Grassi (lipidi), un macronutriente sottovalutato

Ultima modifica

Introduzione

Quando parliamo di grassi in termini di alimentazione la mente va inevitabilmente al colesterolo ed ai rischi di salute associati, ma si tratta di una visione estremamente (oltre che ingiustamente) riduttiva di queste preziose molecole, senza le quali non esisterebbe la vita così come la conosciamo oggi.

L’organismo umano si stima essere formato da circa 37 bilioni di cellule (37 seguito da 12 zeri), cui si aggiungono più o meno altrettanti batteri tra intestino, pelle, bocca ed altre mucose: ebbene, ogni singola cellula, che sia nostra o batterica, possiede una membrana che la delimita formata in prevalenza proprio da lipidi (fosfolipidi).

Ma non solo, senza i grassi non potremmo assorbire adeguate quantità di alcune vitamine, non potremmo costruire gran parte degli ormoni che usiamo come segnali biochimici e non saremmo in grado di accumulare grandi quantità di energia di riserva, una delle chiavi che secondo alcuni autori avrebbe consentito all’evoluzione di permettersi di dotarci di un cervello estremamente avido di energia. Dal punto di vista energetico i grassi mostrano due importanti differenze con i carboidrati (zuccheri):

  • garantiscono il doppio dell’energia a parità di peso (circa 9 kcal per grammo i grassi, circa 4 kcal/g i carboidrati),
  • consentono di accumulare una quantità sostanzialmente infinita di riserve (in forma dei tanto vituperati grassi di pancia e fianchi) ed in modo molto efficiente, a differenza dei carboidrati che invece richiedono enormi quantità di acqua per poter essere stipati.

Queste poche e semplificate considerazioni dovrebbero essere sufficienti a rendere chiaro che un’assunzione regolare di grassi è parte integrante di qualsiasi dieta sana, ma quello che possiamo fare è sceglierli con oculatezza, perché sono ad esempio ben noti i risvolti che possono avere in termini di esami del sangue (colesterolo).

I grassi fanno ingrassare?

I macronutrienti sono le molecole che dobbiamo includere nella nostra dieta in quantità rilevanti ogni giorno (rilevanti in termini di grammi, a differenza ad esempio delle vitamine di cui ci bastano dosi molto più limitate) e comprendono grassi, proteine e carboidrati.

L’apporto energetico che garantiscono è il seguente:

  • carboidrati: circa 4 kcal/g
  • proteine: circa 4 kcal/g
  • grassi: circa 9 kcal/g

Questo dovrebbe bastare a sgombrare il campo dalla frettolosa affermazione secondo cui “i carboidrati di pane e pasta farebbero ingrassare”, ma la realtà è ancora più semplice:

Nessun macronutriente fa ingrassare, tutti i macronutrienti fanno ingrassare: la differenza è data dalla quantità consumata.

Benché gli effetti metabolici possano rendere più complessa la valutazione dell’apporto effettivo di energia delle tre molecole, è possibile affermare che è solo una dieta eccessivamente ricca di calorie a causare un aumento di peso, a prescindere dalla loro provenienza, perché per ragioni evoluzionistiche il nostro organismo è diventato bravissimo a non buttare via nulla di quanto dovesse avanzare, per stiparlo in forma di riserve di grasso in caso di future necessità.

I grassi, tra chimica ed evoluzione

Le linee guida per una sana alimentazione, nel capitolo 5 dedicato ai grassi, esordiscono così:

Per un’alimentazione equilibrata e completa è necessario consumare una certa quantità di grassi.

Da un punto di vista chimico nel nostro organismo il ruolo da protagonista è ricoperto dai trigliceridi, molecole costituite da glicerolo legato a 3 acidi grassi

Gli acidi grassi possono essere classificati in base alla presenza (o meno) di specifici legami chimici tra gli atomi di carbonio:

Trigliceride

By Wolfgang Schaefer – author, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=116421

In figura è possibile osservare sulla sinistra lo scheletro di supporto fornito dalla molecola di glicerolo, cui sono legate tre lunghe catene (i 3 acidi grassi) che sono rispettivamente, dall’alto verso il basso:

  • acido palmitico (grasso saturo, nessun doppio legame)
  • acido oleico (grasso monoinsaturo, c’è un solo doppio legame)
  • acido alfa linolenico (grasso polinsaturo, c’è più di un doppio legame).

