Introduzione
La Medicina è un’arte antica, che probabilmente esiste fin dalle origini della specie umana. Per meglio comprendere quanto remote siano le sue radici basti pensare che il giuramento professionale, ancora oggi pronunciato dai medici di tutto il mondo, è solo una versione modificata di quello attribuito a Ippocrate di Kos, un medico e pensatore greco vissuto quasi cinque secoli prima di Cristo! E potremmo andare indietro nel tempo ancora di millenni, cercando tracce e riferimenti alla professione nei papiri degli antichi egizi o fra i lasciti della medicina tradizionale cinese.
Le vestigia di questa lunghissima storia si possono ancora ritrovare nella terminologia medica, soprattutto quella di alcune malattie che sono note all’uomo fin dall’antichità. Ad esempio il termine “diabete” (dal greco antico διαβήτης, “passare in mezzo”, sottintendendo “alle gambe”) dovette sembrare adattissimo a chi lo scelse, riferendosi evidentemente alla necessità di urinare spesso che caratterizza questa patologia.
Nel presente articolo ci concentreremo invece su un altro termine di derivazione greca, che nel tempo ha ottenuto così tanto successo da divenire di uso quasi comune: il reumatismo.
L’origine di questa parola risiede nel verbo reo, che in greco antico significa “scorrere”; si pensa infatti che sia stato coniato per indicare una malattia dovuta ad un disequilibrio nel flusso degli umori, i quattro liquidi che secondo un’antica teoria governavano il benessere fisico e psichico del corpo umano. Il progredire della scienza medica ha ovviamente relegato queste convinzioni alla storia della medicina, tuttavia il lemma “reumatismo” è sopravvissuto fino a noi assumendo via via diversi significati e dando persino il nome ad un’intera branca della medicina: la Reumatologia.
Ma cosa significa davvero “reumatismo”?
Questa è la domanda a cui cercheremo di dare risposta, premettendo che questa parola, al giorno d’oggi, è pressoché scomparsa dal linguaggio specialistico. In altre parole non esiste una patologia che corrisponda al “reumatismo”, anche se il nome riecheggia ancora in alcune condizioni come la febbre reumatica, l’artrite reumatoide e altre ancora.
Nella cultura popolare, comunque, tale lemma continua ad essere usato con diversi significati: di volta in volta può essere inteso come
- dolore alle articolazioni,
- malattia del sangue,
- patologia febbrile
- o altro ancora.
Questi modi di dire continuano a esistere nonostante il termine sia ormai superato (e quasi pittoresco) e questo equivoco potrebbe facilmente essere causa di confondimento per i meno esperti.
Di seguito cercheremo di dissipare un po’ di nebbia, chiarendo quali sono le patologie a cui “reumatismo” si potrebbe riferire e qual è invece la terminologia più adatta ad indicarle.
Il presente articolo non vuole in nessun modo sostituirsi all’assistenza del medico curante.
Artrosi e artriti
Iniziamo il nostro percorso dall’apparato osteo-articolare i cui disturbi sono spesso associati al termine “reumatismo”. Appartengono a questa categoria l’artrosi e le molte forme di artrite.
L’artrosi è un processo degenerativo delle articolazioni che colpisce nella quasi totalità dei casi le persone di età avanzata. Anche se talvolta insorge a seguito di determinati insulti (come traumi e infezioni) o come conseguenza di problematiche preesistenti (per esempio obesità o malformazioni ossee), nella maggior parte dei casi è dovuta al semplice processo di usura dei capi articolari.
Di solito la patologia interessa simmetricamente (in entrambi i lati del corpo) alcune specifiche articolazioni, cioè quelle che vengono sottoposte a grandi carichi di lavoro:
- anca (la cui degenerazione prende il nome di coxartrosi),
- ginocchio (gonartrosi).
L’artrosi si manifesta con dolore e limitazione delle capacità di movimento dei segmenti ossei interessati e può essere diagnosticata grazie alla caratteristica presentazione clinica (paziente anziano e sintomatologia compatibile) o eventualmente tramite esami di radiologica (una radiografia è solitamente sufficiente a dirimere il sospetto diagnostico). Tipica è anche la (quasi) totale assenza di processi infiammatori che, come vedremo fra poco, la distingue dalle artriti.
Il suffisso -ite, in medicina, sta ad indicare l’infiammazione: è proprio questa che accomuna le patologie appartenenti al vasto capitolo delle artriti. Si tratta di un gruppo di malattie molto eterogeneo, che comprende entità anche molto diverse fra loro per causa, prognosi e trattamento. Vedremo tre casi:
- l’artrite di origine infettiva,
- l’artrite gottosa
- e la già citata artrite reumatoide.
La causa dell’artrite infettiva è ovviamente un’infezione, che nella maggior parte dei casi è dovuta ad un microrganismo batterico. Questa forma interessa più spesso un’unica articolazione e talvolta si manifesta a seguito di un trauma (le ferite aperte, infatti, possono rappresentare una facile via di contaminazione per i germi patogeni). Il quadro clinico comprende, oltre al dolore intenso, anche gonfiore articolare e febbre elevata, mentre il trattamento più adeguato è la terapia antibiotica.
