Plasmaferesi terapeutica e produttiva, quello che devi sapere

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Cos’è la plasmaferesi?

L’aferesi è un approccio medico in cui il sangue di una persona viene prelevato e successivamente reinfuso dopo la rimozione di alcune sostanze. Le due forme più comuni sono

  • Plasmaferesi
  • Citoaferesi, che può avere nomi diversi a seconda del tipo di cellula che viene asportata dal sangue
    • Piastrinoaferesi: asportazione delle piastrine
    • Leucaferesi: asportazione dei globuli bianchi

Quando invece è il plasma ad essere separato dal sangue, la procedura viene chiamata plasmaferesi, che è quindi definibile come una procedura in cui attraverso il ricorso ad uno specifico dispositivo vengono ad essere separati

Una volta separati

  • il plasma è la parte fluida di colore giallo e rende conto del volume maggiore (55%),
  • gli elementi figurati costituiscono il restante 45%,
    • 1% circa tra globuli bianchi e piastrine
    • 44% di globuli rossi (eritrociti).

Gli esatti passaggi successivi dipendono dalla scopo (vedere domanda successiva), ma quello che avviene è la restituzione di una o di entrambe le componenti, eventualmente dopo specifici trattamenti volti a modificarne la composizione.

Donazione di plasma

Shutterstock/Kzenon

A cosa serve?

I possibili obiettivi sono molteplici, ma è possibile sostanzialmente distinguere:

  • Plasmaferesi produttiva: viene condotta a scopo trasfusionale, il sangue viene rimosso dal corpo del donatore, le cellule del sangue ed il plasma vengono separati e:
    • le cellule del sangue restituite,
    • il plasma raccolto ed eventualmente congelato per conservarlo ed usarlo in seguito come plasma tal quale o come substrato di partenza per la produzione di farmaci (poiché i donatori in genere donano solo circa 500 mL di plasma e sono per definizione in buona salute, non richiedono la sostituzione del plasma rimosso, come nel caso delle donazioni di sangue intero).
  • Plasmaferesi terapeutica: è utilizzata allo scopo di rimuovere attivamente specifiche cellule e/o molecole dal sangue, ovvero
    • sostituire una componente patologica,
    • regolare la funzionalità cellulare.

La plasmsferesi può anche essere distinta in:

  • Plasmaferesi autologa, se il sangue viene interamente reinfuso dopo essere stato trattato;
  • Plasma exchange (scambio di plasma), se Il plasma prelevato viene scartato e sostituito con plasma da donatore o liquido colloide.
  • Donazione, che corrisponde sostanzialmente alla plasmaferesi produttiva.

Come avviene la separazione tra plasma ed elementi corpuscolati?

Per separare le due componenti del sangue si procede in genere per centrifugazione o filtrazione mediante membrane semipermeabili:

  • la centrifugazione si basa sul fatto che, sottoposte a veloce rotazione, le diverse parti si separano in base al loro peso specifico, con la parte corpuscolata che si stratifica verso il fondo della provetta;
  • la separazione del plasma mediante membrana opera invece in base alla dimensione delle diverse particelle.

Nella maggior parte dei casi la preferenza è per procedimenti di centrifugazione automatica, ma è importante comprendere una distinzione fondamentale:

  • Nella plasmaferesi mediante centrifugazione il plasma filtrato viene scartato a beneficio dei globuli rossi, mescolati a al plasma da donatore o soluzione colloidi come l’albumina;
  • in caso di separazione a membrana è possibile la rimozione selettiva delle macromolecole indesiderate, quindi il plasma filtrato ed elaborato viene restituito al paziente, eliminando la necessità di fluidi sostitutivi.

A cosa serve la plasmaferesi terapeutica?

La plasmaferesi terapeutica viene utilizzata per la cura di numerose malattie caratterizzate dalla presenza di una sostanza da eliminare dal plasma, come ad esempio anticorpi indesiderati, per esempio nelle patologie autoimmuni può essere usata per rimuovere le componenti dannose esistenti mentre i farmaci sopprimono la produzione futura. I disturbi per cui è possibile eseguire la procedura sono raggruppati in quattro categorie dalla Apheresis Applications Committee of the American Society for Apheresis (ASFA), differenziate sul diverso grado di evidenza di efficacia/utilità:

  1. La categoria 1 include i disturbi in cui la plasmaferesi può essere eseguita come trattamento di prima linea,
  2. la categoria 2 include i disturbi in cui la plasmaferesi può essere eseguita come trattamento di seconda linea in aggiunta allo standard di cura esistente,
  3. la categoria 3 include i disturbi in cui l’evidenza del il beneficio della plasmaferesi è minimo e la terapia deve essere individualizzata,
  4. la categoria 4 include disturbi in cui l’evidenza suggerisce che la plasmaferesi sia inefficace o addirittura dannosa, ma che tuttavia può essere presa in considerazione in casi estremamente selezionati.

Più in generale la procedura trova applicazione in pazienti affetti da

In alcuni pazienti può essere inoltre presa in considerazione in caso di avvelenamento da funghi (categoria 2, caso di insufficienza epatica fulminante) e di colesterolo drammaticamente alto non responsivo ad altre terapie.

La plasmaferesi è curativa?

I processi di plasmaferesi, o più in genere di aferesi, generalmente consentono la gestione di alcune patologie, ma non una reale guarigione; per essere utili, peraltro, richiedono di essere eseguiti con una frequenza che superi la velocità con cui l’organismo rimpiazza la frazione rimossa, necessità che si scontra con l’osservazione clinica che il trasferimento di grosse quantità di liquidi non è esente dal rischio di complicazioni anche severe in pazienti già debilitati.

