Coma farmacologico, i dubbi più comuni

Ultima modifica

Introduzione

Il coma farmacologico, anche detto “coma indotto” o “coma artificiale”, è uno stato di coma provocato volontariamente grazie all’utilizzo di appositi farmaci. Tale pratica, considerata l’accezione negativa di cui gode il termine “coma” nella popolazione generale, potrebbe sembrare quantomeno contro-intuitiva, tuttavia presenta una comprovata utilità clinica ed un razionale scientifico basato sulla riduzione del metabolismo e quindi del consumo di ossigeno da parte dei tessuti in un’ottica di salvaguardia degli organi nobili durante i momenti di massimo stress per l’organismo.

L’ambito di utilizzo principale del coma farmacologico è infatti quello della terapia intensiva, la branca della medicina che si occupa della stabilizzazione del paziente prima ancora che della sua guarigione. In tale contesto risulta specialmente importante la protezione dell’encefalo, organo nobile e delicato che risente in maniera drastica degli stati di stress patologico.

La stessa procedura è condivisa con il mondo della chirurgia, dove però lo stato di incoscienza (anestesia generale) è indotto per un periodo mediamente inferiore, in modo da coprire soltanto il tempo necessario a completare l’operazione.

L’induzione del coma farmacologico è una condizione reversibile, che termina quando viene sospesa la somministrazione dei farmaci al paziente; i più utilizzati in questo senso sono:

  • Propofol
  • Barbiturici
  • Oppiacei
  • Benzodiazepine
Paziente allettato

iStock.com/gorodenkoff

Indicazioni

Il coma farmacologico è una condizione protettiva che si sceglie di adottare nel corso di situazioni patologiche talmente gravi da mettere a repentaglio la salute del cervello.

Tra le principali vi sono:

Effetti

Il cervello è un organo che richiede grandi quantità di ossigeno e di glucosio per il proprio sostentamento; questo lo rende particolarmente esposto a rischi di danno d’organo nel caso in cui questi metaboliti fondamentali vengano a mancare. Nello specifico, più della metà dell’ossigeno e del glucosio che giungono all’encefalo sono utilizzati per il mantenimento dell’attività elettrica, mentre la rimanente parte viene consumata per altri processi.

È stato dimostrato che la somministrazione di alcune specifiche classi di farmaci (quelli che appunto inducono lo stato di coma) determinano una riduzione dell’attività elettrica riscontrabile all’elettroencefalogramma (EEG). Tale condizione consente una riduzione dell’attività metabolica dei neuroni durante il periodo di stress, che ne prolunga la longevità e allo stesso tempo ridireziona una quota di risorse importanti al resto dell’organismo (potenziando ed accorciando il tempo di recupero).

Gestione del paziente

Con l’eccezione del paziente sottoposto ad operazione chirurgica, il coma farmacologico è pertinenza dell’Unità di Terapia Intensiva o Semi Intensiva. Il paziente in coma, infatti, non è in grado di respirare autonomamente e dipende per la respirazione dall’intervento dell’Anestesista tramite:

  • intubazione endotracheale — inserzione di un tubo che dalla bocca si porta fino alla trachea;
  • tracheostomia — piccola incisione chirurgica che consente un accesso diretto alle vie aeree dall’esterno, senza passare per la bocca.

Oltre alla gestione delle vie aeree superiori nel paziente comatoso è poi importante anche compensare alla sospensione delle meccaniche di ventilazione polmonare: sia il tubo endotracheale che la tracheostomia terminano infatti in un ventilatore che si sostituisce ai muscoli respiratori.

Per quel che riguarda l’alimentazione, visto che il paziente ovviamente non può nutrirsi in autonomia, può avvenire tramite:

  • sondino naso-gastrico — un tubicino che dalle narici si porta fino allo stomaco;
  • via parenterale — infusione endovenosa dei nutrienti.

Nei reparti di Terapia Intensiva vengono poi monitorati in maniera continua (24/7) i parametri vitali fondamentali:

Quanto dura?

La durata del coma farmacologico dipende strettamente dal tipo di stress cui il paziente è sottoposto, l’intervallo è quindi forzatamente molto ampio (da poche ore a mesi), ma tipicamente compreso tra pochi giorni e due settimane.

Ciò premesso va sottolineato che l’obiettivo dello Specialista anestesista o neurologo è sempre quello di terminare il coma indotto il più presto possibile, compatibilmente con il progresso nel recupero del paziente e con la natura del trauma.

Cosa sente il paziente?

 

Alcuni pazienti riferiscono al risveglio il ricordo di incubi e allucinazioni, ma si tratta fortunatamente di eccezioni, perché la norma è una completa assenza di consapevolezza.

Sicurezza e rischi associati

Le difficili condizioni in cui solitamente versano questi pazienti rendono particolarmente delicata la loro gestione; l’induzione del coma farmacologico, quindi, non è esente da rischi e possibili effetti collaterali tra i quali:

Ciononostante, va sottolineato che farmaci come il propofol (utilizzato ogni giorno in tutto il mondo per l’anestesia generale oltre che per l’induzione del coma) presentano di per sé un ottimo profilo di sicurezza; è importante quindi tenere presente che i rischi associati al coma farmacologico sono potenzialmente legati allo stato di salute già compromesso di chi deve sottoporsi alla procedura.

I pazienti che vengono messi in coma farmacologico sono solitamente molto fragili e delicati, per cui è difficile discernere tra gli esiti dovuti al coma farmacologico e quelli dovuti alla condizione per cui il paziente è stato posto in coma.

Per tale ragione la scelta di indurre il coma è limitata a pazienti selezionati, ed è comunque evitata quando possibile. In qualsiasi caso, qualora il paziente presenti nuove problematiche al momento del risveglio potrebbe essere indicato indirizzarlo ad un percorso di riabilitazione terapeutica, che può riguardare ad esempio la sfera

  • motoria (rieducazione ai movimenti)
  • psicologica (supporto emotivo)
  • occupazionale (reinserimento nel proprio settore lavorativo).

Risveglio: come avviene? Quanto dura?

La fase del risveglio è molto graduale, ed avviene con la progressiva sospensione del farmaco somministrato al paziente per tenerlo in coma. Possiamo immaginare tale processo come una serie di step successivi.

  1. In prima istanza la sospensione avviene per pochi minuti al giorno, in modo da poter controllare la risposta del paziente al risveglio ed il suo stato di guarigione complessivo.
  2. Nei giorni successivi l’ampiezza della finestra di risveglio del coma viene progressivamente aumentata, fino alla completa sospensione dei farmaci ed al risveglio (auspicabilmente) completo.

Che differenza c’è tra coma naturale e coma farmacologico?

A differenza del coma naturale, quello farmacologico ha una durata stabilita arbitrariamente dal personale medico. Il primo è quindi un meccanismo naturale di risposta ad un danno, mentre il secondo è artificiale e dipende da una decisione esterna.

 

Fonti e bibliografia

Articoli Correlati
Articoli in evidenza