Carboidrati: dieta, alimenti ed altre caratteristiche

Ultima modifica

Introduzione

È passato molto tempo dal momento in cui alla domanda: “Che cosa mi consiglia di mangiare?” tutti i medici e i dietologi rispondevano meccanicamente: “Con i carboidrati può andare sul sicuro”.

Ora sappiamo che i carboidrati, il cardine di moltissime diete tra cui quella mediterranea, non sono tutti “buoni”, né d’altra parte tutti “cattivi”.

Alcuni tipi di carboidrati sono sani e utili per la salute mentre altri, se consumati con eccessiva frequenza e in grandi quantità, fanno aumentare il rischio di sviluppare diabetecoronaropatie.

La popolarità della dieta Atkins, della South Beach e di altre diete a basso contenuto di carboidrati, ha portato tantissime persone a credere che i carboidrati siano tutti “cattivi”, facciano ingrassare e siano l’unica causa l’epidemia di obesità.

Si tratta tuttavia di una generalizzazione pericolosa, che fa il paio con la classica “i grassi fanno male alla salute”; è poi importante notare che un grammo di carboidrati apporta circa 4 calorie, esattamente come le proteine (e contro invece le 9 dei grassi).

In realtà, se è vero che i carboidrati facilmente digeribili contenuti nel pane bianco, nel riso bianco, nella pasta sfoglia, nelle bibite zuccherate e in altri alimenti conservati, possono far aumentare di peso e interferire con il dimagrimento, è altrettanto vero che i cereali integrali, i legumi, la frutta, la verdura e le altre fonti di carboidrati hanno un effetto opposto: permettono a chi li consuma di rimanere in buona salute.

Il nostro organismo usa infatti i carboidrati per sintetizzare il glucosio, cioè la “benzina” che ci dà energia e ci permette di funzionare; può usarlo immediatamente, oppure immagazzinarlo nel fegato e nei muscoli in attesa dell’utilizzo.

I carboidrati si trovano principalmente in questi alimenti:

  • frutta,
  • verdura,
  • pane, cereali e prodotti a base di cereali,
  • latte e prodotti caseari,
  • alimenti con aggiunta di zuccheri (ad esempio torte, biscotti e bevande dolcificate).

Tra gli alimenti sani e ricchi di carboidrati troviamo

  • quelli ricchi di fibre alimentari come i cereali integrali,
  • quelli senza aggiunta di zuccheri.

Che cosa dire, però, di quegli alimenti ricchi di carboidrati semplici, come le bevande gasate e le caramelle, che contengono molti zuccheri aggiunti? Si tratta in questo caso di alimenti con troppe calorie e che oltretutto non apportano sostanze nutritive alla vostra dieta (calorie vuote, a differenza ad esempio dell’olio di oliva, ancora più calorico ma in grado di apportare preziosi nutrienti).

Non fatevi trarre in inganno, quindi, dalle affermazioni che si sentono un po’ ovunque relative alla pericolosità dei carboidrati: sono e rimangono una parte fondamentale di una dieta sana, perché in grado di fornire all’organismo la benzina necessaria per l’attività fisica e per il corretto funzionamento degli organi.

Le migliori fonti di carboidrati (frutta, verdura, legumi e cereali integrali) forniscono inoltre le vitamine, i minerali e le fibre essenziali, nonché molti importanti fitonutrienti.

Fotografia delle principali fonti di carboidrati (pane, pasta e cereali in genere)

iStock.com/egal

Cosa sono i carboidrati

I carboidrati sono sostanze nutritive che si trovano in molti alimenti diversi in varie forme; quelli più diffusi e abbondanti in natura sono:

  • zuccheri,
  • fibre,
  • amidi.

Il “mattone” fondamentale che costituisce tutti i carboidrati è una molecola di glucosio, cioè una semplicissima combinazione di carbonio, idrogeno e ossigeno. Gli amidi e le fibre non sono altro che catene più o meno lunghe di molecole di glucosio: le catene possono contenere anche centinaia di molecole di zucchero ed essere diritte oppure estremamente ramificate.

