Introduzione
Appartenente al genere delle Leguminosae, la soia è conosciuta e consumata in Oriente da più di 5000 anni: originaria della Manciuria e annoverata tra le 5 piante sacre (insieme a riso, frumento, orzo e miglio), era consigliata nel Grande Erbario Cinese (3000 a.C.) per dolori alle ginocchia, edemi, crampi, disturbi digestivi e malattie del cuoio capelluto.
In Occidente fu portata dai padri Gesuiti nel XVII secolo e inizialmente venne coltivata solo negli orti botanici.
Le proteine della soia iniziarono ad essere prodotte negli anni ‘30 del secolo scorso, per l’industria della carta, come agente schiumogeno negli estintori e nella produzione tessile per la seta artificiale; solo a partire dagli anni ‘60 sono state introdotte anche come integratori per l’uomo.
I semi di soia sono considerati un cibo ad alto valore nutritivo: contengono fino al 40% di proteine e tutti gli amminoacidi essenziali, in quantità tale da poter costituire eventualmente l’unica fonte proteica all’interno della dieta (come tale, infatti, la soia era utilizzata nell’antico Oriente); da questo punto di vista è pressoché l’unico alimento vegetale a poter offrire una qualità proteica paragonabile agli alimenti animali.
La soia è inoltre ricca di
- Fitoestrogeni (isoflavoni e lignani), sostanze vegetali che hanno struttura simile all’estradiolo (un estrogeno del corpo umano)
- Lecitina
- Vitamina E
- Fitosteroli
- Oligosaccaridi
- Fitati
- Saponine
- Fibre
Tra i fitoestrogeni presenti nella soia, i più potenti risultano essere:
- Gliciteina
- Genisteina
- Daidzeina
Dal punto di vista del legame con i recettori degli estrogeni, l’affinità dei fitoestrogeni della soia risulta analoga a quella del 17-beta-estradiolo, l’ormone comunemente utilizzato nei farmaci per il trattamento dei sintomi legati alla menopausa.
In aggiunta a ciò, pare che lignani e isoflavoni abbiano azione pro- o anti-estrogenica a seconda del livello degli estrogeni circolanti: in altre parole, agiscono da antagonisti quando i livelli di estrogeni sono troppo alti, mentre hanno effetto estrogenico quando il livello endogeno di estrogeni diminuisce – come nel caso della menopausa.
[1,2,3]
Soia come cibo o derivato
La soia come alimento può essere consumata
- come tale (trattata esattamente come qualsiasi altro legume)
- in forma acerba (edemame)
- come derivato fermentato (miso e tempeh – conosciuto anche come “carne di soia” – e il meno conosciuto natto)
- come bevanda (“latte” di soia), che può essere fatta cagliare in tofu (il “formaggio di soia”)
- come condimento (salsa di soia)
- come farina per preparare pane, dolci o torte salate. Essendo priva di glutine, la farina è adatta anche per chi soffre di celiachia; ha indice glicemico più basso rispetto alle normali farine e può quindi rappresentare una valida alternativa per chi soffre di diabete (anche se ovviamente va tenuto conto della diversa ripartizione dei macronutrienti); il contenuto inferiore di amidi, infine, la rende più digeribile rispetto alle farine tradizionali.
[1]
Lecitina di soia
La Lecitina di soia è una miscela di fosfolipidi utilizzata nell’industria alimentare come additivo ad azione antiossidante ed emulsionante (la troviamo nel cioccolato, nelle salse, nei preparati per torte dolci e salate ecc). È generalmente ricavata dalla soia, ma si trova anche nel tuorlo d’uovo e nei cereali integrali – ed è proprio studiando il tuorlo d’uovo che fu scoperta nel 1850 dal ricercatore francese Maurice Gobley.
Integratori di soia
La soia si può trovare come integratore alimentare sotto forma di
- proteine di soia in polvere, ricavate dai semi di soia e utilizzate spesso come integratore proteico da parte di vegetariani e vegani
- capsule o compresse di isoflavoni di soia, noti soprattutto per gli effetti positivi sugli effetti della menopausa.
