Tromboflebite: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

La flebite è l’infiammazione di una vena, quando la causa è un coagulo di sangue si parla più propriamente di tromboflebite, che ne rappresenta quindi una specifica forma.

Colpisce prevalentemente le vene delle gambe, perché la parte inferiore del corpo è quella dove il flusso venoso è più lento dovendo contrastare e superare la forza di gravità per raggiungere il cuore; può comunque interessare anche quelle delle braccia (soprattutto a causa del crescente uso che si fa di accessi venosi centrali o periferici) o del collo.

Delle due condizioni la TVP è quella più grave, in quanto il coagulo può frammentarsi, magari in seguito alla contrazione dei muscoli tra i quali passano le vene, andando ad innescare un episodio di embolia polmonare, conseguenza invece assai rara nelle tromboflebiti superficiali.

Cause

La tromboflebite è riconducibile a tre gruppi di alterazioni responsabili della genesi del coagulo, conosciute come Triade di Virchow:

  • Danno endoteliale: traumi, infezioni ed infiammazioni del vaso
  • Alterazioni del flusso sanguigno: stasi o turbolenze
  • Ipercoagulabilità del sangue

Nella tromboflebite superficiale vi è un processo infiammatorio acuto che consente al trombo di aderire tenacemente alla parete della vena andando a ridurre notevolmente la possibilità di rottura; al contrario nella tromboflebite profonda il processo infiammatorio è più lieve ed inoltre le vene sono circondate da muscoli che, contraendosi, possono comprimere e frantumare il coagulo di sangue causando così embolia, cosa che accade molto raramente nelle forme superficiali non essendo tali vene a contatto con i muscoli.

Fattori di rischio

  • Periodi di immobilità prolungati, come ad esempio un lungo viaggio aereo (sindrome da economy class)
  • Lunghi ricoveri ospedalieri: soprattutto in ambito ortopedico o per interventi chirurgici maggiori
  • Insufficienza venosa cronica (70% dei casi)
  • Neoplasie
  • Trombofilia
  • Gravidanza
  • Farmaci estroprogestinici (pillola anticoncezionale)
  • Obesità
  • Pregresso tromboembolismo venoso
  • Scleroterapia
  • Utilizzo di cateteri intravenosi (soprattuto per quanto riguarda gli arti superiori)
  • Malattie sistemiche autoimmuni (Behcet, Lupus, connettiviti)
  • Morbo di Buerger (flebiti migranti)
  • Traumi
  • Età avanzata
  • Fumo
  • Abuso di droghe.

Sintomi

Tromboflebite su una gamba

iStock.com/Suze777

La zona in cui si è sviluppato il processo tromboflebitico appare:

  • Gonfia
  • Estremamente dolente
  • Calda
  • Eritematosa (arrossata)
  • Dolente.

Alcuni pazienti sviluppano febbre e, nelle tromboflebiti superficiali, si apprezza un cordone palpabile, indicativo della presenza del coagulo dentro la vena.

L’entità delle manifestazioni cliniche non correlano direttamente con la gravità del quadro, si stima che circa un episodio su due di trombosi venosa profonda, la forma più pericolosa, decorra in modo completamente asintomatico.

Complicazioni e pericoli

Le tromboflebiti superficiali non hanno rilevanti complicanze e in genere sono autolimitanti.

Le tromboflebiti profonde, al contrario, sono molto insidiose perché più a rischio di sviluppare:

  • embolia polmonare: un frammento del coagulo si stacca e raggiunge, attraverso il circolo sanguigno, il cuore destro, andando a prendere la via del circolo polmonare. Continuerà nel flusso fin all’imbocco di un vaso di calibro inferiore al proprio, che quindi inevitabilmente andrà ad ostruire. L’embolia polmonare è una situazione potenzialmente fatale.
  • Ictus o infarto miocardico acuto: se il trombo riesce a prendere la via delle arterie cerebrali o delle coronarie. Queste condizioni sono più rare rispetto al rischio di embolia polmonare in quanto si sviluppano solo quando esista un difetto congenito del cuore (come può essere il forame ovale pervio).

Una rara forma di tromboflebite superficiale, la trombosi venosa superficiale migrante, si sviluppa, si risolve e recidiva di nuovo in altre vene ed è un importante segno di carcinoma del pancreas o altri adenocarcinomi che cadono sotto il nome di Sindrome di Trousseau.

Diagnosi

La diagnosi di trombosi venosa superficiale è clinica e confermata dall’ecocolordoppler, un esame strumentale utile a

  • confermare la diagnosi (fa diagnosi differenziale con cellulite, erisipela, linfangite, in cui gli quali gli assi venosi sono pervi e comprimibili);
  • stabilire l’estensione della trombosi;
  • escludere una concomitante trombosi venosa profonda.