L’apparato digerente tratta tutti i carboidrati più o meno nello stesso modo: li spezza (o tenta di spezzarli) nelle molecole di glucosio che li compongono, perché solo queste sono abbastanza piccole da entrare in circolo e perché tutte le cellule dell’organismo sono programmate per usarlo come fonte di energia universale.

Per questa ragione un tempo i carboidrati venivano divisi in due gruppi:

  • I carboidrati semplici, ossia gli zuccheri come il fruttosio (lo zucchero della frutta), il destrosio o il glucosio (zuccheri del grano o dell’uva) e il saccarosio (lo zucchero da tavola).
  • I carboidrati complessi, ossia le molecole costituite da più di tre molecole di glucosio.

L’idea era che i carboidrati complessi fossero i più sani a prescindere, mentre quelli semplici non fossero poi così utili per la salute. L’evoluzione della ricerca ha tuttavia permesso di comprendere che il quadro è più complesso; la distinzione tra carboidrati semplici e complessi ha senso dal punto di vista chimico, però non serve praticamente a nulla quando si tratta di spiegare che cosa succede ai diversi tipi di carboidrati all’interno dell’organismo; ad esempio

  • l’amido contenuto nel pane bianco e nelle patatine fritte è chiaramente classificabile come carboidrato complesso, però l’organismo lo converte in glucosio quasi alla stessa velocità con cui viene assimilato il glucosio puro,
  • il fruttosio (lo zucchero della frutta) è un carboidrato semplice, ma ha un effetto minimo sulla glicemia.

Su queste basi si è sviluppato il concetto di indice glicemico, ma prima di parlarne è necessario approfondire la conoscenza di queste due diverse forme di carboidrati.

 

Carboidrati semplici

I carboidrati semplici comprendono gli zuccheri che si trovano in natura nella frutta, nella verdura, nel latte e nei prodotti caseari, ma anche gli zuccheri aggiunti durante la conservazione e la preparazione degli alimenti.

Qual è la differenza?

Da un punto di vista generale gli alimenti con zuccheri aggiunti contengono meno sostanze nutritive rispetto a quelli consumati in forma naturale; un modo per evitare questi zuccheri è quello di leggere l’elenco degli ingredienti sulle etichette degli alimenti. Gli zuccheri aggiunti, in genere, sono indicati come:

  • zucchero,
  • saccarosio,
  • zucchero di canna,
  • sciroppo di mais,
  • destrosio,
  • fruttosio,
  • succo di frutta concentrato,
  • glucosio,
  • sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio,
  • miele,
  • zucchero invertito,
  • lattosio,
  • maltosio,
  • sciroppo di malto,
  • melassa,
  • sciroppo.

Se nell’elenco degli ingredienti compare una qualsiasi delle denominazioni sopraelencate, potete essere sicuri che l’alimento contenga zuccheri aggiunti.

In genere più l’ingrediente è in alto nell’elenco maggiore è il contenuto di zuccheri aggiunti dell’alimento.

Per evitare gli zuccheri aggiunti è inoltre possibile:

  • scegliere l’acqua anziché le bevande gassate dolcificate,
  • mangiare un po’ di frutta fresca al posto del dolce ed evitare i dolci con aggiunta di zuccheri,
  • scegliere cereali per la colazione senza (o con pochi) zuccheri aggiunti.

Probabilmente già sapete che gli zuccheri e gli amidi sono un fattore chiave per la formazione delle carie, ma ricordarlo nuovamente non guasta mai, soprattutto per quanto riguarda i bambini.

Per prevenire le carie, ricordatevi di

  • lavare i denti,
  • passare il filo interdentale
  • assumere il fluoro se necessario.

Carboidrati complessi

Gli amidi e le fibre alimentari sono le due diverse categorie in cui è possibile classificare i carboidrati complessi: gli amidi devono essere modificati con la digestione prima che l’organismo riesca ad usarli come fonte di glucosio, mentre le fibre non vengono assorbite (ma svolgono ugualmente un prezioso ruolo nel mantenimento della salute dell’organismo).

Gli amidi si trovano in alimenti come il pane, i grissini, la pizza, i cereali, i legumi e alcuni tuberi.; le fibre alimentari si trovano principalmente nelle verdure, nella frutta e negli alimenti a base di cereali integrali.