Effetti della soia
La soia e i suoi derivati sono stati oggetto di numerosi studi negli ultimi decenni. Diversi studi epidemiologici hanno mostrato benefici da parte degli isoflavoni di soia in caso di
- menopausa (miglioramento della sintomatologia)
- malattie cardiovascolari (in particolare aterosclerosi, infarto e ictus)
- riduzione del rischio di tumore al seno e alla prostata
- osteoporosi
- ipercolesterolemia
Tuttavia, gli studi epidemiologici – che monitorano l’andamento di una o più malattie all’interno di una popolazione generale (per esempio incidenza di malattie cardiovascolari in una determinata zona del mondo) – per quanto possano essere indicativi, non permettono l’individuazione di un rapporto causa-effetto né tengono conto delle numerose variabili che potrebbero influenzare il risultato finale (età, sesso, abitudini alimentari e di vita, uso di farmaci, presenza concomitante di altre patologie, per citare solo le principali)
I risultati, dunque, sono ancora da considerarsi incerti, tanto che le autorità per la salute restano caute sul consigliare l’utilizzo di soia e derivati come rimedio di prima scelta, pur riconoscendone alcuni effetti, tra cui quello migliorativo nei confronti dei sintomi legati alla menopausa e nel controllo del colesterolo (NIH, National Center for Complementary and Integrative Health [4]).
D’altro canto, gli stessi effetti in vivo di sostanze come gli isoflavoni, che agiscono in modo analogo agli ormoni estrogeni, sono difficili da prevedere perché soggetti a una non trascurabile variabilità di numerosi fattori, tra cui
- il contenuto di fitoestrogeni nella pianta, che può variare di molto a seconda della zona di provenienza e del tipo di coltivazione
- la forma in cui vengono assunti (cibo, bevande, integratori), che può influire su quantità e biodisponibilità
- la via di somministrazione
- il metabolismo individuale
- il livello di estrogeni endogeni
[1]
Qui di seguito verranno riportati alcuni degli studi clinici più significativi sull’utilizzo della soia e dei suoi derivati per
- menopausa
- malattie cardiovascolari (in particolare per il controllo del colesterolo)
- osteoporosi
- cancro
Soia in menopausa
Molte donne all’inizio della menopausa, quando i sintomi risultano spesso fortemente impattanti sulla qualità della vita, preferiscono ricorrere agli isoflavoni di soia come alternativa alla tradizionale terapia ormonale sostitutiva – peraltro controindicata in caso di pregresso tumore al seno, ovaie o utero, problemi di coagulazione, ipertensione o altre problematiche cardiovascolari, patologie epatiche [23-27].
Anche se il meccanismo d’azione non è del tutto chiarito, gli studi pubblicati sono generalmente concordi nel riconoscere quantomeno una riduzione dell’entità e della frequenza di sintomi quali vampate di calore e sudorazione notturna [5], anche se risulta tuttora difficile trarre conclusioni definitive, in ragione dell’estrema variabilità degli studi in termini di tipologia, numero dei soggetti coinvolti, dosaggio utilizzato, concentrazione di isoflavoni non sempre dichiarata e, non meno importante, la variabilità metabolica individuale. L’efficacia estrogenica degli isoflavoni, infatti, pare sia fortemente vincolata alla capacità della flora batterica intestinale di trasformare la daidzeina (il flavonoide maggiormente presente nella soia) in equolo, il quale presenta attività estrogenica significativamente maggiore rispetto alla daidzeina. Ne consegue che la buona salute della flora batterica intestinale, l’alimentazione e l’eventuale utilizzo cronico di farmaci possono condizionare in modo significativo il metabolismo e quindi l’efficacia degli isoflavoni [5,8].
In ragione delle considerazioni precedenti, è difficile individuare la dose ottimale: in generale, gli studi che hanno riportato risultati positivi sono stati effettuati con dosaggio compreso tra 40 e 104 mg al giorno di isoflavoni – che peraltro è il dosaggio minimo a cui risultano clinicamente evidenziabili gli effetti estrogenici dei derivati della soia.
