medico curante se
    • si è persona fragile o immunodepressa,
    • i sintomi non si risolvono dopo 3 giorni
    • le condizioni cliniche peggiorano.

Hai avuto un contatto con un soggetto infetto?

Anche per le persone che siano venute a contatto con casi accertati di Covid-19 non si applica più alcuna misura restrittiva, ma si raccomanda semplicemente attenzione all’eventuale comparsa di sintomi suggestivi di Covid-19 (febbre, tosse, mal di gola, stanchezza) nei giorni immediatamente successivi al contatto (che dovrebbero eventualmente essere verificati con un tampone).

Quando sono obbligatorie le mascherine?

Con un’ordinanza emessa nel mese di dicembre viene esteso fino al 30 giugno 2024 l’obbligo di indossare mascherine per i lavoratori, gli utenti e i visitatori:

  • delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura, identificati dalle direzioni sanitarie delle strutture sanitarie stesse;
  • delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali.

Nei reparti delle strutture sanitarie diversi da quelli che richiedono la mascherina, la decisione è demandata alle direzioni sanitarie, che possono disporne l’uso anche per tutti coloro che presentino sintomatologia respiratoria.

Per quanto riguarda gli ambulatori medici la decisione spetta ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta.

Esenti

Non hanno l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie:

  • bambini di età inferiore ai 6 anni
  • pazienti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché le persone che devono comunicare con una persona con disabilità in modo da non poter fare uso del dispositivo.

Accesso a ospedali e Pronto Soccorso

Torna l’indicazione per il tampone alle persone con sintomi suggestivi di Sars-CoV-2 che accedono alle strutture sanitarie: “Nello specifico, per le persone che presentano sintomi con quadro clinico compatibile con COVID19 è indicata l’effettuazione di test diagnostici per SARS-CoV-2, virus influenzali, Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), Rhinovirus, virus Parainfluenzali, Adenovirus, Metapneumovirus, Bocavirus e altri Coronavirus umani diversi dal SARS-CoV-2, come indicato dagli organismi internazionali, WHO/ECDC1.”

Lo prevede la nuova circolare ‘Indicazioni per l’effettuazione dei test diagnostici per Sars-CoV-2 per l’accesso e il ricovero nelle strutture sanitarie‘, firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia.

Vaccino

In contemporanea con la campagna antinfluenzale per la stagione 2023/24 è stata avviata una campagna nazionale di vaccinazione anti COVID-19 con l’utilizzo di nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5.

Una dose di richiamo del vaccino adattato viene quindi offerta attivamente alle categorie a maggior rischio, come ad esempio:

  • Persone di età pari o superiore a 60 anni
  • Ospiti delle strutture per lungodegenti
  • Donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo “postpartum” comprese le donne in allattamento
  • Persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi, con elevata fragilità
  • Familiari, conviventi e più in generale a chi si prende cura di persone con gravi fragilità
  • Operatori socio-sanitari con contatti con pazienti fragili

A richiesta e previa disponibilità di dosi, la vaccinazione è comunque disponibile anche a chi ne facesse richiesta, pur non rientrando nelle categorie a rischio.

La dose di richiamo viene in genere praticata a distanza di almeno 6 mesi dall’ultima dose ricevuta o dall’ultima infezione (a prescindere dal numero di dosi ricevute o di diagnosi di infezione).

Una singola dose di vaccino adattato è indicata anche per coloro che non sono mai stati vaccinati (ciclo primario).

È possibile la co-somministrazione del nuovo vaccino adattato con il vaccino antinfluenzale.

Per approfondire: Vaccino anti-COVID

Varianti

Si noti che ad oggi i sintomi di COVID-19 tendono ad essere simili tra le diverse varianti attualmente circolanti; tipologia e severità dipendono ad oggi più dall’immunità e dalla salute generale di una persona piuttosto che dalla variante causa dell’infezione.

