Cos’è e a cosa serve?
La curcuma è una spezia di colore giallo arancio che si ottiene dal rizoma essicato della Curcuma Longa, una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Zinziberacee (la stessa dello Zenzero), originaria dell’India e coltivata in alcune aree tropicali dell’Asia e in America Centrale. Il termine Curcuma deriva dall’arabo Kurkum, che significa “zafferano”, in riferimento al colore giallo intenso (benché si tratti di una pianta differente rispetto a quella da cui si ottiene la spezia che chiamiamo zafferano). Il termine inglese che la identifica, invece, ossia Turmeric, deriva dal latino medievale Terra merita, ossia “terra meritevole, degna”.
Ingrediente principale del curry (masala indiano), è usata e conosciuta come spezia aromatica, ma anche come integratore alimentare per una serie di patologie, in virtù delle sue proprietà
- antiossidanti,
- antinfiammatorie,
- immunostimolanti.

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Nella medicina tradizionale indiana e cinese [1] la curcuma è usata da centinaia di anni per problemi riguardanti diversi distretti corporei, tra cui:
- pelle (ferite, orticaria, dermatiti),
- prime vie respiratorie (riniti, faringiti, tosse),
- articolazioni (reumatismi),
- apparato digerente (problemi digestivi, problemi di bile o fegato).
Il Centro nazionale per la salute complementare e integrativa (NCCIH), agenzia governativa degli Stati Uniti, nella monografia dedicata alla curcuma ne riporta l’utilizzo per le stesse indicazioni di cui sopra, aggiungendo l’uso recente come coadiuvante nella terapia antitumorale [2], specialmente se volta a potenziare l’azione della chemioterapia e ridurne gli effetti collaterali [3,4].
Esistono inoltre interessanti studi preliminari su come i curcuminoidi, molecole presenti nell’estratto, possano
- ridurre il numero di attacchi cardiaci nei pazienti dopo intervento di bypass [5],
- ridurre il dolore al ginocchio nei casi di osteoartrite, con efficacia paragonabile ai farmaci a base di Ibuprofene [6],
- ridurre l‘irritazione della pelle in caso di radioterapia per il cancro al seno [7].
Altri studi riguardano l’utilizzo della curcumina, la principale sostanza attiva isolata dalla curcuma, per
- diversi tipi di tumore,
- coliti [8],
- diabete mellito [9],
- problemi dentali [10,11].
L’NCCIH ha altresì condotto ricerche sull’uso della curcumina in caso di
I risultati non sono ancora definitivi ma sembrerebbero promettenti.
Effetti collaterali e interazioni
Secondo quanto riportato dal Centro nazionale americano per la salute complementare e integrativa (NCCIH), la curcuma, nelle dosi comunemente utilizzate per via orale o topica, è generalmente considerata sicura. Peraltro, si stima che in India il consumo giornaliero alimentare si aggiri tra i 2 e i 4 grammi di rizoma fresco, che corrisponde a circa 100-200mg di curcuminoidi [1].
Dosi elevate o un utilizzo protratto nel tempo degli integratori possono invece causare problemi gastrointestinali [2].
Recentemente il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno ricevuto segnalazioni di casi di epatotossicità in persone che facevano uso di integratori contenenti curcumina; tali integratori sono stati prontamente ritirati dal commercio e sottoposti ad analisi, poiché il timore riguardava la possibile contaminazione dei lotti medesimi.
Secondo quanto dichiarato dalla prof.ssa Patrizia Burra – ordinario di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Padova e vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (Sige) – è noto in letteratura che circa il 5% dei pazienti che usano integratori di curcumina, soprattutto se per periodi prolungati (superiori al mese), manifesti problemi epatici, che peraltro scompaiono con interruzione immediata dell’integrazione. Tali problemi sembra siano di tipo idiosincrasico, ossia di causa sconosciuta, dovuti probabilmente alla predisposizione individuale o all’interazione con farmaci assunti in concomitanza [13].
La stessa conclusione è riportata sul sito del Ministero della Salute: “alla luce di tali conclusioni, si è deciso di adottare una specifica avvertenza per l’etichettatura degli integratori in questione, volta a sconsigliarne l’uso a soggetti con alterazioni della funzione epato-biliare o con calcolosi delle vie biliari e, in caso di concomitante assunzione di farmaci, ad invitare comunque a sentire il parere del medico”.
Questo in considerazione del fatto, è opportuno ricordarlo, che prodotto naturale non significa innocuo e, soprattutto se assunto in modo e in dosi non controllate, può causare danni anche seri.
Per la curcuma in polvere, invece, lo stesso Ministero aggiunge: “considerando la storia e le dimensioni del consumo come alimento, non sono emersi elementi per particolari raccomandazioni”.
Tanto più che numerose ricerche recenti hanno evidenziato il ruolo epatoprotettore della curcuma (in termini di protezione dalla tossicità indotta da farmaci), in virtù delle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie [4,14,15,16].
Curcuma, meglio fresca o in forma d’integratore?