Fibra alimentari

Riconosciamo due tipi principali di fibra:

La fibra solubile si trova in questi alimenti:

  • farina d’avena,
  • crusca,
  • frutta a guscio e semi,
  • nella maggior parte dei tipi di frutta (ad esempio fragole mirtilli, pere e mele),
  • fagioli e legumi secchi.

La fibra insolubile, invece, si trova negli alimenti seguenti:

  • pane integrale,
  • orzo,
  • riso integrale,
  • cuscus,
  • bulgur o cereali integrali,
  • crusca,
  • semi,
  • maggior parte delle verdure,
  • frutta.

Qual è il tipo di fibra migliore? Entrambe, ad esempio

  • Le fibre solubili si legano ai grassi nell’intestino e li trasportano via sotto forma di sostanze di rifiuto, diminuendo così il colesterolo cattivo (LDL, o lipoproteine a bassa densità); servono anche per regolare l’uso che l’organismo fa degli zuccheri, perché tengono sotto controllo lo stimolo della fame e la glicemia.
  • Le fibre insolubili facilitano il transito intestinale, perché promuovono la regolarità e aiutano a prevenire la costipazione.

Ciascuno presenta importanti benefici per la salute, quindi è fondamentale introdurre nella dieta tutti questi alimenti per ottenere una quantità sufficiente di entrambe le forme di fibra; consumare un’ampia varietà di fonti di fibra consente inoltre di ridurre il rischio di sviluppare carenze alimentari relative a micronutrienti (come minerali e vitamine).

Insulina e diabete

Quando si assumono alimenti contenenti carboidrati l’apparato digerente li spezza in molecole di glucosio, che a loro volta entrano in circolo. Quando il livello del glucosio nel sangue (glicemia) aumenta, speciali cellule del pancreas iniziano a secernere una maggiore quantità di insulina, un ormone che segnala alle cellule di assorbire gli zuccheri per produrre energia o da tenere come scorta.

Man mano che le cellule assorbono il glucosio del sangue, la glicemia inizia a scendere. Contemporaneamente, altre cellule del pancreas iniziano a produrre il glucagone, un ormone che comunica al fegato di cominciare a rilasciare il glucosio immagazzinato. L’equilibrio dinamico tra l’insulina e il glucagone fa sì che le cellule dell’organismo, e soprattutto del cervello, abbiano rifornimenti costanti di glucosio.

In alcuni pazienti questo ciclo non funziona correttamente, chi è affetto da diabete di tipo 1 (un tempo definito diabete giovanile o insulino dipendente) non produce una quantità sufficiente di insulina, e quindi le sue cellule non sono in grado di assorbire il glucosio.

Il diabete di tipo 2 (diabete mellito o diabete dell’adulto), invece, si manifesta con un problema diverso: le cellule non rispondono bene al segnale di assorbire il glucosio. Questa patologia, nota come insulino-resistenza, fa sì che i livelli di glucosio e di insulina nel sangue rimangano elevati anche molto tempo dopo aver mangiato. Con il tempo, le cellule che producono l’insulina si esauriscono, perché la domanda di insulina è maggiore del normale: la produzione di insulina quindi, rallenta e, alla fine (dopo anni o decenni), si interrompe completamente.

L’insulinoresistenza non è soltanto un problema che riguarda la glicemia, è infatti connessa a una serie di altri disturbi, come

In realtà l’insulinoresistenza e questi problemi si manifestano contemporaneamente con una frequenza tale che alla loro combinazione è stato dato il nome di sindrome metabolica. Sia da sola sia come parte della sindrome metabolica, l’insulinoresistenza può causare il diabete di tipo 2, patologie cardiache e forse anche alcuni tipi di tumori.

L’ereditarietà, lo stile di vita sedentario, il sovrappeso e una dieta ricca di carboidrati raffinati possono causare l’insulinoresistenza: la combinazione di insulinoresistenza e altri problemi è molto più pericolosa.

