Principi nutritivi, macronutrienti e micronutrienti: quali sono e dove trovarli

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Quali sono i principi nutritivi?

Abbiamo terminato il precedente articolo riportando la ripartizione calorica in termini di macronutrienti proposta dalla maggior parte delle attuali linee guida, ovvero qualcosa del tipo:

  • 45-60% carboidrati
  • 10-12% proteine (indicativamente 0.9 g/kg di peso corporeo)
  • 20-35% grassi.

Comprendere almeno a grandi linee la suddivisione è fondamentale per poter apprezzare le differenze con regimi alimentari differenti, ma prima di proseguire in questa direzione è utile approfondire la conoscenza dei macronutrienti.

I nutrienti di una dieta (o principi nutritivi) sono tutte le sostanze introdotte con l’alimentazione e assorbite dal nostro organismo, tra cui quindi non rientra direttamente fibra, che non siamo in grado di digerire, ma che tuttavia rappresenta una voce imprescindibile di ogni dieta per la benefica azione svolta a livello intestinale.

È possibile distinguere:

  • macro-nutrienti
    • carboidrati
    • proteine
    • grassi
  • micro-nutrienti
    • vitamine
    • minerali.

I prefissi macro/micro rendono conto della differenza in termini di quantità quotidiana necessaria, infatti semplificando moltissimo:

  • dei macronutrienti necessitiamo di dosi giornaliere misurabili in termini di grammi
  • dei micronutrienti necessitiamo di dosi giornaliere misurabili in termini di mg o spesso anche meno.

Macronutrienti

C’è tuttavia un’altra differenza fondamentale, che consiste nel fatto che dai macronutrienti siamo in grado di estrarre energia in modo più o meno efficace (per questa ragione alcuni autori inseriscono anche l’alcool, che tuttavia non risulta ovviamente essere essenziale); l’organismo umano è infatti in grado di trasformare in energia tutti e tre i macro-nutrienti, ma con differenze eclatanti, tra cui ad esempio:

  • I carboidrati, o zuccheri, sono la fonte energetica principale; anche quando introdotti in forma di lunghe catene di zuccheri (ad esempio amido) vengono rapidamente trasformati  in molecole singole, ovvero in glucosio, che è di fatto la più importante moneta energetica dell’organismo. Apportano circa 4 kcal per grammo. Nonostante il ruolo di primo piano in termini energetici, l’organismo ha una scarsa capacità di accumulare adeguate riserve e per questa ragione dispone di reazioni chimiche in grado di convertire altri nutrienti in carboidrati. Nel complesso è quindi una forma di energia efficace e rapida, ma che non consente di essere accumulata in grandi quantità (siamo nell’ordine di qualche giorno di scorta).
  • Le proteine sono spesso paragonate ai mattoni costituenti l’organismo, perché il loro principale utilizzo consiste nel fornire la struttura alle cellule, ai tessuti, agli organi, oltre ad essere impiegate anche in forma di messaggeri (ad esempio ormoni e neurotrasmettitori), enzimi (sostanze in grado di favorire specifiche reazioni chimiche), … Generalizzando e semplificando sono quindi utili a costruire cose, ma all’occorrenza possono essere degradate a scopo energetico fornendo anche in questo caso circa 4 kcal per grammo. La capacità di accumulare scorte è estremamente limitata.
  • I grassi rappresentano un’importante fonte di energia, che spicca anzi per quantità: circa 9 kcal per grammo (più del doppio di carboidrati e proteine). Altra peculiarità di fondamentale importanza è che rappresentano il modo più efficiente per accumulare energia di riserva, in modo virtualmente illimitato. Rivestono inoltre un ruolo di primo piano anche in termini funzionali, rappresentano infatti il materiale da costruzione delle membrane cellulari, ormoni ed altre sostanze come la vitamina D.