Variante Pirola

La variante BA.2.86 (Pirola) è una sottovariante di Omicron, ma con la peculiarità di mostrare molte più mutazioni rispetto a quelle precedenti (più di tre mutazioni sulla proteina spike). I casi sono in aumento, anche perché sembra godere di una maggior trasmissibilità (grazie anche a una possibile aumentata capacità di evasione anticorpale verso l’immunità da infezioni naturali e vaccini).

Variante JN.1

La variante identificata come JN.1 è una sottovariante di BA.2.86 (Pirola, vedi paragrafo precedente, da cui si differenzia per un’unica modifica sulla proteina spike), tanto che fino a poco tempo fa il CDC americano la raggruppava proprio con questa.

JN.1 è stata isolata per la prima volta negli Stati Uniti nel settembre 2023 e, proprio come la progenitrice, presenta numerose mutazioni che potrebbero rendere il virus più facilmente trasmissibile anche in caso di precedente infezione o vaccino.

In data 19 dicembre, in considerazione della sua rapida diffusione, l’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso di classificare la variante JN.1 come ‘variante di interesse’ a sé stante, separandola dal lignaggio di origine BA.2.86 (Pirola).

Al momento non ci sono comunque prove che esponga a un rischio maggiore per la salute pubblica rispetto alle altre varianti attualmente circolanti; vale quindi la pena di conoscerla più che altro perché alla data dell’8 dicembre questa variante rendeva conto di circa il 15-29% dei casi di COVID-19 negli Stati Uniti, per salire ulteriormente nelle settimane successive (39-50% al 23 dicembre).

Si prevede che l’immunità attuale della popolazione (sia quella naturale che quella derivante dalla vaccinazione booster con XBB.1.5) rimangano ragionevolmente efficaci contro questa variante, riducendo così l’impatto sui sistemi sanitari nazionali, anche se la continua crescita suggerisce che la variante sia comunque più trasmissibile o più efficace nell’eludere il nostro sistema immunitario rispetto ad altre varianti circolanti.

Variante Eris

La variante EG.5 (Eris), discendente da XBB.1.9.2, è stata per la prima isolata nel febbraio 2023.

Indicata come “variante di interesse” dall’OMS il 9 agosto 2023, non sembra ad oggi essere associata a un decorso più grave della malattia; gli studi disponibili evidenziano che EG.5 è caratterizzata da un elevato tasso di crescita che, complice anche una ridotta capacità neutralizzante anticorpale, ne spiega la vivace diffusione.

Ad oggi, non si evidenziano  rischi addizionali per la salute pubblica, sebbene sia responsabile di un rilevante aumento dei casi di contagio e ospedalizzazione (quest’ultima, è bene sottolinearlo, conseguenza dell’aumentata trasmissibilità e non dell’aumentata gravità).

Variante Arcturus

La variante XBB.1.16 (Arcturus) è una sottovariante di Omicron isolata per la prima volta in India e diventata variante d’interesse da parte dell’OMS dalla fine di marzo.

Arcturus è più trasmissibile delle altre varianti, caratteristica che ne spiega la rapida diffusione, ma fortunatamente non più pericolosa.

Caratteristica peculiare segnalata dai medici indiani è la capacità di indurre congiuntivite nei bambini colpiti.

Variante Kraken

La sottovariante di Omicron XBB.1.5, ribattezzata Kraken (che deriva a sua volta da Xbb, ovvero Gryphon), ha fatto raddoppiare il numero di casi negli Usa in una sola settimana nel mese di dicembre 2022, probabilmente perché più “immuno-evasiva “e più infettiva rispetto alle precedenti. È attualmente in diminuzione in Italia, dove NON si è mai dimostrata più pericolosa delle precedenti.

Variante Cerberus

Cerberus è una sottovariante che origina da Omicron BA.5; BQ.1, questa la sigla scientifica che la identifica, è considerata variante di interesse (Variant of Interest, VOI) dall’ECDC a partire dal 20 ottobre 2022 (fonte: ECDC). Non sono tuttavia state confermate le prime proiezioni, che prevedevano che da metà novembre a inizio dicembre 2022 più del 50% dei casi diagnosticati sarebbe stato da riferire a Cerberus (le stesse previsioni suggerivano oltre l’80% entro l’inizio del 2023).

