Benzodiazepine: effetti positivi ed effetti collaterali

Ultima modifica

Video

(Segue trascrizione e aggiornamenti)

Cosa sono le benzodiazepine?

Le benzodiazepine sono una classe di farmaci che agisce sui recettori delle benzodiazepine (BZ-R) nel sistema nervoso centrale; Il nome così ci dice forse poco, ma basta citare un Tavor® o un Valium® per capire di cosa stiamo parlando. I principi attivi comprendono ad esempio diazepam, lorazepam, bromazepam e così via e li riconosciamo facilmente per la desinenza “-azepam”.

Si tratta di farmaci di grandissima rilevanza nel trattamento delle convulsioni (una percentuale compresa tra 1-2% delle visite annuali al pronto soccorso negli Stati Uniti riguarda questa condizione), ma sono probabilmente più note per il loro utilizzo a breve termine nel trattamento di disturbi d’ansia e insonnia.

Sia nel caso dell’insonnia, sia nel caso dei disturbi d’ansia, è importante risalire alle cause e agire su di esse, per quanto possibile. I farmaci possono certamente venire in aiuto, ma per un tempo che dovrebbe essere il più possibile limitato: questo perché sono farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale e che, in misura maggiore o minore a seconda della classe del farmaco ma anche della sensibilità individuale, generano prima o poi fenomeni di tolleranza e/o dipendenza.

  • In gergo farmacologico si parla di tolleranza quando, nel tempo, è necessario aumentare la dose del farmaco perché il fisico si abitua e non risponde più ai dosaggi iniziali;
  • la dipendenza si instaura invece quando, indipendentemente dalla dose, il corpo non può più fare a meno di una determinata sostanza e va incontro a vere e proprie crisi di astinenza, se l’interruzione non è fatta in modo graduale e controllato.

Gli effetti delle benzodiazepine

Sono sostanze sintetiche che agiscono come depressori del sistema nervoso centrale ed esprimono azione

  • antipsicotica (le psicosi sono condizioni che comprendono tra l’altro gravi disturbi dell’umore, come la mania e la depressione delirante, gli stati di agitazione psicomotoria anche eventualmente indotta da sostanze, disturbi del comportamento nella demenza, …),
  • sedativa (tranquillante),
  • ipnotica (in grado di indurre il sonno),
  • ansiolitica (capace di ridurre la sensazione di ansia),
  • anticonvulsivanti (in grado di spegnere attacchi epilettici),
  • miorilassante (rilassante sulla muscolatura),
  • amnesiche (capaci di indurre amnesia, ovvero la cancellazione di ricordi).

Alla luce di questo ampio spettro di effetti non dovrebbe stupire un altrettanto vario campo di possibili applicazioni oltre a quelle già citate, come ad esempio:

La maggior parte delle benzodiazepine viene somministrata per via orale (per bocca), tuttavia possono anche essere somministrate per via endovenosa, intramuscolare o rettale (quest’ultima utile ad esempio in caso di convulsioni).

In generale si tratta di farmaci ben tollerati, sicuri ed efficaci a breve termine per un’ampia gamma di condizioni, ma purtroppo a causa della tendenza a favorire lo sviluppo di tolleranza (vide infra), sono accompagnate da un elevato rischio di dipendenza.

A cosa servono

L’utilizzo più noto delle benzodiazepine è probabilmente quello di

  • disturbi d’ansia
  • disturbi del sonno (principalmente insonnia).

Quando parliamo di disturbi del sonno intendiamo sia la difficoltà ad addormentarsi, sia la difficoltà a dormire in modo continuativo, senza continui risvegli notturni – che ovviamente impattano in modo negativo sulla qualità del sonno.

