Vaccino anti-COVID, le domande più frequenti

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Avvertenza

Nonostante gli sforzi per mantenere la pagina aggiornata, s’invita il lettore a verificare eventuali dubbi, annunci ed aggiornamenti con il proprio medico curante o sui siti ufficiali degli organismi nazionali ed internazionali (in parte linkati in fondo all’articolo).

Indicazioni preliminari per la campagna di vaccinazione autunnale e invernale anti Covid

  • In contemporanea con la campagna antinfluenzale per la stagione 2024/25, il Servizio sanitario nazionale ha avviato una campagna nazionale di vaccinazione anti COVID-19 con l’utilizzo di nuovi vaccini adattati a JN.1 (Comirnaty di Pfizer).
  • L’obiettivo della campagna nazionale è quello di prevenire la mortalità, le ospedalizzazioni e le forme gravi di COVID-19 nelle persone anziane e con elevata fragilità. La vaccinazione potrà inoltre essere consigliata a familiari e conviventi di persone con gravi fragilità.
  • Il richiamo, di norma, ha una valenza di 12 mesi.
  • Una singola dose di vaccino adattato è indicata anche per coloro che non siano mai stati vaccinati (ciclo primario). Per i bambini dai 6 mesi ai 4 anni compresi che non hanno completato un ciclo primario di vaccinazione anti‑COVID‑19 o senza storia di infezione pregressa da SARS‑CoV‑2, , invece, 3 dosi (di cui la seconda a 3 settimane dalla prima e la terza a 8 settimane dalla seconda).
  • È possibile la co-somministrazione del nuovo vaccino adattato con altri vaccini (con particolare riferimento al vaccino antinfluenzale), fatte salve eventuali specifiche indicazioni d’uso o valutazioni cliniche.

Le categorie di persone a cui viene raccomandata e offerta la vaccinazione di richiamo annuale con il nuovo vaccino aggiornato comprende:

    • Persone di età pari o superiore a 60 anni;
    • Ospiti delle strutture per lungodegenti;
    • Donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo “postpartum” comprese le donne in allattamento;
    • Operatori sanitari e sociosanitari addetti all’assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza; studenti di medicina, delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali e tutto il personale sanitario e sociosanitario  in formazione;
    • Persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi, con elevata fragilità, in quanto affette da patologie o con condizioni che aumentano il rischio di COVID-19 grave, quali:
      • Malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio, inclusa l’asma grave, la displasia
        broncopolmonare, la fibrosi cistica, la broncopatia cronico ostruttiva-BPCO, la fibrosi
        polmonare idiopatica, l’ipertensione polmonare, l’embolia polmonare e le malattie
        respiratorie che necessitino di ossigenoterapia;
      • Malattie dell’apparato cardio-circolatorio (esclusa ipertensione arteriosa isolata), comprese le cardiopatie congenite e acquisite, le malattie coronariche, lo scompenso
        cardiaco e i pazienti post-shock cardiogeno;
      • Malattie cerebrovascolari;
      • Diabete/altre endocrinopatie severe quali diabete di tipo 1, diabete di tipo 2, morbo di Addison, panipopituitarismo;
      • Malattie neurologiche quali sclerosi laterale amiotrofica e altre malattie del motoneurone, sclerosi multipla, distrofia muscolare, paralisi cerebrali infantili,
        miastenia gravis, altre malattie neuromuscolari, patologie neurologiche disimmuni e
        malattie neurodegerative;
      • Obesità (BMI >30);
      • Dialisi o insufficienza renale cronica;
      • Malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie, quali talassemia major, anemia a cellule falciformi e altre anemie croniche gravi;
      • Patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi, in attesa di trattamento o a meno di 6 mesi  dalla sospensione delle cure;
      • Trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva;
      • Trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro 2 anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica);
      • Attesa di trapianto d’organo;
      • Terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CART);
      • Immunodeficienze primitive (es. sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich,
        immunodeficienza comune variabile etc.);
      • Immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (es: terapia  corticosteroidea ad alto dosaggio, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante impatto sulla funzionalità del sistema immunitario etc.);
      • Asplenia anatomica o funzionale, Pregressa splenectomia o soggetti con indicazione alla splenectomia in elezione;
      • Infezione da HIV con sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), o con conta dei linfociti T CD4+ <200 cellule/μl o sulla base di giudizio clinico;
      • Malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali;
      • Sindrome di Down;
      • Cirrosi epatica o epatopatia cronica grave;
      • Disabili gravi ai sensi della legge 104/1992 art. 3 comma 3.

Fonte: Ministero della Salute

Cosa sono i nuovi vaccini anti COVID?