Osservando nuovamente la ripartizione presente ad inizio articolo è possibile comprendere come l’approccio più condiviso a livello di comunità scientifica sia quindi quello di fornire ogni giorno all’organismo una quota rilevante, seppure in proporzioni diverse, di tutti e tre i macronutrienti. Al fine di meglio comprendere l’applicazione pratica di questa indicazione può essere utile fornire alcuni esempi di alimenti e categorie alimentari in genere ed il rispettivo apporto di macronutrienti (fonte Wikipedia):

  • Alimenti che sono buone fonti di carboidrati
    • Zucchero da tavola
    • Cereali e derivati (pane, riso, pasta, …)
    • Verdure amidacee (patate e mais)
    • Legumi
  • Alimenti che sono buone fonti di proteine
    • Carne
    • Pesce e frutti di mare
    • Uova
    • Latticini
    • Legumi
    • Noci
  • Alimenti che sono buone fonti di grassi
    • Carne
    • Burro
    • Latticini
    • Oli vegetali (oliva, girasole, arachidi, …)
    • Pesce
    • Avocado

Operare una suddivisione di questo tipo è particolarmente complesso per la difficoltà di categorizzare intere famiglie di alimenti, per questa ragione ho optato per riportare l’elenco senza praticare eccessive modifiche rispetto alla fonte. È tuttavia molto importante essere consapevoli di alcuni importanti premesse:

  • Questa suddivisione non dice nulla sulla qualità dei macronutrienti apportati, ma solo sull’apporto quantitativo, ad esempio
    • zucchero e cereali sono gli alimenti più spesso associati al soddisfacimento del fabbisogno giornaliero di carboidrati, ma l’OMS suggerisce che gli zuccheri semplici in genere (come, appunto, lo zucchero da tavola) non dovrebbero superare il 5% dell’introito calorico giornaliero, ovvero lasciando a fonti di carboidrati complessi il restante 40-55%;
    • nelle linee guida più condivise olio d’oliva e burro possono entrambi trovare spazio in una dieta sana, ma con proporzioni decisamente sbilanciate verso il primo;
  • Molti alimenti contengono in realtà tutti e tre i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi), anche se spesso vengono annoverati in una specifica categoria; tra gli esempi più eclatanti
    • la pasta è sicuramente una fonte chiave di carboidrati nella dieta italiana, ma spesso si dimentica che, soprattutto se di buona qualità (e integrale) è in grado di apportare oltre 10 g di proteine per 100 g di alimento crudo, che può essere un contributo estremamente rilevante (le linee guida per una sana alimentazione ci ricordano ad esempio che quasi un terzo delle proteine giornaliere nella popolazione italiana deriva proprio dai cereali).

Generalizzare parlando di carboidrati, e nel farlo accomunare così lo zucchero da tavola alle tracce di carboidrati contenute in un piatto d’insalata (sì, contiene carboidrati, ad esempio la lattuga circa 2-3 g per 100 di foglie), è chiaramente una semplificazione drammatica.

Allo stesso modo di come si potrebbe pensare (sbagliando) che i grassi di un piatto di pancetta affumicata abbiano lo stesso impatto di quelli contenuti nell’olio d’oliva, e di questo mi scuso.

Per entrambi questi esempi sono tuttavia convinto che il martellamento culturale sulla necessità di operare scelte alimentari più sane sia sufficiente a far comprendere di come un alimento sia più sano dell’altro, anche magari non conoscendone le ragioni biochimiche.

Ritengo invece che sia utile spendere almeno qualche parola sul concetto di qualità biologica delle proteine, approfondimento condotto su un articolo separato.

Micronutrienti

Poiché l’obiettivo di questa serie di articoli consiste essenzialmente nell’arrivare a comprendere i principi della dieta chetogenica, dei suoi obiettivi e delle sue debolezze, si è deciso di non approfondire il pur interessante campo dei nutrienti (minerali e vitamine), vale tuttavia la pena ricordare un concetto assolutamente fondamentale:

I micronutrienti sono sostanze essenziali alla salute dell’essere umano, che deve quindi aver cura di di assumere attraverso la dieta; la storia è colma di tragici esempi delle conseguenze di specifiche carenze, tra gli esempi più classici rientrano i drammatici effetti sui marinati della carenza di vitamina C durante le lunghe traversate oceaniche, che esitavano spesso nella morte a causa dello scorbuto.

Se come vedremo in seguito c’è un vivace dibattito sulla ripartizione dei macronutrienti (quantità giornaliere di carboidrati, proteine e grassi), affinché una dieta possa essere definita almeno “non pericolosa” (Primum non nocere), deve necessariamente prevedere regolare apporto di tutti i micronutrienti essenziali, come definito dai LARN, che è la Revisione dei Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana.

