Reflusso laringofaringeo: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

Il reflusso laringofaringeo è una condizione determinata dalla risalita del contenuto dello stomaco fino alla gola (laringe-faringe) e tecnicamente andrebbe distinto dal più noto reflusso gastroesofageo in cui il fenomeno è limitato all’esofago (il canale che unisce gola e stomaco, permettendo il transito del cibo dopo la deglutizione).

Il sintomo più comune lamentato dai pazienti che ne soffrono è la raucedine, prodotta in conseguenza dell’irritazione del materiale acido sulle corde vocali.

Tra le altre manifestazioni lamentate dai pazienti è possibile comprendere:

La prognosi è generalmente buona, trattandosi di una patologia che risponde bene alle modifiche dello stile di vita; quando queste non fossero sufficienti è possibile ricorrere alla terapia farmacologica e, molto raramente, alla chirurgia.

È sorprendente notare come, secondo alcuni autori, la prevalenza delle malattie da reflusso sia aumentata del 4% ogni anno dal 1976.

Reflusso laringofaringeo

Shutterstock/Emily frost

 

Cause

I fisiologici ostacoli allo sviluppo di reflusso laringo-farigeno comprendono:

  • sfintere esofageo inferiore (la valvola che separa esofago e stomaco e che dovrebbe aprirsi solo permettendo il transito dal primo al secondo),
  • i processi di liberazione del contenuto dall’esofago, che si basano su:
    • peristalsi esofagea (movimenti muscolari involontari dell’esofago),
    • saliva,
    • forza di gravità,
    • sfintere esofageo superiore (valvola che separa gola ed esofago).

Quando queste barriere falliscono, il contenuto dello stomaco entra in contatto con il tessuto laringofaringeo, causando gravi danni all’epitelio; a questo proposito è interessante notare come il pH della faringe sia neutro (pH 7), mentre il pH degli acidi dello stomaco vari da 1,5 a 2. Il danno alla gola è quindi il risultato di un brusco calo del pH, ma anche dell’esposizione a sostanze digestive come

  • pepsina,
  • sali biliari
  • ed enzimi pancreatici.

Se una cinquantina di episodi di reflusso al giorno, limitato all’esofago, sono considerati fisiologici (normali), quando questo materiale raggiunge la gola anche solo tre volte si possono già osservare i primi danni.

Il reflusso acido può derivare da cause fisiche e/o fattori legati allo stile di vita; tra le prime si annoverano principalmente

  • anomalie muscolari della valvola che separa stomaco ed esofago e che non è quindi in grado di impedire e prevenire la risalita di materiale acido,
  • ernia iatale,
  • spasmi esofagei,
  • rallentato svuotamento dello stomaco,
  • assunzione di alcuni farmaci (come l’aspirina).

Tra i fattori legati allo stile di vita i più rilevanti in termini di predisposizione allo sviluppo di reflusso comprendono:

  • Sovrappeso e obesità
  • Fumare
  • Consumo di pasti eccessivamente abbondanti o poco prima di coricarsi
  • Eccedere in alimenti a rischio, come cibi grassi o fritti
  • Consumo di bevande a rischio, come alcolici e caffè

Anche la gravidanza, infine, può causare una temporanea insorgenza di reflusso, sia per ragioni fisiche (volume occupato dall’utero in espansione) che per ragioni biochimiche (di natura ormonale).

Sintomi

Il reflusso laringofaringeo annovera numerosi sintomi, ma la disfonia (riduzione e/o alterazione della voce) è il sintomo più comune, la cui presenza permette peraltro di distinguere i casi di semplice malattia gastroesofagea (GERD).

Molti pazienti con reflusso laringofaringeo non manifestano i classici sintomi di bruciore di stomaco correlati al reflusso gastroesofageo, mentre in altri casi si sviluppa un quadro misto che può comprendere uno o più tra i seguenti disturbi:

  • Bruciore di stomaco
  • Continua eruttazione
  • Rigurgito del contenuto dello stomaco
  • Necessità di schiarirsi la gola e/o tosse frequente e persistente
  • Produzione di muco in eccesso e scolo retronasale
  • Percezione di sapore amaro in bocca
  • Sensazione di bruciore o mal di gola
  • Sensazione di un corpo estraneo nella parte posteriore della gola (nodo in gola)
  • Difficoltà a deglutire (disfagia)
  • Episodi di soffocamento (talvolta causa di risveglio notturno)
  • Difficoltà a respirare.

