Cos’è la batteriemia? Da cosa è causata? Come si interviene?

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Cos’è la batteriemia?

Il termine batteriemia indica la presenza di batteri vivi e vitali nel sangue.

La batteriemia asintomatica può verificarsi durante le normali attività quotidiane come l’igiene orale ed a seguito di procedure mediche minori, ma in un soggetto in salute queste infezioni clinicamente benigne sono transitorie e facilmente gestite/risolte dal nostro organismo.

Tuttavia, quando i meccanismi di risposta immunitaria falliscono o vengono sopraffatti, la batteriemia diventa un’infezione del flusso sanguigno che può evolvere verso quadri clinici anche molto gravi, tra cui

  • sepsi (in passato sindrome da risposta infiammatoria sistemica),
  • setticemia
  • shock settico,
  • sindrome da disfunzione multiorgano.

Il termine sepsi talvolta viene usato come sinonimo di setticemia, ma tecnicamente

  • la sepsi è un’importante risposta infiammatoria dell’intero organismo, caratterizzata tra l’altro da un aumento del numero di globuli bianchi,
  • la setticemia è una sepsi è accompagnata dalla presenza di batteriemia (batteri vitali nel sangue).
Batteriemia

Shutterstock/ART-ur

Cause

La determinazione della fonte primaria di infezione (come e dove sia avvenuto l’accesso dei batteri al flusso sanguigno) è una parte fondamentale della gestione di un paziente con batteriemia; tra i soggetti più a rischio figurano senza dubbio i pazienti ospedalizzati, in quanto fragili (oltre che spesso anziani e/o debilitati), ed in particolare

  • affetti da patologie del tratto respiratorio,
  • portatori di cateteri fissi, in particolare i cateteri venosi centrali.

Al di fuori del contesto ospedaliero sono invece le infezioni del tratto urinario non trattate l’origine più comune della batteriemia.

Le infezioni dei tessuti molli e quelle intraaddominali non sono spesso causa di passaggio dei batteri nel sangue, salvo in contesti chirurgici post-operatori.

Escherichia coli e Staphylococcus aureus i microrganismi più spesso coinvolti.

La prima barriera all’invasione batterica è costituita dalla pelle e dalle mucose e qualsiasi evento in grado di danneggiarle può consentire l’accesso di minacce esterne (procedure mediche e chirurgiche, ma anche traumi, ustioni, ulcere, …).

Quello che succede può essere così semplificato:

  1. I batteri iniziano a colonizzare il distretto che potrebbe fungere da accesso.
  2. A questo punto potrebbero essere sconfitti dalle difese immunitarie (o da antibiotici), oppure riuscire a sfuggire alla risposta immunitaria, aumentare di numero e diventare un’infezione locale in grado di eventualmente migrare in altre parti del corpo.
  3. Se i batteri sono vitali ed entrano nel flusso sanguigno circolante, l’infezione può ancora risolversi spontaneamente grazie alle difese immunitarie, oppure evolvere in setticemia.

Sintomi

La batteriemia è classicamente responsabile dello sviluppo di febbre, non necessariamente accompagnata da brividi.

Lo sviluppo di setticemia e shock settico causa tipicamente

Quando l’infezione si diffonde possono essere colpiti anche altri organi, ad esempio in forma di

Diagnosi

La presenza di batteriemia sintomatica è spesso un’emergenza medica, che lascia quindi poco tempo e spazio ad esami di approfondimento; tra gli esami considerati più utili in caso di sospetta batteriemia figurano

  • lattato,
  • emocoltura (ricerca del batterio responsabile nel sangue).

In ambito ospedaliero spesso si procede ad una radiografia del torace e un’analisi delle urine con relativa coltura.

Un paziente chirurgico può beneficiare di una TAC del distretto operato, per evidenziare l’eventuale presenza di ascessi, ed eventualmente colture delle ferite nel caso d’infezioni del sito chirurgico. Allo stesso modo un paziente intubato o che presenti una malattia polmonare richiederà la coltura dell’espettorato. I pazienti con cateteri venosi permanenti, cateteri per emodialisi od altri accessi invasivi richiedono in genere la rimozione del dispositivo e la coltura del materiale presente.

Cura

La batteriemia richiede un tempestivo trattamento antibiotico, un eventuale ritardo aumenta il rischio di complicazioni e peggiora la prognosi.

La scelta del farmaco viene inizialmente guidata dalla caratteristiche e dalla storia clinica del paziente, ma in seguito dovrebbe beneficiare di un eventuale cambio in corsa all’ottenimento dei risultati degli esami di coltura (e relativi antibiogrammi).

Non esiste una durata ottimale del trattamento, che tuttavia per la maggior parte dei pazienti richiede di essere continuato per almeno 7-14 giorni e rigorosamente per endovena (almeno fino a 48 ore dalla completa scomparsa di febbre).

Fonti e bibliografia

  • Bacteremia – David A. Smith; Sara M. Nehring.
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