Le patate
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Cosa sono le patate: carboidrati o proteine?
La patata da un punto di vista nutrizionale è un alimento un po’ atipico.
Le calorie (relativamente poche, peraltro) derivano sostanzialmente solo dall’amido, ovvero dai carboidrati: 100 g di patate contengono meno di 20 g di carboidrati, proteine e grassi in quantità trascurabili, per un totale di circa 80 calorie ogni 100 g.
Quali sono i benefici delle patate?
La patata, sebbene caratterizzata da un basso contenuto proteico e lipidico, potrebbe non garantire una sazietà prolungata quanto i cereali integrali, tuttavia la sua elevata percentuale di acqua (80% del peso) consente il consumo di porzioni generose.
Dal punto di vista nutrizionale le patate presentano ad esempio una densità calorica notevolmente inferiore rispetto ai cereali, inclusi pasta e pane. Considerando che la sensazione di sazietà è spesso correlata al volume di cibo ingerito, indipendentemente dal suo apporto calorico, la scelta di alimenti a bassa densità energetica può efficacemente contribuire a una riduzione dell’apporto calorico complessivo.
Le patatine fritte rappresentano un’ovvia eccezione a questo principio, in considerazione del loro elevato impatto calorico dovuto al processo di frittura (che ne lega grandi quantità di grassi).
È importante sottolineare che le patate dovrebbero essere considerate come alternative ai carboidrati complessi quali pasta e pane, piuttosto che come verdure. Ciononostante, analogamente alle verdure, le patate forniscono un apporto significativo di micronutrienti, tra cui ferro, potassio, magnesio, zinco, rame e, in alcuni casi, selenio. Sono inoltre fonte di vitamine del gruppo B, con particolare rilevanza per la B5 e la B6. La vitamina C, presente in quantità apprezzabili nella patata cruda, viene purtroppo degradata durante il processo di cottura.
Oltre alle vitamine e ai minerali le patate contengono diversi composti fitochimici, tra cui carotenoidi e polifenoli, come l’acido clorogenico, noto per le sue proprietà antiossidanti. Le varietà a pasta rossa o viola sono particolarmente ricche di antocianine, una classe di fitocomposti di notevole valore nutrizionale.
Infine, è doveroso menzionare l’apporto di fibra alimentare, particolarmente concentrata nella buccia del tubero.
La patata non va sbucciata
La buccia non è solo commestibile, ma contiene un’elevata concentrazione di gran parte delle sostanze nominate finora, quindi non solo la fibra, ma anche vitamine, minerali e composti fitoattivi; affermare che la decisione tra patata con buccia e patata senza equivale a trasformare un buon alimento in un contenitore di calorie vuote è forse un’esagerazione, ma probabilmente non è troppo distante dal vero.
Come ricorda anche il Dr. Vendrame:
- i vantaggi di consumare la buccia superano comunque di gran lunga gli eventuali rischi legati all’eventuale presenza di residui di fitofarmaci,
- senza contare che alcune di queste sostanze penetrano comunque anche all’interno
- e senza contare che la patata cresce sotto terra, quindi sulla buccia non si spruzza nulla.
È quindi sufficiente un’accurata sciacquata sotto l’acqua corrente, ma senza utilizzo di bicarbonato o disinfettanti (anche perché la cottura sterilizza l’alimento), e senza bisogno di lasciarla in ammollo, per non perdere le sostanze idrosolubili che passerebbero nell’acqua.
Aumentare il contenuto di fibra è infine utile a rimediare a quello che è considerato il più grande limite di questo alimento, l’indice glicemico.
Indice glicemico
La patata è composta principalmente da amido. Se da crudo risulta pressoché indigeribile per l’organismo umano, non apportando dunque calorie, a seguito della cottura la trasformazione chimica che ne deriva ne aumenta significativamente la digeribilità, conferendo alla patata un indice glicemico piuttosto elevato, 80 (superiore ad esempio a quello della pasta).
La fibra presente nella buccia ha un impatto limitato su questo valore, tuttavia non si deve dimenticare che è il carico glicemico a rappresentare il parametro più rilevante in termini nutrizionali: nonostante l’assorbimento rapido degli amidi della patata (indice glicemico elevato), il loro contenuto a parità di peso è notevolmente inferiore rispetto alla pasta, contenendo così il valore di carico glicemico (e peraltro il volume di cibo consumato influenza direttamente la sensazione di sazietà).
Come sempre quindi l’aspetto chiave è la porzione, ma anche fattori come la varietà di patata scelta e il tipo di cottura influiscono significativamente, ad esempio:
- purè di patate istantaneo quasi 90,
- patate al forno: 77
- patate rosse bollite consumate fredde… 56.
Perché mangiare patate fredde?
Quando le patate vengono cotte e poi raffreddate, parte dell’amido presente si trasforma in quello che viene chiamato “amido resistente”. Questo tipo di amido, come suggerisce il nome, resiste alla digestione nell’intestino tenue e viene fermentato nel colon, producendo acidi grassi a catena corta che possono offrire benefici per la salute, inclusa una migliore regolazione della glicemia.
L’amido resistente è classificato come fibra alimentare e non viene assorbito come glucosio nel tratto digestivo superiore, il che significa che ha un impatto minore sui livelli di zucchero nel sangue rispetto agli amidi non resistenti.
La temperatura di consumo della patata influisce sull’indice glicemico in misura maggiore rispetto a pasta e riso. Un’insalata di patate fredda, eventualmente arricchita con legumi e verdure, è associata a un ridotto impatto glicemico.
Focalizzarsi eccessivamente sulla riduzione dell’indice glicemico potrebbe risultare tuttavia controproducente e poco efficace, mentre è sicuramente preferibile adottare un approccio olistico, riducendo il consumo di alimenti ad alto indice glicemico e incrementando l’attività fisica.