Per quanto riguarda invece l’ansia, è definita come una situazione di disagio psicologico, caratterizzato da preoccupazione e tensione, che può essere generato da innumerevoli situazioni: difficoltà lavorative, personali, eventi traumatici ecc. Oltre alle manifestazioni psicologiche – che possono andare dal nervosismo, all’angoscia, a veri e propri attacchi di panico – i disturbi d’ansia si accompagnano sovente a manifestazioni fisiche, che possono essere di vario tipo:

Quali sono e nomi commerciali

Tra gli esempi più noti di benzodiazepine figurano:

  • Alprazolam (Frontal®, Xanax®, …)
  • Bromazepam (Compendium®, Lexotan®, …)
  • Clonazepam (Rivotril®, …)
  • Delorazepam (En®, …)
  • Diazepam (Ansiolin®, Tranquirit®, Valium®, …)
  • Flunitrazepam (Mogadon®, …)
  • Flurazepam (Dalmadorm®, Felison®, …)
  • Lorazepam (Control, Lorans, Tavor, …)
  • Lormetazepam (Minias®, …)
  • Prazepam (Prazene®, …)
  • Temazepam (Normison®, …)
  • Triazolam (Halcion™)

Si noti che per quasi tutti sono oggi disponibili anche i relativi generici.

Meccanismo d’azione

Sappiamo che la maggior parte delle reazioni, dei processi che avvengono all’interno del nostro corpo è governata dal Sistema Nervoso Centrale, che utilizza dei messaggeri per inviare istruzioni ai vari distretti corporei e ricevere da essi informazioni sullo stato di salute o malattia del corpo stesso. Alcuni di questi messaggeri ci sono familiari: pensiamo all’adrenalina per esempio, il neurotrasmettitore dell’istinto di “lotta o fuga”, quello che ci mette in allarme di fronte alle situazioni di pericolo e fa sì che succedano una serie di eventi che ci permettono di evitare il pericolo – per esempio aumenta la frequenza cardiaca, aumenta la pressione sanguigna, si dilatano le vie aeree e quindi l’organismo è più reattivo.

L’adrenalina è un neurotrasmettitore cosiddetto “eccitatorio”, così come lo sono l’acetilcolina e il glutammato, per esempio. Accanto a questi, esistono altri neurotrasmettitori con funzione “inibitoria”: questo accade perché il nostro organismo deve mantenere il più possibile un equilibrio dinamico – pronto a reagire all’occorrenza, ma altrettanto rapido nel tornare in condizioni di riposo, altrimenti andrebbe in sovraccarico.

Il più potente neurotrasmettitore con funzione inibitoria è Il GABA (l’acido gamma-amminobutirrico), che è proprio il bersaglio principale dei farmaci ansiolitici e dei sedativo-ipnotici (così si chiamano i farmaci per i disturbi del sonno).

Come agiscono questi farmaci? I neurotrasmettitori – siano essi di tipo inibitorio o eccitatorio – agiscono secondo quel meccanismo noto come chiave-serratura: in altri termini, agiscono su recettori specifici, che rappresentano la serratura della chiave. Il neurotrasmettitore è la chiave specifica per quella determinata serratura: la chiave entra, aziona la serratura e si innesca una serie di meccanismi che portano ad uno o più effetti specifici (aumento o diminuzione del battito cardiaco, aumento o diminuzione della pressione, liberazione di un determinato ormone e così via).

Tornando al nostro neurotrasmettitore inibitorio, il GABA si comporta esattamente così. Una volta liberato a livello neuronale, si lega al suo recettore (chiamato GABA-A) ed esercita – si dice – azione depressiva sul Sistema Nervoso Centrale:

  • rallenta il battito cardiaco,
  • abbassa la pressione sanguigna,
  • favorisce il rilassamento muscolare,
  • favorisce il sonno
  • e così via.

I farmaci contro ansia e insonnia agiscono mimando l’effetto del GABA. Grazie alla loro struttura chimica, sono in grado di azionare gli stessi recettori del GABA (come quando facciamo la copia delle chiavi di una serratura), provocandone quindi gli stessi effetti, ma ovviamente in maniera amplificata, perché è come se ci fosse più GABA circolante (o, per mantenere il paragone, più chiavi disponibili ad aprire più serrature).

