Cosa fa il glutine all’organismo?

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Che cos’è il glutine?

La realtà è complessa e le definizioni non sempre collimano, ma il glutine è sostanzialmente un complesso proteico caratteristico di alcuni cereali, primo tra tutti il grano, che è insolubile in acqua; in altre parole è un insieme strutturato di diverse proteine, che tutte insieme e con una forma ben precisa conferiscono al complesso determinate caratteristiche in grado di conferire agli impasti viscosità, elasticità e coesione, consentendo ad esempio di ottenere quelle deliziose alveolature di pane e pizza.

Pur possedendo queste peculiarità tecnologiche così utili per l’industria alimentare, agli occhi del nostro apparato digerente il glutine rimane una proteina come tutte le altre, con cui quindi condivide lo stesso destino, ovvero venire digerito.

Cosa fa il glutine all’organismo?

Il glutine nell’organismo viene digerito.

Digerire una proteina significa essenzialmente trasformarla nei suoi costituenti più semplici, gli amminoacidi, ovvero i singoli anelli della catena, che solo così possono così essere assorbiti dall’intestino; questo processo avviene in due diverse fasi:

  1. Nello stomaco l’ambiente acido denatura le proteine, rompendone la struttura complessa.
  2. Nell’intestino tenue intervengono altri enzimi a romperle ulteriormente, fino all’ottenimento di singoli anelli o catene di 2-3 aminoacidi al massimo, che possono così essere assorbiti e passare in circolo.

Il glutine è quindi una proteina come tutte le altre, che va incontro a questo destino: siamo cioè perfettamente attrezzati per digerirlo, addirittura fin dalla nascita.

In che alimenti si trova il glutine?

Il glutine è contenuto non solo nel grano, ma ad esempio anche in

mentre ne sono naturalmente privi

  • riso
  • mais
  • miglio
  • sorgo
  • teff
  • fonio
  • e gli pseudocereali (grano saraceno, amaranto e quinoa).

L’avena è un caso particolare (per approfondire: Chi NON deve mangiare avena e L’avena contiene glutine?), mentre i legumi NON contengono mai glutine.

E allora come si spiega la celiachia?

La celiachia è una malattia autoimmune cronica scatenata dall’ingestione di glutine, ovvero un disturbo in cui il sistema immunitario reagisce alla sostanza come se fosse una minaccia al pari di un batterio patogeno, un virus o un verme intestinale, ma in modo ancora più subdolo, perché innescata dal glutine ma diretta contro i tessuti intestinali.

I sintomi della celiachia variano ampiamente tra gli individui, ma quelli più noti sono indicativi di un grave malassorbimento intestinale, portando ad esempio a magrezza e ritardo di crescita nei bambini colpiti.

La malattia in realtà può svilupparsi a qualsiasi età e l’unico trattamento efficace è una rigorosa dieta priva di glutine per tutta la vita.

A questo punto la domanda sorge spontanea: Se è solo una proteina, e le proteine vengono digerite, come fa a scatenare questa reazione nell’intestino dove dovrebbero arrivare già solo frammenti?

La soluzione del paradosso

In effetti da questo punto di vista il glutine è un complesso proteico un po’ atipico, perché contiene sequenze di aminoacidi un po’ più resistenti alla digestione completa (prolammine).

L’intestino ricorre dispone di strumenti specifici per digerire il più possibile il glutine, ad esempio attraverso enzimi specifici e ricorrendo anche all’azione dei batteri intestinali, ma ciò non toglie che nei soggetti geneticamente predisposti la presenza di questi frammenti indigeriti possa comunque scatenare la risposta immunitaria responsabile dei sintomi.

Al contrario, la maggior parte dei soggetti non celiaci riesce a gestire il glutine non digerito senza problemi, anche perché l’essere umano lo consuma da millenni, forse addirittura da decine di migliaia di anni, e in tutto questo tempo gli alimenti contenenti glutine sono stati una preziosa fonte di , fibre solubili e altre sostanze nutritive.

Perché e quando è meglio evitare il glutine?

