Introduzione
La sindrome di Bartter è una malattia genetica che affligge la funzione dei reni; è caratterizzata da diverse anomalie elettrolitiche, tra cui insufficienti livelli di numerosi minerali.
In alcuni casi la condizione diventa evidente ancora prima della nascita, con lo sviluppo di polidramnios (eccesso di liquido amniotico, il fluido che circonda il feto), condizione che aumenta il rischio di parto prematuro.
Durante l’infanzia si osserva spesso un ritardo della crescita ed un peso ridotto, con un’eccessiva perdita di sodio nelle urine che porta a disidratazione, costipazione e aumento della produzione di urina (poliuria). Se non trattata grandi quantità di calcio vengono perse attraverso l’urina (ipercalciuria), fino a causare un progressivo indebolimento delle ossa (osteopenia); una parte del calcio si deposita nei reni, conducendo ad un progressivo indurimento del tessuto (nefrocalcinosi).
La sindrome causa carenza di potassio nel sangue (ipokaliemia), che si manifesta invece con debolezza muscolare, crampi e affaticamento.
La sindrome di Bartter è purtroppo difficile da trattare e ad oggi non è possibile guarire. I casi non diagnosticati/trattati possono avere esito fatale, tipicamente a causa dello sviluppo di malattia renale cronica. La prognosi complessiva dipende tuttavia dalla gravità del difetto, ma la maggior parte dei pazienti può ambire a condurre una vita normale, al prezzo di un rigoroso rispetto del piano di trattamento.
Una diagnosi precoce e il trattamento fin dall’infanzia possono prevenire il ritardo della crescita.
Cause
La sindrome di Bartter è una malattia genetica, trasmessa dai genitori al momento del concepimento; può essere causata da mutazioni in almeno cinque diversi geni, geni responsabili della regolazione della funzione renale.
Le proteine prodotte da questi geni sono coinvolte nel riassorbimento del sale da parte dei reni e una mutazione in uno qualsiasi di questi geni compromette la capacità di riassorbimento. A cascata vengono influenzati anche i meccanismi regolatori del riassorbimento di altri atomi carichi (ioni), tra cui potassio e calcio, e parallelamente si verifica anche un’eccessiva perdita di liquidi che provoca l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e il conseguente iperaldosteronismo secondario. La stimolazione a lungo termine provoca infine un aumento dei livelli di renina.
Il conseguente squilibrio idrico ed elettrolitico è la causa delle principali caratteristiche cliniche della sindrome di Bartter.
Nel complesso la sindrome di Bartter si verifica in 1 persona su 1.000.000 ed è molto meno comune della sindrome di Gitelman.
Due forme principali della sindrome di Bartter si distinguono per età di insorgenza e gravità.
- Una forma è caratterizzata dall’esordio prima del parto ed è spesso pericolosa per la vita.
- L’altra forma, tipicamente indicata come forma classica, inizia nella prima infanzia e tende ad essere meno grave.
Una volta identificate le cause genetiche, i ricercatori hanno poi anche distinto il disturbo in diversi tipi in base ai geni coinvolti.
- I tipi I, II e IV hanno le caratteristiche della sindrome prenatale di Bartter.
- Poiché il tipo IV è anche associato alla perdita dell’udito, a volte viene chiamata sindrome di Bartter infantile con sordita neurosensoriale.
- Il tipo III di solito ha le caratteristiche della classica sindrome di Bartter.
- Il tipo V deriva da mutazioni differenti (che si verificano nei geni che codificano per il recettore extracellulare sensibile agli ioni di calcio e nei geni che codificano le subunità del canale del cloro).
Trasmissione genetica
Questa condizione viene trasmessa mediante un modello autosomico recessivo, è cioè necessario che entrambe le copie del gene presentino lo stesso difetto (ciascuna copia è ereditata da un genitore).
I genitori di un paziente affetto da una condizione autosomica recessiva in genere sono portatori sani (e quindi inconsapevoli del difetto), ovvero portano un’unica copia del gene mutato, che da sola NON è sufficiente a causare segni e sintomi.
Ogni figlio nato da una coppia di portatori sani ha il 25% di probabilità di manifestare la malattia e il 50% di essere a sua volta portatore sano.
Sindrome di Bartter secondaria
Esiste una forma molto rara di sindrome simile a Bartter, associata all’assunzione di antibiotici aminoglicosidi, che può essere osservata da 2 a 6 settimane dopo la sospensione del farmaco.
Sintomi
L’età di insorgenza, la gravità e i sintomi specifici possono variare notevolmente da un paziente all’altro, a prescindere dal sottotipo da cui si è affetti; il range può andare da una sintomatologia lieve allo sviluppo di complicazioni gravi, potenzialmente letali.
La sindrome di Bartter esordisce di norma nell’infanzia o nell’adolescenza, mostrando una crescita stentata e sintomi quali:
- eccessiva produzione di urina (poliuria) e conseguente sete (polidipsia),
- disidratazione,
- stanchezza severa, fino a una vera e propria letargia,
- crampi,
- vomito,
- stitichezza.