Non c’è alcuna differenza in termini energetici, ma alcuni tipi di grassi polinsaturi (PUFA, PolyUnsaturated Fatty Acids) sono considerati essenziali; questo aggettivo, essenziale, in nutrizione indica una molecola di cui il nostro organismo necessità per funzionare, ma che deve essere introdotta dall’esterno (con la dieta) perché non siamo capaci di produrla autonomamente a partire da altre molecole.

Premesso che sarebbe bene consumare grassi ad ogni pasto per consentire un corretto assorbimento di alcune vitamine (le cosiddette liposolubili, ovvero la A, D, E e K, oltre che altre molecole come i carotenoidi), la scelta di quali assumere può fare una grande differenza in termini di salute, ma soprattutto è necessario evitare di esagerare con le dosi, perché si tratta di molecole in grado di conferire un altro grado di palatabilità (gradevolezza di gusto) e di consistenza ai cibi, fatto che non dovrebbe sorprendere perché conseguenza dei meccanismi evolutivi alla base della necessità di farne scorta quando disponibili.

Dosi giuste, di acidi grassi sani, ad ogni pasto, questa dovrebbe essere la bussola che ci orienta nella scelta.

È paradossale notare tuttavia che questa tendenza naturale al consumo senza limiti di grassi

  • in epoca primitiva poteva significare la differenza tra la vita e la morte, a favore della prima, in caso di carestie,
  • in epoca moderna spesso significa la differenza tra la vita e la morte, a favore della seconda, a causa del rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari e metaboliche.

La disponibilità infinita (frigoriferi e credenze piene di cibo) e la drammatica riduzione dell’attività fisica sono i fattori che hanno rovesciato le possibili conseguenze a lungo termine del consumo di grassi.

Il colesterolo

Se tutti i grassi sono identici dal punto di vista energetico, c’è tuttavia molto che possiamo fare in termini di prevenzione e promozione della salute quando scegliamo quanti, ma soprattutto quali mangiare; esagerare con le dosi è controproducente a prescindere, perché l’obesità è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, ma è altrettanto vero che anche valori di colesterolo nel sangue non ottimali rappresentino un importante fattore di rischio cardiovascolare.

Di nuovo: i grassi sani nelle giuste dosi.

Prima di procedere oltre può tuttavia essere utile chiarire il legame tra grassi e colesterolo, perché spesso non viene adeguatamente spiegato dandolo per scontato.

Il colesterolo è un tipo di grasso indispensabile per il nostro organismo, che lo usa ad esempio per produrre ormoni, vitamina D ed altro; lo introduciamo con la dieta, attraverso il consumo di alimenti di origine animale, come tuorli d’uovo, carne e formaggio, mentre è del tutto assente negli alimenti di origine vegetale. Se ci pensi questo ha un’importante conseguenza pratica: se non esiste nei vegetali, significa che i vegani, coloro i quali seguono una dieta priva di qualsiasi derivato animale, non ne introducono affatto, nemmeno in piccole dosi, eppure non hanno la necessità di integrarlo.

Questo significa che il colesterolo non è essenziale, nonostante sia indispensabile, perché siamo perfettamente in grado di produrlo autonomamente, il fegato è bravissimo a farlo ogni qualvolta ve ne sia la necessità, per poi distribuirlo attraverso il sangue a tutto l’organismo.

Ora sorge però un altro problema: se hai mai provato a versare dell’olio in acqua ricorderai che questo non si è sciolto, rimane separato in bollicine più o meno grandi a seconda di quanto provi a mescolare: questo è un punto fermo, sostanze idrosolubili come l’acqua e sostanze liposolubili come i grassi non possono mescolarsi tra loro, quindi per portare a spasso molecole come il colesterolo il corpo si serve di una sorta di navicelle proteiche che sono in grado di racchiudere nella stiva il colesterolo, piuttosto che altri grassi, e poi portarti dove serve. Queste navicelle si chiamano lipoproteine, poca fantasia, ma nome estremamente chiaro per fortuna.

Esistono numerose lipoproteine, ma a noi serve conoscerne solo due:

  • HDL, ovvero lipoproteine ad alta densità. Sono anche chiamate colesterolo “buono” perché il loro compito è raccogliere il colesterolo lasciato in giro per il corpo e riportarlo al fegato.
  • LDL, ovvero lipoproteina a bassa densità. Sono al contrario chiamate colesterolo “cattivo” perché responsabili di portarlo dal fegato alle cellule che ne fanno richiesta, ma purtroppo quando in eccesso possono anche lasciarlo in giro per le arterie, dove sono in grado di formare placche e tappi. È tuttavia molto importante comprendere che questo succede solo quando le quantità sono eccessive, diversamente si tratta di un tipo di trasporto assolutamente necessario all’organismo. Non sono quindi “il male assoluto”, ma possono diventare un problema solo quando dovessero essere troppe.