Molto importante è il segno della mancata comprimibilità: la vena occupata dal trombo non risulta comprimibile per la presenza stessa del trombo. Importante è andare a valutare l’interessamento delle giunzioni safeno-femorale e safeno-poplitea nella gamba, che sono le principali porte d’ingresso al sistema venoso profondo.

Per confermare la diagnosi in certi casi possono essere necessari altri esami strumentali come la venografia, TAC ed RMN della zona coinvolta.

Può risultare utile il dosaggio del D-dimero nel sangue; si tratta di un prodotto di degradazione del fibrinogeno e livelli elevati indicano la recente presenza e lisi di trombi. È un esame dotato di un elevatissimo potere predittivo negativo, in quanto molto sensibile ma poco specifico:

  • se i valori sono normali la probabilità di TVP è bassa e la si può ragionevolmente escludere,
  • se i livelli sono aumentati occorre invece approfondire (il D-dimero può aumentare anche a causa di altri fattori indipendenti dallo sviluppo di un coagulo).

 

Cura

Il trattamento si pone come obbiettivi:

  • risolvere la sintomatologia locale
  • prevenire che la trombosi si estenda
  • prevenire recidive
  • prevenire il tromboembolismo venoso.

La terapia è differente a seconda sia interessata una vena superficiale o profonda.

Tromboflebite superficiale:

La trombosi venosa superficiale è in genere autolimitante, ovvero regredisce da sé.

Si procede, per alleviare il dolore e ridurre l’infiammazione, con:

  • bendaggio elastocompressivo
  • farmaci antidolorifici (ad esempio con FANS come l’aspirina, di cui si sfrutta anche l’effetto antiaggregante)
  • antiinfiammatori topici (creme, geli, unguenti, …).

Può essere utile effettuare 20-30 giorni di terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare, in grado di ridurre l’estensione della trombosi e la recidiva trombotica di oltre il 70%.

L’evento è di per sé acuto, compare improvvisamente, ma può richiedere fino a svariate settimane affinché il gonfiore e il dolore scompaiano del tutto.

Tromboflebite profonda

In questa condizione il primo obiettivo che ci si pone è quello di prevenire l’embolia polmonare, intraprendendo un trattamento anticoagulante; in genere si comincia con 5-7 giorni di eparina iniettabile, per poi passare ad un anticoagulante orale:

  • warfarin che si inizia entro un paio di giorni dall’inizio della terapia con eparina, poiché richiede circa 5 giorni per ottenere un effetto terapeutico completo;
  • NAO (nuovi anticoagulanti orali) si iniziano alla fine della terapia con eparina in quanto il loro effetto si sviluppa fin dalle 2-3 ore conseguenti alla prima assunzione.

Si tenga presente come una terapia anticoagulante inadeguata nelle prime 24-48 h aumenti di molto la possibilità di sviluppare embolia polmonare.

In certi pazienti selezionati occorre ricorrere all’uso di:

  • Farmaci fibrinolitici o trombolitici, in grado di distruggere il coagulo, ma associati ad un rischio emorragico molto più alto degli anticoagulanti
  • Approcci chirurgici: trombectomia o fasciotomia.

Prevenzione

  1. Evitare tutte le situazioni che comportino immobilità prolungata, praticare esercizio fisico e mantenersi attivi. Durante i lunghi viaggi aerei o in treno, ma anche in macchina, è opportuno alzarsi di tanto in tanto o se ciò non sia possibile comunque provare a muovere spesso le gambe e fare esercizi sul posto.
  2. Bere molta acqua.
  3. Evitare capi di abbigliamento molto attillati e che stringono la vita.
  4. Evitare di assumere la pillola anticoncezionale nelle pazienti con evidenti fattori di rischio.
  5. Smettere di fumare: il fumo causa un indurimento delle arterie e ostacola la corretta circolazione sanguigna.
  6. Ridurre il consumo di cibi contenenti grassi animali (carne rossa, burro, lardo).
  7. Dimagrire e mantenere il peso forma.
  8. Monitorare regolarmente la pressione del sangue.
  9. Valutare l’uso di calze elastiche contenitive nei pazienti a rischio.

Per prevenire la complicanza più temuta, l’embolia polmonare, in certi casi si possono adoperare dei “filtri cavali”; se anche un coagulo si frammentasse non riuscirebbe a raggiungere il cuore e poi il circolo polmonare dando l’embolia in quanto verrebbe fermato da questo filtro prima ancora di raggiungere il cuore. È un trattamento molto efficace in quei pazienti con TVP degli arti inferiori con controindicazioni al trattamento anticoagulante o che nonostante il trattamento anticoagulante continuino a sviluppare ulteriori recidive.

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