Strongiloidosi: trasmissione, sintomi, pericoli e cura

Ultima modifica

Introduzione

La strongiloidosi è una malattia causata da un nematode (un verme di forma cilindrica), genere Strongyloides; sebbene si contino oltre 40 specie all’interno di questo genere, capaci peraltro di infettare uccelli, rettili, anfibi, bestiame ed altri primati, Strongyloides stercoralis è la specie principale responsabile delle malattie umane (che non disdegna anche altri primati, cani e gatti, oltre ad essere probabilmente capace di fare in alcuni casi il salto di specie).

Le larve sono piccole, non oltre 600 µm circa (circa mezzo millimetro), che li rende molto difficili da vedere ad occhio nudo.

La maggior parte delle infezioni non si manifesta con sintomi evidenti, salvo in soggetti immunocompromessi o fragili in genere; quando presenti i disturbi possono comprendere

Raro lo sviluppo di complicazioni, che tuttavia può evolvere in quadri anche fatali in caso di pazienti fragili.

La terapia è prettamente farmacologica.

Contagio e trasmissione

Strongyloides stercoralis è un nematode (verme parassita) con un ciclo di vita piuttosto complicato, che coinvolge forme parassitarie e a vita libera (ovvero senza necessità di un ospite), ma è anche in grado di causare autoinfezione, ovvero completare un intero ciclo di vita all’interno degli esseri umani, caratteristica che lo rende particolarmente ostico da risolvere.

Il parassita è endemico dei Caraibi, dell’America Latina, dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa subsahariana, ma colpisce principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali; in Italia è presente in particolare in alcune zone della Pianura Padana, ma negli ultimi decenni sono ovviamente aumentati anche i casi di infezione importata.

I casi italiani coinvolgono tuttavia soggetti tipicamente anziani, che hanno contratto l’infezione anche decenni prima in seguito al lavoro nei campi.

Ciclo di vita

Il ciclo di vita di S. stercoralis prevede tre modalità principali, che il parassita può sfruttare per aumentare la possibilità di sopravvivenza e proliferazione:

  • diretta,
  • indiretta
  • ed autoinfezione.

In caso di ciclo diretto la larva rabditiforme presente nelle feci già evacuate nell’ambiente matura in larve filariformi e si sposta nel terreno dove si prepara a penetrare nella pelle; il contatto diretto della pelle intatta con il terreno contaminato consente quindi l’ingresso della larva, che poi migra attraverso i vasi linfatici e le venule per raggiungere la circolazione polmonare ed infine gli alveoli. Le larve vengono quindi espulse nella trachea, da cui sono in grado di raggiungere la gola per essere poi ingerite e raggiungere così il tratto gastrointestinale.

All’interno dell’intestino maturano e le femmine sono in grado di produrre numerose uova, capaci di passare intatte nelle feci ed essere espulse nell’ambiente, dove possono

  • vivere come adulti a vita libera per una generazione (ciclo indiretto)
  • o svilupparsi in larve filariformi e riprendere il ciclo diretto.

Possono infine reinvadere l’ospite penetrando la pelle perianale (è proprio questa reinfezione a caratterizzare il cosiddetto ciclo di autoinfezione, in cui la larva filariforme infettiva completa l’intera maturazione nell’intestino dell’ospite).

Fattori di rischio

I fattori di rischio ambientale nelle regioni endemiche comprendono una continua esposizione al suolo e alla sabbia per esigenze lavorative, la vicinanza ad animali da fattoria, il sovraffollamento e la scarsa igiene in genere (le popolazioni in condizioni socioeconomiche difficili sono quindi più vulnerabili).

I bambini in aree endemiche sono particolarmente colpiti a causa della scarsa attenzione all’igiene personale.

Sintomi

Molti pazienti infetti non manifestano in realtà alcun sintomo da strongiloidosi, sebbene nella fase acuta si possa talvolta osservare un’eruzione cutanea arrossata ed accompagnata da prurito nel sito di penetrazione. Più indicativa in questo senso è la cosiddetta larva currens o migrans, prodotta dal movimento della larva filariforme sotto la pelle con conseguente risposta allergica che si traduce in un rash cutaneo che ricorda per forma un piccolo serpente, arrossato, che si sposta ad una velocità di 2-10 cm/ora. La durata dell’eruzione cutanea può variare da ore a giorni, eventualmente con un andamento di tipo ricorrente nella mucosa perianale a causa del processo di autoinfezione.