I segni nei neonati e nei bambini sono diversi dagli adulti e possono includere:

  • Problemi respiratori come tosse, raucedine, respirazione rumorosa o asma
  • Pause nella respirazione (apnea) o russamento durante il sonno
  • Difficoltà di alimentazione (eccessivamente frequenti rigurgiti)
  • Episodi di cianosi (colore blu di viso, unghie, …)
  • Ritardo di crescita e ridotto aumento di peso.

Complicazioni

Il reflusso laringofaringeo, se trascurato, a lungo termine può diventare responsabile di lesioni alle corde vocali croniche e non più reversibili; si sovrappongono inoltre le possibili complicazioni del reflusso gastroesofageo, prima fra tutte per gravità l’esofagite di Barrett.

Alcuni pazienti possono inoltre sviluppare laringite ricorrente e infezioni broncopolmonari, sinusiti e otiti.

Quando rivolgersi al medico

Si raccomanda di rivolgersi al medico (curante o specialista otorinolaringoiatra e/o gastronterologo) in caso di sintomi anomali e persistenti che riguardino le prime vie aero-digestive, tra cui ad esempio:

  • raucedine,
  • difficoltà a respirare,
  • mal di gola,
  • continua necessità di schiarirsi la voce (talvolta inconsapevole, ma evidenziato da familiari/amici).

Diagnosi

Se la diagnosi di reflusso laringofaringeo viene sospettata clinicamente (raccogliendo cioè i sintomi sofferto durante l’anamnesi, insieme agli eventuali fattori di rischio), è possibile trovare conferma dell’ipotesi durante l’esame fisico; lo specialista otorinolaringoiatra può infatti avvalersi di esami minimamente invasivi (ad esempio laringoscopia) con cui valutare visivamente le lesioni alle mucose della gola.

È interessante notare come nei casi dubbi sia possibile optare per il cosiddetto trattamento empirico: vengono prescritti farmaci inibitori di pompa per 2-3 mesi, dopodiché:

  • una risposta favorevole al trattamento è definita come conferma diagnostica,
  • l’assenza di risultati depone per ipotesi alternative.

Il reflusso laringofaringeo entra in diagnosi differenziale anche con il globo isterico, una condizione di origine psicologica che si manifesta con la concreta sensazione di avere un corpo estraneo in gola.

Cura

Le modifiche dello stile di vita sono il primo indispensabile passo necessario alla gestione del reflusso laringofaringeo:

  • perdita di peso se necessario,
  • adottare un’alimentazione basata su frequenti pasti di piccole dimensioni,
  • attendere almeno 3 ore dal pasto prima di stendersi,
  • seguire una dieta a basso contenuto di grassi (che rallentano i tempi di svuotamento gastrico) e alimenti acidi,
  • evitare bevande gassate o contenenti caffeina,
  • evitare cibi speziati, piccanti, cioccolato, menta, agrumi, pomodoro,
  • smettere di fumare,
  • evitare abiti eccessivamente stretti in vita,
  • ridurre l’assunzione di alcol.

Qualora i risultati non fossero soddisfacenti è possibile ricorrere alla terapia farmacologica, principalmente mediante anti-H2 e soprattutto inibitori della pompa protonica per sopprimere la produzione di acido gastrico.

È importante ricordare che le terapie mediche richiedono almeno 2-4 settimane per poter esercitare i propri effetti ed una sospensione eccessivamente anticipata conduce inevitabilmente al persistere del disturbo. L’evidenza clinica suggerisce inoltre che l’intervento farmacologico dovrebbe protrarsi per un minimo di 3 mesi con una duplice somministrazione  giornaliera da 30 a 60 minuti prima di un pasto (in genere colazione e cena).

Nei casi più gravi è infine possibile ricorrere alla terapia chirurgica, ad esempio con la fundoplicatio di Nissen che può essere valutata per ridurre i sintomi.

Dieta e acqua alcalina

Koufman ha suggerito che la pepsina, enzima digestivo che si deposita nel tessuto laringeo, può essere attivata da acidi di diversa origine, non necessariamente di provenienza gastrica; sulla base di questa ipotesi l’autore suggerisce l’adozione di una dieta alcalina (ovvero l’opposto di “acido”) nei pazienti resistenti al trattamento con farmaci. Una dieta alcalina (o non-acida) consiste in alimenti e bevande che siano tutti a pH uguale o maggiore di 5 (in questo contesto si suggerisce anche la cosiddetta acqua alcalina, con pH pari a 8.8).

I risultati sono stati incoraggianti, seppure limitati ad un numero esiguo di pazienti.

Fonti e bibliografia

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