Emodialisi: introduzione, procedura e rischi

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Introduzione all’emodialisi

L’emodialisi è l’approccio di elezione per la gestione del paziente colpito da insufficienza renale grave e permanente.

A partire dagli anni Sessanta, quando l’emodialisi entrò in uso come terapia per l’insufficienza renale, la scienza ha fatto passi da gigante, rendendo più efficiente questa terapia e minimizzandone gli inevitabili effetti collaterali.

Negli ultimi anni la dialisi a domicilio è diventata sempre più diffusa grazie ad apparecchiature compatte e più semplici da usare tuttavia, anche con il miglioramento delle tecniche e delle attrezzature, l’emodialisi rimane una terapia complicata e scomoda, che richiede una perfetta coordinazione dell’équipe medica, composta da:

  • nefrologi,
  • infermieri,
  • tecnici,
  • dietologi,
  • eventualmente assistenti sociali.

I membri più importanti dell’équipe medica, però, siete voi e la vostra famiglia. Documentandovi sulla terapia potete aiutare il personale sanitario che vi segue e ottenere così i migliori risultati possibili per riuscire a condurre un’esistenza sana, soddisfacente e attiva.

Fotografia di un apparecchio per dialisi collegato al braccio di un paziente

iStock.com/trismile

Insufficienza renale

I reni sani filtrano il sangue rimuovendo i liquidi in eccesso, i sali minerali e le sostanze di rifiuto; si occupano inoltre della produzione di ormoni che rendono le ossa forti e più in generale contribuiscono alla buona salute del sangue.

In caso di insufficienza renale

In questa condizione il paziente ha quindi bisogno di una terapia che riesca a porre rimedio all’insufficienza renale.

Patologie connesse all’insufficienza renale e terapie

I reni non servono soltanto a rimuovere le sostanze di rifiuto e i liquidi in eccesso, producono anche ormoni e si occupando di garantire il corretto equilibrio relativo alla concentrazione di numerose e importanti sostanze nell’organismo.

Se i reni non funzionano bene si inizia a soffrire di anemia (emoglobina bassa) e di patologie a carico di

  • ossa,
  • nervi,
  • pelle.

Tra i sintomi ed i disturbi più comuni che si riscontrano nei pazienti colpiti da insufficienza renale ricordiamo:

Anemia ed eritropoietina (EPO)

L’anemia è una patologia caratterizzata dalla diminuzione della quantità dei globuli rossi nel sangue, le cellule che servono per trasportare l’ossigeno verso tutto l’organismo.

Senza ossigeno le cellule non riescono ad usare l’energia ricavata dagli alimenti, quindi chi soffre di anemia si stanca facilmente e mostra un colorito pallido; l’anemia favorisce anche l’insorgenza di problemi cardiaci.

L’anemia è una condizione diffusa tra chi soffre di insufficienza renale, perché i reni normalmente producono l’eritropoietina (EPO), un ormone che stimola la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo. I reni malati spesso non fabbricano più una quantità sufficiente di EPO, quindi il midollo osseo produce meno globuli rossi.

L’EPO è comunque disponibile in commercio sotto forma di farmaco di sintesi e viene spesso somministrata ai pazienti in dialisi.

Osteodistrofia renale

L’osteodistrofia renale è una patologia ossea causata dall’insufficienza renale che colpisce il 90% dei pazienti dializzati.

È diffusa sia tra i bambini che tra gli adulti: le ossa si assottigliano e si indeboliscono, oppure si formano in modo non corretto. I sintomi sono riscontrabili nei bambini affetti da patologie renali anche prima dell’inizio della dialisi. I pazienti più anziani e le donne in menopausa sono maggiormente a rischio.

Prurito

Molti pazienti che si sottopongono alla dialisi lamentano un prurito intenso, che di solito peggiora durante la terapia o subito dopo. Il prurito è un sintomo frequente anche tra le persone sane, tuttavia in caso di insufficienza renale può essere aggravato dalle sostanze di rifiuto presenti nel sangue, che le attuali membrane dei dializzatori non riescono a filtrare.

Il problema può anche essere connesso all’aumento dei livelli del paratormone (PTH). Alcune persone sono riuscite ad alleviare considerevolmente il problema con la rimozione delle paratiroidi, quattro ghiandole situate sulla superficie esterna della tiroide, una ghiandola situata alla base del collo, immediatamente sopra la clavicola. Le paratiroidi aiutano a controllare i livelli di calcio e fosforo nel sangue.