Alcuni bambini possono manifestare un forte desiderio di sale, a testimonianza della grave carenza di sodio.
I pazienti possono apparire esteticamente emaciati (deperiti, magri, provati dalla condizione) e con fronte prominente, occhi grandi, strabismo, orecchie sporgenti, sordità neurosensoriale (sindrome di Bartter di tipo 4A e 4B, in cui si verifica una ridotta capacità dei nervi uditivi di trasmettere input sensoriali al cervello) e bocca cadente (assumendo una caratteristica espressione “imbronciata”).
I valori di pressione sanguigna possono essere bassi (ipotensione), mentre sul lungo periodo si può sviluppare pressione alta (a causa dei cambiamenti ormonali a livello del sistema renina-angiotensina).
Soggetti affetti da sindrome di Bartter prenatale presentano polidramnios (eccessiva quantità di liquido amniotico) e spesso vanno incontro a parto prematuro; sono purtroppo comuni febbre, sordità neurosensoriale, eccessiva produzione di urina, vomito e diarrea che nel complesso portano a grave disidratazione.
Complicazioni
In alcuni individui che manifestano squilibri elettrolitici significativi possono svilupparsi gravi complicazioni, come battiti cardiaci irregolari (aritmie cardiache) o debolezza muscolare (fino alla paralisi). Sebbene rare, se non trattate queste aritmie cardiache possono potenzialmente progredire fino a causare un arresto cardiaco improvviso e potenzialmente una morte improvvisa.
I pazienti con sindromi di Bartter di tipo 1 e 2 hanno tipicamente livelli elevati di calcio nelle urine che possono portare alla deposizione di calcio nel rene (nefrocalcinosi). Nei casi lievi, potrebbero non esserci sintomi associati o sintomi minori, tra cui sangue nelle urine e calcoli renali.
Diagnosi
A caratterizzare la sindrome di Bartter sono soprattutto le alterazioni agli esami di laboratorio, ad esempio:
- bassi livelli nel sangue di
- potassio,
- cloruro,
- alti livelli di renina e di aldosterone (iperaldosteronemia),
- alcalosi metabolica.
Gli esami genetici possono infine confermare il sospetto diagnostico.
Diagnosi differenziale
La sindrome di Bartter entra in diagnosi differenziale con la sindrome di Gitelman, condizione che può diventare evidente dalla tarda infanzia (di solito oltre i sei anni) all’età adulta. Debolezza muscolare, spasmi e crampi sono più comuni.
È causata da alterazioni di un diverso gene ed è trasmessa secondo lo stesso modello (modalità autosomica recessiva).
Cura
La terapia della sindrome di Bartter è limitata alla gestione dei sintomi, non potendo ad oggi contare su una correzione genetica, anche se purtroppo non esiste una cura ideale, che si fonda su una somministrazione personalizzata di integratori e farmaci.
Il cardine del trattamento è il ripristino del corretto equilibrio di liquidi ed elettroliti (sali minerali) nell’organismo, obiettivo che viene in genere perseguito mediante integrazione di sodio e cloruro di potassio.
Alcuni neonati con disturbi severi potrebbero richiedere l’immediata somministrazione endovenosa di acqua e sale; il periodo più complicato è in genere il primo o i primi anni di vita, mentre con il passare dell’età la sindrome di Bartter tende a diventare più facile da gestire e controllare.
Poiché i livelli elevati di prostaglandine aggravano la poliuria e le anomalie elettrolitiche, il trattamento prevede in genere anche un farmaco che ne riduce la produzione, come l’indometacina, l’ibuprofene o il celecoxib (tutti farmaci antinfiammatori non steroidei, ovvero FANS).
Alcuni individui potrebbero beneficiare dei cosiddetti diuretici risparmiatori di potassio come lo spironolattone o l’amiloride, medicinali che aumentano l’escrezione di sodio nelle urine, ma trattenendo il potassio e contenendo l’alcalosi. Tuttavia, poiché peggiorano la perdita di sodio, rischiano di abbassare eccessivamente la pressione sanguigna, finanche allo sviluppo di collasso (shock ipovolemico).
In alcuni pazienti è stato descritto un certo successo con il ricorso alla terapia con l’ormone della crescita per stimolare un corretto sviluppo.
Soprattutto nella sindrome di Bartter di tipo 3, l’integrazione di magnesio può essere utilizzata per trattare gli spasmi muscolari (o la tetania).
È ovviamente necessario un adeguato apporto di acqua (2-5 litri, a seconda dell’età e della gravità della malattia) e sale (in questi pazienti il consumo di cibi salati può essere incoraggiato, così come alimenti ad alto contenuto di potassio).
Nel complesso la prognosi è comunque buona e solo pochi adulti, affetti dalle forme più gravi, potrebbero arrivare a necessitare di dialisi e trapianto renale.
Fonti e bibliografia
- Bartter Syndrome – Syed Rizwan A. Bokhari; Hassam Zulfiqar; Abeera Mansur.
- MedLinePlus
- RareDiseases
- Ospedale Bambino Gesù
Autore
Dr. Roberto Gindro
DivulgatoreLaurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.