Effetti collaterali

Pur essendo considerate più sicure rispetto ai barbiturici, le benzodiazepine non sono comunque farmaci innocui e possono provocare una serie di effetti indesiderati tutt’altro che trascurabili. Tra essi citiamo:

  • eccessiva sedazione
  • sonnolenza diurna
  • disturbi della memoria
  • depressione
  • effetti paradosso: ansia, agitazione, aggressività
  • atassia (perdita di coordinazione motoria)
  • tolleranza
  • dipendenza (sia fisica che psicologica).

Effetti collaterali a lungo termine

Se le benzodiazepine si rivelano farmaci efficaci nel breve periodo, a lungo termine possono portare a conseguenze molto serie dal punto di vista cognitivo. Già agli inizi degli anni 2000 furono pubblicati diversi studi che evidenziavano i rischi correlati a un impiego prolungato di questi farmaci. Tra essi:

  • deficit della sfera sensoriale e cognitiva
  • deficit psicomotori
  • deficit della comunicazione verbale e non verbale
  • problemi di attenzione e concentrazione

Tali evidenze sono state poi confermate negli studi successivi. Non solo, questi effetti collaterali sembrano permanere anche dopo la sospensione del farmaco, se lo si è assunto per lungo tempo.

Ai deficit cognitivi, inoltre, pare si associ un aumentato rischio di sviluppare malattie legate alla degenerazione cognitiva, come riportato sul sito dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco [2]:

“L’uso di benzodiazepine, una categoria di farmaci utilizzati per trattare ansia ed insonnia, potrebbe essere associato ad un maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, in particolare per i pazienti che sono trattati con questi farmaci in maniera prolungata. Questa è l’avvertenza evidenziata da uno studio pubblicato sul British Medical Journal [3].

Benzodiazepine ed Alzheimer

Lo studio cui si riferisce l’AIFA, pubblicato nel 2014, era stato condotto su circa 1800 persone, con diagnosi di Alzheimer: ebbene, secondo quanto riportato dai ricercatori, l’uso di benzodiazepine per un periodo continuativo superiore ai 3 mesi risulterebbe associabile ad un aumento del rischio (dal 43 al 51%) di insorgenza del morbo di Alzheimer [3,4].

Attenzione, questo non significa che il 51% delle persone svilupperà morbo di Alzheimer, ma che il rischio rispetto alla popolazione generale è aumentato di circa il 50%: questo è importante, perché bisogna essere senza dubbio consapevoli del problema, ma allo stesso tempo comprenderne la reale entità per non sentirsi condannati, senza contare che la ricerca è tuttora in corso per confermare, smentire o semplicemente definire meglio il rischio.

L’atteggiamento corretto vero ansia e insonnia dovrebbe quindi essere proattivo, affrontando la causa del problema già ai primi sintomi, attraverso modifiche dello stile di vita ed eventualmente con un aiuto psicologico.

Per quanto si possono prendere?

Il messaggio che desidereremmo trasmettere è che, come tutti i farmaci, anche le benzodiazepine hanno un loro specifico rapporto rischio/beneficio, un modo complicato per dire che non vanno presi sottogamba, che vanno usati con fiducia dietro prescrizione medica, ma possibilmente per il tempo strettamente necessario a superare il problema, senza farsi intrappolare da medicine che curano il sintomo e non la causa. Ovviamente ci sono eccezioni, situazioni in cui non se ne può fare a meno, ma si tratta appunto di eccezioni.