Larva migrans

Shutterstock/Strongyloides nelle feci

L’infezione cronica intestinale può manifestarsi a circa due settimane dal contagio (tempo d’incubazione) in forma di sintomi a livello di

  • apparato gastrointestinale
    • gonfiore addominale,
    • bruciore di stomaco e dolore,
    • costipazione o diarrea,
    • inappetenza;
  • respiratorio,
    • tosse secca cronica e/o respiro sibilante (a causa del passaggio polmonare della larva)
  • pelle (come già descritto).

Le larve nelle feci compaiono invece entro 4 settimane circa dal primo contagio.

A livello sistemico possono comparire

che in alcuni pazienti potrebbero anche essere le uniche manifestazioni della malattia.

Complicazioni

Le possibili complicazioni sono numerose:

  • la migrazione della larva attraverso i capillari polmonari può produrre un’emorragia locale, mentre il loro ingresso negli spazi alveolari dove avviene lo scambio ossigeno-anidride carbonica provoca una risposta infiammatoria con conseguente polmonite;
  • decisamente più pericolosa è la cosiddetta sindrome da iperinfezione, caratterizzata da un aumento esplosivo della moltiplicazione delle larve infettive e quindi del carico di vermi all’interno dello sfortunato ospite. Sebbene sia stata occasionalmente segnalata in ospiti immunocompetenti, di solito è tipica di pazienti con sistema immunitario gravemente indebolito, tipicamente in cura con alte dosi di cortisone od immunosoppressori a seguito di trapianto. I sintomi gastrointestinali e respiratori iniziali possono precipitare e trasformarsi in quadri di
  • La strongiloidosi disseminata è invece una condizione in cui si osserva la diffusione del parassita al di fuori dei normali distretti necessari al ciclo vitale, causando potenzialmente infezioni anche del sistema nervoso centrale (meningite ed encefalite)

La sindrome da iperinfezione e la malattia disseminata hanno un tasso di mortalità che raggiunge l’80-90% dei pazienti.

Meno comune lo sviluppo di artrite reattiva.

Diagnosi

Tra gli individui con un’infezione cronica senza sintomi la diagnosi può avvenire in modo casuale, a seguito della scoperta  di eosinofilia, ovvero un aumento degli eosinofili nel sangue (tipico segnale di parassitosi). È possibile inoltre cercare specifici anticorpi (approccio ideale in caso di screening, ad esempio a seguito di riscontro di eosinofili aumentati in modo inspiegabile), ma può essere complicato distinguere tra infezioni in corso e recenti ma superate.

L’esame microscopico delle feci alla ricerca delle larve rimane ancora il gold standard della diagnosi, che tuttavia richiede in genere la ripetizione su 3 campioni raccolti in 3 giorni diversi per garantire un’adeguata sensibilità (una sensibilità prossima al 100% si ottiene tuttavia con 7 campioni).

Strongyloides nelle feci

Strongyloides nelle feci (Shutterstock/Panudda Sothanapaisan)

 

La diagnosi della sindrome da iperinfezione è invece relativamente facile a causa dell’elevato numero di larve osservate tanto nelle feci quanto nei fluidi corporei (escreato, broncolavaggio, urine, liquido pleurico, liquido ascitico, liquor).

Cura

Il farmaco di prima scelta è in genere l’ivermectina (non facilmente reperibile in Italia per uso umano), con successiva e ripetuta verifica delle feci a garanzia di una completa eradicazione; poiché l‘ivermectina non è attiva verso le larve di Strongyloides, ma solo sui vermi adulti, è chiara la necessità di ripetere 2 o più volte il ciclo terapeutico a distanza di 2 settimane (durata del ciclo autoinfettivo).

Spesso è necessario continuare il trattamento anche se i sintomi si risolvono, anche perché l’eradicazione è notoriamente piuttosto difficile (in letteratura sono noti casi di infezioni della durata di decenni anche dopo il trattamento).

Particolare attenzione va posta anche nel lavaggio di vestiti e lenzuola, così come estremamente scrupolosa deve essere l’igiene del bagno.

I pazienti immunocompromessi potrebbero richiedere il ricovero in terapia intensiva  in caso di progressione verso l’infezione disseminata, a causa del rischio di sepsi, shock e sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS).

Fonti e bibliografia

Articoli Correlati
Articoli in evidenza