Significato e introduzione
Per ipossia si intende la carenza di apporto di ossigeno ai tessuti.
L’ipossia è fortemente correlata all’ipossiemia, la condizione caratterizzata dalla carenza di ossigeno nel sangue: l’ipossiemia viene valutata col valore di PaO2, che in condizioni normali deve essere superiore agli 80 mmHg. Si parla infine di anossia in mancanza assoluta di ossigeno, condizione ovviamente non compatibile con la vita.
Le cause di ipossia sono svariate e sono suddivisibili in
- alterazioni negli scambi gassosi polmonari,
- riduzione della ventilazione,
- entrambe le condizioni.
I sintomi principali dell’ipossia prevedono la comparsa di:
- dispnea,
- pallore cutaneo,
- tachicardia e tachipnea,
- cianosi,
- alterazioni dello stato di coscienza e altri sintomi cerebrali sino al coma.
La diagnosi è clinica, basata cioè sul riconoscimento di segni e sintomi del paziente, coadiuvata dagli esami strumentali (RX-Torace, TC) e dall’emogasanalisi (EGA).
Il trattamento prevede
- la correzione della causa sottostante,
- la somministrazione di ossigeno
- e la ventilazione meccanica assistita.
Se la causa dell’ipossia non viene rapidamente corretta e non si esegue alcuna terapia, la funzionalità respiratoria peggiora progressivamente e drammaticamente fino
- all’arresto respiratorio,
- all’insufficienza cardio-vascolare
- e all’insufficienza multi-organo (MODS) con conseguente exitus (morte).
La prognosi dipende da
- condizione patologica sottostante che ha portato alla sviluppo dell’ipossia,
- possibilità di regressione,
- capacità di risposta del paziente alla terapia con ossigeno e ventilazione meccanica.
Cause
Le principali cause di ipossiemia e quindi di ipossia sono:
- ipossia ambientale (il paziente respira un’aria povera di ossigeno, situazione che può verificarsi in caso di:
- fughe di gas in ambienti chiusi,
- affollamento di persone in uno stesso ambiente con elevato consumo di ossigeno in breve lasso di tempo,
- elevata altitudine, soprattutto in pazienti non acclimatati;
- ipoventilazione: la concentrazione di ossigeno nell’aria è nella norma, ma il paziente ha una capacità ridotta di ventilare (ovvero di “far entrare l’aria nei polmoni”). Le cause di ipoventilazione possono essere numerose:
- intossicazione da sostanze o farmaci che deprimono la capacità respiratoria (alcol, sostanze stupefacenti, farmaci antidepressivi, ansiolitici come le benzodiazepine, antistaminici, analgesici narcotici come la morfina),
- patologie neuromuscolari che colpiscono il diaframma e gli altri muscoli respiratori (neuropatie e miopatie genetiche-ereditarie, miastenia gravis, distrofie muscolari come la Duchenne o la Becker, atrofie muscolari-spinali),
- sindrome delle apnee notturne ostruttive (OSAS): restringimento delle vie aeree durante il sonno,
- gravi polmoniti con affaticamento respiratorio,
- BPCO (bronco pneumopatia cronico-ostruttiva);
- dissociazione tra ventilazione e perfusione polmonare: rappresenta il meccanismo più frequente di ipossia, per patologie che alterano la capacità del polmone di ventilare, o la sua vascolarizzazione arteriosa. Provoca ipossia anche a riposo. Si verifica in caso di:
- BPCO,
- asma ostruttiva piuttosto grave,
- malattie alveolari (proteinosi alveolare congenita, tubercolosi, versamento pleurico massivo, tumore al polmone),
- trombosi arteriose o embolie polmonari,
- dissezione aortica,
- insufficienza cardiaca,
- infezioni respiratorie:
- polmoniti
- e broncopolmoniti;
- Alterazione della diffusione di O2: provoca ipossia solo in caso di sforzo respiratorio. La principale patologia che provoca ipossia a riposo mediante questo meccanismo patogenetico è la fibrosi polmonare, che può essere dovuta a:
- fibrosi polmonare idiopatica,
- pneumoconiosi (da esposizione a polveri di amianto, carbone, silicio),
- farmaci chemioterapici,
- malattie autoimmuni (artrite reumatoide, lupus),
- infezioni respiratorie (da virus, batteri o funghi),
- avvelenamento da cianuro o altri veleni o sostanze tossiche;
- Effetto shunt: condizione in cui gli alveoli vengono perfusi ma non ventilati. È dovuto all’occlusione degli alveoli che può presentarsi in caso di:
- edema polmonare acuto,
- sindrome da distress respiratorio del neonato o dell’adulto,
- estesa polmonite,
- atelettasia (collasso alveolare con chiusura degli spazi respiratori),
- shunt vascolari a livello polmonare (da cirrosi epatica o malattia di Rendu-Osler-Weber),
- cardiopatie congenite con shunt destro-sinistro.