[1,3].
A titolo d’esempio, uno studio in doppio cieco ha riportato come 80 mg di isoflavoni somministrati per 4 mesi consecutivi portino a un miglioramento dei sintomi (vampate, irrequietezza, disturbi del sonno) significativamente superiore al placebo e un altro ha individuato come dose ottimale giornaliera di isoflavoni quella compresa nell’intervallo di 52-104 mg, somministrata per 12 mesi [6,7].
Il metabolismo della soia
Fra gli isoflavoni glicosidici presenti nella soia spicca per importanza la daidzeina, che viene trasformata in equolo dalla flora batterica del colon.
L’equolo mostra una spiccata affinità di legame per i recettori estrogenici dell’organismo umano, paragonabile a quella del legante fisiologico (estradiolo) e indicativamente 4 volte superiore rispetto al suo precursore (daidzeina): questo significa una maggior efficacia dai fastidiosi sintomi della menopausa.
È tuttavia interessante notare come una parte della popolazione umana sia in grado di produrre naturalmente equolo dopo il consumo di soia (o prodotti derivati) e la frazione è più elevata nei vegetariani e nei soggetti di etnia asiatica.
Soia, colesterolo e pressione sanguigna
Sia gli isoflavoni che le proteine della soia sono stati ampiamente studiati in ragione del potenziale effetto positivo sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari, soprattutto per quanto riguarda il controllo del colesterolo e della pressione sanguigna.
Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato un effetto positivo da parte delle proteine della soia nella riduzione del colesterolo e dei trigliceridi, tanto che la FDA (l’ente americano per il controllo di farmaci e alimenti) già nel 1999 aveva approvato l’indicazione alimentare in base alla quale un’assunzione giornaliera di 25 g di proteine di soia – all’interno di una dieta bilanciata e povera di grassi saturi e colesterolo – può avere effetto protettivo nei confronti del rischio cardiovascolare [9].
La stessa indicazione emerge da uno studio di coorte effettuato in Giappone su 42.462 donne di età compresa tra 40 e 59 anni che facevano elevato consumo di isoflavoni di soia e risultavano meno a rischio di problematiche cardiovascolari, come infarto e ictus; l’effetto risultava più pronunciato nelle donne in post-menopausa [10]. Stessa conclusione nello studio CARDIAC, condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla correlazione tra consumo di isoflavoni e proteine della soia e incidenza di malattie coronariche: un elevato consumo di isoflavoni di soia risultava correlato a una minor incidenza di eventi cardiovascolari ad esito fatale [8,11].
Per contro, secondo una recente revisione ad opera della Cochrane, non c’è sufficiente evidenza di un’azione degli isoflavoni sul profilo lipidico. Questo risultato, tuttavia, può essere spiegato per il fatto che gli isoflavoni risultino in effetti meno efficaci delle proteine della soia nell’abbassare il colesterolo: la discordanza tra gli studi pubblicati potrebbe essere dovuta a questo fattore – oltre ad altre variabili come la differenza di dosaggio, l’eterogeneità delle persone coinvolte negli studi di popolazione e così via- e gli stessi autori della revisione Cochrane suggeriscono cautela nel considerare tali risultati, proprio in ragione di tali possibili interferenze [12].
Per quanto riguarda l’effetto sulla pressione sanguigna, una revisione su 11 studi randomizzati controllati pubblicata nel 2012 ha concluso come un dosaggio di isoflavoni di soia compreso tra 65 e 153 mg/die abbia effetto positivo sulla riduzione della pressione sanguigna in pazienti ipertesi (lo stesso effetto però non si è verificato su soggetti con valori pressori normali) [13].