In alcuni casi particolari è tuttavia possibile che specifiche carenze possano essere sopperite attraverso il ricorso ad integrazioni, ma tendenzialmente questo ha senso solo qualora vengano soddisfatte due condizioni:

  • L’integrazione deve essere molto mirata e limitata,
  • I vantaggi dell’approccio alimentare in esame devono essere supportati da un’adeguata letteratura scientifica, solida ed abbondante.

Come abbiamo scritto nel precedente articolo nel caso delle diete vegane è ad esempio considerato indispensabile integrare la vitamina B12, assente negli alimenti vegetali, ma possiamo affermare che:

  • la B12 è sostanzialmente l’unico micronutriente mancante (conseguenza peraltro delle mutate abitudini igienico-alimentari, che hanno ridotto la presenza della vitamina in forma di contaminazione su verdura e frutta)
  • la disponibilità di studi che confermano la bontà di un approccio vegetale sulla salute umana è tale da consentire di ritenerla un approccio adeguato.

Diverso sarebbe ovviamente il caso di una dieta che richieda il consumo di multivitaminici, più difficilmente giustificabile sul lungo termine.

Altre sostanze

I composti fitochimici (o fitocomposti) sono sostanze che si trovano naturalmente nelle piante, in genere a scopo di difesa o con altri ruoli; tra i nomi più noti possiamo ricordare ad esempio carotenoidi, flavonoidi, antocianine, … e peraltro sono spesso responsabili del caratteristico colore della piante che li contiene (ad esempio le carote sono arancioni in virtù della presenza dei carotenoidi, i mirtilli sono viola scuro per la presenza di antocianine, il pomodoro è rosso grazie al licopene, …).

Sebbene non siano definiti essenziali, ovvero l’organismo umano non ne ha strettamente bisogno per funzionare correttamente e per questo non è possibile indicarne le quantità minime necessarie (oltre al fatto che ne esiste un numero nell’ordine, probabilmente, di almeno qualche centinaio di molecole), esiste una sconfinata letteratura che ne indaga gli effetti positivi sulla salute e con buona probabilità le ragioni della correlazione tra consumo di frutta/verdura e riduzione dell’incidenza di numerose malattie di deve almeno in parte alla loro presenza.

Un discorso simile è quello che riguarda la fibra, sostanza indigeribile dall’uomo (non viene né scomposta né tanto meno assorbita nell’apparato digerente), ma ormai considerata indispensabile per il mantenimento di un buon stato di salute; in questo caso i LARN ne suggeriscono il consumo di almeno 25 g al giorno, ma le indicazioni derivanti dalla letteratura suggeriscono che presumibilmente “più è meglio”.

Ricordare l’importanza di queste molecole è quindi fondamentale quando si pretenda di giudicare una dieta, soprattutto quando proposta come regime alimentare a lungo termine.

Piatto sano

Prima di fare un passo più deciso in direzione della dieta chetogenica può essere utile riassumere quanto appena descritto in modo più visuale e facilmente comprensibile; se infatti percentuali e proporzioni sono necessarie ad una trattazione rigorosa di quelle che sono le indicazioni alimentari attuali, nemmeno il più dedito degli ricercatori alimentari ritiene che questi numeri debbano essere rispettati ogni singolo pasto, per alcuni aspetti nemmeno nel singolo giorno, quanto piuttosto in un orizzonte temporale più rilassato, che può ad esempio essere la settimana.

In quest’ottica ritengo possa essere utile uno strumento messo a punto dai ricercatori di Harvard, che consiste semplicemente in una rappresentazione visuale delle proporzioni ideali tra i diversi gruppi alimentari.

Immaginando un pasto in forma di piatto unico, questo dovrebbe presentarsi indicativamente come segue:

Il piatto del mangiar sano

Il piatto del mangiar sano proposto dall’Università di Harvard

Si potrebbe discutere per ore su specifici aspetti, ma nell’ottica di un approccio volto alla massima semplificazione con cui ho costruito questo articolo, ritengo possa rappresentare un esempio più chiaro della ripartizione dei macronutrienti da cui siamo partiti e che ci permetterà di apprezzare meglio le differenze con i regimi alimentari di cui faremo la conoscenza nel prossimo articolo della serie, le diete low-carb.

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