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La questione se sia meglio assumere un alimento in forma completa o come estratto è oggetto di dibattito da diversi anni, anche se il cosiddetto approccio riduzionistico (la parte per l’intero, il singolo principio attivo rispetto all’intero alimento) continua ad essere quello dominante in ambito nutrizionale [17,18]. Questo atteggiamento deriva dalla convinzione che il componente attivo di una determinata pianta sia solo uno e che quindi, isolandolo e concentrandolo, si possa ottenere il massimo beneficio. Studi sempre più numerosi, tuttavia, hanno evidenziato come altri componenti della pianta agiscano spesso in sinergia, potenziando azione ed efficacia del rimedio.
Lo studio della singola sostanza non è di per sé sbagliato: è più facile studiare un singolo componente per volta e metterlo in correlazione con una determinata risposta biologica, studiandone il meccanismo d’azione. È necessario però tener presente che in questo modo si rischia di perdere una grossa parte di informazione. I due approcci, in definitiva, riduzionistico e olistico, dovrebbero andare di pari passo, in modo complementare e non competitivo.
La curcuma è uno degli esempi di quanto appena descritto: l’ingrediente attivo, e quello più studiato, è considerato essere la curcumina, ma secondo quanto riportato da una ricerca dell’Università del Texas [12] ci sono numerose altre sostanze attive nella curcuma (si noti che la curcumina rappresenta solo il 2-5% del contenuto).
L’attività di queste sostanze, su cui si sono concentrati gli studi degli ultimi 10 anni, è stata dimostrata dall’utilizzo di curcuma senza curcumina. Gli studi sono ancora limitati, ma alcuni di essi suggeriscono che la curcuma usata per intero funzioni in alcuni casi addirittura meglio della sola curcumina.
Per fare un esempio, gli stessi ricercatori dell’Università del Texas hanno messo a confronto l’attività di curcuma e curcumina su 7 tipi diversi di cellule tumorali: in tutti e 7 i casi la curcuma ha funzionato meglio del principio attivo da solo [19].
Domande frequenti
La curcuma fa dimagrire?
Secondo una recente metanalisi [21] riguardante 21 studi e più di 1600 pazienti, l’assunzione di curcumina è stata effettivamente utile nel ridurre il peso e l’indice di massa corporea (BMI) in soggetti affetti da sindrome metabolica. Gli stessi autori dello studio, tuttavia, precisano che gli studi presi in esame hanno ancora troppi difetti metodologici, primo fra tutti l’utilizzo di dosi non standardizzate di curcumina, oltre ad essere estremamente eterogenei come durata e numero di persone coinvolte.
Altri studi, d’altronde, riferiscono effetti non significativi sugli stessi parametri in caso di integrazione con curcumina.
Allo stato atttuale delle ricerche, quindi, mancano solide basi e studi rigorosi sull’efficacia o meno della curcumina per il controllo del peso e dei disordini metabolici.
Quanta ne prendo e come?
La curcuma è ben tollerata fino alla dose di 2-4 g al giorno di polvere essicata (equivalenti circa a due cucchiaini da tè rasi), salvo
- sensibilità individuale,
- problemi epatici
- o terapie farmacologiche in atto, per le quali è bene consultare il medico curante.
Assunta come integratore, la dose è in genere di 1-2 capsule da 400 mg al giorno.

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Sono peraltro sufficienti 2 cucchiaini di curcuma aggiunti a zuppe o piatti di pesce per assicurarsi la giusta dose giornaliera di antiossidanti. Può anche essere utilizzata in tè o infusi e negli estratti di frutta e verdura. È bene però proteggerla dall’eccessivo calore, che ne riduce i benefici: meglio aggiungerla a fine cottura o in bevande non bollenti.
La curcumina è una sostanza liposolubile: ha cioè bisogno di alimenti grassi per poter essere meglio assimilata. L’ideale è quindi associarla ad alimenti come
- olio d’oliva,
- olio di semi di lino,
- avocado,
- noci,
- salmone.

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Anche il pepe (questa è la principale ragione scientifica alla base del suo inserimento nella ricetta del cosiddetto Golden Milk) e peperoncino ne migliorano la biodisponibilità, così come la quercetina, contenuta in
- capperi,
- cipolla rossa,
- mele,
- sedano,
- agrumi.
Cos’è il Golden Milk (latte d’oro)? Fa bene?
Il Golden Milk è una bevanda a base di curcuma utilizzata nella medicina ayurvedica e consigliata come antinfiammatorio naturale, specie per
- problemi alle articolazioni,
- malanni stagionali (tosse e raffreddore),
- e come depurativo dell’organismo.
Non ci sono studi scientifici sull’efficacia della bevanda di per sé, ma possiamo considerarla come uno dei modi per assumere la curcuma e quindi beneficiare dei suoi effetti.
In rete si trovano numerose ricette per preparare il latte d’oro, ma di base si utilizza
- curcuma,
- acqua,
- pepe nero
per preparare la “pasta” e poi la si diluisce con
- latte (vaccino o vegetale),
- olio (di oliva, di mandorle, di cocco, secondo le preferenze),
- aggiungendo eventualmente miele per dolcificare.
L’indicazione è quella di assumere la bevanda per almeno 30-40 giorni di seguito, per beneficiare dei suoi effetti
Bibliografia
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- National Center for Complementary and Integrative Health
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Autore
Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, con Dottorato di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive