Infiammazione cronica: come si misura e come abbassarla

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Introduzione

Malattie cardiovascolari come infarti e ictus, tumori, diabete di tipo 2, obesità, osteoporosi, morbo di Alzheimer, asma, artrite reumatoide, ma anche diverse condizioni psichiatriche come ansia, depressione, schizofrenia e disturbo da stress post-traumatico.

Questo è un elenco parziale, per quanto piuttosto impressionante, di malattie che hanno almeno un punto in comune: l’infiammazione.

Per farti meglio comprendere la portata di questo fenomeno, ti basi sapere che ricerche recenti hanno correlato addirittura il rischio di sviluppare pensieri suicidari all’infiammazione.

Piuttosto impressionante, vero? Si tratta nella maggior parte dei casi di quella tristemente famosa “infiammazione cronica”, che per la verità non si capisce mai bene né cosa sia esattamente né come misurarla… Su questo secondo punto, come misurarla, ci torniamo a breve perché per farsi un’idea è sufficiente un esame del sangue che probabilmente hai già nel cassetto, ma cerchiamo prima di contestualizzare meglio cosa sia questo processo e perché avviene.

L’infiammazione è “male”?

L’infiammazione è spesso vista come qualcosa di negativo e non te ne faccio un torto…

Se ti dicessi “emorroidi infiammate” o “prostata infiammata”? Ecco, appunto.

Eppure la realtà è più complessa, molto più complessa e ci sono almeno 2 punti importanti da considerare:

  • Tempo: Un aumento temporaneo dell’infiammazione è cruciale per la guarigione delle ferite e per limitare la diffusione delle infezioni. Quindi, l’infiammazione non è sempre cattiva, anche se può essere dolorosa, ma al contrario può essere vitale per la sopravvivenza, soprattutto in caso di infezioni e lesioni.
  • Localizzazione: L’infiammazione è stata tradizionalmente vista come un processo localizzato (ti ricordi? Emorroidi, prostata, ma anche più semplicemente mal di schiena, storta della caviglia, …), ma l’infiammazione più temibile, di cui parliamo oggi, è quella sistemica, ovvero in grado di esprimere effetti su tutto il corpo.

Insomma, se l’essere umano non si è estinto migliaia di anni fa è perché, come tutti gli animali, può contare sull’infiammazione come processo di riparazione a qualsiasi forma di insulto, come il leone che assaggia il nostro polpaccio mentre cerchiamo di prendere un pezzettino della sua gazzella. In questo senso l’infiammazione è bene.

Meno bene è quando l’infiammazione è una risposta a un insulto, magari anche molto più lieve di un morso di leone, ma che persiste giorno, dopo giorno, dopo giorno… Hai presente la goccia che scava la pietra? Ecco, appunto.

Sedentarietà, cattiva alimentazione, esposizione a inquinanti e sì, anche lo stress psicologico sono tutti stimoli a cui il nostro corpo non è in grado di far fronte adeguatamente se vengono perpetrati ancora, e ancora, e ancora… generando così un’infiammazione cronica, silente e sistemica.

  • Cronica perché persiste nel tempo, a differenza della ferita al polpaccio che, si spera, a un certo punto possa guarire.
  • Silente perché nel breve termine spesso non ti accorgi di averla. Quelli bravi direbbero che è subclinica, ovvero troppo leggera per manifestare dei sintomi, ma comunque sufficiente a causare danni. Grossi danni.
  • Sistemica perché può riguardare l’intero organismo… ecco perché, semplificando qualche passaggio, una cattiva alimentazione può coinvolgere anche sistemi e apparati diversi da quello gastrointestinale.

Come si misura?

L’infiammazione, che sia quella positiva o negativa, è un fenomeno che fa capo al nostro sistema immunitario; è vero che spesso tendiamo a immaginarlo come protagonista delle sole battaglie condotte contro microbi di vario genere, ma in realtà è attivamente coinvolto in qualsiasi processo infiammatorio, ovvero tutte le volte in cui debba proteggere il corpo da qualche tipo di irritante o, per usare un termine che si legge spesso nei testi scientifici, di insulto.

Da un punto di vista biologico sono numerose le armi di cui dispone a seconda delle necessità, ma un mezzo chiave di cui si serve è senza dubbio il sistema circolatorio, attraverso cui sorveglia preventivamente la situazione, interviene quando necessario e invia truppe aggiuntive al bisogno.

Lo sintetizza bene Wikipedia:

L’infiammazione consiste in una sequenza dinamica di fenomeni che si manifestano con un’intensa reazione vascolare [ovvero che coinvolge i vasi sanguigni]. Questi fenomeni presentano caratteristiche relativamente costanti nonostante l’infinita varietà di agenti lesivi, in quanto sono determinati non solo e non tanto dall’agente, quanto soprattutto dal rilascio di sostanze endogene: i mediatori chimici della flogosi.

Insomma, a prescindere dal tipo di battaglia, quello che si osserva è il rilascio di sostanze (mediatori chimici della flogosi) che segnalano a tutte le truppe del sistema immunitario l’allarme rosso e la necessità di attivarsi.

In estrema sintesi, puoi immaginarlo come un sistema di messaggistica istantanea… come il temibile gruppo WhatsApp della squadra di calcio di tuo figlio… in cui basta una segnalazione da parte di una mamma per scatenare l’inferno. La quantità di messaggi che si generano è spesso esponenziale, con mamme e papà che si fomentano a vicenda, e misurare la quantità di messaggi inviati in un’ora rende bene l’idea della gravità della situazione.

