Cos’è l’ipercolesterolemia familiare?
L’ipercolesterolemia familiare è una malattia genetica, o più correttamente un insieme di condizioni genetiche, che nel complesso interessano circa 1 persona su 250 e aumentano la probabilità di andare incontro a una malattia coronarica (e in conseguenza all’infarto) fin da una giovane età.
I pazienti che ne sono affetti mostrano un aumento dei livelli ematici di lipoproteine a bassa densità (LDL, tipicamente ma impropriamente chiamato colesterolo cattivo): un’eccessiva quantità di LDL nel sangue aumenta il rischio di sviluppare una malattia coronarica o di avere un infarto.
In questa fascia di popolazione l’esercizio fisico e abitudini alimentari sane sono comunque imprescindibili, ma spesso non sufficienti; per questa ragione si procede in genere alla prescrizione di farmaci (come le statine) per garantire che i livelli di colesterolo siano adeguatamente controllati.
Una diagnosi precoce consente di trattare tempestivamente la condizione, aumentando sensibilmente l’efficacia preventiva della terapia, abbattendo così il rischio di malattie cardiache; si noti che la condizione è per definizione presente sin dalla nascita, in quanto genetica, ma le manifestazioni e soprattutto le conseguenze potrebbero non essere visibili fino all’età adulta, con un’importante eccezione: soggetti che ereditino la condizione da entrambi i genitori di solito sviluppano sintomi già durante l’infanzia e, in assenza di diagnosi e trattamento, la prognosi è infausta, con un esito fatale tipicamente prima dei 20 anni.
Valori
Uno dei principali segni suggestivi di ipercolesterolemia familiare è una quantità di colesterolo LDL superiore a 190 mg/dL negli adulti (e superiore a 160 mg/dL nei bambini), che peraltro non risponde alle modifiche dello stile di vita.
Conseguentemente anche il colesterolo totale risulta aumentato, spesso oltre 300 mg/dL nell’adulto e oltre 250 mg/dL nel bambino.
Cause
L’ipercolesterolemia familiare è causata da alterazioni del codice genetico, in particolare mutazioni nei geni LDLR, APOB e PCSK9 (elencati in ordine di diffusione, ma verosimilmente NON sono gli unici ad essere coinvolti), responsabili della regolazione del colesterolo:
- LDLR: low density lipoprotein receptor, responsabile di proteine che normalmente si occupano di rimuovere l’LDL dal sangue
- APOB: apo-b 100, il gene che serve per produrre la molecola di riconoscimento per l’LDL che dev’essere smaltito dal fegato
- PCSK9: proprotein Convertase Subtilisin/Kexin type 9, in cui la mutazione causa un aumento della sua attività, che consiste nella degradazione del recettore responsabile di prelevare le LDL dal sangue.
Anche se con meccanismi diversi, a prescindere dalla mutazione presente quello che si osserva è invariabilmente una compromissione dello smaltimento del colesterolo LDL, che rimane in circolo più a lungo del previsto accumulandosi e rendendo così conto dei valori molto elevati riscontrati agli esami del sangue.
Da un punto di vista genetico ciascun individuo possiede due copie di ciascun gene, uno ereditato dalla madre e uno dal padre: una mutazione in una sola copia di uno dei geni è sufficiente per causare la condizione (trasmissione autosomica dominante), questo significa che in una coppia in cui un solo genitore ne sia affetto sia ha il 50% di probabilità di trasmissione a ciascun figlio.
In casi molto rari è possibile riscontrare entrambe le copie mutate, questo significa averle ereditate da entrambi i genitori, ma soprattutto si traduce in una forma molto più grave e rara di ipercolesterolemia familiare (ipercolesterolemia familiare omozigote), responsabile di attacchi cardiaci fin dall’infanzia e di morte precoce se non trattata.
Sintomi
Oltre a valori notevolmente aumentati di colesterolo LDL nel sangue, che peraltro non rispondono alle modifiche dello stile di vita, la maggior parte dei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare ha parenti stretti con precedenti di malattie cardiache precoci o attacchi di cuore in giovane età.
Tra gli altri possibili segnali suggestivi della condizione figurano anche depositi di colesterolo osservabili in vari punti del corpo, come ad esempio:
- accumuli giallastri di grasso ricco di colesterolo (xantomi, che si osservano ad esempio su nocche, gomiti, ginocchia o intorno alle palpebre, il cosiddetto xantelasma palpebrale, come in foto precedente)
- sul tendine di Achille, che può diventare gonfio e dolente (possono essere interessati anche altri tendini, come mani e gomiti) a causa della formazione di noduli di grasso (xantomi tendinei)
- un anello bianco o grigio, opaco, presente sul margine dell’iride dell’occhio (arco senile).
