Febbre emorragica Crimea-Congo: cause, sintomi e cura

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Introduzione

La febbre emorragica Crimea-Congo (CCHF, Crimean-Congo Hemorrhagic Fever) è una malattia virale trasmessa dalle zecche; si manifesta con sintomi che comprendono

  • febbre alta,
  • dolori muscolari,
  • vertigini,
  • sensibilità alla luce (fotofobia),
  • dolore addominale
  • e vomito.

Il paziente può successivamente sviluppare bruschi sbalzi d’umore, fino a diventare confuso e aggressivo e, nei casi più gravi, sintomi emorragici.

Ha una mortalità media che, a seconda degli studi (e del contesto) è variabile tra il 10 e 40%..

Casi sporadici e/o focolai della malattia sono stati segnalati in diverse regioni dell’Asia e dell’Africa, mentre in Europa le segnalazioni sono state finora limitate alla regione balcanica, alla Spagna, alla Russia e alla Turchia.

Italia

In Italia il virus è stato isolato per la prima volta nel mese di aprile del 2017, in una zecca Hyalomma rufipes estratta da un uccello sull’isola di Ventotene (provincia di Latina); secondo alcuni ricercatori l’Italia è il Paese europeo a più alto rischio di introduzione e diffusione del virus.

Diffusione nel mondo

La CCHF è la più diffusa febbre emorragica virale trasmessa da zecche. Si stima che tre miliardi di persone siano a rischio di infezione a livello globale e ogni anno si verificano da 10.000 a 15.000 infezioni, di cui 500 fatali.

Sono stati segnalati casi in oltre 30 Paesi in Africa, Asia ed Europa e sono state descritte infezioni diffuse in ospedali (a causa del contatto diretto con sangue/tessuti di pazienti viremici o dispositivi medici sterilizzati in modo improprio) con considerevoli tassi di mortalità.

L’infezione è considerata endemica dall’OMS Africa, Balcani, Medio Oriente e Asia (nei Paesi a sud del 50° parallelo nord).

Gli animali selvatici e domestici fungono da ospiti di CCHFV, perché sostengono la sopravvivenz delle zecche fornendo pasti di sangue, oltre a fungere da serbatoio del virus quando sono viremici. Possono anche trasportare zecche su lunghe distanze.

La malattia è costantemente in osservazione da parte degli organismi internazionali preposti perché si tratta di un’infezione con un potenziale di diffusione tutt’altro che trascurabile, anche in considerazione dei cambiamenti climatici che favoriscono non solo l’abbondanza di zecche nei Paesi endemici, ma anche modifiche delle abitudini degli uccelli migratori (potenziali sorgenti di introduzione in nuove aree).

In Europa e nei Paesi limitrofi sono stati ad oggi segnalati solo casi casi sporadici e/o piccoli focolai in Albania, Bulgaria, Georgia, Grecia, Kosovo, Russia, Spagna, Ucraina e Turchia. La Spagna ha segnalato il suo primo caso nel 2016 (anche se uno studio retrospettivo ha rivelato che un altro caso si era verificato nel 2013).

Virus: trasmissione e contagio

La febbre emorragica Crimea-Congo è causata dal virus omonimo (Crimean-Congo haemorrhagic fever virus o CCHFV), appartenente al genere Orthonairovirus.

La malattia è stata identificata e descritta per la prima volta nel 1944 in Crimea (febbre emorragica di Crimea), ma il virus è stato isolato per la prima volta solo 12 anni dopo (1956) in Congo (virus del Congo), da cui deriva il nome attuale del virus e della malattia.

Si tratta di un virus a RNA che circola in natura tra zecche e i relativi ospiti vertebrati; si trasmette all’uomo attraverso i morsi di zecche infette o per contatto diretto con sangue infetto, pazienti in fase acuta o animali colpiti dall’infezione. Tra gli animali interessati sono stati riportati casi sia tra fauna domestica che selvatica, ad esempio bestiame, cavalli, cani, polli, cammelli, struzzi, suini, lepri, cervi, bufali e rinoceronti, mentre tra gli uccelli ad oggi solo in faraone e struzzi (ma una zecca infetta può essere comunque trasportata su lunghe distanze dall’uccello, anche se questo non viene infettato).

Sono stati inoltre segnalati alcuni casi di contagio legati al consumo di latte non pastorizzato o carne cruda appena macellata (normalmente il virus viene invece inattivato nella carne dai trattamenti post-macellazione).

Zecche

Le zecche Hyalomma sono i vettori e i serbatoi del virus responsabile della trasmissione della febbre emorragica Crimea-Congo; in Europa è Hyalomma marginatum il vettore più rilevante, peraltro presente anche in Italia.

