- Che cos’è il midollo osseo?
- Che cosa sono le cellule staminali ematopoietiche?
- Cos’è il trapianto di midollo osseo e il trapianto di cellule staminali periferiche?
- Perché si usano il trapianto di midollo osseo e quello di cellule staminali periferiche nella terapia contro il tumore?
- Quali tipi di tumore possono essere curati con il trapianto di midollo osseo e di staminali periferiche?
- Come si fa a capire se le cellule staminali del donatore sono compatibili con quelle del ricevente, nel caso di trapianto allogenico o singenico?
- Come si fa a prelevare il midollo osseo per il trapianto?
- A quali rischi va incontro un donatore di midollo?
- Come si fa ad estrarre le cellule staminali periferiche da trapiantare?
- Ci sono rischi per chi dona le cellule staminali periferiche?
- Come si fa a prelevare le cellule staminali dal cordone ombelicale?
- Bisogna prendere precauzioni particolari nel caso di trapianto autologo in un paziente malato di tumore?
- Come vengono impiantate le cellule staminali?
- Che cosa succede dopo il trapianto?
- Quali sono i possibili effetti collaterali del trapianto di midollo e di cellule staminali periferiche?
- Che cos’è il minitrapianto?
- Che cos’è il doppio trapianto?
- Fonte
Che cos’è il midollo osseo?
Il midollo osseo è il materiale morbido e spugnoso che si trova all’interno delle ossa.

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Che cosa sono le cellule staminali ematopoietiche?
Il midollo osseo contiene, tra l’altro, cellule staminali ematopoietiche; si tratta di cellule definite indifferenziate, perché da esse si origineranno le diverse cellule del sangue, tra cui ad esempio:
- globuli rossi, trasportano l’ossigeno grazie all’emoglobina,
- globuli bianchi, combattono le infezioni,
- piastrine, permettono la coagulazione del sangue.
Si noti che le cellule staminali ematopoietiche sono diverse dalle staminali embrionali, perché da queste ultime si possono originare tutte le cellule dell’organismo, non solo quelle del sangue).
La maggior parte delle staminali ematopoietiche si trova nel midollo osseo, ma alcune di esse, chiamate staminali periferiche (PBCS, ovvero peripheral blood stem cells), si trovano anche nel sangue, ad esempio in quello contenuto nel cordone ombelicale.
Per i trapianti è possibile usare cellule staminali provenienti da una qualsiasi delle parti del corpo sopra citate.
Cos’è il trapianto di midollo osseo e il trapianto di cellule staminali periferiche?
Il trapianto di midollo osseo e di cellule staminali periferiche sono interventi che ricostituiscono la riserva di cellule staminali distrutta da dosi massicce di chemioterapia e/o dalle radiazioni della radioterapia.
Esistono tre tipi di trapianti:
- Trapianto autologo, in cui il paziente riceve le proprie cellule staminali.
- Trapianto singenico, in cui il paziente riceve le cellule staminali dal proprio gemello monozigote.
- Trapianto allogenico, in cui il paziente riceve le cellule staminali da un fratello, una sorella o un genitore. È anche possibile ricevere le cellule da un donatore non imparentato.
Perché si usano il trapianto di midollo osseo e quello di cellule staminali periferiche nella terapia contro il tumore?
Attraverso il trapianto di midollo osseo e di cellule staminali periferiche i pazienti possono ricevere dosi più alte di chemioterapia e/o di radioterapia, ma per capire meglio i motivi che inducono al trapianto è utile comprendere il funzionamento di queste procedure.
Il razionale alla base di chemioterapia e radioterapia è che si tratta di terapie che colpiscono le cellule che si dividono più rapidamente, proprio come quelle tumorali; tuttavia, poiché anche le cellule del midollo osseo si dividono con una rapidità superiore alla media, le terapie con dosi massicce possono danneggiare gravemente o addirittura distruggere il midollo osseo del paziente.
Se il midollo osseo non funziona più come dovrebbe, il paziente non è più in grado di produrre le cellule ematiche necessarie per trasportare ossigeno, combattere le infezioni e prevenire le emorragie.
Il trapianto di midollo osseo e quello di cellule staminali ematopoietiche ricostruiscono la riserva di cellule staminali distrutte dalla terapia: le cellule sane trapiantate permettono infatti al midollo osseo di ritornare a produrre tutte le cellule ematiche necessarie al paziente.