Una cura definitiva e universale per il prurito, tuttavia, non è ancora stata individuata:

  • In alcuni casi sembrano utili i leganti del fosfato, che agiscono come spugne legando il fosfato presente nello stomaco.
  • Altri pazienti provano sollievo esponendosi ai raggi ultravioletti,
  • altri ancora migliorano con periodiche iniezioni di EPO.
  • Anche alcuni antistaminici si sono dimostrati utili.
  • Le creme a base di capsaicina, applicate sulla pelle, possono alleviare il prurito, perché indeboliscono gli impulsi nervosi. In ogni caso è fondamentale prendersi cura della pelle secca: può essere utile applicare creme contenenti lanolina o canfora.

Disturbi del sonno

I pazienti dializzati spesso soffrono di insonnia e alcuni di essi anche di un problema specifico chiamato sindrome da apnee nel sonno, in cui il primo sintomo consiste spesso nel solo russamento (con interruzioni improvvise a causa di apnee).

Durante gli episodi di apnea nel sonno la respirazione di fatto si interrompe.

Con il passare del tempo i disturbi del sonno possono causare:

  • alterazione del rapporto sonno-veglia (insonnia di notte e sonnolenza durante il giorno),
  • mal di testa,
  • depressione,
  • senso di allarme continuo.

L’apnea può essere collegata agli effetti dell’insufficienza renale grave sul controllo della respirazione. Tra le terapie e i rimedi che risolvono il disturbo, sia nei pazienti affetti da insufficienza renale che in quelli sani, ricordiamo:

  • dieta dimagrante,
  • cambiamento della posizione in cui si dorme,
  • l’uso di una maschera che insuffla aria nel naso in modo continuo (CPAP o ventilazione meccanica a pressione positiva delle vie aeree).

Molti pazienti dializzati hanno problemi a dormire di notte per via della sindrome delle gambe senza riposo, cioè delle gambe che fanno male, non riescono a trovare una posizione e sono irrequiete.

In alcuni casi il paziente avverte un forte impulso a scalciare o ha le gambe che vibrano involontariamente, mentre i calci durante il sonno possono disturbare chi dorme accanto al paziente. Tra le cause delle gambe senza riposo ricordiamo le lesioni nervose o gli squilibri chimici.

L’attività fisica moderata durante il giorno può essere utile, ma fare ginnastica o altre attività per alcune ore prima di dormire può peggiorare la situazione. Chi soffre della sindrome delle gambe senza riposo dovrebbe limitare o evitare completamente la caffeina, gli alcolici e il tabacco; alcuni pazienti trovano sollievo con i massaggi o con una doccia calda. Possono inoltre essere utili anche le benzodiazepine, farmaci molto diffusi per la cura dell’insonnia o dell’ansia: tra di essi ricordiamo, ad esempio, Valium, Lexotan e Xanax. Una terapia innovativa e in alcuni casi più efficace è il pramipexolo, un farmaco normalmente usato per curare il morbo di Parkinson.

I disturbi del sonno possono sembrare poco importanti, ma sono in grado di compromettere profondamente la qualità della vita ed è quindi importante segnalarli sempre con fiducia al medico.

Amiloidosi

L’amiloidosi associata a dialisi (DRA) è un problema che si manifesta frequentemente tra i pazienti in dialisi da più di 5 anni. La DRA si sviluppa quando le proteine del sangue si depositano sulle articolazioni e sui tendini, causando

  • dolore,
  • rigidità articolare
  • e accumulo di liquidi nelle articolazioni,

come nel caso dell’artrite.

I reni, quando funzionano, sono in grado di filtrare le proteine, invece i filtri per la dialisi non sono altrettanto efficaci.

Adattarsi ai cambiamenti

Anche nelle situazioni meno problematiche l’adattamento alle conseguenze dell’insufficienza renale e i momenti da dedicare alla dialisi possono essere difficili.

A parte il tempo “perso”, il paziente può ritrovarsi a percepire un senso di ridotta energia, che lo costringerà a modifiche più o meno profonde sul suo modo di affrontare le incombenze professionali e familiari, ad esempio delegando alcune attività e responsabilità.

Mantenere gli stessi impegni e gli stessi orari di quando i reni funzionavano perfettamente può essere difficile quando si soffre di insufficienza renale, ed accettare questa realtà può essere molto problematico per voi e per la vostra famiglia. Gli psicologi e gli assistenti sociali sono a vostra disposizione per rispondere a tutte le vostre domande e aiutarvi a gestire la situazione.

Molti pazienti, quando iniziano la dialisi o dopo diversi mesi di terapia, si sentono depressi. Se anche voi vi sentite depressi, parlatene con l’assistente sociale, gli infermieri o i medici, perché si tratta di un problema diffuso che spesso può essere curato con successo.