BQ.1 non si è rivelata più grave in termini di sintomi rispetto alle varianti BA.4/BA.5.

Dopo quanto si può riprendere?

Purtroppo una delle caratteristiche peculiari osservate fin dalle prime varianti Omicron è la capacità di eludere le difese immunitarie acquisite mediante precedente infezione, in altre parole sembra che ad oggi venire contagiati e sviluppare la malattia conferisca una protezione inferiore al passato.

A riprova di questa facilità di contagio diversi studi hanno rilevato che gli anticorpi residui prodotti da una precedente infezione o dalla vaccinazione siano molto più efficienti nel proteggerci da Omicron BA.1 o BA.2 rispetto alle più recenti varianti Omicron 4 e 5 (sono intanto stati approvati i vaccini bivalenti aggiornati di Pfizer e Moderna, sviluppati proprio verso Omicron) e successive.

I due vaccini, rispettivamente Comirnaty e Spikevax, sono le prime formulazione bivalenti approvate, contenendo cioè informazioni di due diverse varianti del virus, un po’ come succede in autunno con l’antinfluenzale, che ne contiene addirittura 3 o 4 a seconda della formulazione.

I sintomi

È ormai esperienza abbastanza comune, nel senso che sono sicuro che anche tu conosci persone contagiate in questi giorni o nel recente passato, che i sintomi siano in gran parte sovrapponibili a quelli di un raffreddore.

Questi sono i 5 più comuni, almeno in Inghilterra dove vengono monitorati tramite app (sistema che peraltro si espone ad un bias di selezione ad esempio in merito all’età), ma poi restano possibili

Sempre meno comuni, ma comunque possibili, perdita di olfatto e gusto.

Nei bambini la variante XBB.1.16 (Arcturus) sembra poter indurre congiuntivite (occhi rossi e pruriginosi).

Statisticamente parlando sono disturbi fortunatamente leggeri, a differenza di Delta mostra infatti un maggior coinvolgimento delle vie aeree superiori, ovvero naso e gola, ad esempio, rispetto ai polmoni, e questa è anche un po’ la ragione dei minori tassi di ospedalizzazione.

Attenzione come sempre ad un’eventuale mancanza di fiato, che deve subito essere segnalata al medico e possibilmente monitorata con un saturimetro, ma più in generale i sintomi possono essere più o meno forti, essere presenti tutti o solo in parte, e severità e durata possono presumibilmente variare in base a fattori quali vaccinazione, età, stato di salute generale e quindi capacità di reazione del sistema immunitario e molto altro. In altre parole, ad oggi il COVID non causa necessariamente in tutti i pazienti tutti questi sintomi, ma fortunatamente grazie ad una minor aggressività delle ultime varianti (ed Eric non fa eccezione) e probabilmente una più diffusa immunizzazione nella popolazione, vuoi per la vaccinazione, vuoi per un precedente contagio, è fortunatamente molto comune osservare un andamento più lieve rispetto alle prime varianti.

Ma

  • c’è comunque chi finisce per rimanere a letto dieci giorni,
  • c’è comunque chi finisce in Terapia Intensiva rischiando di morire,
  • c’è comunque chi sviluppa complicazioni,

anche se fortunatamente in un numero ormai ridotto di casi, che riguardando soprattutto pazienti fragili.

A questo proposito l’OMS raccomanda di allertare immediatamente il medico in caso di

Aggiungerei anche, visto che prima ti ho parlato di mal di testa diverso dal solito, che se questo fosse improvviso, lancinante e descrivibile come “mai provato prima”, si tratta sempre di emergenza medica che richiede il Pronto Soccorso, anche se probabilmente non si tratta di COVID ma di altro.