Sintomi
I sintomi principali dell’ipossia possono essere classificati a seconda che la carenza di ossigeno si verifichi in condizione acuta o cronica.
L’ipossia acuta provoca rapidamente un calo dell’apporto di ossigeno al cervello (SNC), che rappresenta l’organo più sensibile a questa condizione, con la comparsa di sintomi quali:
- stato di ansia e nervosismo,
- euforia,
- sonnolenza,
- affaticamento muscolare,
- lentezza motoria e mentale,
- disorientamento nel tempo e nello spazio (paziente non sa dire dove si trova, non ricorda l’orario o il giorno della settimana in quel momento),
- nausea e vomito,
- pallore a livello cutaneo e mucoso,
- cianosi (colorazione bluastra di cute e mucose quando i valori di emoglobina (Hb) scendono sotto i 5 g/dL),
- dispnea (difficoltà respiratoria con sensazione di fame d’aria).
Se all’ipossia si viene ad associare anche l’ipercapnia (concentrazione di anidride carbonica nel sangue in misura superiore alla norma), si svilupperanno altri sintomi come:
- bradipsichia (lentezza del pensiero e della comprensione),
- flapping tremor (tremore delle mani quando si estendono le braccia),
- bradilalia (lentezza nel parlare e nell’articolare le parole),
- sonnolenza marcata, ipersonnia, sino ad uno stato di incoscienza che prende il nome di “coma ipercapnico”.
L’ipossia cronica, che si sviluppa progressivamente nel corso di diversi giorni o mesi, presenta sintomi similari alla condizione acuta ma in forma più occulta e più difficile da discriminare nella fase iniziale:
- astenia e malessere generalizzato,
- debolezza muscolare,
- perdita dell’appetito con calo ponderale,
- quadro cachettico (stato di deperimento fisico, con perdita di massa grassa e muscolare),
- anemia da malattia cronica,
- iperviscosità sanguigna per aumento dell’eritropoiesi, con aumentato rischio di trombosi a livello vascolare,
- cefalea (mal di testa),
- ipertensione polmonare e “cuore polmonare cronico”,
- aritmie cardiache (alterazioni del battito cardiaco, per dilatazione dell’atrio destro da ipertensione polmonare),
- meccanismi compensatori dell’organismo in caso di ipossia.
In caso di ipossia l’organismo mette in atto tutta una serie di meccanismi fisiologici di compenso:
- tachipnea, aumento della frequenza respiratoria allo scopo di apportare più ossigeno agli alveoli polmonari,
- tachicardia, aumento della frequenza cardiaca per aumentare la quota di sangue che arriva al polmone per ossigenarsi,
- vasodilatazione periferica, per aumentare l’apporto di ossigeno ai tessuti periferici che stanno soffrendo carenza di O2,
- vasocostrizione nelle zone polmonari meno ossigenate,
- aumento dell’eritropoiesi, ovvero della produzione di globuli rossi a livello del midollo osseo.
Diagnosi
La diagnosi di ipossia prevede un percorso diagnostico che comincia con l’anamnesi, una sorta di intervista medico-paziente attraverso alcune domande specifiche volte a ricostruire l’intera storia clinica del paziente, sia recente che passata.
L’anamnesi dev’essere seguita da un accurato esame obiettivo, allo scopo di analizzare e repertare tutti i sintomi riferiti dal paziente ed altri segni oggettivi tipici del quadro ipossico.
Le analisi del sangue possono rivelare alterazioni dell’emocromo come bassi livelli di
- globuli rossi,
- ematocrito,
- emoglobina.