Come funziona l’emodialisi

Durante l’emodialisi il sangue viene fatto passare, pochi millilitri alla volta, attraverso un filtro speciale che rimuove le sostanze di rifiuto e i liquidi in eccesso. Una volta filtrato il sangue ritorna nell’organismo.

Rimuovere le sostanze di rifiuto dannose, i sali ed i liquidi in eccesso, serve per tenere sotto controllo la pressione e mantenere l’equilibrio di alcune sostanze come

Uno dei principali cambiamenti a cui bisogna obbligatoriamente adattarsi quando si inizia l’emodialisi è l’adattamento ad orari ferrei: la maggior parte dei pazienti si reca al centro per la dialisi tre volte a settimana per 3 o 5 ore alla volta. Probabilmente vi dovrete recare al centro il lunedì, il mercoledì e il venerdì, oppure il martedì, il giovedì e il sabato. Forse potrete scegliere il turno del mattino, del pomeriggio o della sera, a seconda della disponibilità e della capacità del reparto dialisi. Il centro dialisi vi spiegherà come potrete seguire una terapia regolare.

I ricercatori stanno cercando di capire se la rimozione dei rifiuti sia più efficace con sessioni giornaliere più brevi, oppure con sessioni più lunghe eseguite anche mentre il paziente dorme. Le apparecchiature per la dialisi di ultima generazione permettono di sfruttare più facilmente queste alternative, ricorrendo alla dialisi domiciliare.

Diversi centri per la dialisi insegnano ai pazienti come eseguire l’emodialisi a domicilio, anche un famigliare o un amico che vi aiuterà devono farsi insegnare la procedura: l’allenamento di norma dura da 4 a 6 settimane. La dialisi a domicilio è più flessibile per quanto riguarda gli orari. Con l’emodialisi a domicilio la lunghezza delle sessioni e il numero di sessioni alla settimana possono variare, ma il paziente deve seguire un programma ferreo, sottoponendosi alla dialisi con la stessa frequenza che adotterebbe se si recasse presso un centro specializzato.

Preparazione

Un passaggio importante da effettuare prima dell’inizio dell’emodialisi è la preparazione dell’accesso vascolare, cioè della zona del vostro organismo in cui avverrà il passaggio del sangue in ingresso e in uscita. L’accesso vascolare dovrebbe essere preparato settimane o mesi prima dell’inizio della dialisi: grazie all’accesso, il sangue sarà scambiato più efficacemente e con meno complicazioni.

Attrezzatura e procedure

Il centro per l’emodialisi, a prima vista, può sembrare un insieme di apparecchiature e di persone. Una volta imparato come funziona la procedura e acquisita familiarità con l’attrezzatura, vi sentirete molto più a vostro agio.

Filtro dializzatore

Il filtro dializzatore è un’apparecchiatura delle dimensioni di una lavatrice, che ha tre funzioni principali:

  1. pompa il sangue e tiene sotto controllo la circolazione,
  2. ripulisce il sangue dalle sostanze di rifiuto,
  3. controlla la pressione e il tasso di rimozione delle sostanze di scarto dall’organismo.

Materialmente si presenta come una grande scatola di metallo che contiene migliaia di piccole fibre attraverso cui passa il sangue. Il dialisato (il liquido per la dialisi) viene pompato nelle fibre, che permettono alle sostanze di rifiuto ed ai liquidi in eccesso di passare dal sangue alla soluzione, che le trasporta via. Il dializzatore è anche chiamato rene artificiale.

Il centro dialisi può usare lo stesso dializzatore per diverse terapie, in quanto il riutilizzo è assolutamente sicuro (a patto che il dispositivo venga pulito prima dell’uso).

Il dializzatore viene controllato ogni volta, per accertarsi che funzioni, e deve essere usato per un solo paziente alla volta. Prima di ogni sessione, bisognerebbe sempre controllare che sul dializzatore sia indicato il vostro nome e che l’apparecchiatura sia stata pulita, disinfettata ed esaminata.

Dialisato (soluzione per la dialisi)

La soluzione per la dialisi, chiamata anche dialisato, è il liquido contenuto nel dializzatore che aiuta a filtrare le sostanze di rifiuto e i liquidi in eccesso dal sangue. Contiene sostanze chimiche che lo fanno assomigliare a una spugna. Il medico vi darà una soluzione specifica per le vostre terapie. La composizione può variare a seconda di come reagite alle terapie e dei risultati dei vostri esami del sangue.

Aghi

Molti pazienti trovano che l’inserimento degli aghi sia una delle fasi più difficili da sopportare dell’emodialisi, ma in genere si sviluppa una sorta di abitudine già dopo poche sessioni. Se l’inserimento degli aghi è doloroso, possono essere applicati una pomata o uno spray anestetico sulla pelle. La crema o lo spray anestetizzano temporaneamente la pelle e vi permettono di non sentire gli aghi.