I dati della Ricerca sull’insulinoresistenza e l’aterosclerosi indicano che è utile diminuire il consumo di cereali raffinati sostituendoli con cereali integrali; consumare cereali integrali è utile non solo per quanto concerne l’insulina e la prevenzione del diabete di tipo 2, ma anche per l’aterosclerosi (accumulo di placche di colesterolo che intasano e restringono le pareti arteriose), le patologie cardiache, il tumore del colon-retto e la morte prematura dovuta a cause non cardiache e non tumorali.

Carboidrati ed indice glicemico

L’indice glicemico è un parametro che mira a classificare i carboidrati non in base alla struttura chimica, ma a seconda della velocità e del livello con cui fanno aumentare la glicemia in rapporto alla quantità di glucosio assunta.

Gli alimenti con indice glicemico alto, come il pane bianco, fanno aumentare repentinamente la glicemia, mentre quelli con indice glicemico basso, come l’avena integrale, sono digeriti più lentamente e quindi fanno aumentare la glicemia più lentamente e meno bruscamente.

Un indice glicemico pari o superiore a 70 è considerato alto, mentre un indice glicemico pari o inferiore a 55 è considerato basso.

L’indice glicemico degli alimenti dipende da molti fattori diversi, tra cui ricordiamo:

  • Raffinazione. I cereali macinati e raffinati (cioè privati della crusca e del germe) hanno un indice glicemico maggiore rispetto a quelli integrali.
  • Tipo di amido. Gli amidi hanno diverse configurazioni chimiche. Alcuni sono più facili da spezzare in molecole di glucosio. Gli amidi contenuti nelle patate, ad esempio, sono digeriti e assorbiti dal sangue abbastanza velocemente.
  • Contenuto di fibre. Gli zuccheri contenuti nelle fibre hanno una struttura chimica che crea problemi all’organismo quando si tratta di spezzarli. Più un alimento è ricco di fibre, meno i carboidrati in esso contenuti sono digeribili e meno glucosio riesce a fornire.
  • Maturazione. La frutta e la verdura mature tendono ad avere più zuccheri rispetto a quelle non mature, e quindi il loro indice glicemico in genere è maggiore.
  • Contenuto di grassi e di acidi. Più l’alimento o il pasto sono ricchi di grassi e di acidi, più la conversione dei carboidrati in glucosio e l’assorbimento del glucosio nel sangue rallentano (pensiamo ad esempio alla corretta abitudine di usare olio e aceto).
  • Forma. I cereali macinati più fini sono digeriti più velocemente e quindi hanno un indice glicemico maggiore rispetto a quelli macinati più grossolanamente, ecco perché è utile introdurre nella dieta anche il consumo di cereali in forma di chicco (grano, ma anche segale, orzo, mais, teff, sorgo, …) oltre ai derivati dalle farine (pane e pasta).

L’elenco più completo degli indici glicemici degli alimenti è stato pubblicato nel luglio del 2002 dall’American Journal of Clinical Nutrition e comprende circa 750 alimenti. L’università di Sydney (Australia) mantiene aggiornato un database che attualmente contiene circa 1.600 alimenti: potete cercare quello che vi interessa all’indirizzo www.glycemicindex.com.

Le diete ricche di alimenti ad alto indice glicemico, che provocano un aumento veloce e considerevole della glicemia, sono state connesse a un aumento del rischio di sviluppo di

  • diabete,
  • patologie cardiache,
  • sovrappeso;

alcune ricerche preliminari collegano queste diete con

Gli alimenti con indice glicemico basso, invece, si sono dimostrati utili per tenere sotto controllo il diabete di tipo 2 e promuovere il dimagrimento.

Altre ricerche, tuttavia, indicano che l’indice glicemico ha pochi effetti sul peso e sullo stato di salute dei pazienti. Questa discordanza di pareri è normale in ambito scientifico e significa che l’importanza dell’indice glicemico deve ancora essere approfondita e chiarita. Nel frattempo mangiare cereali integrali, legumi, frutta e verdura, cioè alimenti con indice glicemico basso, fa senza dubbio bene per molti aspetti della salute e non presenta controindicazioni degne di nota.

Uno dei fattori più importanti che determinano l’indice glicemico di un alimento è il livello di raffinazione: la macinazione e la frantumazione rimuovono la crusca esterna ricca di fibre e il germe interno ricco di vitamine e sali minerali, lasciando quasi solamente l’endosperma, ricco di amidi.