Uno degli studi epidemiologici più estesi riguardante il rapporto tra soia e pressione sanguigna è lo Shanghai Women’s Health Study, che ha coinvolto 45.694 donne di età compresa tra 40 e 70 anni, senza storia pregressa di ipertensione, diabete o malattie cardiovascolari: dallo studio, durato 3 anni, è emerso che il ricorso ad una dieta ricca di soia (più di 25g al giorno) risulterebbe inversamente proporzionale all’aumento della pressione sia diastolica (la cosiddetta “minima”) che sistolica (la cosiddetta “massima”), soprattutto nelle persone più anziane [1].
Sono quindi necessari studi più approfonditi per confermare questi risultati, che in ogni caso risultano incoraggianti.
Soia e osteoprosi
Per quanto riguarda il rapporto tra consumo di soia o suoi derivati e prevenzione o controllo dell’osteoporosi, gli studi risultano ancora contrastanti, anche se in linea generale la tendenza sembra essere quella di una correlazione positiva [5,14,15].
La maggior parte degli studi condotti nell’ultimo decennio, infatti, sembra favorevole nel riconoscere un effetto di aumento della densità ossea grazie all’utilizzo di prodotti a base di soia.
Secondo alcuni studi, l’effetto dell’integrazione con isoflavoni (alla dose di 90 mg/die per almeno 6 mesi) sarebbe più evidente sulla densità ossea della spina dorsale, ma non altrettanto su femore e bacino [16].
Soia e cancro
In merito al potenziale effetto protettivo della soia nei confronti dei tumori – in particolare di quello al seno e alla prostata – i risultati degli studi pubblicati sinora sono estremamente contrastanti e non conclusivi. Molti studi osservazionali sembrano suggerire una correlazione positiva, ma i cosiddetti “fattori confondenti” sono troppi e riguardano soprattutto le abitudini alimentari e lo stile di vita delle diverse popolazioni esaminate – fattori ormai riconosciuti quantomeno corresponsabili nello sviluppo della patologia.
Una metanalisi del 2011 suggerisce che possa esserci un effetto positivo sull’integrazione della soia in caso di radioterapia su pazienti con carcinoma prostatico: la soia potrebbe potenziarne l’azione riducendone al contempo gli effetti collaterali indesiderati; in più avrebbe azione protettiva nei confronti della comparsa di recidive [17].
Nel 2011 la North American Menopause Society raccomandava una moderata assunzione di soia come parte di uno stile di vita salutare, sulla base dei più recenti studi osservazionali, secondo i quali la soia aveva mostrato un effetto positivo sulla prevenzione del cancro al seno e all’endometrio [1]. Tuttavia, secondo altre ricerche, l’effetto protettivo sarebbe più marcato nelle donne asiatiche rispetto a quelle occidentali, come suggerito da una metanalisi su 14 studi sull’incidenza di cancro al seno correlata al consumo di isoflavoni di soia [18].
In effetti, in quasi tutti gli studi sulle presunte proprietà anticancro della soia, ci sono numerose variabili di cui occorre tener conto poiché potrebbero alterare il risultato finale: uno di questi riguarda la quantità di soia effettivamente presente all’interno della dieta – e che sappiamo essere mediamente maggiore nella popolazione asiatica rispetto a quella occidentale [19]. Per questo, i lavori di revisione che comprendono studi effettuati sia in Oriente che in Occidente potrebbero dare risultati contrastanti. Inoltre bisogna tener conto che – a prescindere dal consumo di soia – la dieta occidentale è molto diversa rispetto a quella orientale, soprattutto per la presenza di grassi saturi e derivati animali, a scapito di verdura e legumi: una dieta sbilanciata potrebbe ridurre se non azzerare completamente un eventuale effetto protettivo esercitato dalla soia.
In definitiva, dunque, le ricerche sul rapporto tra soia e cancro non sono conclusive, sia per la tipologia di studio (sono ancora pochi e/o condotti su pochi individui gli studi controllati versus placebo) che per la variabilità delle fonti di soia utilizzate (alimento intero, isoflavoni, integratori …).
Si noti infine che l’AIRC consiglia che, a seguito di una diagnosi di tumore al seno, l’eventuale consumo di elevate quantità di soia vada preventivamente concordato con il proprio oncologo (soprattutto in relazione a forme ormono-dipendenti), mentre non appare in alcun modo controindicata l’assunzione delle normali quantità facenti parte di una dieta varia ed equilibrata.