In alcuni tipi di leucemia, l’effetto di rigetto antitumorale che si verifica dopo i trapianti allogenici è fondamentale per la riuscita della terapia. Si ha rigetto se i globuli bianchi del donatore identificano come estranee le cellule tumorali rimaste nell’organismo del paziente dopo la chemioterapia e/o la radioterapia e le attaccano. (Una potenziale complicazione dei trapianti allogenetici, detta reazione del trapianto contro l’ospite, è discussa in seguito).
Quali tipi di tumore possono essere curati con il trapianto di midollo osseo e di staminali periferiche?
Il trapianto di midollo osseo e quello di staminali periferiche sono usati principalmente nella terapia della leucemia e dei linfomi. Sono efficaci soprattutto in fase di remissione, cioè se le manifestazioni e i sintomi del tumore sono scomparsi.
Questi due tipi di trapianti sono anche usati per curare altri tumori, ad esempio
- neuroblastoma (tumore che si sviluppa nelle cellule nervose non mature e colpisce soprattutto i neonati e i bambini),
- mieloma multiplo.
I ricercatori stanno tuttora valutando l’efficacia dei trapianti di midollo osseo e di staminali periferiche e sono in corso esperimenti clinici (ricerche) riguardanti la terapia di diversi tipi di tumore.
Come si fa a capire se le cellule staminali del donatore sono compatibili con quelle del ricevente, nel caso di trapianto allogenico o singenico?
Per minimizzare i potenziali effetti collaterali del trapianto i medici nella maggior parte dei casi usano cellule staminali il più possibile compatibili con quelle del paziente.
Gli esseri umani possiedono diverse classi di proteine, dette antigeni dei leucociti umani (HLA), sulla superficie delle cellule. La classe di queste proteine (il tipo HLA) è identificata mediante un esame del sangue specifico.
Nella maggior parte dei casi il successo del trapianto allogenico dipende, almeno in parte, dal successo dell’abbinamento tra gli antigeni HLA delle cellule staminali del donatore e quelli delle staminali del paziente. Maggiore è il numero di antigeni HLA compatibili, più è probabile che l’organismo del paziente accetti le staminali del donatore. In generale, i pazienti corrono meno rischi di presentare una complicazione nota come reazione del trapianto contro l’ospite se le staminali del donatore e del paziente sono molto simili.
Tra parenti stretti, soprattutto tra fratelli, c’è una maggior probabilità di compatibilità degli antigeni HLA, che non tra persone non imparentate. Tuttavia solo una percentuale variabile tra il 25% e il 35% dei pazienti ha un fratello o una sorella con antigeni HLA compatibili.
La probabilità di trovare staminali compatibili da un donatore non imparentato è leggermente maggiore, e si aggira intorno al 50%.
Tra le persone non imparentale la probabilità della compatibilità degli antigeni è molto maggiore se sia il donatore sia il ricevente hanno la stessa origine etnica e razziale. Il numero di donatori in generale sta aumentando, tuttavia per certi gruppi etnici o razziali le probabilità di trovare un donatore sono ancora inferiori alla media. I registri dei donatori possono essere utili per trovare un donatore non imparentato.
I gemelli monozigoti hanno lo stesso patrimonio genetico, quindi condividono gli stessi antigeni HLA: ne consegue che l’organismo del paziente accetterà il trapianto da un gemello monozigote. Tuttavia i gemelli monozigoti sono estremamente rari, quindi i trapianti singenici sono soltanto una piccola percentuale di tutti i trapianti.
Come si fa a prelevare il midollo osseo per il trapianto?
Le cellule staminali usate nel trapianto di midollo osseo vengono prelevate dalla parte centrale e liquida dell’osso, cioè dal midollo. In generale l’intervento che serve per ottenere il midollo, detto “raccolta”, è simile per tutti i tipi di trapianto (autologo, singenico e allogenico).
Al donatore viene praticata un’anestesia generale o locale (che causa la perdita di sensibilità dalla vita in giù); per prelevare il midollo si una quindi una specie di siringa, l’ago penetra le ossa del bacino e preleva il midollo dall’interno dell’osso.
La raccolta del midollo dura circa un’ora.