L’indice glicemico non fornisce invece informazioni sulla quantità di carboidrati digeribili contenuti nell’alimento. Prendiamo ad esempio l’anguria: questo frutto dolce ha un indice glicemico molto alto; però una fetta di anguria contiene una minima quantità di carboidrati per porzione (l’anguria è costituita perlopiù da acqua). Per questo motivo i ricercatori hanno ideato un parametro per classificare gli alimenti che prende in considerazione sia la quantità di carboidrati dell’alimento sia l’impatto dei carboidrati sulla glicemia: questo parametro è detto carico glicemico.

Il carico glicemico di un alimento si ottiene moltiplicando l’indice glicemico per la quantità di carboidrati contenuti nell’alimento. In generale, un carico glicemico pari o superiore a 20 è alto, da 11 a 19 è medio, mentre se è pari o inferiore a 10 è basso.

L’indice glicemico non può quinfi essere usato per decidere che cosa mangiare, ad esempio una barretta di cioccolato e malto ha un indice glicemico di 41, che è considerato basso, però non è per niente sana. L’indice glicemico, piuttosto, va usato come guida generale. Se possibile, sostituite i cereali e gli zuccheri molto raffinati con i loro equivalenti interi o poco raffinati. Cercate di mangiare le patate (che una volta erano nell’elenco dei carboidrati complessi da preferire) solo raramente, perché hanno sia un indice glicemico sia un carico glicemico alti (contrariamente alle patate dolci americane, che godono invece di un eccellente profilo nutrizionale soprattutto se consumate con la buccia).

Diete a basso contenuto di carboidrati

Alcune diete popolari trattano i carboidrati come se fossero il male o l’unica causa dell’aumento di peso: è questo il caso della dieta Atkins originale, che ha reso famoso un approccio dietetico basato sulla totale eliminazione dei carboidrati. Alcune ricerche dimostrano che una dieta a basso contenuto di carboidrati possa aiutare a perdere peso più velocemente rispetto a una dieta a basso contenuto di grassi, tuttavia le prove sono in genere limitate al breve termine.

In due brevi esperimenti clinici comparativi le diete a basso contenuto di carboidrati hanno funzionato meglio rispetto a quelle a basso contenuto di grassi. Una ricerca successiva, durata un anno e pubblicata nel 2007 nel Journal of the American Medical Association, è arrivata alle stesse conclusioni. In questa ricerca sono state esaminate donne in sovrappeso e in premenopausa, sottoposte a una delle quattro diete seguenti:

  • Atkins,
  • a zona,
  • Ornish,
  • LEARN, una dieta standard a basso contenuto di grassi e moderatamente ricca di carboidrati.

Tutte le donne in ciascuno dei 4 gruppi hanno perso peso stabilmente per i primi sei mesi, e il dimagrimento più rapido si è verificato tra chi seguiva la dieta Atkins.

In seguito, la maggior parte delle pazienti ha iniziato a recuperare il peso. Alla fine dell’anno, le donne del gruppo della dieta Atkins sembravano aver perso un peso maggiore (circa 4,5 kg), a confronto dei 3 kg circa persi da chi aveva seguito la dieta LEARN, dei 2 kg circa di chi ha seguito la dieta Ornish e del chilo e mezzo di chi aveva seguito la dieta a zona. I livelli di colesterolo cattivo (LDL), di colesterolo buono (HDL) e di altri lipidi del sangue erano più o meno gli stessi tra chi aveva seguito la dieta Atkins e le diete a basso contenuto di grassi.

Qual è la dieta migliore per dimagrire?

Secondo il Dr. Walter Willett, capo del dipartimento di Dietologia della Harvard School of Public Health

Il problema non è perdere peso (è possibile ridurre le calorie e perdere peso seguendo praticamente qualsiasi dieta), ma mantenere i risultati sul lungo periodo: quindi la strategia migliore consiste nel trovare uno stile di vita da seguire per tutto il resto della vita.

