Long-COVID (sindrome post-COVID): sintomi, durata e cura

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Cos’è il Long-COVID?

Anche senza prendere in considerazione il possibile esito fatale, è stato chiaro fin dall’inizio della pandemia come i tempi di recupero da un’infezione da COVID-19 possano essere estremamente variabili da un paziente all’altro. Si passa da pazienti asintomatici anche durante la fase di positività, a pazienti che hanno vissuto l’infezione con sintomi più o meno evidenti ma che poi recuperano in pochi giorni, a soggetti che per cui sia stata invece necessaria l’ospedalizzazione o la terapia intensiva e che per questa ragione possono richiedere anche 12 settimane per riprendersi.

Ma ci sono alcuni pazienti per cui i sintomi durano più a lungo, più di 3 mesi, pazienti che secondo l’NHS inglese non sono necessariamente stati i casi più gravi, perché anche chi dovesse aver manifestato sintomi lievi in fase acuta potrebbe sviluppare poi disturbi a lungo termine.

Inizialmente ci si riferiva a questi sintomi come long-covid, mentre ora sempre più spesso si parla anche genericamente di condizioni post-covid, tanto sono variegati non solo i possibili sintomi, ma anche la severità e le combinazioni con cui si presentano.

Secondo il CDC americano anche le persone che non hanno manifestato sintomi, ovvero i cosiddetti asintomatici tanto comuni con l’attuale variante Omicron, nei giorni o nelle settimane successive all’infezione possono manifestare condizioni di malessere, anche se è importante rilevare come lo sviluppo della sindrome appaia meno probabile rispetto alla variante Delta.

È importante notare che, almeno allo stato attuale delle conoscenze, il coronavirus non è più presente all’interno dell’organismo di questi pazienti, il tampone risulterebbe negativo, nonostante l’organismo possa essere fortemente debilitato dalla condizione. Tra l’altro in pochi sanno che in realtà questo genere di manifestazioni non è davvero esclusivo della COVID-19 come quasi sempre si tende a credere, perché anche altre malattie virali possono avere strascichi anche rilevanti nel tempo, così come ben note sono le conseguenze psicologiche conseguenti alla terapia intensiva.

Una proposta di definizione

Una definizione semplificata della sindrome post-covid potrebbe suonare qualcosa del tipo:

Segni e sintomi che persistono o si sviluppano dopo gli effetti acuti di un’infezione da COVID-19
(Fonte: ScienceBasedMedicine.org)

mentre il NICE inglese (Natioal Institute for Health and Clinical Excellence) la definisce come

Segni e sintomi che si sviluppano durante o dopo un’infezione compatibile con COVID-19, continuano per più di 12 settimane e non sono spiegati da una diagnosi alternativa. Di solito si presenta con grappoli di sintomi, spesso sovrapposti, che possono fluttuare e cambiare nel tempo, oltre ad essere in grado di interessare qualsiasi sistema ed apparato dell’organismo.

Si tratta quindi in entrambi i casi di definizioni cliniche, basate cioè sull’osservazione delle manifestazioni oggettive e soggettive del paziente.

Sintomi

I sintomi da long-covid, ovvero segnalati come presenti e persistenti pur a seguito della guarigione dalla fase acuta dell’infezione sono davvero numerosi e variegati, comprendendo prima di tutto 9 sintomi più frequenti di altri:

  1. fiato corto
  2. stanchezza
  3. dolore al petto/gola
  4. mal di testa
  5. altra forma di dolore
  6. sintomi addominali (dolore addominale, cambiamento delle abitudini intestinali e diarrea)
  7. dolori muscolari
  8. sintomi cognitivi (ad esempio la cosiddetta brain fog, che causa difficoltà di concentrazione, attenzione, memoria, …)
  9. ansia/depressione

Più in generale sono poi stati segnalati anche (elenco non esaustivo)

I sintomi possono non solo combinarsi tra loro, ma anche cambiare nel tempo e fondamentalmente riguardare qualsiasi organo, apparato o sistema dell’organismo; in alcuni casi vengono paragonati a quelli dell’encefalomielite mialgica (sindrome da stanchezza cronica), una condizione scarsamente compresa e di difficile trattamento.