Ragazza preoccupata di fronte alla proposta di mangiare pane

Shutterstock/Jelena Stanojkovic

L’epidemiologia ci suggerisce che un regolare consumo di cereali integrali è associato a una ridotta mortalità e una ridotta tendenza allo sviluppo di praticamente qualsiasi condizione cronica, quindi questo indica che, per la popolazione sana, gli alimenti contenenti glutine sono e rimangono una scelta pressoché obbligata in ottica di prevenzione.

Nonostante questo, esistono altre condizioni glutine correlate che vale la pena di conoscere e che nel 2012 un panel di esperti ha classificato sulla base del meccanismo patogenetico (ovvero del meccanismo con si scatena il danno).

Cos’è la sensibilità al glutine non celiaca?

Una definizione vaga

L’AIC, l’Associazione Italiana Celiachia, esordisce in modo inequivocabile:

La comunità scientifica nazionale e internazionale è impegnata a studiare se si tratti di una vera e propria patologia[, …] per il momento la gluten sensitivity va considerata ancora come un ambito di ricerca.

La sensibilità al glutine non celiaca è una condizione in cui una persona sperimenta sintomi simili a quelli della celiachia quando consuma alimenti contenenti glutine, ma senza presentare i danni intestinali caratteristici della celiachia. Anche in questo caso i disturbi tipicamente si risolvono con l’eliminazione della molecola dalla dieta, sintomi che comprendono non solo disturbi gastrointestinali, ma in alcuni pazienti anche sintomi sistemici come affaticamento, mal di testa e dolori articolari.

Ad oggi questa condizione è ancora ben lungi da essere accettata dall’intera comunità scientifica, tanto che c’è chi discute anche sul corretto nome: il termine “sensibilità al grano non celiaca” al posto di “sensibilità al glutine non celiaca”, a suggerire che potrebbe non essere il vero colpevole, ma in realtà ci sono probabilmente problemi ancora più grossi e urgenti da affrontare.

Diagnosi

Il primo grosso problema è che si tratta principalmente di una diagnosi di esclusione, a cui cioè si perviene dopo aver escluso altre condizioni come celiachia e allergia al grano, perché ad oggi NON esiste alcun esame che possano riconoscerla in modo certo. Si escludono quindi altre possibili cause per poter formulare questa diagnosi in assenza di altre spiegazioni convincenti, ma farlo in modo rigoroso e convincente, ad esempio attraverso i criteri di Salerno, è purtroppo ancora troppo poco pratico.

Alcuni la considerano una forma di sindrome del colon irritabile, ma se si tratta di una condizione distinta spesso è difficile da differenziare e comunque in grado di sovrapporsi. C’è  poi dibattito se i sintomi siano causati dal glutine o da altri componenti dei cereali (FODMAP).

In studi controllati su persone che credono di avere sensibilità al glutine non celiaca, i sintomi spesso non correlano con l’effettiva assunzione della sostanza, specialmente in diete a basso contenuto di FODMAP. Nonostante molti riferiscano miglioramenti con diete gluten-free, la condizione rimane controversa nella comunità scientifica. Il miglioramento percepito potrebbe avere altre cause, mettendo in dubbio l’esistenza stessa della sensibilità al glutine non celiaca.

Perché se non mangio glutine sto meglio?

Effetto placebo

La prima possibilità che può spiegare il miglioramento dei sintomi sospendendo il consumo di glutine è banalmente l’effetto placebo, ovvero pensare che qualcosa ti farà bene produrrà un effetto a prescindere dalla reale efficacia di quel “qualcosa”.

Questa possibilità è considerata così reale da venire descritta anche come possibile spiegazione dei sintomi stessi (in quel caso per effetto nocebo).

Una cattiva regola è meglio di nessuna regola

Il beneficio percepito dalle diete senza glutine potrebbe poi derivare dall’eliminazione di cereali raffinati e alimenti ultra-processati, piuttosto che dall’evitare la sostanza. Evitare prodotti con glutine spesso porta a escludere cibi ad alto contenuto calorico e basso valore nutritivo. Questo miglioramento dietetico generale potrebbe spiegare i benefici osservati, indipendentemente dalla presenza o assenza di una vera sensibilità alla molecola..

