Introduzione
La malattia di WIlson (o morbo di Wilson) è una patologia genetica rara in cui si verifica un eccessivo accumulo di rame nell’organismo.
Segni e sintomi compaiono tipicamente negli anni dell’adolescenza, in alcuni pazienti in età adulta, e si manifestano in modo variabile in forma di disturbi epatici, neurologici e psichiatrici:
- stanchezza
- inappetenza
- dolore addominale
- ittero
- ritenzione idrica
- disturbi del linguaggio e della deglutizione
- difficoltà di coordinazione, movimenti incontrollati e/o rigidità muscolare
Se non viene trattata la condizione può diventare fatale, a causa di progressive complicazioni a carico di fegato, sistema nervoso, reni e sangue.
La terapia può prevedere una limitazione del consumo di alimenti contenenti rame, in associazione a terapie in grado di prevenirne l’accumulo (e/o favorirne lo smaltimento della quantità in eccesso).
Cause
La malattia di Wilson è di origine genetica; è trasmessa dai genitori al figlio secondo il modello autosomico recessivo, ovvero è necessario che entrambi i genitori siano malati e/o, più spesso, inconsapevoli portatori sani della condizione (circa una persona su 100).
Un portatore sano non manifesta alcun segno/sintomo di malattia.
Il morbo di Wilson è causato da un’alterazione del gene ATP7B, responsabile della produzione di una proteina che si occupa del trasporto del rame dal fegato al resto dell’organismo e della sua eliminazione; il rame, come altri micronutrienti metallici, è indispensabile a molte funzioni dell’organismo, ma se presente più che in tracce può rapidamente diventare tossico.
Se il gene è mutato la proteina risultante non è in grado di svolgere adeguatamente la sua funzione è la conseguenza è un progressivo accumulo di rame, soprattutto a livello di fegato e cervello.
Esistono poi ulteriori fattori genetici che modulano il decorso (gravità) della malattia e la sua espressione.
Si stima che interessi circa un soggetto ogni 30000 persone.
Sintomi
Il fegato è in genere l’organo più colpito nelle fasi iniziali della malattia, soprattutto quando la malattia si manifesta in giovane età:
- ittero (ingiallimento di pelle e sclere, ovvero la parte bianca degli occhi)
- affaticamento,
- inappetenza (perdita di appetito)
- dolore addominale
- gonfiore addominale da ritenzione idrica.
Quando esordisce in età adulta sono i sintomi neurologici e psichiatrici ad essere preponderanti:
- tremori,
- incoordinazione e difficoltà a camminare,
- disturbi del linguaggio,
- difficoltà cognitive e confusione,
- depressione, ansia e sbalzi d’umore.
Un sintomo caratteristico della malattia di Wilson è lo sviluppo di un anello di colore verde-brunastro (anelli di Kayser-Fleischer) che si forma attorno alla parte colorata dell’occhio (iride) in conseguenza di un accumulo di rame sulla superficie anteriore dell’occhio (cornea).
Complicazioni
Se non adeguatamente riconosciuta e trattata la malattia può causare:
- cirrosi epatica e successiva insufficienza dell’organo
- encefalopatia epatica
- problemi neurologici persistenti e permanenti (tremori, movimenti involontari, difficoltà di linguaggio, …)
- disturbi psichiatrici (cambiamenti di personalità, depressione, irritabilità, disturbo bipolare, psicosi)
- problemi renali (calcoli renali, …)
- emolisi, ovvero distruzione dei globuli rossi, che conduce ad anemia ed ittero.
In assenza di cura la malattia ha esito fatale in pochi anni, mentre una diagnosi precoce ed un trattamento corretto consentono una qualità di vita quasi sempre ottimale ed un’aspettativa di vita sovrapponibile a quello della popolazione generale.
Diagnosi
La maggior parte dei casi di malattia di Wilson trova diagnosi ad un’età compresa tra i 5 ed i 35 anni (la malattia è presente fin dalla nascita, ma i sintomi compaiono solo quando gli accumuli di rame superano una soglia critica).
Purtroppo la sua rarità rappresenta un grosso ostacolo alla diagnosi, anche in virtù del fatto che i sintomi epatici possono portare ad ipotizzare una malattia dell’organo come un’epatite di diversa natura, mentre i sintomi neurologici/psichiatrici sono difficilmente ricondotti alla corretta causa in prima battuta.
La diagnosi di certezza può essere ottenuta mediante test genetici, utili anche in caso di screening in soggetti con parenti a cui sia stata diagnosticata la malattia.
Cura
La terapia prevede:
- farmaci chelanti, per estrarre e smaltire l’eccesso di rame nell’organismo
- farmaci di mantenimento, per prevenire nuovi depositi,
- dieta povera di rame
Tra gli alimenti più ricchi di rame ricordiamo:
- funghi,
- noci,
- cioccolato,
- fegato animale,
- frutti di mare,
- frutta secca/essiccata,
- avocado,
- crusca.
In associazione può rendersi necessario il trattamento dei disturbi specifici (ad esempio fisioterapia e, nei casi più gravi e avanzati, il trapianto di fegato).
Fonti e bibliografia
Autore
Dr. Roberto Gindro
DivulgatoreLaurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.