Il materiale raccolto viene poi trattato per rimuovere il sangue e i frammenti di osso: per mantenere in vita le cellule staminali fino al momento opportuno si usa una sostanza conservante e si ricorre al congelamento (crioconservazione). Le cellule staminali possono essere crio-conservate (congelate) anche per molti anni.
A quali rischi va incontro un donatore di midollo?
La quantità di midollo prelevata è minima, quindi la donazione di solito non crea problemi significativi al donatore. Il rischio più grave connesso alla donazione di midollo osseo è quello legato all’anestesia durante l’intervento, quasi trascurabile in termini assoluti.
La zona da cui viene prelevato il midollo può rimanere indolenzita o far male per alcuni giorni e il donatore può sentirsi stanco.
Entro alcune settimane l’organismo del donatore ricostituirà l’intera riserva di midollo, ma il tempo di ripresa può variare. Alcune persone ritornano alle occupazioni normali già dopo due o tre giorni, mentre per altri possono essere necessarie fino a tre, quattro settimane per riprendere completamente le forze.
Come si fa ad estrarre le cellule staminali periferiche da trapiantare?
Le cellule staminali periferiche usate per il trapianto derivano dal sangue, da cui vengono estratte attraverso una tecnica detta aferesi o leucoaferesi.
Nei quattro o cinque giorni precedenti il prelievo il donatore riceve un farmaco che induce un aumento del numero di staminali rilasciate nel sangue. Durante l’aferesi il sangue viene prelevato da una vena del braccio oppure usando un catetere venoso centrale (un tubicino flessibile collocato una vena del collo, del torace o dell’inguine). Il sangue passa in un’apparecchiatura che rimuove le cellule staminali per poi essere restituito al donatore. Le cellule staminali raccolte vengono conservate. L’aferesi, di solito, dura dalle quattro alle sei ore. Le cellule staminali saranno congelate fino al momento del trapianto.
Ci sono rischi per chi dona le cellule staminali periferiche?
L’aferesi di solito provoca soltanto un leggero disagio e durante il prelievo il donatore può avvertire
Diversamente dalla donazione del midollo osseo, quella di cellule staminali periferiche non richiede anestesia.
Il farmaco somministrato per stimolare la mobilizzazione (rilascio) delle cellule staminali dal midollo nel sangue può causare
- dolori articolari e muscolari,
- mal di testa,
- affaticamento,
- nausea, vomito,
- e/o insonnia.
Questi effetti collaterali di solito scompaiono entro due o tre giorni dall’ultima dose del farmaco.
Come si fa a prelevare le cellule staminali dal cordone ombelicale?
Le cellule staminali possono anche essere prelevate dal sangue del cordone ombelicale: per il prelievo la madre deve contattare una banca del sangue del cordone ombelicale prima del parto. La banca può richiedere la compilazione di un questionario e il prelievo di un piccolo campione di sangue.
Le banche del sangue del cordone ombelicale possono essere pubbliche oppure con fini commerciali. Quelle pubbliche accettano le donazioni di sangue e possono fornire le cellule staminali a un altro membro compatibile selezionato tra quelli che hanno contattato la banca. Viceversa le banche commerciali conservano il sangue del cordone ombelicale in nome e per conto della famiglia, se c’è necessità di utilizzarlo in un secondo momento per il bambino o per un altro membro della famiglia.
Dopo il parto e dopo il taglio del cordone ombelicale viene prelevato il sangue dal cordone ombelicale e dalla placenta. Questa tecnica minimizza i rischi per la madre e per il bambino. Con il consenso della madre il sangue del cordone ombelicale viene trattato e congelato e viene conservato presso la banca.
Solo una minima percentuale del sangue presente nel cordone ombelicale e nella placenta può essere prelevata, quindi le cellule staminali espiantate in questo modo di solito sono usate per i bambini o per gli adolescenti.
Bisogna prendere precauzioni particolari nel caso di trapianto autologo in un paziente malato di tumore?
Le cellule staminali usate per il trapianto autologo dovrebbero essere relativamente prive di cellule tumorali. A volte, però, le cellule raccolte devono essere trattate prima del trapianto, con una tecnica nota come “purificazione”, per eliminare le cellule tumorali.
Questa tecnica è in grado di rimuovere alcune delle cellule tumorali da quelle raccolte e minimizzare il rischio che il tumore si ripresenti. La purificazione può tuttavia danneggiare anche alcune delle staminali sane, quindi è necessario espiantare una maggior quantità di cellule, per far sì che ne rimangano abbastanza anche al momento del trapianto.