Nella campagna vaccinale 2024-25 verranno utilizzati vaccini aggiornati alla variante JN.1, ovvero quella attualmente più diffusa a livello mondiale (insieme alle relative sottovarianti, come KP.3).

Si tratta di un vaccino a a mRNA, in grado di veicolare un piccolo segmento di RNA messaggero che contiene le istruzioni per produrre temporaneamente la proteina Spike del coronavirus. L’mRNA dei vaccini, come tutti gli mRNA prodotti naturalmente dalle cellule, si degrada naturalmente dopo pochi giorni dall’inoculazione. Per approfondire si segnala l’articolo dedicato al vaccino Pfizer.

Gli effetti indesiderati sono di solito lievi e di breve durata e comprendono mal di testa, diarrea, dolori articolari e muscolari, stanchezza, brividi, febbre e dolore o gonfiore nel sito di iniezione. Effetti indesiderati più gravi si possono manifestare con una frequenza più rara.

Vaccini anti-COVID

Shutterstock/Ground Picture

Questi vaccini sono stati sperimentati “meno” prima dell’autorizzazione?

Gli studi che hanno permesso la formulazione dei vaccini anti COVID-19 non hanno saltato nessuna delle fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza previste per lo sviluppo di un qualsiasi medicinale, l’unica differenza è stata di tipo burocratico, consentendo alle aziende produttrici di consegnare i dati man mano che questi si rendevano disponibili (rolling-review), anziché tutti insieme come succede di norma.

Anzi, questi studi hanno registrato la partecipazione di un numero decisamente più elevato di volontari rispetto a quello richiesto da studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini.

Quanto dura la protezione?

Ad oggi stimare l’esatta durata della protezione offerta dal vaccino è impossibile, soprattutto a causa dell’elevato numero di variabili coinvolte (tra cui la circolazione delle diverse varianti); dati ottenuti da studi osservazionali mostrano un progressivo declino dell’efficacia a partire da circa 5-6 mesi, ma come delineato nella domanda precedente è probabile che la protezione verso forme gravi duri sensibilmente di più.

È pericoloso vaccinarsi per il COVID da positivi?

No, non è pericoloso ricevere il vaccino da positivi.

Indipendentemente dal fatto che la dose faccia parte del ciclo vaccinale normale, o sia già una dose booster, è improbabile che si verifichi una qualche interferenza con un’eventuale contagio che avvenga subito prima o subito dopo la somministrazione della dose, nel peggiore dei casi.

Alla base di questa considerazione è il fatto, che tra l’altro come il vaccino antinfluenzale, anche la presenza di sintomi lievi di malessere non controindicano alla vaccinazione, che dovrebbe invece essere rimandata in caso di febbre alta.

Idealmente avrebbe certamente più senso procedere alla vaccinazione a distanza di tempo da un’infezione naturale, che da sola potrebbe già garantire un aumento di anticorpi ed altre forme di difesa (è per questa ragione ad esempio, che nell’offerta della terza dose viene data precedenza a chi non ha superato recentemente un’infezione), ma non ci sono rischi di salute a procedere nel caso di positività.

In uno studio pubblicato su Nature  è stato inoltre evidenziato che i soggetti vaccinati che avevano alle spalle una precedente infezione hanno sviluppato una più efficace risposta al virus, rispetto alle loro controparti vaccinate ma senza precedente infezione.

Diversi autori sono convinti che una cosiddetta immunità ibrida possa avere anche una durata superiore, benché comunque limitata nel tempo.

È necessario un tampone prima del vaccino?

Per le ragioni espresse nella domanda precedente, non è necessario né il tampone né l’esame sierologico prima di sottoporsi alla vaccinazione.

Nel caso in cui si sviluppino sintomi significativi dopo la vaccinazione e/o se questi dovessero persistere per più di 48-72 ore potrebbe invece essere utile, a giudizio del proprio medico, un tampone che possa evidenziare un eventuale contagio per procedere al necessario isolamento.

Si ribadisce che nessun vaccino anti-COVID tra quelli attualmente disponibili può essere causa di malattia né di positività al tampone, che va alla ricerca del virus responsabile.

I vaccini possono causare febbre?

Sì, la febbre rientra tra gli effetti collaterali più comuni, ovvero in grado di interessare più di una persona su 10. Nella maggior parte dei casi il disturbo compare entro 48 ore dall’iniezione, è di lieve entità e soprattutto destinato a risolversi in un paio di giorni.

Ricordiamo che per febbre intendiamo un aumento superiore ai 38° e, nel caso di Pfizer ad esempio, è nella maggior parte dei casi contenuto entro i 39°.

I vaccini causano l’ADE?