Perché fa male mangiare senza glutine?

Escludere dalla propria dieta tutti gli alimenti contenenti glutine senza una vera e solida ragione significa nella migliore delle ipotesi privarsi di alimenti sani e limitare inutilmente la varietà della propria dieta, con due possibili ricadute:

  • una scarsa sostenibilità della dieta stessa, che è invece un elemento portante per uno stile di vita sano,
  • ma nella peggiore delle ipotesi anche lo sviluppo di carenze nutrizionali, che possono avere ripercussioni anche serie, e penso ad esempio a ferro, zinco, magnesio e vitamine del gruppo B.

Eliminare il glutine significa eliminare anche…

Le diete prive di glutine possono allontanare le persone dai cereali integrali ricchi di sostanze nutritive e fibre e verso alternative meno salutari, che potrebbero avere ripercussioni più serie di quanti si possa pensare:

  • Sul British Medical Journal, una delle riviste più prestigiose del mondo, è stato pubblicato nel 2017 uno studio che è giunto a conclusioni piuttosto importanti “Mangiare alimenti contenenti glutine sul lungo periodo non sembra aumentare il rischio di malattie cardiache. Anzi, tagliare il glutine dalla propria dieta potrebbe far perdere i benefici dei cereali integrali, fondamentali per la salute del cuore. La promozione di diete senza glutine tra le persone senza celiachia non dovrebbe essere incoraggiata.”
  • E lo stesso legame emerge quando si analizza il rischio di sviluppare diabete di tipo 2: “L’assunzione di glutine è inversamente associata al rischio di diabete di tipo 2: limitare il glutine nella dieta è associato a un apporto inferiore di fibra e probabilmente di altri nutrienti benefici che contribuiscono alla buona salute”.

Una dieta sana senza glutine non è banale: si può certamente ricorrere a cereali e pseudocereali senza glutine e in questo modo aggirare il problema della fibra, ma purtroppo molto più spesso siamo tentati di sostituirli con prodotti industriali in cui gusto e consistenza devono essere aggiustati ricorrendo ad additivi, grassi e zuccheri in sostituzione del glutine ed ecco perché alcuni autori mettono in guardia sui rischi associati a una dieta senza glutine non necessaria in termini di raffronto su cosa ne prende il posto.

E se dovessi reintrodurlo?

La terza ragione per evitare una dieta senza glutine autoprescritta è legato alla diagnosi della celiachia. Se in futuro, magari dopo un miglioramento dei sintomi, il medico volesse verificare la presenza di celiachia, sarebbe necessario reintrodurre il glutine nella dieta per alcune settimane, onde evitare falsi negativi nei test diagnostici.

Mangiare senza glutine fa dimagrire?

Mangiare senza glutine non fa dimagrire, anzi, nei celiaci il glutine causa malassorbimento e potenziale perdita di peso.

Il possibile dimagrimento in diete gluten-free è probabilmente dovuto all’eliminazione di cibi ipercalorici e ultra-processati. Questa restrizione dietetica, anche se basata su premesse errate, può portare a una riduzione calorica complessiva e quindi al dimagrimento.

Riassumendo

  1. Celiaci: Dieta rigorosamente senza glutine, privilegiando alimenti integrali e limitando prodotti ultra-processati.
  2. Sensibilità al glutine non celiaca diagnosticata da un medico: Seguire le indicazioni mediche per l’eliminazione o riduzione del glutine.
  3. Tutti gli altri: Non escludere autonomamente il glutine. Una dieta sana alterna naturalmente cereali con e senza glutine. Il problema è spesso l’eccesso di prodotti raffinati e la monotonia alimentare in cui il grano è l’unico cereale consumato, non il glutine stesso.

Ancora una volta i poteri forti vogliono nasconderti la verità sul glutine? Forse, ma di fronte a un valore di oltre 5 miliardi di dollari e in costante crescita, relativo ai prodotti senza glutine, quali siano i poteri forti in gioco forse non è più così chiaro.

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