Come vengono impiantate le cellule staminali?
Al paziente cui viene somministrata una dose massiccia di chemioterapici e/o radiazioni, le cellule staminali vengono somministrate tramite flebo, come se si trattasse di una normale trasfusione di sangue.
Per questa fase del trapianto sono necessarie da una a cinque ore.
Che cosa succede dopo il trapianto?
Dopo essere entrate in circolo le cellule staminali raggiungono il midollo osseo, dove iniziano a produrre nuovi globuli bianchi, globuli rossi e piastrine in un processo noto come “innesto”.
L’innesto di solito si verifica entro due, quattro settimane dal trapianto. I medici monitorano il paziente, tenendo sotto controllo l’emocromo con regolarità. La ripresa completa della funzionalità immunitaria, però, richiede molto più tempo: fino a diversi mesi per chi si è sottoposto a trapianto autologo e fino a uno, due anni per chi si è sottoposto a trapianto allogenico o singenico. I medici valutano i risultati delle varie analisi del sangue per confermare che siano state prodotte nuove cellule e che il tumore non sia ricomparso.
Anche l’aspirazione del midollo (rimozione mediante siringa di un piccolo campione di midollo che sarà esaminato al microscopio) può aiutare i medici a capire se il nuovo midollo sta funzionando come dovrebbe.
Quali sono i possibili effetti collaterali del trapianto di midollo e di cellule staminali periferiche?
Il rischio principale connesso a entrambe le terapie è l’aumento delle infezioni e delle emorragie, legato alla dose massiccia di farmaci chemioterapici. I medici possono somministrare antibiotici per prevenire o curare l’infezione, oppure possono usare le trasfusioni di piastrine per prevenire le emorragie e di globuli rossi per curare l’anemia.
I pazienti che si sottopongono al trapianto di midollo osseo e a quello di cellule staminali periferiche possono inoltre soffrire di effetti collaterali a breve termine, ad esempio:
- nausea,
- vomito,
- affaticamento,
- perdita dell’appetito,
- ulcere alla bocca,
- caduta dei capelli,
- reazioni cutanee.
Tra i potenziali rischi sul lungo periodo troviamo le complicazioni della chemioterapia e della radioterapia pre-trapianto, ad esempio:
- sterilità (impossibilità di concepire un figlio),
- cataratta (offuscamento del cristallino dell’occhio, che provoca problemi alla vista o cecità),
- tumori secondari (nuovi),
- danni al fegato, ai reni, ai polmoni e/o al cuore.
A seguito dei trapianti allogenici, in alcuni casi si può avere la reazione di rigetto del trapianto verso l’ospite (GVHD), in cui i globuli bianchi impiantati identificano alcune cellule dell’organismo del paziente come estranee e le attaccano.
Gli organi che subiscono danni con maggior frequenza sono:
- pelle,
- fegato,
- intestino.
Questa complicazione può apparire entro alcune settimane dal trapianto (GVHD acuta) oppure molto più tardi (GVHD cronica).
Per prevenirla, al paziente possono essere somministrati farmaci che sopprimono il sistema immunitario, inoltre le cellule staminali donate possono essere trattate in modo da rimuovere i globuli bianchi che causano il disturbo, con una tecnica nota come deplezione delle cellule T.
Il rigetto può essere molto grave e viene curato con steroidi o altri agenti immunosoppressori; può essere molto difficile da curare, tuttavia alcune ricerche suggeriscono che i pazienti affetti da leucemia che ne soffrono corrono minori rischi di recidive del tumore. Per trovare modi per prevenire e curare questo effetto collaterale sono in corso esperimenti clinici.
Il rischio e la gravità delle complicazioni dipendono dalla terapia ed è sempre e comunque opportuno parlarne con il proprio medico.
Che cos’è il minitrapianto?
Il minitrapianto (anche detto trapianto non mieloablativo o trapianto a intensità ridotta) è un tipo di trapianto allogenico: questa tecnica è stata studiata negli esperimenti clinici come cura per diversi tipi di tumore tra cui
- leucemia,
- linfoma,
- mieloma multiplo
- e altri tumori del sangue.