Sono stati segnalati disturbi della coagulazione, reazioni autoimmuni, ovvero condizioni in cui si osserva un’attivazione del proprio sistema immunitario verso specifici organi anziché verso minacce esterne come batteri e virus e, fortunatamente solo in rari casi, la cosiddetta sindrome multi infiammatoria sistemica, un’infiammazione generalizzata in grado di coinvolgere apparati ed organi nobili.

Più in generale, soprattutto nei pazienti colpiti da forme gravi di COVID-19, è possibile andare incontro ad un aumento del rischio di sviluppo di altre condizioni di salute, come diabete, malattie cardiache o condizioni neurologiche.

Diagnosi

Purtroppo ad oggi non esiste alcun test/esame che possa consentire una diagnosi di sindrome post-COVID, che è invece per definizione una diagnosi clinica e di esclusione.

A peggiorare la situazione è il fatto che in molti casi i sintomi avvertiti non trovano conferma da esami e test, rendendo quindi complicato anche descrivere sensazioni e difficoltà avvertite; gli esami del sangue, le radiografie del torace e gli elettrocardiogrammi potrebbero essere normali.

Quanto dura il long-COVID?

Ad oggi non esiste una risposta certa a questa domanda; per quella che è l’esperienza riportata dalla maggior parte dei clinici e dei pazienti la durata è variabile, ma in genere compresa in una forbice tra qualche settimana e diversi mesi, raramente arriva a 9 secondo l’OMS, ma gli studi sono tuttora in corso.

L’OMS, proprio sulla base della durata, definisce tale la condizione come un insieme di sintomi che esordiscono in genere entro 3 mesi dall’infezione acuta, che durano per almeno 2 mesi e che non possono essere spiegati da una diagnosi alternativa.

I sintomi possono essere di nuova insorgenza dopo il recupero iniziale dall’infezione, o persistere fin da quel momento, così come possono manifestare fluttuazioni nella severità e mostrare recidive.

Si guarisce?

La risposta è molto probabilmente sì, la cautela in questo caso è dettata soprattutto dal fatto che ovviamente la conoscenza è ancora limitata.

Sintomi in bambini e adolescenti

Chiunque può sviluppare condizioni post-COVID e purtroppo bambini e adolescenti non fanno eccezione, anche se si tratta di fasce di popolazione che fortunatamente sembrano essere interessante più raramente.

Simili ai sintomi osservati negli adulti, quelli più comunemente riportati sono

  • febbre,
  • disturbi gastrointestinali,
  • stanchezza e affaticamento,
  • mal di gola,
  • mal di testa,
  • difficoltà a dormire,
  • cambiamenti nel tono dell’umore,
  • difficoltà a concentrarsi,
  • dolori muscolari e articolari,
  • tosse che persiste nel tempo.

Poiché soprattutto i bambini più piccoli possono avere difficoltà a descrivere sintomi e disturbi che avvertono, le informazioni sono più limitate ed è possibile che si possano sviluppare anche altri disturbi, magari nei giovanissimi.

Nei bambini ci sono state diverse segnalazioni di sindrome infiammatoria multisistemica, anche se fortunatamente praticamente mai fatale.

Cause

Se è estremamente chiaro che le persone con determinati fattori di rischio (pressione alta, abitudine al fumo, diabete, obesità e altre condizioni croniche) hanno maggiori probabilità di sviluppare un decorso grave dell’infezione da COVID-19, lo stesso non si può dire con i disturbi a lungo termine, tanto che il long-COVID può verificarsi in qualsiasi paziente guarito.

Ulteriori studi speriamo possano fare quindi luce sulle ragioni alla base dei sintomi che, ad oggi sono solo ipotesi, potrebbero essere conseguenza di un danno d’organo, una risposta infiammatoria o addirittura autoimmune persistente, oppure altro ancora.

SARS-CoV-2, il virus responsabile, ha infatti dimostrato di essere in grado di attaccare il corpo in vari modi, causando ad esempio danni diretti ai polmoni, al cuore, al sistema nervoso, ai reni, al fegato e ad altri organi. D’altra parte i problemi nell’ambito della salute mentale potrebbero derivare dalle attuali condizioni socio-familiari cui ci troviamo forzatamente calati, od anche essere la conseguenza di un disturbo post-traumatico da stress a seguito del ricovero in terapia intensiva, condizione, questa sì, già nota.