Non ci sono evidenze scientifiche che i vaccini anti Covid-19 inneschino l’ADE (Antibody Dependent Enhancement), una reazione anomala osservata ”, reazione per cui il legame tra un virus e gli anticorpi non neutralizzanti prodotti in risposta ad una vaccinazione o ad un’infezione naturale ne migliori paradossalmente la capacità d’invasione delle cellule dell’ospite e la virulenza.

Si tratta di un fenomeno osservato ad esempio per malattie tropicali come virus Dengue, il virus della febbre gialla e il virus Zika.

I vaccini anti-COVID attualmente in uso non determinano ADE né in coloro che si vaccinano senza aver contratto l’infezione, né in soggetti vaccinati che dovessero avere alle spalle un precedente contatto naturale con il virus.

Troppi anticorpi sono controproducenti?

Wikipedia descrive l’effetto Hook come un fenomeno immunologico in base al quale l’efficacia degli anticorpi […] è talvolta compromessa quando le concentrazioni […] sono molto elevate.

Si tratta di un fenomeno noto e reale, ma che ad oggi ha implicazioni pratiche soprattutto in vitro, nell’ambito degli esami del sangue e di altri fluidi biologici; sebbene ci siano aneddotiche prove dell’effetto in vivo, ovvero in organismi viventi, questo ha scarsa importanza nella reale pratica clinica quotidiana e, a giudizio di chi scrive, non esistono prove di una qualche rilevanza nel contesto della malattia da COVID-19.

In altre parole non esiste il rischio di produrre troppi anticorpi, nemmeno dopo vaccinazione.

I vaccini sono sicuri?

Chiaramente si potrebbe scrivere per ore su questo argomento, ma limitandoci ai numeri secondo l’undicesimo Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini anti-COVID-19 (27/12/2020 – 26/03/2022)

  • sono state somministrate 135.849.988 dosi totali
    • Pfizer 65,2%
    • Moderna 24,7%
    • AstraZeneca 9%
    • J&J 1,1%
  • sono state registrate 134.361 reazioni avverse
    • Pfizer 66,5%
    • Moderna 14,5%
    • AstraZeneca 17,7%
    • J&J 1,3%

Nel complesso quindi una reazione avversa ogni 1000 somministrazioni circa (ovvero 99 ogni 100.000 dosi somministrate), di cui il il 82.1% non gravi, tra cui

Sono invece 18 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, di cui 0,65 eventi con esito fatale segnalati (sempre ogni 100.000 dosi somministrate); si ricorda che per una corretta valutazione di questi numeri è necessario il confronto con la mortalità della malattia, che è decisamente superiore (anche in considerazione della diminuzione degli ultimi mesi).

Dalla data di pubblicazione di questi dati sono state somministrate numerose altre dosi e la confidenza sul confortante rapporto rischio/beneficio è quindi ulteriormente aumentata.

I vaccinati possono trasmettere comunque l’infezione ad altre persone?

Gli studi sono ancora in corso, ma la risposta è che sì, è possibile, ma va tenuto conto che in caso di soggetti vaccinati (sintomatici e non) è ragionevole supporre che entità e durata della carica virale siano nettamente inferiori, ostacolando quindi la circolazione del virus.

Posso vaccinarmi anche dopo essere stato contagiato naturalmente?

Sì, in genere si procede passati almeno 6 mesi dall’infezione (che di per sé garantisce tipicamente una certa immunità).

Le donne in gravidanza si possono vaccinare?

I vaccini anti-COVID-19 non sono controindicati nelle donne in gravidanza, anzi proprio la gravidanza, soprattutto in caso di presenza di fattori di rischio (età uguale o superiore ai 30 anni, diabete, malattie cardiovascolari ed obesità) , potrebbe esporre la gestante ad un aumento del rischio di complicazioni in caso di infezione naturale e per questo è raccomandata la vaccinazione con vaccini a mRNA.

Le donne che allattano possono essere vaccinate?

Non solo è possibile vaccinarsi, ma in questo modo si è certi di garantire una certa protezione anche al neonato mediante il passaggio degli anticorpi materni attraverso il latte.

Bambini e ragazzi possono essere vaccinati?

È possibile vaccinare i bambini dai 6 mesi in poi (con vaccini a dose ridotta).

È possibile sottoporsi a vaccinazione COVID ed antinfluenzale in un’unica occasione?

Sì è possibile programmare la somministrazione dei due vaccini, anti-influenzale e anti-SARS-Cov-2, nella stessa seduta vaccinale, così come per qualsiasi altro vaccino, ad esclusione dei vaccini vivi attenuati, per i quali viene raccomandata una distanza minima precauzionale di 14 giorni prima/dopo dal vaccino anti-COVID.

Fonti e bibliografia

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