L’artrite gottosa (o più semplicemente gotta) è invece dovuta all’accumulo nello spazio articolare di cristalli di acido urico. Questa sostanza si accumula a causa di disordini del metabolismo o, più raramente, dell’eccessivo introito di carne nella dieta. L’artrite gottosa insorge solitamente alle articolazioni del piede, in particolar modo all’alluce, e se non trattata si estende interessando le articolazioni del ginocchio, dell’anca o altre ancora. Il sintomo principale è il dolore lancinante per cui viene solitamente somministrato un trattamento antalgico; una volta terminata la crisi, invece, la terapia comprenderà modifiche dello stile di vita e farmaci che aiutano a smaltire l’eccesso di acido urico.
Merita particolare attenzione, infine, l’artrite reumatoide: si tratta di una patologia ad origine autoimmune, causata cioè da un’alterazione del sistema immunitario che erroneamente aggredisce l’organismo stesso (invece di difenderlo dagli agenti nocivi). L’artrite reumatoide insorge soprattutto nella popolazione femminile ed è caratterizzata dal coinvolgimento delle piccole articolazioni (tipicamente quelle della mano) in modo simmetrico e progressivo. Il quadro comprende dolore e gonfiore alle zone interessate e purtroppo tende a peggiorare con il tempo, fino a dare deformità evidenti e perdita della mobilità. Il trattamento si basa su immunosoppressori, cioè farmaci che vanno a deprimere le funzioni del sistema immunitario.
Dolori muscolari e tendinei
Il secondo capitolo che andremo a esplorare è quello dei dolori di origine muscolare o tendinea, che normalmente sono secondari ad un processo infiammatorio (a parte quelli di origine traumatica, come lo strappo o lo stiramento) e che vengono raggruppati sono i nomi generici di
- miositi,
- tendiniti
- e entesiti (quest’ultimo ad indicare l’infiammazione dell’ultima porzione del tendine, quella che si inserisce sull’osso).
Le cause possono essere molteplici:
- sforzi eccessivi,
- sollecitazioni continue e ripetute,
- infezioni o malattie sistemiche sottostanti,
senza dimenticare infine che tali problematiche possono essere un effetto collaterale di alcuni farmaci (ad esempio le statine, una classe di molecole utilizzate per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue). A seconda dell’eziologia, ovviamente, il quadro sarà differente per modalità d’insorgenza, sintomi, prognosi e trattamento. Una trattazione più accurata di questi problemi esula dallo scopo di questo articolo e pertanto viene rimandata ad altra sede.
Ci soffermiamo, invece, a descrivere la fibromialgia, una sindrome piuttosto controversa che forse è molto vicina a quello che viene comunemente inteso con la parola “reumatismo”. Tale malattia interessa soprattutto il sesso femminile e si manifesta con sintomi molto sfumati quali:
- dolori muscolari,
- rigidità,
- facile affaticamento
- e disturbi del sonno.
Le cause della fibromialgia non sono ancora chiare, anche perché la patologia si presenta in totale assenza di alterazioni organiche o segni di infiammazione. Proprio questa difficoltà nel trovare segni obiettivabili della malattia è responsabile dello scetticismo che molti autori provano nei confronti di questa entità clinica. La diagnosi si pone mediante la palpazione di specifici punti della cute, detti tender-points, che risultano ipersensibili alla pressione quando sollecitati. Anche se non esiste ancora un protocollo di trattamento universalmente accettato, i pazienti traggono beneficio da
- modifiche dello stile di vita,
- esercizio fisico,
- terapia antalgica,
- farmaci antidepressivi.
Febbre reumatica
Passiamo in ultima istanza alla febbre reumatica (reumatismi nel sangue), una patologia oggi è fortunatamente molto rara nei Paesi industrializzati grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e alla diffusione dei farmaci antibiotici.
Tale malattia si manifesta con una lunga serie di sintomi, i più importanti dei quali sono l’endocardite e la poliartrite (famosa è la citazione del medico francese Lasègue, che la descrisse come un morbo che “morde il cuore e lambisce le articolazioni”), ma che comprendono anche
- febbre,
- eritema e noduli cutanei,
- disturbi del movimento.
Il quadro insorge tipicamente dopo una faringite batterica (sostenuta da uno Streptococco di tipo A), anche se si pensa che il danno non sia causato dal microrganismo stesso, ma piuttosto da una reazione abnorme del sistema immunitario.
Ribadiamo comunque che oggigiorno i casi di febbre reumatica sono rarissimi in Italia, mentre purtroppo sono più comuni in alcuni Paesi in via di sviluppo.
Autore
Dr. Daniele Busatta
Medico ChirurgoIscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Verona n. 9003