Cartina con la diffusione della zecca responsabile della febbre emorragica Crimea Congo

Fonte: https://www.ecdc.europa.eu/en/disease-vectors/surveillance-and-disease-data/tick-maps

Il contagio può avvenire anche a seguito del contatto diretto con sangue o tessuti di pazienti malati, nonché dispositivi medici sterilizzati in modo improprio.

Il virus entra nell’ospite e, dopo un’amplificazione locale (replicazione del virus), entra nel sistema linfatico e infetta gli organi, in particolare il fegato e la milza, ma non solo.

Gli animali selvatici e domestici sono suscettibili all’infezione da CCHFV e fungono da ospiti del virus per circa 2-15 giorni, ma senza presentare sintomi clinici. Le zecche invece, dopo l’infezione, rimangono infettive per tutta la loro vita.

Incubazione

La durata del periodo di incubazione della febbre emorragica Crimea-Congo dipende dalla modalità di contagio:

  • dopo la puntura di zecca, il periodo di incubazione è solitamente compreso da uno a tre giorni, con un massimo di nove giorni;
  • dopo il contatto con sangue o tessuti infetti è più lungo, da cinque a sei giorni, con un massimo documentato di 13 giorni.

Sintomi

Gli studi mostrano che la maggior parte dei casi di febbre emorragica Crimea-Congo (più dell’80%) è asintomatica o decorre comunque in forma molto lieve (fortunatamente comune anche nei bambini).

La malattia è caratterizzata da un’improvvisa insorgenza di

Altri segni clinici possono comprendere:

Complicazioni

I casi gravi seguono un decorso tipico caratterizzato da quattro fasi distinte:

  1. incubazione,
  2. fase pre-emorragica,
  3. fase emorragica
  4. e, se il paziente sopravvive, convalescenza.

Una minoranza di pazienti sviluppa sintomi neurologici (sbalzi d’umore, confusione e aggressività), che dopo 2-4 giorni lasciano il posto a sonnolenza, depressione e stanchezza.

Il dolore addominale può quindi localizzarsi nel quadrante superiore destro, con epatomegalia rilevabile (ingrossamento del fegato).

Ai sintomi più comuni possono sommarsi manifestazioni emorragiche, con spettro di gravità variabile:

  • petecchie (macchie rosse sulle mucose e sulla pelle), ecchimosi (lividi) nei siti di prelievo venoso e di iniezione,
  • fino a a gravi emorragie interne.

Con il progredire della malattia le ecchimosi diventano più gravi ed estese e si registrano episodi di severa epistassi (sangue dal naso) che durano per circa due settimane.

Il paziente può mostrare

Nei casi più gravi si osserva l’aumento della permeabilità vascolare e la tempesta di citochine (come nei casi gravi di COVID-19).

Il tasso di mortalità nei pazienti ospedalizzati è di circa il 30%. Nei sopravvissuti, il miglioramento si osserva 9-10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi, momento in cui vengono dimessi dall’ospedale (il recupero può essere più lento in una piccola percentuale di pazienti).

Gravidanza

I casi di CCHF nelle donne in gravidanza sono rari, ma il rischio di mortalità materna e fetale è purtroppo elevato.

Diagnosi

Una diagnosi precoce e accurata della febbre emorragica Crimea-Congo può rivelarsi fondamentale nei pazienti con forme medio-gravi, anche in un’ottica di contenimento della diffusione dell’infezione.

La diagnosi di laboratorio nella fase acuta della malattia si ottiene principalmente mediante il rilevamento dell’RNA del virus mediante metodi molecolari, oppure attraverso la ricerca di antigeni (proteine del virus) o per isolamento del virus stesso.

Gli anticorpi IgM e IgG specifici sviluppati dal paziente sono rilevabili dopo il quinto giorno di malattia (la risposta anticorpale è spesso assente o ritardata nei casi gravi o fatali).

Negli esami di laboratorio dei pazienti gravi possono emergere:

Cura

Ad oggi non esiste alcun antivirale specifico per il trattamento della febbre emorragica Crimea-Congo, pertanto la gestione medica si limita al supporto del paziente, in particolare attraverso il  monitoraggio di

  • equilibrio idrico ed elettrolitico (rispettivamente liquidi e sali minerali)
  • organi vitali,
  • capacità di coagulazione.

La ribavirina, un farmaco antivirale ad ampio spettro, può essere somministrata subito dopo l’insorgenza dei sintomi per prevenire infezioni gravi o come profilassi post-esposizione. L’antivirale Favipiravir è stato studiato in vitro e in modelli animali e i risultati sono incoraggianti.

Prevenzione

La prevenzione è ad oggi basata esclusivamente su misure di protezione personale per evitare i morsi di zecca, compreso l’uso di indumenti protettivi e l’uso di repellenti chimici (come permetrina o deltametrina).

Non esiste vaccino autorizzato, anche se sono allo studio alcune formulazioni.

Fonti e bibliografia

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