Dose
Per quanto riguarda le fonti alimentari, esiste una notevole variabilità nel contenuto di isoflavoni:
- la farina di soia ne contiene 1,3 mg/g
- il tofu 0,4 mg/mg
- il latte di soia 0,25 mg/g
- il tempeh 0,4 mg/g
- il miso 0,92 mg/mg
- la salsa di soia 0,023 mg/mg
- il formaggio di soia 0,05 mg/mg
In generale, la dieta tipica occidentale fornisce quantità irrisorie di isoflavoni, laddove quella asiatica ne fornisce tipicamente 20-50 mg al giorno.
La dose ottimale per avere un effetto clinico deve essere ancora stabilita; tuttavia, secondo quanto emerge dagli studi più significativi, la dose ottimale di proteine di soia risulterebbe di 15-20 mg/die e quella di isoflavoni pari a 50-90 mg/die (25-30 g/die per la riduzione del colesterolo) [1,20].
Effetti collaterali e interazioni coi farmaci
La soia è generalmente ben tollerata nelle dosi comunemente usate a scopo alimentare. Eventuali assunzioni eccessive (tipicamente con integratori) potrebbero causare
- Disturbi gastrointestinali
- Disturbi mestruali
In caso di soggetti allergici si consiglia precauzione, poiché gli allergeni della soia presentano una struttura chimica simile ai pollini della betulla e potrebbero dare reazione crociata.
La soia contiene acido fitico, che può legarsi a minerali quali Calcio, Magnesio, Manganese, Zinco, Rame e Ferro, riducendone l’assorbimento: si raccomanda pertanto, soprattutto in caso di carenza di tali minerali o in caso di assunzione di specifici integratori dei medesimi, di distanziare l’assunzione di almeno 2-3 ore, in modo da evitare interferenze con l’assorbimento.
La soia potrebbe interferire inoltre con l’assorbimento dell’ormone tiroideo sintetico, per cui è necessario consumarla con cautela in caso di ipotiroidismo in cura farmacologica (terapia sostitutiva con Eutirox® o analoghi) e/o in caso di ridotto apporto di iodio con la dieta, poiché la soia potrebbe ridurne l’assorbimento [21].
Si consiglia precauzione anche nell’assunzione di soia in contemporanea alla terapia con tamoxifene: da un recente studio in vitro è emerso un possibile effetto potenziante da parte degli isoflavoni di soia nei confronti del farmaco – il che potrebbe essere sfruttato in senso positivo, ma solo dietro attenta supervisione medica [22].
Il consiglio generale resta sempre quello di consultare il proprio medico curante in caso di assunzione contemporanea di farmaci e integratori.
La somministrazione di antibiotici potrebbe ridurre l’effetto degli isoflavoni di soia, bloccandone il metabolismo a livello intestinale (dove la diadzeina viene convertita nel più potente equolo) [1].
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- Istituto Superiore di Sanità
- Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna
- EMEA (European Agency or the Evaluation of Medicinal Products)
- Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA)
- Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) – update on breast cancer risk with HRT
Autore
Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, con Dottorato di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive
Cos’è la soia?
La soia è una pianta conosciuta e consumata in Oriente da più di 5000 anni, i cui semi contengono fino al 40% di proteine e tutti gli amminoacidi essenziali; da segnalare il contenuto di fitoestrogeni, molecole in grado di mimare l’azione di alcuni ormoni naturalmente prodotti dall’organismo, associati ad alcuni effetti positivi sulla salute.
A cosa serve?
Dal punto di vista alimentare rappresenta un’importante fonte proteica, ma può vantare effetti (non sempre dimostrati) sull’apparato cardiovascolare e come prevenzione di alcuni tumori.
In forma di integratori viene usata per dare sollievo ai sintomi della menopausa.
Come mangiarla?
Può essere consumata come tale o in forma di numerosi derivati (dopo fermentazione, latte, tofu, salsa,farina, …).