Distinguere COVID, raffreddore ed influenza

Parafrasando quello che scrive il governo inglese sul proprio sito

I sintomi di COVID-19 e di altre infezioni respiratorie sono molto simili tra loro. Non è possibile distinguere tra COVID-19, influenza od altra infezione respiratoria sulla base dei soli sintomi, ma [fortunatamente, aggiungo io] la maggior parte dei pazienti svilupperà un decorso relativamente lieve, soprattutto se vaccinato. Fonte: gov.uk

Le cliniche Mayo hanno comunque tentato un confronto generale:

Segni e sintomi COVID-19 Raffreddore Influenza
Mal di testa Comune Raro Comune
Tosse Comune
(secca)
Comune Comune
Dolori muscolari Comuni A volte Comune
Stanchezza Comuni A volte Comune
Starnuti Raramente Comune Raramente
Mal di gola Comune Comune Comune
Naso chiuso Comune Comuni Comune
Febbre Comune A volte Comune
Diarrea A volte Mai Soprattutto
nei bambini
Nausea e/o vomito  A volte Mai Soprattutto
nei bambini
Perdita di olfatto e/o gusto Comuni A volte Raro

Tempo d’incubazione

Il tempo d’incubazione generalmente associato all’infezione da COVID-19 è di circa 5 giorni (con una forbice compresa tra 2 e 14), ma fin dalla variante Omicron sembra avere progressivamente mostrato un esordio più rapido, spesso datato attorno a 3-4 giorni circa.

Uno studio pubblicato su Jama in agosto ha peraltro confermato questa sensazione, rilevando che i tempi d’incubazione medi sono così diminuiti:

  • Alpha 5 giorni
  • Beta 4,50 giorni
  • Delta 4,41 giorni
  • Omicron e 3,42 giorni.

Quanto durano i sintomi?

Ovviamente c’è ampia variabilità, ma da chi la sviluppa in forma lieve puoi aspettarti dei sintomi che durano pochi giorni: 2, 3 5, spesso non di più. Diverso è purtroppo il discorso sulla durata della positività, che può persistere più a lungo, personalmente ad esempio circa un paio di settimane.

Omicron e vaccinati: quanto dura l’infezione

Purtroppo l’efficacia dei vaccini sembra essere ridotta, ma l’aspetto importante è che rimane comunque elevata nei confronti del rischio di sviluppo di malattia grave.

Nei vaccinati valgono quindi le stesse considerazioni fatte poco sopra, con uno spettro di sintomi (e di durata) che in assoluto può variare dal paziente asintomatico al ricovero, ma che per quanto emerso finora ha molte più probabilità di risolversi rapidamente e con pochi o senza sintomi. Sono in questo senso emblematiche le statistiche che dimostrano come le terapie intensive ospitino in percentuali preponderanti soggetti che non abbiano ricevuto alcuna dose.

Soprattutto nei vaccinati con la terza dose si è spesso osservato un decorso lieve o nullo, privo di sintomi nonostante la positività.

A questo proposito ho ricevuto un messaggio che mi ha molto colpito nei giorni scorsi:

Tre dosi di vaccino e 2 giorni con 40 di febbre e poi 38. Bene

Dentro di me non ho potuto fare a meno di notare come fosse una valutazione troppo semplicistica, benché umanamente comprensibile, e stavo per rispondere qualcosa del tipo “Purtroppo l’efficacia dei vaccini non è del 100%” oppure con scientifica arroganza e saccenteria “Beh, magari senza vaccino avresti rischiato l’ospedalizzazione”. Anche le mie parole a quel punto sarebbero state una semplificazione, ma decisamente grave se penso al ruolo sanitario che mi piace pensare di poter ricoprire, e così ho iniziato a pensare a quel semplice messaggio, all’origine di quella lamentela, sfogo non tanto di uno sconosciuto, ma di un uomo, un paziente che in quel momento stava male e che magari, costretto mal volentieri a sottoporsi alla vaccinazione, giustamente si è trovato di fronte a quello che gli è apparso come la dimostrazione dell’inutilità della vaccinazione.

In realtà la medicina, tutta la medicina così come la vita, è molto più simile ad una lunga somma di contributi, che certamente possono anche avere un’importanza diversa tra loro. Se hai un background matematico puoi chiamarla somma pesata: gli elementi sono tanti e contano tutti, seppure possano avere un peso diverso sul risultato finale:

  • Che vaccino è stato somministrato?
  • Il tuo sistema immunitario in che condizioni è?
  • Hai assunto antinfiammatori dopo il vaccino?
  • Quanto tempo è passato dall’ultima dose?
  • Qual è la carica virale con cui sei venuto in contatto?
  • Per quanto tempo?