Se avete letto i dettagli della ricerca, però, sembra che poche delle donne esaminate si siano attenute scrupolosamente alle diete assegnate. Quelle che seguivano la dieta Atkins dovevano limitare l’assunzione giornaliera di carboidrati a 50 grammi, ma hanno assunto quasi il triplo di questa quantità. Chi seguiva la dieta Ornish doveva limitare l’assunzione di grassi al 10 per cento al massimo delle calorie giornaliere, ma si è fermata al 30 per cento. Anche i gruppi della dieta a zona e della dieta LEARN presentavano deviazioni simili.

E le ricerche di lungo periodo? La ricerca POUNDS LOST (acronimo di Preventing Overweight Using Novel Dietary Strategies, cioè Prevenzione del sovrappeso usando nuove strategie dietetiche) è un esperimento clinico comparativo di durata biennale, che ha messo a confronto diverse strategie di dimagrimento: questa ricerca ha scoperto che le diete a basso contenuto di carboidrati, quelle a basso contenuto di grassi e le diete mediterranee sono ugualmente efficaci sul lungo periodo, e tutte riescono a ottenere i risultati più o meno con la stessa velocità. Questa e altre ricerche comparative ci indicano che seguire scrupolosamente una dieta è molto più importante rispetto al tipo di dieta che si segue.

Non si conoscono con esattezza quali siano gli effetti sul lungo periodo di un’alimentazione povera di carboidrati o senza carboidrati ed ugualmente preoccupante è il fatto che alcune di queste diete comprendano grassi poco sani.

Se volete seguire una dieta a basso contenuto di carboidrati cercate di mangiare ogni giorno frutta, verdura e cereali integrali, che contengono una gran quantità di vitamine, sali minerali e fitonutrienti essenziali per la salute e non ottenibili con gli integratori. Fate un favore al vostro cuore scegliendo grassi e proteine sane da abbinare alle fonti sane di carboidrati.

Una ventennale ricerca di prospettiva condotta su 82.802 donne ha esaminato la relazione tra le diete a basso contenuto di carboidrati e le patologie cardiache; uno studio successivo ha esaminato la connessione tra le diete a basso contenuto di carboidrati e il rischio di diabete.

Le donne che seguivano una dieta a basso contenuto di carboidrati e ricca di fonti vegetali di grassi o di proteine presentavano il 30 per cento di rischio in meno di soffrire di patologie cardiache e un rischio leggermente inferiore di soffrire di diabete di tipo 2, se confrontate con le donne che seguivano diete ricche di carboidrati e povere di grassi.

Chi invece seguiva diete povere di carboidrati ma ricche di grassi animali o proteine non presentava alcuna diminuzione del rischio di patologie cardiache o diabete.

Fonti e bibliografia

Le domande più frequenti

Quali sono i carboidrati? Dove si trovano?

Gli alimenti ricchi in carboidrati sono cereali e derivati (come pane, pasta, grissini) e alcuni altri alimenti vegetali come i tuberi e, in minor misura, la frutta.

Ho sentito dire che esistono carboidrati buoni e carboidrati cattivi. È proprio vero?

Alcuni libri dedicati alle diete usano l’espressione “carboidrati cattivi” per indicare i carboidrati raffinati, cioè gli zuccheri raffinati contenuti per esempio nelle torte e nei biscotti. I carboidrati “buoni”, invece, sono contenuti negli alimenti più ricchi di fibre e di carboidrati complessi come quelli contenuti in pane, pasta, pizza, ...

I carboidrati complessi sono quelli che, per essere assimilati, impiegano più tempo rispetto al glucosio. Le Linee guida suggeriscono che il fabbisogno di calorie giornaliero sia coperto per almeno il 55-60% dai carboidrati, di cui al massimo il 10% da zuccheri semplici (carboidrati cattivi, che secondo l'OMS sarebbe opportuno ridurre ulteriormente).

Cosa sono i cereali integrali?

I cereali integrali sono una buona fonte di fibre e sostanze nutritive; sono quelli in cui il chicco (cariosside) è lasciato integro.

Quando il cereale integrale è trattato, vengono rimosse parte della fibra alimentare e di altre sostanze nutritive importanti. Il cereale, quindi, non è più definibile come integrale, ma diventa “raffinato”.