Per l’infiammazione è più o meno lo stesso, ma anziché contare i messaggi inviati in un’ora misuri la concentrazione di una sostanza nel sangue. Più è alta e più grave è l’infiammazione, mentre quando tutto va bene il numero di messaggi torna a essere estremamente ridotto, ovvero la concentrazione torna a valori normali.

Qual è questa sostanza?

Ecco, qui c’imbattiamo in una piccola complicazione. È come se non esistesse un unico gruppo WhatsApp, ma decine, forse centinaia… e quindi non è sempre chiarissimo quale sia opportuno monitorare…

Esistono cioè decine di sostanze nel sangue che possono suggerire uno stato infiammatorio e hanno i nomi più improbabili… interleuchina-6, fattore di necrosi tumorale, interferoni… ma tra tutte ce ne sono due che sono un po’ più comuni e che rappresentano un buon compromesso tra affidabilità, praticità e costo. La prima è la proteina C reattiva, ma la seconda è per certi versi ancora più interessante perché probabilmente se hai degli esami del sangue recenti con buona probabilità l’hai misurata: i globuli bianchi.

Donna preoccupata

Shutterstock/Krakenimages.com

I globuli bianchi prevedono il rischio di morte?

Prima di continuare un’importante avvertenza: NON sottoporti mai a esami del sangue non espressamente richiesti dal tuo medico, perché la letteratura scientifica dimostra abbastanza chiaramente che i classici esami annuali prescritti a tappeto non hanno un rapporto rischio/beneficio favorevole.

I globuli bianchi sono cellule del sangue valutate di routine perché facenti parte dei parametri dell’emocromo, quell’insieme di valori che tendenzialmente vengono prescritti quando pensiamo ai classici esami di controllo.

È un esame poco specifico, nel senso che i globuli bianchi possono aumentare per mille ragioni spesso nemmeno preoccupanti come un semplice raffreddore, ma il loro valore basale è un’ottima stima del tuo grado di infiammazione sistemica, che come abbiamo visto è legata allo sviluppo di malattie croniche.

Normalmente un adulto produce circa 100 miliardi di globuli bianchi ogni singolo giorno e i valori normali nel sangue, anche se cambiano leggermente da un laboratorio all’altro, sono più o meno compresi tra 4 e 11 miliardi per litro.

Ecco, il punto è proprio questo: 4 e 11 sono valori entrambi considerati normali, ma non significa che siano uguali…

Se ci pensi è un po’ come per la pressione del sangue, la glicemia e colesterolo nel sangue, in cui avere un valore normale, ma più vicino al limite inferiore, è considerato preferibile rispetto a un valore pericolosamente vicino al limite superiore, anche se in questo caso può sembrare controintuitivo, perché potresti essere portato a pensare che più globuli bianchi significa maggiori difese immunitarie, ma non è così. Perché, semplificando, un buon sistema immunitario è quello in grado di attivarsi e intervenire rapidamente solo in caso di bisogno.

Ma soprattutto, sempre semplificando un po’ e rimanendo all’interno dell’intervallo normale, chi ha valori più bassi ha più probabilità di vivere più a lungo e in salute, anche paragonato a chi ha valori comunque normali, ma un po’ più alti.

E la letteratura in merito è peraltro piuttosto abbondante, correlando i valori non solo al rischio di mortalità per tutte le cause, ma anche di specifiche malattie, come ad esempio

Non sempre abbiamo prove solide di un rapporto di causa ed effetto, ma soprattutto per alcune condizioni di salute si tratta di qualcosa di più un presentimento, come dimostrato da questo studio di randomizzazione mendeliana o dal noto coinvolgimento del sistema immunitario della formazione delle placche aterosclerotiche.

Quindi, ora che abbiamo capito che avere valori più bassi di globuli bianchi è tendenzialmente preferibile, la domanda successiva non può che essere… come facciamo ad abbassarli?

Come abbassare i valori

Uno dei modi più efficaci è semplicemente smettere di fumare (ehi, ho detto semplicemente, non ho detto che sia facile…)…

Praticare regolarmente attività fisica è un altro approccio estremamente efficace… e ti faccio notare che è piuttosto noto di come l’attività fisica riduca il rischio di ammalarsi anche di un semplice raffreddore, a riprova del fatto che non serve avere tanti globuli bianchi in circolo, serve avere invece un sistema immunitario in salute.

E veniamo al terzo pilastro della prevenzione, ovvero alla dieta: un’alimentazione incentrata sull’abbondante consumo di alimenti antinfiammatori è direttamente legata a una riduzione dei valori e, come sempre, un approccio con solide prove di efficacia è rappresentato dal modello mediterraneo tradizionale, che prevede

  • una riduzione di
    • tutte le fonti di carboidrati raffinati, come pane bianco e dolci,
    • patatine fritte e altri cibi fritti,
    • bibite dolci,
    • carne rossa e/o lavorata (hot dog, salsiccia)
    • altre fonti di grassi saturi,
  • a favore di un maggior consumo di alimenti vegetali come
    • frutta e verdura,
    • olio extravergine di oliva,
    • frutta secca a guscio come le noci,
    • e pesci grassi, meglio se di piccola taglia.

Strettamente collegata alla dieta ricordiamo poi che anche la perdita di peso, per i soggetti in sovrappeso, consente di ridurre i valori di globuli bianchi e il grado di infiammazione cronica.

So che detto così può sembrare difficile, ma ricorda che anche un piccolo cambiamento è meglio di nessun cambiamento e così come non è mai troppo presto per iniziare non è nemmeno mai troppo tardi; il raggiungimento di uno stile di vita sano non è un traguardo, ma un percorso da affrontare giorno per giorno, cercando di migliorare costantemente, un passo alla volta, senza abbattersi per eventuali momentanee sconfitte.

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