Il problema è che i medici si trovano ad affrontare un estremamente vario spettro di sintomi che, per molti pazienti, rimangono ad oggi inspiegabili.

Cosa fare per guarire

Non esiste “la” cura per il long-covid, che viene invece affrontato con un approccio estremamente personalizzato e cucito su misura, in base a stato di salute e sintomi; spesso si tratta di combinazioni variabili tra esercizi di respirazione, fisioterapia, farmaci e altri trattamenti medici.

È davvero importante segnalare al medico qualsiasi sintomo, perché la stessa OMS sottolinea come potrebbe essere necessario ricorrere ad esami strumentali e di laboratorio, ad esempio in forma di radiografia del torace per indagare i sintomi respiratori o verificare la pressione del sangue in caso di vertigini, e non sottovalutare mai sintomi delicati come dolore toracico, palpitazioni ed anche malattie mentali.

Dieta

Non esistono specifici rimedi dietetici in grado di garantire la risoluzione della sindrome, ma la comunità scientifica non ha dubbi sul fatto che sia utile e necessaria una dieta equilibrata e completa, in grado di garantire il corretto apporto di macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi) e micronutrienti (vitamine, minerali, …), senza dimenticare l’importanza della fibra.

Integratori

Non esiste alcuna prova che l’integrazione di specifiche sostanze (vitamina C, vitamina D, complesso B, …) possa essere d’aiuto e gli stessi multivitaminici dovrebbero essere assunti solo nel caso di diete inadeguate (come può succedere in caso di riduzione dell’appettito, ad esempio).

Altri consigli

Altrettanto importante è un corretto atteggiamento psico-emotivo, da maturare verso sé stessi, e ben descritto dalla British Heart Foundation sul suo sito in forma di una serie di consigli su cui mi sono permesso qualche libertà di interpretazione:

  1. Cerca di recuperare gradualmente, con un po’ di pianificazione e senza voler strafare.
  2. Suddividi i compiti più gravosi in blocchi più piccoli e più semplici da affrontare, magari alternandoli ad altre incombenze meno gravose.
  3. Al mattino probabilmente disporrai di più energie ed è un fattore di cui tenere conto programmando la giornata.
  4. Concediti frequenti e brevi pause, più efficaci di poche interruzioni lunghe. Fermati sempre prima di esaurire le forze.
  5. Un aspetto a cui tengo molto, non interrompere le attività che possano essere causa di fiatone, come salire le scale. Se smetti di usare i muscoli si indeboliscono, se smetti di tenere allenato il cuore si indebolirà, se smetti di impegnare i polmoni sarà sempre più difficile recuperare.
  6. Cerca comunque di aumentare gradualmente la quantità di esercizio quotidiano: parti da brevi passeggiate e semplici esercizi di forza, sono le fondamenta su cui ricostruire il tuo benessere.
  7. Quando ti manca il fiato può aiutare chinarsi in avanti, appoggiandosi ad un bastone o allo schienale di una sedia.
  8. Non cedere al cattivo umore ed alla tristezza e mantieni il controllo della tua salute mentale.
  9. Avere una routine quotidiana può aiutare, fa bene all’umore e contribuisce al senso di stabilità.
  10. Sii gentile con te stesso durante il recupero, con la consapevolezza che alcuni giorni saranno più difficili di altri. Non importa se domani farai un passo indietro, perché tra oggi e ieri ne avrai fatti due in avanti.
  11. Rimani in contatto con parenti e amici, il sostegno familiare e sociale può fare la differenza.
  12. Rimanere attivo fisicamente aiuterà anche dal punto di vista dell’umore, perché il rilascio delle endorfine tipico dell’attività fisica ha un effetto diretto sul senso di benessere.
  13. Così come tieni in allenamento i muscoli, lo stesso devi fare anche con il cervello, tenendolo in allenamento in modo graduale e progressivo.
  14. Se serve non farti problemi a prendere appunti per aiutarti a ricordare le cose, che si tratti di riunioni di lavoro od incombenze familiari o personali.

Fonti e bibliografia

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