La letteratura scientifica abbonda di prove dei benefici effetti dei cereali integrali sulla salute; anche se gli studi sono prevalentemente di tipo osservazionale, con tutti i limiti del caso, sono state dimostrate associazioni positive tra un consumo regolare di questi alimenti e la riduzione del rischio di numerose patologie croniche come gli eventi cardiovascolari, il diabete e diversi tipi di tumore; rappresentano inoltre un perno fondamentale nella gestione del peso corporeo e nella salute dell'apparato digerente. I macro e micronutrienti essenziali, insieme ai fitonutrienti presenti, contribuiscono sinergicamente agli effetti benefici degli alimenti non raffinati.

Quanta fibra mi serve al giorno?

I LARN indicano come obiettivo di assunzione della fibra una quantità giornaliera pari a 12,6-16,7 g/1000 kcal al giorno per gli adulti quindi, semplificando, circa 30 g al giorno.

All’inizio forse troverete un po’ difficile assumere tutte le fibre necessarie e per questo si consiglia di procedere con calma, aumentando gradualmente la frequenza con cui scegliete alimenti ad alto contenuto di fibre.

Col tempo, vi ritroverete a mangiare più fibre senza nemmeno accorgervene!

Per cercare di aumentare il consumo di fibre si consiglia di:

  1. Preferire la frutta intera ai succhi di frutta. Da questo punto di vista vanno bene tutti i tipi di frutta (fresca, surgelata o in scatola), anche se quella fresca è da preferire per la significativa e superiore presenza di numerose altre utili molecole.
  2. Cercare di mangiare almeno due tipi di verdura a cena.
  3. Tenere una scodella di verdure già lavate e preparate in frigo: carote, cetrioli o sedano sono ideali per gli spuntini.
  4. Scegliere regolarmente un pasto a base di legumi, anziché di carne.
  5. Cercare di mangiare più spesso alimenti a base di cereali integrali.
  6. Iniziare la giornata con una colazione a base di cereali integrali e povera di zuccheri raffinati. Per avere ancor più fibre, accompagnate i cereali con la frutta. Oltre alle banane, potete provare le pesche a fette oppure le fragole, i mirtilli e i lamponi.
Articoli Correlati
Articoli in evidenza
Domande e risposte
  1. Buonasera, lo sgarro settimanale fa ingrassare?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Dipende dall’entità; se fatto con giudizio no, anzi, può aiutare dal punto di vista psicologico a mantenere nel resto della settimana un’attenzione costante.

  2. Salve dottor Cimurro volevo sapere una cosa ho fatto degli esami del sangue più glicemia e quest’ultima il valore è basso 53, che cosa devo fare? È pericolosa grazie x l’attenzione

    1. Dr. Roberto Gindro

      Come si sentiva al momento del prelievo? Stanco? In procinto di svenire? Laboratorio o farmacia?

  3. È vero che i carboidrati fanno ingrassare? Perchè tutti consigliano la dieta mediterranea se poi è ricchissima di carboidrati?

    1. Dr. Roberto Gindro

      1. No, non è vero; quello che fa ingrassare è una dieta ipercalorica, ossia costituita da una quantità eccessiva di calorie, a prescindere dalla provenienza. I carboidrati semplici (lo zucchero) va sicuramente limitato nel contesto di una dieta varia ed equilibrata, mentre un’alimentazione ricca di carboidrati complessi provenienti da cibi ad elevato contenuto di fibra (frutta, verdura, cereali integrali, …) dovrebbe costituire la quota maggiore di energia giornaliera. È vero che alcuni approcci iperproteici garantiscono un dimagrimento particolarmente rapido, ma sul lungo periodo non ci sono evidenze che ne giustifichino l’utilizzo.
      2. Perchè la dieta mediterranea è stata più volte verificata sperimentalmente come approccio dietetico ideale dal punto di vista della prevenzione cardiovascolare e, come spiegato sopra, con i carboidrati provenienti da pane, riso, pasta, … prevalentemente integrali.

  4. Cosa si intende per indice glicemico di un alimento?

  5. Ho letto che le carote hanno un indice glicemico molto alto, ma una volta alla settimana si possono mangiare quando si cerca di dimagrire?