Virus NIPAH: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

L’infezione da virus Nipah è una malattia infettiva grave trasmessa dai pipistrelli all’uomo (ossia una zoonosi); la trasmissione può essere anche indiretta attraverso altri animali come maiali o animali domestici e saranno questi ultimi poi ad infettare l’uomo.

La Nipah è endemica del sud-est asiatico con il virus che è stato isolato per la prima volta in Malesia nel 1998. Ad oggi si riscontrano nuovi casi ogni anno soprattutto in India ed in Bangladesh.

Ad oggi il virus NIPAH non è presente in Italia, dove i pipistrelli NON rappresentano quindi una minaccia per la salute.

La malattia da NIPAH si presenta inizialmente con sintomi generali di tipo pseudo-influenzale:

A seguire possono essere colpiti il cervello e il polmone, con sviluppo di:

La morte sopraggiunge per gravi crisi respiratorie ed alterazioni neurologiche.

Ad oggi la malattia è letale nel 70% dei casi e non esiste nessun vaccino o farmaco efficace. In caso di sospetta infezione si isola il paziente e si prestano le cure mediche adeguate il prima possibile, con l’obiettivo di sostenere la funzione respiratoria e gli altri parametri vitali.

Cause

La malattia è endemica nel sud-est asiatico e nell’Asia meridionale, dove negli ultimi anni si sono presentati diversi focolai epidemici, soprattutto in India ed in Bangladesh.

Il virus fu isolato per la prima volta nel 1998 in Malesia, quando più di 100 persone morirono per un’encefalite infettiva particolarmente sospetta: la causa venne inseguito individuata in un’infezione da virus a cui fu dato il nome di Nipah.

Dalla sua scoperta ad oggi sono stati registrati più di 200 casi ed anno dopo anno si fa sempre più regolare la comparsa di focolai epidemici; per questo motivo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sta sviluppando dei protocolli di sicurezza adeguati che prevedono tra gli altri quello della creazione di un vaccino efficace.

L’infezione è causata dal virus Nipah, appartenente alla famiglia Paramyxoviridae (stessa famiglia del morbillo), genere Henipavirus.

Si tratta nello specifico di una zoonosi, ovvero un’infezione dovuta ad un agente microbico in grado di passare dall’animale all’uomo, ma che non circola stabilmente nella popolazione umana.

I serbatoi del virus sono i pipistrelli della frutta del genere Pteropus (non presente in Italia) che possono infettare gli uomini attraverso:

  • contatto diretto con la loro saliva,
  • escrementi,
  • cibi contaminati dal virus: essenzialmente la frutta; tipica è la contaminazione della palma, con il suo succo che viene utilizzato come bevanda nel sud-est asiatico).

I pipistrelli inoltre possono trasmettere il virus attraverso ospiti intermedi, soprattutto i maiali, ma anche cani, gatti e cavalli. Saranno questi ultimi poi a trasmettere l’infezione all’uomo.

Come ultima modalità di trasmissione possibile ricordiamo il contatto uomo-uomo, attraverso l’esposizione ai liquidi corporei; fortunatamente tale meccanismo ha un’efficienza piuttosto bassa (il rischio di contagio inter-umano è quindi ridotto).

Sintomi

Il periodo di incubazione dura indicativamente 4-14 giorni (con tale periodo si intende il tempo che trascorre dal contagio effettivo fino alla comparsa dei primi sintomi), ma si sono registrati casi di periodi anche più lunghi (fino a 45 giorni).

In una fase iniziale si sviluppa un quadro clinico di tipo pseudo-influenzale con sintomi generali come:

Col passare dei giorni il quadro clinico si complica con il peggioramento dei sintomi sopra citati e il coinvolgimento di organi nobili come il polmone ed il cervello; in questa fase compaiono

e in alcuni casi si sviluppano gravi complicanze come:

Nei pazienti che riescono a sopravvivere alla malattia si sono registrati esiti irreversibili di convulsioni con crisi epilettiche focali, disturbi neuro-psichiatrici e problemi respiratori con dispnea cronica.

Molto più raramente ci sono stati casi apparentemente asintomatici (cioè senza nessun sintomo) e casi di recidive a distanza di tempo dal primo contagio.

Pericoli

La malattia ha una letalità che varia tra il 40 e il 70% e dipende dalla gravità dei sintomi (soprattutto per il coinvolgimento polmonare ed encefalico), e dalla disponibilità di ricevere precocemente cure intensive adeguate.

Diagnosi

Essendo quest’infezione ancora molto rara, la diagnosi è molto difficile e va sospettata in caso di epidemie di encefalite e polmonite che si presentino nei Paesi a rischio.

L’anamnesi può essere utile nel trovare il riscontro di un contatto diretto con i pipistrelli (morsi o contatto con i loro escrementi). In caso ci siano state forme di trasmissione indiretta (quindi attraverso animali domestici o direttamente da uomo a uomo) la diagnosi è più complessa.

Per quanto riguarda gli esami diagnostici è possibile:

  • isolare il virus da colture cellulari,
  • individuare gli anticorpi specifici nel sangue dei pazienti,
  • isolare il DNA virale mediante tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction).

Ad oggi questi test possono essere eseguiti solo presso laboratori specializzati con un livello di biosicurezza molto elevato.

Provetta di sangue con la scritta "Nipah virus test".

iStock.com/jarun011

Diagnosi differenziale

La malattia da Nipah entra in diagnosi differenziale con altre malattie febbrili caratterizzate da coinvolgimento polmonare e cerebrale. Vanno escluse quindi:

  • polmoniti virali comuni,
  • polmonite da Adenovirus,
  • influenza aviaria,
  • encefalite virale,
  • encefalite giapponese (che tipicamente si trasmette all’uomo dei maiali, esattamente come per il virus Nipah).

Cura

I pazienti in cui si sospetta questa malattia vanno innanzitutto posti in isolamento. Questo è lo strumento preventivo più importante da effettuare quanto prima per evitare che possa scoppiare un’epidemia in vasta scala, ed evitare una possibile pandemia (infezione che si trasmette in diversi continenti).

Ad oggi non esiste nessuna terapia specifica che permetta di curare questa malattia, perciò il trattamento è basato solo sul controllo e attenuazione dei sintomi. La sopravvivenza del paziente dipende dalla capacità di fornire cure intensive per superare la fase di crisi respiratoria. Una complicanza spesso fatale è inoltre l’encefalite.

Fonti e bibliografia

A cura del Dr. Dimonte Ruggiero, medico chirurgo

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