Preparazione

Non sono richieste al paziente specifiche norme di preparazione, ma in alcuni casi viene consigliato di bere abbondantemente nei giorni che precedono il trattamento, al fine di ridurre il rischio di cali di pressione.

Come avviene la plasmaferesi terapeutica?

Per ottenere il prelievo e la successiva re-infusione del sangue/liquido sostitutivo è necessario posizionare due diversi aghi a livello venoso, per consentire rispettivamente il prelievo e l’infusione del sangue dopo il trattamento. Possono essere posizionati in diverse parti del corpo e, a seconda dei casi, si distinguono in

  • accesso venoso periferico di grosso calibro (ad esempio un ago in vena, come durante una donazione),
  • catetere venoso centrale (ovvero un tubicino inserito in una delle vene principali, ad esempio nella zona della spalla o dell’inguine.)

A cavallo tra i due accessi si pone la macchina responsabile del processo di plasma exchange.

Si noti che:

  • in caso di donazione di plasma è in genere sufficiente un unico accesso venoso periferico,
  • in caso di plasmaferesi terapeutica sono invece necessari due accessi diversi.

In caso di accesso centrale potrebbe essere utile ricorrere alla somministrazione di un anestetico locale per ridurre il disagio del paziente (nei pazienti pediatrici può essere presa in considerazione una leggera sedazione con oppioidi e benzodiazepine per il controllo del dolore e dell’ansia).

Il paziente viene posizionato supino (disteso sulla schiena, a pancia in su) ed i suoi parametri vitali sono sottoposti ad un costante ed attento monitoraggio durante tutta la procedura che, banalizzando il tutto, prevede sostanzialmente di

  • estrarre il sangue da una vena,
  • farlo passare in una macchina apposita dove subisce i trattamenti necessari,
  • reinfondere parte di quanto prelevato (tipicamente parte corpuscolata del sangue disciolta nel liquido sostitutivo o nel plasma da donatore).

Quanto dura?

Un singolo trattamento dura da 1 a 3 ore, in base alle dimensioni volumetriche del paziente ed alla quantità di sangue che dev’essere scambiato.

Fa male?

Il procedimento in sé non è doloroso, mentre può rappresentare un certo fastidio l’inserimento dell’ago per l’accesso venoso (come in caso di donazione di sangue, leggermente di più in caso di necessità di accesso centrale).

È necessario ricovero?

In genere no, si tratta di procedura che non richiede il successivo ricovero.

Complicazioni

Le complicazioni più comuni che possono verificarsi durante o a seguito di plasmaferesi comprendono:

  • Abbassamento della pressione e sintomi correlati
    • Vampate di calore
    • Sintomi gastrointestinali come nausea e vomito
    • Senso di svenimento e vertigini
  • Squilibrio di liquidi ed alterazioni elettrolitiche (in particolare ipocalcemia o ipomagnesiemia)
  • Sviluppo di emorragie.
  • Ipotermia (abbassamento della temperatura corporea)
  • Reazioni trasfusionali (gestite con antistaminici, cortisone od adrenalina).

Quando contattare il medico?

Una volta tornati a casa si raccomanda di contattare il medico in caso di:

Controindicazioni

Le controindicazioni alla plasmaferesi terapeutica sono rappresentate da:

  • Impossibilità di praticare un accesso al sangue
  • Instabilità emodinamica (ad esempio per pressione sanguigna molto bassa a causa di shock) o setticemia (infezione diffusa)
  • Allergia nota al plasma fresco congelato o al colloide/albumina usato in sostituzione
  • Allergia nota all’eparina (un anticoagulante somministrato durante la procedura, volto a prevenire la coagulazione del sangue).

Controindicazioni relative

  • Ipocalcemia concentrazione bassa di calcio)
  • Somministrazione di ACE-inibitori (farmaci contro la pressione alta) nelle ultime 24 ore.

Plasmaferesi per pazienti affetti da sclerosi multipla

La plasmaferesi è considerata una terapia di seconda linea (dopo la somministrazione ci cortisonici a livello sistemico) nella gestione degli attacchi acuti in pazienti affetti da sclerosi multipla o altre malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale (SNC), tra cui encefalomielite acuta disseminata, mielite trasversa idiopatica, neurite ottica e neuromielite ottica, ad esempio in pazienti che non tollerino i corticosteroidi ad alto dosaggio.

Fonte: MyClevelandClinic

Plasmaferesi nei soggetti trapiantati

Gli anticorpi sono proteine presenti nel sangue e rappresentano una parte attiva e di primo piano del sistema immunitario, ovvero delle difese che l’organismo schiera contro le minacce alla salute, come ad esempio batteri e virus.

Uno dei rischi maggiori in caso di trapianto d’organo è che l’organismo scambi i nuovi tessuti per un pericolo, trattandosi di cellule estranee, innescando una risposta immunitaria (rigetto) che nei casi più gravi porta ad una completa distruzione e perdita di funzionalità dell’organo.

Per prevenire questa temibile complicanza, che renderebbe non solo inutile ma addirittura pericoloso il trapianto, si procede alla somministrazione di farmaci immunosoppressivi, ovvero in grado di ridurre le difese dell’ospite. Accanto a questa strategie è possibile affiancare la plasmaferesi, allo scopo di rimuovere fisicamente gli anticorpi dal sangue (dispersi nel plasma).

I pazienti trapiantati potrebbero aver bisogno di più sessioni di plasmaferesi prima e dopo l’intervento chirurgico per rimuovere gli anticorpi; in alcuni casi si può anche procedere alla rimozione definitiva della milza, responsabile della produzione di anticorpi.

Fonte: John Hopkins Medicine Transplant Program

Fonti e bibliografia

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