Uno degli esami più importanti da eseguire in caso di ipossia è l’emogasanalisi (EGA): si effettua un prelievo da un’arteria (quasi sempre si tratta dell’arteria radiale presente a livello del polso) con il sangue che viene analizzato in un macchinario specifico. Dopo pochi minuti il referto dell’emogas fornisce diversi parametri che vengono attentamente valutati, permettendo di risalire alla causa dell’ipossia e di iniziare la sua correzione con diversi trattamenti. Effettuando degli emogas in serie nel corso di diverse ore è possibile valutare gli effetti della terapia instaurata e l’eventuale miglioramento dei parametri principali:
- pH, del sangue che normalmente si attesta tra 7.35 (al di sotto del quale si parla di “acidosi”) e 7.45 (al di sopra del quale abbiamo una condizione di “alcalosi”),
- bicarbonati HCO3 (valori normali: 22-28 mmHg),
- PCO2, che indica la pressione parziale dell’anidride carbonica (valori normali: 35-45 mmHg; si parlerà di ipocapnia o di ipercapnia al di fuori di questo intervallo di valori),
- PO2, che indica la pressione parziale dell’ossigeno (valori normali: maggiori di 80 mmHg; si parla di ipossiemia o iperossiemia al di fuori di questi valori).
Dal punto di vista strumentale è possibile eseguire la radiografia e la TC del torace, utili nel documentare oggettivamente l’eventuale danno polmonare e, nei controlli successivi all’inizio del trattamento, mostrare eventuali segnali di miglioramento o peggioramento del quadro ipossico.
Cura
L’ipossia deve essere trattata riconoscendone la causa sottostante e cercandone la sua rimozione; a prescindere da questo il paziente viene supportato attraverso approcci mirati allo sollievo dei sintomi e al fine di normalizzare i parametri respiratori alterati. Spesso la gravità della condizione respiratoria è tale da richiedere il ricovero del paziente presso un’Unità di Terapia Intensiva-Rianimazione.
L’algoritmo terapeutico prevede di analizzare la PO2 e la PCO2:
- In caso di condizione di ipossiemia con PO2 inferiore agli 80 mmHg è richiesto solo ossigeno,
- in caso di aumento della PO2 oltre i 45 mmHg (oltre alla riduzione di PO2), è necessaria una ventilazione meccanica assistita con ossigeno-terapia di supporto.
Ossigeno terapia
L’ossigeno può essere somministrato mediante diversi mezzi (mascherina, naselli, …) ad una quantità che dipende dal grado di ipossia:
- nelle forme lievi viene somministrato ossigeno come supporto alla respirazione del paziente; si utilizzano bassi flussi di ossigeno intorno ai 2-3 litri al minuto;
- nelle forme gravi si somministra O2 ad alto flusso con valori intorno ai 10-12 litri al minuto.
Ventilazione meccanica
È un trattamento che aiuta il paziente nella ventilazione respiratoria attraverso uno speciale macchinario chiamato ventilatore meccanico. La ventilazione meccanica può essere di due tipi:
- non invasiva, effettuata tramite maschera facciale o boccaglio,
- invasiva, effettuata tramite un tubo oro-tracheale, naso-tracheale o mediante una cannula tracheostomica.
Il ventilatore meccanico funziona con un ciclo respiratorio che prevede:
- fase inspiratoria, in cui il macchinario insuffla aria nei polmoni del paziente,
- fase espiratoria, in cui il ventilatore raccoglie i gas di scarto espiratori del paziente e si prepara per una nuova fase inspiratoria.
Pur essendo molto efficace e spesso un trattamento salva-vita per i pazienti, la ventilazione meccanica presenta alcuni rischi:
- barotrauma: pressioni inspiratorie troppo elevate possono ledere la struttura polmonare portando alla fuoriuscita di aria che si accumula a livello di:
- spazio pleurico, con pneumotorace massivo,
- mediastino, con pneumomediastino e rischio di tamponamento cardiaco,
- tessuto sottocutaneo, con enfisema sottocutaneo,
- infezione, si parla propriamente di “polmonite associata alla ventilazione meccanica”,
- alterazioni emodinamiche con peggioramento della funzione cardiaca.
Fonti e bibliografia
- Harrison – Principi Di Medicina Interna Vol. 1-2 (17’Ed. McGraw Hill).
- Malattie dell’apparato respiratorio II edizione. E. Gramiccioni, M. Loizzi, M.P. Foschino Barbaro, O. Resta, F. Sollitto. (Edizioni Minerva Medica Torino).
Autore
Dr. Ruggiero Dimonte
Medico ChirurgoIscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Barletta-Andria-Trani n. 2130