La maggior parte dei centri per la dialisi usa due cannule, una per far scorrere il sangue verso il dializzatore e una per riportare il sangue pulito all’organismo. Alcune cannule specializzate hanno due aperture per permettere il passaggio del sangue in entrambi i versi, però sono meno efficienti e quindi le sessioni durano di più. Gli aghi ad alto flusso o ad alta efficienza sono un tantino più grandi rispetto a quelli usati con i dializzatori tradizionali.

Cannula arteriosa e cannula venosa

Alcuni pazienti preferiscono essere autonomi nell’inserimento degli aghi, devono quindi imparare a inserirli correttamente per prevenire le infezioni e proteggere l’accesso vascolare.

Per posizionare gli aghi, è inoltre possibile imparare una tecnica “a scala”, in cui, sessione dopo sessione, si “risale” l’intera lunghezza dell’accesso, in modo da non danneggiare la zona con troppe punture.

Un approccio diverso è quello “ad occhiello”, in cui si usano pochi punti d’inserimento, ma si reinserisce l’ago nello stesso punto usato nella sessione precedente.

Sia che siate autonomi nell’uso degli aghi, sia che deleghiate agli infermieri, dovreste comunque conoscere queste due tecniche per una perfetta manutenzione dell’accesso.

Esami

Circa una volta al mese l’équipe medica del centro dialisi vi sottoporrà agli esami del sangue usando una delle due formule (URR o Kt/V) per capire se le terapie riescono a rimuovere una quantità sufficiente di sostanze di scarto.

Entrambi gli esami prendono in considerazione un singolo prodotto di rifiuto (l’azoto ureico), come indicatore del livello di sostanze di scarto presenti nell’organismo.

Alimentazione

Una scrupolosa pianificazione alimentare può fare la differenza per un paziente in emodialisi, sia in termini di efficacia che di benessere percepito; tra una sessione e l’altra le sostanze di rifiuto possono accumularsi velocemente nel sangue e predisporre allo sviluppo di complicazioni, ma con qualche attenzione dietetica è possibile ridurre la quantità prodotta per fare in modo che possano venire rimossi completamente durante la sessione successiva.

È consigliabile limitare alimenti e bevande ricche di:

  • potassio,
  • fosforo,
  • sodio

e limitare le quantità di liquidi introdotti che in caso di accumulo potrebbero condurre a:

  • gonfiore e aumento di peso tra le sessioni di dialisi,
  • cambiamenti nella pressione sanguigna,
  • affaticamento cardiaco, che si trova costretto a dover pompare un volume di sangue maggiore,
  • un’eccessiva quantità di liquido nei polmoni, rendendo difficile respirare.

L’emodialisi rimuove il liquido in eccesso dall’organismo, ma può estrarne solo una quantità limitata per ogni seduta, perché diversamente il paziente andrebbe incontro a

Fonti e bibliografia

Le domande più frequenti

Risposte a cura del Dr. Roberto Gindro

Cos'è l'emodialisi?

È la tecnica più comune di dialisi, che consente di delegare ad una macchina il lavoro dei reni non più funzionanti.

Come funziona l'emodialisi?

Attraverso più sessioni settimanali vengono rimosse dall'organismo del paziente affetto da insufficienza renale le scorie accumulate nel sangue; da un punto di vista pratica vengono inseriti due aghi nel braccio, che rispettivamentepreleva il sangue colmo di sostanze di rifiuto, lo reimmette nell'organismo dopo averlo filtrato.

Il trapianto di rene è sicuro?

Il trapianto di rene è una procedura chirurgica consolidata con elevati tassi di successo. I rischi principali includono il rigetto dell'organo, che viene gestito con farmaci immunosoppressori, e le possibili complicanze post-operatorie come infezioni. La sopravvivenza a lungo termine dei pazienti trapiantati è significativamente migliore rispetto a chi rimane in dialisi. La sicurezza dell'intervento è garantita da protocolli rigorosi di selezione del donatore e del ricevente, tecniche chirurgiche avanzate e un attento monitoraggio post-trapianto. Il successo dipende molto anche dalla compliance del paziente nel seguire la terapia immunosoppressiva e i controlli regolari.

È possibile interrompere la dialisi e quanto si può vivere in questa condizione?

Generalmente, la dialisi non può essere interrotta a meno di un trapianto di rene. La durata della vita di un paziente in dialisi varia notevolmente a seconda delle condizioni individuali e non è possibile fare una generalizzazione.
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