Per fare un esempio concreto, questo è ciò che viene riportato sul foglietto illustrativo del Tavor® [1]:

  • Trattamento dell’ansia
    La durata consigliata di terapia non dovrebbe superare le 8-12 settimane.
    Questo periodo comprende anche il tempo necessario per ridurre gradualmente la dose di Tavor fino alla sospensione. Il medico deciderà se il trattamento può essere continuato oltre il periodo massimo consigliato.
  • Trattamento dell’insonnia
    La durata consigliata di terapia varia da pochi giorni fino a un massimo di 4 settimane. Questo periodo comprende anche il tempo necessario per ridurre gradualmente la dose di Tavor fino alla sospensione. Il medico deciderà se il trattamento può essere continuato oltre il periodo massimo consigliato.

Emivita delle benzodiazepine

L’emivita è un parametro che indica il tempo richiesto per osservare una riduzione del 50% (dimezzamento) della concentrazione nel sangue di un farmaco; è importante perché influisce direttamente sulla durata di azione e sul tempo necessario allo smaltimento (della sostanza e, quasi parallelamente, degli effetti).

L’emivita delle benzodiazepine varia non solo tra le diverse molecole (vedi tabella successiva), ma anche tra i pazienti, ad esempio gli anziani tendono a smaltire questi farmaci molto più lentamente, con la temibile conseguenza di essere più soggetti ai tipici effetti collaterali (stordimento, sedazione, atassia, confusione mentale, giudizio alterato e amnesia anterograda).

Molecola Insorgenza effetto emivita
(in ore)
Metaboliti
attivi
Alprazolam Rapida – Intermedia 12-15 No
Clordiazepossido Intermedia 8-28
Clonazepam Lenta 18-50 No
Clorazepato Rapida 48
Diazepam Rapida 20-50
Estazolam Rapida 10-24 No
Lorazepam Intermedia 10-20 No
Oxazepam Intermedia – Lenta 5-20 No
Prazepam Lenta 70
Temazepam Intermedia – Lenta 9.5-12 No
Triazolam Rapida 1.7-5 No
Midazolam Rapida 1-4 No
Brotizolam Rapida 5
Loprazolam Rapida 5-8
Lormetazepam Rapida 12-20 No
Flunitrazepam Rapida 19-22
Flurazepam Rapida 40-114
Nitrazepam Rapida 24
Quazepam Rapida 25-41
Ipnotici non benzodiazepinici
Zolpidem Rapida 1.5-4.5 No
Zopiclone Rapida 3-6
Zaleplon Rapida 1 No

Fonte tabella: MedScape

Alternative naturali

In caso di disturbi lievi però – per i quali purtroppo si ricorre ancora troppo spesso ai farmaci con eccessiva leggerezza – possiamo provare a prendere in considerazione alcuni approcci alternativi alla terapia farmacologica, che si possono rivelare validi in caso di disturbi moderati e transitori.

Fermo restando che – non ci stanchiamo di ripeterlo – naturale non significa innocuo e che anche i derivati vegetali possono avere effetti indesiderati o interferire con terapie farmacologiche in atto, la fitoterapia può venirci in aiuto in caso di disturbi lievi, per i quali sarebbe preferibile evitare il ricorso ai farmaci ansiolitici.

Qui purtroppo entriamo in un campo minato, perché quello del “naturale” è un settore estremamente ricco e fiorente, ma meno regolamentato rispetto a quello farmaceutico: o meglio, i preparati in commercio sono regolamentati dal punto di vista della sicurezza, ma non richiedono test clinici rigorosi come quelli necessari per la vendita di un farmaco e dunque molto spesso mancano le prove scientifiche sulla reale efficacia dei preparati proposti, sul corretto dosaggio, su eventuali effetti collaterali o interazioni (tra le erbe e tra erbe e farmaci). Magari gli studi ci sono, ma sono fatti per esempio su un numero troppo limitato di persone oppure per un tempo troppo breve per poter studiare anche eventuali effetti a lungo termine.

Insomma, non è facile orientarsi e trovare il rimedio più adatto alle proprie esigenze: anche nel caso del ricorso ai cosiddetti rimedi naturali, conviene sempre affidarsi al consiglio di professionisti, per esempio al farmacista o all’erborista di fiducia.