La somma di HDL, LDL e trigliceridi corrisponde infine a quello che leggiamo come colesterolo totale sui referti degli esami del sangue (anzi, per inciso la formula è HDL + LDL + (trigliceridi/5) ).

Potrebbe sorprendere scoprire che l’assunzione di colesterolo come tale dalla dieta non incide particolarmente sulla quantità di colesterolo nel sangue, mentre ben più importanti sono due altri fattori:

  • genetica, perché in alcuni casi è il nostro corpo a produrre troppo colesterolo, sebbene sia una situazione non comune,
  • stile di vita,
    • alimentazione non corretta
    • sedentarietà
    • fumo.

Dal punto di vista della dieta sono i grassi a determinare in larga parte la qualità delle liproproteine circolanti (oltre che indirettamente i carboidrati, ma che esulano dagli obiettivi di questo testo; si rimanda invece alla lettura dell’articolo sui trigliceridi), è ora di approfondire da dove viene il pericolo.

Grassi saturi

L’American Heart Association è molto chiara in proposito:

Mangiare troppi grassi saturi può aumentare il livello di colesterolo LDL nel sangue. Un livello elevato di colesterolo LDL nel sangue aumenta il rischio di malattie cardiache e ictus.

Quasi ogni cibo possiede diverse forme di grassi (saturi, mono-insaturi e polinsaturi), ma quello che cambia è la ripartizione tra gli stressi: la fonte più rilevante di grassi saturi sono gli alimenti animali, pesce escluso.

Alimenti ricchi di grassi saturi

Shutterstock/Oleksandra Naumenko

Il colesterolo viene prodotto e scomposto nel fegato, consumare alimenti contenenti quantità eccessi di grassi saturi tende ad alterare questi meccanismi causando un progressivo accumulo di colesterolo nel sangue

Poiché a tavola mangiamo cibi e non polveri chimiche purificate di grassi, può essere a questo punto più utile ragione in termini di alimenti.

Come scegliere i grassi giusti

Volendo semplificare al massimo la distinzione, è possibile affermare che

  • Gli acidi grassi di origine animale sono tipicamente più ricchi di acidi grassi saturi e sono solidi a temperatura ambiente (si pensi ad esempio al burro) e rappresentano la quota che è più importante limitare in termini di salute.
  • Gli acidi grassi di origine vegetale sono generalmente oli, fluidi a temperatura ambiente (si pensi ad esempio all’olio di oliva) e più ricchi di acidi grassi mono e polinsaturi, per questo associati ad un effetto di promozione della salute.
Alimenti ricchi di grassi sani

Shutterstock/Craevschii Family

Ci sono alcune importanti eccezioni in entrambi i casi:

  • I grassi dei pesci, dovendo muoversi a basse temperature, devono essere più fluidi e contengono infatti quote elevate di acidi grassi polinsaturi; per questa ragione sono considerati uno dei punti fermi degli effetti positivi legati ad esempio alla dieta mediterranea.
  • Esistono alcune forme di grassi vegetali tropicali molto ricchi di grassi saturi, come ad esempio l’olio di palma e di cocco.

Se questo è sufficiente per orientarsi nella scelta quotidiana degli alimenti, è utile ricordare che si tratta di semplificazioni “fatte con l’accetta”, perché ad esempio:

  • non tutti i grassi saturi sono ugualmente dannosi,
  • una certa quota di grassi saturi è non solo permessa, ma utile all’organismo, che se non dovesse disporne di pronti dalla dieta è pronto a sintetizzarli in modo autonomo.

Dalla trattazione sono stati invece volutamente esclusi i cosiddetti grassi trans, molecole ottenute quasi esclusivamente attraverso processi industriali, ma sempre meno comuni nei prodotti in vendita perché responsabilità di danni enormi alla salute.