È questo uno degli insegnamenti che traiamo dall’osservazione degli Hadza, popolazione africana di cacciatori raccoglitori che in certi periodi dell’anno arriva a coprire percentuali impressionanti del proprio fabbisogno calorico con il miele, pur senza rischio di sviluppare diabete né altre malattie cardiometaboliche (inclusa l’obesità).
Questo fenomeno è chiaramente attribuibile al loro stile di vita attivo e al dispendio energetico associato al procacciamento del cibo.
Abbassare l’indice glicemico
Per ridurre l’impatto glicemico delle patate, si possono quindi adottare le seguenti strategie:
- associare verdura in abbondanza, magari di broccoli, che sembrano ridurlo sensibilmente
- condirle con aceto di mele
- consumarle da fredde, grazie alla formazione di amido resistente.
È tuttavia doveroso ribadire ancora che l’attenzione andrebbe focalizzata sulla gestione del peso corporeo e sull’adozione di uno stile di vita attivo, non solo perché più efficaci, ma perché il raggiungimento di questi obiettivi potrebbe rendere superflua la preoccupazione relativa alle modalità di preparazione delle patate.
È importante sottolineare che concentrarsi esclusivamente sull’indice glicemico potrebbe inoltre risultare fuorviante, come dimostra il caso delle patatine fritte, il cui indice glicemico è ridotto dalla presenza di grassi (senza per questo renderle un alimento sano).
Le patate fanno ingrassare?
Il contributo delle patate all’aumento di peso non è una questione di “sì” o “no”, d’altra parte nessun alimento di per sé fa ingrassare.
Piuttosto, dipende da come sono cucinate e, soprattutto, dalle porzioni consumate in rapporto al resto della propria dieta.
- Modalità di cottura: Le patate fritte sono ricche di grassi e calorie a causa del processo di frittura e degli oli utilizzati, il che può contribuire più rapidamente all’aumento di peso se consumate frequentemente e in grandi quantità (le calorie sono più del doppio a parità di peso). Al contrario, le patate bollite, al vapore o al forno, specialmente con la buccia, possono essere parte di una dieta sana e equilibrata.
- Porzioni e frequenza: Mangiare patate con moderazione, nel contesto di una dieta equilibrata che include una varietà di altri alimenti, non porta necessariamente ad aumento di peso.
Non bisogna infine dimenticare che, a parità di calorie, la quantità di patate (senza condimenti) rispetto all’equivalente di pane/pasta è molto più voluminosa, il che significa che si può consumare una porzione più grande di patate mantenendo lo stesso apporto calorico. Questo può aumentare il senso di pienezza e ridurre la sensazione di fame più a lungo rispetto a porzioni comparabili di pane o pasta.
Le patate fanno bene? Controindicazioni e pericoli
Nessun particolare rischio con la solanina, a meno di non consumare patate verdi o germogliate.
Da un punto di vista più generale l’alimentazione può essere considerata un sistema a somma zero, in cui l’introduzione di un alimento comporta necessariamente l’esclusione di un altro. Pertanto, nel valutare gli effetti benefici o nocivi di un alimento, è fondamentale considerare il contesto alimentare complessivo e le alternative disponibili.
Le patate rappresentano un alimento con caratteristiche nutrizionali equilibrate, che può essere ragionevolmente incluso nella rotazione settimanale della maggior parte degli individui, prestando attenzione alle porzioni.
È opportuno prestare attenzione quando le patate vengono associate ad altri alimenti ad alto contenuto calorico o glicemico all’interno dello stesso pasto. Ad esempio, negli Stati Uniti, dove le patate rappresentano l’ortaggio più consumato, spesso sotto forma di patatine fritte, si osserva frequentemente un’associazione con un elevato consumo di grassi saturi e bibite zuccherate, fattori di rischio per lo sviluppo di diabete e altre patologie metaboliche.
Come evidenziato anche dai medici della Mayo Clinic, l’abbinamento delle patate con alimenti ricchi di proteine di alta qualità, fibre e grassi insaturi può modulare la digestione degli amidi, favorendo un rilascio più graduale di glucosio nel flusso sanguigno. Come detto prima, è infatti il carico glicemico del pasto nel suo complesso, piuttosto che l’indice glicemico dei singoli alimenti, a rivestire maggiore importanza dal punto di vista metabolico.
Quante volte si possono mangiare le patate in una settimana?
Sebbene in una scelta ipotetica tra cereali integrali e patate, i primi potrebbero essere preferibili dal punto di vista nutrizionale, è importante riconoscere che la varietà alimentare offerta dalla società moderna permette di integrare entrambi gli alimenti in una dieta equilibrata.
La chiave per una corretta alimentazione risiede nella frequenza di consumo e nelle porzioni: considerando che in una settimana si consumano mediamente 21 pasti, salvo patologie specifiche, un singolo pasto generalmente non influisce significativamente sull’equilibrio nutrizionale complessivo.
C’è quindi un certo raggio d’azione a seconda delle preferenze personali, ma generalmente consumare patate fino a 2-3 volte alla settimana non sembra rappresentare un problema.
Le linee guida nutrizionali italiane classificano le patate come una buona fonte di amido, assimilabile per certi aspetti ai cereali, di cui possono rappresentare un’alternativa.
Un’alternativa alle patate comuni, potenzialmente preferibile sotto il profilo nutrizionale, è rappresentata dalle patate dolci americane o batate. Queste presentano un indice glicemico leggermente inferiore e si distinguono per un apporto significativo di antiossidanti, particolarmente elevato nelle varietà a pasta arancione o viola.
Le domande più frequenti
Quante calorie apportano le patate?
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.