Tra i rimedi più diffusi per il trattamento di ansia e insonnia troviamo

Letteratura scientifica disponibile

In un lavoro di revisione pubblicato nel 2022 [5], dove si confrontavano i risultati di 29 studi relativi all’impiego di 12 diverse piante medicinali per i disturbi di insonnia e ansia, è emerso quanto segue:

  • buoni risultati con Silexan® (olio essenziale di lavanda) per il trattamento dell’ansia e dell’insonnia
  • buoni risultati da parte del Kava kava come ansiolitico ma non sui disturbi d’ansia generalizzata (GAD)
  • Withania somnifera probabilmente efficace contro l’insonnia, ma i test necessitano di approfondimenti su un numero maggiore di soggetti coinvolti
  • studi insufficienti su Valeriana e Camomilla

Secondo un’altra review [6], invece, che ha selezionato studi randomizzati e controllati (ossia confrontati con un gruppo di controllo, che non assume il preparato oggetto del test) condotti tra il 1996 e il 2016, lavanda, frutto della passione e zafferano sono risultati promettenti nel trattamento di ansia, insonnia e disturbi depressivi lievi; black cohosh (cimicifuga racemosa), camomilla e agnocasto si sono rivelati altrettanto promettenti. Al di là delle singole erbe, i ricercatori riportano come il 45% degli studi analizzati abbia riportato risultati positivi, col vantaggio di minor incidenza di effetti avversi rispetto ai farmaci convenzionali. Anche in questo caso, tuttavia, gli stessi ricercatori sottolineano la necessità di studi più approfonditi prima che queste piante possano entrare a pieno diritto nella pratica clinica.

Un terzo studio [7], infine, che ha analizzato 23 piante medicinali studiate e descritte in articoli pubblicati tra il 2010 e il 2020, ha evidenziato buona efficacia ansiolitica e sedativa da parte di valeriana, frutto della passione e ginseng indiano (ashwagandha).

Insomma, gli studi ci sono ma non sempre concordano nei risultati ottenuti. Ciò che possiamo suggerire, sulla base di quanto pubblicato in letteratura scientifica, è quello di attenersi sempre ai dosaggi consigliati, di affidarsi a pareri esperti – anche in caso del ricorso a piante medicinali – e soprattutto di informarsi su eventuali interazioni in caso si stiano assumendo contemporaneamente farmaci (di qualsiasi tipo, non necessariamente per lo stesso disturbo – in realtà la contemporanea assunzione di farmaci ed erbe per uno specifico disturbo resta fortemente sconsigliata, salvo diverso parere medico, perché potrebbero esserci effetti indesiderati imprevisti e seri).

Fonti e bibliografia

  1. AIFA – Tavor®, foglietto illustrativo
  2. AIFA
  3. BMJ. 2014 Sep 9;349:g5205.
    Benzodiazepine use and risk of Alzheimer’s disease: case-control study
    Sophie Billioti de Gage et al.
  4. Arch Clin Neuropsychol. 2018 Nov 1;33(7):901-911.
    The Residual Medium and Long-term Cognitive Effects of Benzodiazepine Use: An Updated Meta-analysis
    Simon F Crowe, Elizabeth K Stranks
  5. Pharmacol Res. 2022 May
    Medicinal herbs for the treatment of anxiety: A systematic review and network meta-analysis
    Wenting Zhang, Yonghuang Yan et al.
  6. Phytother Res. 2018 May;32(5):865-891.
    Herbal medicine for depression and anxiety: A systematic review with assessment of potential psycho-oncologic relevance
    K Simon Yeung, Marisol Hernandez et al.
  7. Planta Med. 2021 Aug;87(10-11):738-753.
    Medicinal Plants for Insomnia Related to Anxiety: An Updated Review
    Silvia Borrás, Isabel Martínez-Solís, José Luis Ríos
Articoli Correlati
Articoli in evidenza