Acidi grassi omega-3 e omega-6

Una volta operata una corretta ripartizione tra grassi saturi e (poli/mono)insaturi, siamo pronti ad introdurre un secondo importante concetto; tra gli acidi grassi polinsaturi meritano una menzione specifica gli acidi grassi omega-3 e omega-6, che si distinguono in base alla posizione del doppio legame,

Si tratta in entrambi i casi di acidi grassi particolarmente rilevanti in termini di salute, il cui consumo andrebbe sicuramente incoraggiato, ma con un’importante precisazione: idealmente si dovrebbe puntare ad un consumo una quantità di omega-6 di circa 4 volte superiore agli omega-3, mentre nella tipica dieta occidentale ci troviamo spesso di fronte ad un rapporto molto più sbilanciato.

Poiché non avrebbe alcun senso trasformarci in chimici di precisione per perseguire questo obiettivo, si consideri sufficiente essere consapevoli della questione, per affrontarla in modo qualitativo e non quantitativo, ovvero scegliendo di consumare un alimento piuttosto che un altro, ma senza preoccuparsi troppo del rapporto omega-3/6. Anzi, in molti casi diversi autori ritengono che non dovrebbe sussistere il pensiero di ridurre l’apporto di omega-6, ma solo l’obiettivo di aumentare il consumo di alimenti ricchi di omega-3, come ad esempio:

  • pesce
  • semi di lino (e olio di lino)
  • semi di chia
  • noci.

Nei soggetti vegetariani/vegani, dove quindi non sia possibile avvalersi del contributo dei pesci, può essere consigliabile introdurre un consumo giornaliero di olio di semi di lino (da acquistare e poi conservare in frigorifero).

Riassumendo

Nel complesso le linee guida suggeriscono che l’apporto calorico dei grassi non superi il 30% del fabbisogno giornaliero, almeno nell’adulto.

Nella scelta quotidiana degli alimenti possono trovare spazio tutte le fonti, animali e vegetali, ma secondo le linee guida sarebbe opportuno:

  • Nella dieta è necessario tener conto sia dei grassi naturalmente presenti negli alimenti, sia dei condimenti aggiunti a crudo o per la cottura; da questo punto di vista se si dovesse indicare un’unica scelta non avrei difficoltà a suggerire l’olio extravergine d’oliva (EVO) come fonte privilegiata di grassi. Poiché in numerose preparazione il gusto dell’olio EVO potrebbe essere considerato invadente, buone alternative per queste situazioni sono rappresentate da oli di arachidi o di girasole, utili anche per le fritture (in questo senso il limite dell’olio EVO è soprattutto il costo), ma non adatti ad un consumo quotidiano per il rapporto omega-6/3.
  • Moderare la quantità di grassi ed oli usate per cucinare perché se sane come l’olio extravergine di oliva, possono avere un impatto calorico rilevante e facilmente sottovalutato.
  • Tra i grassi da condimento limitare quelli di origine animale (burro, lardo, strutto, panna, …) o ad elevato contenuto di grassi saturi (tipicamente grassi tropicali, come l’olio di cocco).
  • Privilegiare metodi di cottura delicate, come cartoccio, forno a microonde, cottura al vapore, … e quando possibile preferire condimenti “a crudo” per salvaguardare i preziosi grassi polinsaturi ed altre molecole termolabili. Limitare le fritture a consumo occasionali.
  • Introdurre stabilmente nella propria dieta il consumo di pesce ed altri prodotti ittici, sia freschi che surgelati (almeno 2-3 volte a settimana); preferire pesce azzurro nostrano e di piccola taglia (meno afflitto dal problema dell’accumulo di metalli pesanti).
  • Tra le carni preferire quelle magre, scartando il grasso visibile prima della cottura.
  • A differenza del passato le uova non sono più considerate un problema (le linee guida consigliano 2-4 uova a settimana, distribuite in più giorni, tuttavia va notato che “gli organismi internazionali che si occupano di salute pubblica non pongono più limiti netti all’effettivo numero di uova da consumare”, a patto ovviamente che sia nel contesto di un consumo adeguato al resto della dieta.
  • I latticini sono una fonte di grassi saturi (essendo di origine animale), ma non per questo andrebbero esclusi dalla dieta; le linee guida suggeriscono ad esempio un consumo moderato ma quotidiano, che preveda ad esempio una tazza di latte o yogurt, scegliendo preferibilmente quello parzialmente scremato (che consente di beneficiare comunque del prezioso contenuto in calcio e proteine di ottima qualità). Discorso simile per i formaggi, dove andrebbero preferiti quelli più magri e consumati comunque in quantità moderata: vanno incorporati nel proprio regime alimentare come secondo piatto, non come aggiunta ad un pasto già completo.

Fonti e bibliografia

Articoli Correlati
Articoli in evidenza