Il minitrapianto usa dosi inferiori e meno tossiche di chemioterapia e/o radioterapia per preparare il paziente al trapianto allogenico. L’uso di dosi inferiori di farmaci antitumorali e di radiazioni distrugge, in parte, il midollo osseo del paziente, ma diminuisce anche il numero di cellule tumorali e sopprime il sistema immunitario del paziente, in modo da prevenire il rigetto.
Diversamente dai trapianti tradizionali, dopo il minitrapianto le cellule del donatore e quelle del paziente possono coesistere per qualche tempo nell’organismo del paziente. Una volta iniziato l’innesto, le cellule del donatore possono causare il rigetto del trapianto contro il tumore (GVT) e distruggere le cellule tumorali non eliminate in precedenza dai farmaci antitumorali e/o dalle radiazioni. Per favorire il rigetto del trapianto contro il tumore al paziente possono essere iniettati i globuli bianchi del donatore: questa tecnica è nota come “infusione dei linfociti del donatore”.
Che cos’è il doppio trapianto?
Il doppio trapianto (tandem) è un tipo di trapianto autologo, studiato mediante esperimenti clinici come terapia per diversi tipi di tumore, tra cui il mieloma multiplo e il tumore delle cellule germinali.
Durante il trapianto tandem il paziente riceve una dose massiccia di chemioterapia e un primo trapianto seguiti, dopo alcune settimane o mesi, da una seconda chemioterapia e da un secondo trapianto. I ricercatori sperano che questo metodo sia in grado di prevenire le recidive del tumore.
Fonte
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.
Salve vorrei sapere mio marito a avuto un autotrapianto delle cellule staminali ma può avere figli?
L’autotrapianto in sé non dovrebbe aver influenzato la fertilità.
buongiorno Dottore,
a mio padre (residente in spagna) è stato diagnosticato un mieloma, i parenti più stretti che ha siamo io e mio fratello compatibili entrambi al 50%, nell’elenco donatori non esiste una percentuale più alta di questa.
Lui sta facendo cicli di chemio, e prima del trapianto verrà ricoverato in isolamento per procedere con una dose massiccia di chemioterapici per azzerare il suo.
Donerà mio fratello perché c’é la preferenza sul sesso in questi casi.
Lei saprebbe indicarmi, indicativamente quali sono le percentuali di rigetto?
Siamo molto preoccupati.
grazie
Salve, non è possibile né tantomeno utile fare certe previsioni, ci sono comunque buone possibilità di riuscita, ma ogni caso è a sè…in bocca al lupo!
Buon giorno dottore….. volevo sapere dopo il trapiantato delle cellule staminali se ricorrere un alto rischio x la mia vita se si dovesse presentare un rigetto. Ecco volevo sapere entro quanto tempo può succedere dopo il trapiantato grazie
Salve, sono quantificazioni difficili da stabilire, dipende da una serie di fattori relativi al quadro clinico generale, per cui è una domanda da porre a chi la segue per il trapianto stesso; le auguro il meglio, in bocca al lupo!
Ma è vero che con le staminali si curano i dolori cronici alle ginocchia? Ho letto su Internet di diverse cliniche USA che trattano con successo in questo modo.
Purtroppo no, non è vero:
https://www.healthnewsreview.org/2017/07/stem-cell-ads-promise-much-deliver-little/
e la stessa FDA (una sorta di Ministero della Salute americano) si sta muovendo per porre un freno a questo fenomeno che di scientifico al momento non ha nulla:
https://www.fda.gov/NewsEvents/Newsroom/PressAnnouncements/ucm573443.htm
Dopo quanto tempo si vedono i risultati di un trapianto di midollo? Grazie.
Dopo 15 giorni le cellule dovrebbero iniziare a lavorare, ma per trarne beneficio serve pazientare almeno 3 mesi (http://www.ospedalebambinogesu.it/le-8-cose-da-sapere-sul-trapianto-di-midollo-osseo#.Wk4QxfZG290).
Dopo quanto tempo si iniziano a vedere i primi benefici del trapianto?
Dopo circa 15 giorni si verifica se le cellule staminali hanno iniziato a lavorare monitorando la produzione di globuli bianchi, rossi e piastrine. Per capire se le nuove cellule riescono a collaborare con il donatore servono circa 100 giorni. (http://www.ospedalebambinogesu.it/le-8-cose-da-sapere-sul-trapianto-di-midollo-osseo#.WzxtPXYza90)