Queste sono solo alcuni degli elementi che hanno influito sull’esito ma che purtroppo spesso ci dimentichiamo di prendere in considerazione. Ovviamente lo stesso ragionamento può essere esteso a farmaci, malattie, esami e tanto altro.

Tampone

Per diagnosticare le attuali varianti restano validi gli approcci tradizionalmente usati anche nei mesi precedenti, ovvero test rapidi e molecolari (clicca qui per leggere le differenze).

È possibile prendersi la COVID e non manifestare febbre?

Non solo è possibile venire contagiati dalla COVID-19 e non manifestare febbre, ma è un evento sempre più comune.

Fin dai primi mesi di diffusione del virus Sars-Cov-2 è stato chiaro come alcuni pazienti contraessero l’infezione senza tuttavia manifestarne i sintomi, pensiamo ad esempio ai bambini soprattutto nel primo anno della pandemia, ma ad oggi quest’evenienza è resa ancora più comune dalla diffusione della vaccinazione, che tra le diverse possibili evoluzioni contempla anche il venire contagiati e sviluppare solo sintomi moderati o addirittura nessun sintomo.

È quindi possibile affermare che:

  • sebbene la febbre rimanga un sintomo fortemente correlato all’infezione, tanto che qualsiasi soggetto con alterazione della temperatura corporea dovrebbe essere sottoposto a tampone (casalingo o professionale) di verifica,
  • l’assenza di febbre non depone affatto per una sicura esclusione della patologia, è quindi assolutamente ragionevole che soggetti esposti al rischio di contagio (ad esempio per contatti stretti con pazienti positivi) si sottopongano a loro volta ad un test rapido o molecolare di verifica.

Va peraltro segnalato come diversi pazienti manifestino i sintomi prima di positivizzarsi al tampone, che potrebbe richiedere alcuni giorni di decorso della malattia prima di fornire un risultato corretto (la spiegazione più probabile è una più pronta reazione del nostro organismo in seguito ad un precedente contatto con il virus, eventualmente anche da vaccino); questa è la ragione per cui diversi organismi sanitari consigliano la ripetizione del test in caso di sintomi eclatanti e/o persistenti.

È possibile manifestare brividi di freddo senza febbre?

Sì, la comparsa di brividi è sicuramente possibile in caso di contagio e potrebbero comparire anche in assenza di febbre (anche se tipicamente i brividi di freddo si sviluppano durante l’aumento di temperatura, mentre al contrario la discesa dei valori è associata ad un senso di caldo che spesso si associa anche ad importanti sudate, spesso notturne).

Cosa significa asintomatico?

E poi c’è chi è positivo, scoprendolo magari in seguito ad un tampone fatto a seguito di un contatto a rischio, ma rimane asintomatico.

Asintomatico significa privo di sintomi, significa venire contagiati, quindi risultare positivi al tampone, ma non sviluppare nemmeno un sintomo.

I sintomi del COVID asintomatico

Mi è stato chiesto quali fossero i sintomi del COVID asintomatico e la risposta è, per definizione, nessuno.

Sempre quelli bravi a volte definiscono una malattia che non dà sintomi anche sub-clinica; per ricordarlo puoi pensare al sub, che viaggia sotto l’acqua, e allo stesso modo una malattia sub-clinica viaggia sotto traccia, senza dare segno di sé a meno che non venga attivamente cercata, ad esempio con un tampone. Un ambito in cui si sente spesso parlare di decorso sub-clinico è tipicamente quello dei disturbi tiroidei o delle carenze vitaminiche, in cui mediante esami del sangue si rileva che qualcosa non va, ma il paziente non ne avverte i sintomi, perché l’organismo riesce a metterci in qualche modo una mezza pezza.