Purtroppo solo una parte di pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare manifesta uno o più di questi sintomi, rendendo la condizione sotto-diagnosticata.
Complicazioni
Il rilievo che più preoccupa è tuttavia una decisa accelerazione della deposizione di colesterolo sulle pareti delle arterie, fenomeno alla base del processo di aterosclerosi, la più importante causa di malattie cardiovascolari. L’evento acuto più spesso osservato è lo sviluppo di malattia coronarica, che consiste nella progressiva aterosclerosi delle arterie coronarie, le arterie che irrorano il cuore. Questo può portare a:
- angina pectoris, caratterizzata da dolore al petto, o più semplicemente un senso di oppressione, che si sviluppa soprattutto durante uno sforzo fisico, anche banale (come salire le scale o portare le buste della spesa);
- nei casi più gravi ovviamente la conseguenza è invece l’infarto.
Le arterie del cervello sono interessate meno spesso, ma il loro coinvolgimento è potenzialmente altrettanto grave, potendo causare attacchi ischemici transitori o veri e propri ictus.
L’arteriopatia obliterante periferica, condizione che interessa le arterie delle gambe, si verifica principalmente nei pazienti che siano anche fumatori e si manifesta con forti dolori al polpaccio mentre si cammina, che si risolvono rapidamente con il riposo.
Il rischio di sviluppare queste complicazioni aumenta ulteriormente in presenza dei classici fattori di rischio cardiovascolari, come ad esempio
Diagnosi
In caso di sospetta ipercolesteromia familiare si procede alla verifica con test genetici, che consentono di confermare circa il 60-80% dei casi; nei pazienti con mutazioni rare o sconosciute non è possibile trovare conferma genetica, ma questo NON esclude la possibilità di formulare la diagnosi di fronte a prove cliniche convincenti.
A seguito di diagnosi vengono in genere consigliati test a cascata sugli altri membri della famiglia, per ricostruire l’asse di trasmissione e iniziare la terapia nei soggetti affetti.
Bambini
Secondo l’American Heart Association i bambini con un rischio aumentato di ipercolesterolemia familiare dovrebbero essere sottoposti a screening a partire dai 2 anni, ma più in generale tutti i bambini dovrebbero sottoporsi a un controllo del colesterolo tra i 9 e gli 11 anni e di nuovo tra i 17 e i 21 anni.
Terapia
Se non trattati, i pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare corrono un rischio di sviluppare malattie cardiache di 20 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.
Avere uno stile di vita sano e mantenersi fisicamente attivi è fondamentale, ma purtroppo spesso non sufficiente per abbassare adeguatamente i livelli di colesterolo.
Si ricorre quindi alla prescrizione di farmaci, spesso in combinazione tra loro, per raggiungere valori desiderabili; i farmaci più comunemente prescritti sono le statine (prescrivibili fin dagli 8-10 anni, se necessario), ma altri possibili trattamenti prevedono:
- ezetimibe
- medicinali sequestranti gli acidi biliari come la colestiramina
- inibitori PCSK9 (anticorpi monoclonali che bloccano la proteina PCSK9, per favorire l’esposizione di più recettori sulle cellule del fegato per rimuovere il colesterolo LDL dal sangue)
- aferesi delle lipoproteine (procedura simile alla dialisi che viene eseguita ogni poche settimane per rimuovere il colesterolo dal sangue)
- acido bempedoico, principio attivo di più recente introduzione.
Nei rari casi di ipercolesterolemia familiare omozigote potrebbero essere necessari trattamenti ancora più aggressivi, come ad esempio:
- lomitapide (Lojuxta®)
- evinacumab (Evkeeza®)
- trapianto di fegato.
Stile di vita
Uno stile di vita attento risulta assolutamente imprescindibile, anche perché se è vero che non incide in modo sufficiente sui valori di LDL, rimane il punto fermo della prevenzione di altri fattori di rischio modificabili, come diabete e pressione alta. In particolare si consiglia:
- perdita di peso se necessario
- adottare una dieta sana a basso contenuto di grassi saturi, grassi trans, sale (sodio) e bevande con aggiunta di zucchero e ricca di fibre, frutta fresca e verdura
- essere fisicamente attivi
- non fumare
- limitare il consumo di alcol
- controllare scrupolosamente eventuali altre condizioni di salute, come la pressione alta e il diabete.
Fonti e bibliografia
- CDC
- heart.org
- Familial Hypercholesterolemia – Zahra Vaezi; Afshin Amini
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.