Poi oltre quelli bravi ci sono quelli bravissimi, che per indicare malattie che si manifestano in modo molto più lieve rispetto al solito usano il termine paucisintomatico. Ecco molto spesso le varianti in circolazione oggi si manifestano quindi in modo paucisintomatico.

Quanto dura il COVID asintomatico?

Ovviamente la durata dei sintomi è zero, ma anche in questo caso il tampone può persistere positivo per diversi giorni.

Cosa fare per il COVID asintomatico?

Dal punto di vista della salute direi praticamente nulla, salvo magari evitare comportamenti che possano compromettere gravemente il sistema immunitario, come ad esempio correre una maratona, se ti ricordi il paziente zero in Italia è finito in ospedale proprio dopo lo sforzo di una maratona, che rappresenta un’attività sportiva molto provante per l’organismo, che subito dopo va incontro a una temporanea depressione del sistema immunitario dando la possibilità al virus di prendere il sopravvento. Per farti un esempio fastidiosamente familiare a molti, pensa alla febbre sul labbro, l’herpes labiale, che spesso si manifesta anche solo a seguito di comportamenti apparentemente banali, come un periodo di stress, di carenza di sonno, di cattiva alimentazione, di eccessi alcolici o tutto quanto possa rappresentare un evento provante per l’organismo.

Idem per COVID, non diamogli la possibilità di approfittare di una temporanea difficoltà del sistema immunitario.

E ricordati poi che anche da asintomatico può contagiare altre persone, ecco perché serve comunque l’isolamento.

Come si previene la COVID?

Sul British Medical Journal, Nutrition Prevention and Health è stato pubblicato uno studio che correla una dieta plant-based e ricca di pesce, ovvero imperniata sul consumo di alimenti di origine vegetale e pesce come fonte proteica animale, con un minor rischio di infezione.

Questo in realtà non stupisce, anche alla luce del fatto che:

  1. Ormai è opinione comune della maggior parte degli autori che una dieta di questo tipo sia ottimale in termini di prevenzione generale, penso a tumori, malattie metaboliche ed eventi cardiovascolari, e quindi dovremmo comunque farla nostra.
  2. È ormai fatto noto che chi rischia di più in caso di infezione sono i soggetti sovrappeso ed affetti da malattie croniche, entrambi aspetti che fondano la loro prevenzione proprio sullo stile di vita.

La dieta, l’attività fisica ed anche la serenità interiore sono aspetti chiave ed imprescindibili, lo sa Goffredo, che per nulla al mondo farebbe cambio con una vita di agi in ufficio, e ne era consapevole già la Scuola Medica Salernitana un millennio fa quando scriveva

Se ti mancano i medici,
siano per te medici queste tre cose:
l’animo lieto, la quiete e la moderata dieta.

Donna a letto con infezione respiratoria

Shutterstock/GolubaPhoto

Domande e risposte
Quanto tempo sopravvive il virus sulle superfici?
Le attuali evidenze scientifiche suggeriscono che il tempo di sopravvivenza del virus sulle superfici cambi in relazione al tipo di superficie considerata, da alcune ore (ad esempio sulla carta) fino a diversi giorni (come sulla plastica e l’acciaio inossidabile).

Bisogna tuttavia considerare che i dati finora disponibili, essendo generati da condizioni sperimentali, devono essere interpretati con cautela (ad esempio la semplice presenza di RNA virale non indica necessariamente che il virus sia vitale e potenzialmente infettivo).

L’utilizzo di semplici disinfettanti (alcool, candeggina, ...) è in grado di uccidere il virus.

Fonte: Ministero
Dopo quanti giorni si diventa negativi al COVID?
Il tempo è variabile da un soggetto all'altro, ma la positività di per sé sta progressivamente perdendo d'importanza dal punto di vista clinico, anche in considerazione del fatto che sono sempre di più i casi in cui i sintomi compaiono prima della positività del test.
Articoli Correlati
Articoli in evidenza

Su alcuni dei link inseriti in questa pagina Healthy The Wom ha un’affiliazione ed ottiene una percentuale dei ricavi, tale affiliazione non fa variare il prezzo del prodotto acquistato.