Cisti del coledoco: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

Il coledoco è un canale responsabile del trasporto della bile dalla cistifellea, dove viene accumulata, al duodeno, il primo tratto dell’intestino.

Una cisti del coledoco è una dilazione di questo vaso.

Le cisti del coledoco sono anche chiamate cisti biliari (o cisti delle vie biliari) con la volontà di includere anche le dilatazioni che dovessero formarsi nel tratto facente parte del fegato (cisti intraepatiche ed extraepatiche).

Si tratta di un’anomalia rara, considerata precancerosa da alcuni autori, ed è in genere accompagnata da segni e sintomi aspecifici:

A causa della natura vaga di questi disturbi è in genere richiesto il ricorso ad esami di imaging per la diagnosi di certezza.

La terapia consiste essenzialmente nell’escissione chirurgica.

Cause

Rappresentazione grafica semplificata dell'anatomia delle cisti del coledoco

By I, Drriad, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2309266

La causa esatta della formazione di una cisti del coledoco rimane ad oggi sconosciuta; l’ipotesi più condivisa prevede che la dilazione possa essere il risultato di un’anomalia anatomica che porta al reflusso di fluidi pancreatici e della bile stessa, con la conseguente attivazione degli enzimi digestivi pancreatici che in una cascata di eventi portano a dilatazione e infiammazione cronica, che può infine evolvere verso una natura tumorale.

Altri autori ritengono che la malformazione possa essere esclusivamente congenita (ovvero presente sin dalla nascita), ma è tuttavia plausibile che le diverse forme di cisti (ovvero la posizione in cui si riscontra il difetto) possano avere causa differente, ad esempio la malattia di Caroli, che rientra a pieno titolo nel ventaglio di possibili espressioni, è associata all’atresia biliare, ma anche alla malattia renale policistica (in genere autosomica recessiva e, meno comunemente, alla forma autosomica dominante).

La condizione mostra una chiara tendenza allo sviluppo in specifiche regioni geografiche; i due terzi dei casi segnalati in Asia, ad esempio, si verificano in Giappone, ma più in generale ad essere colpita è prevalentemente la popolazione asiatica, con un’incidenza di 1 su 1000 nati vivi, rispetto a un’incidenza di 1 su 100.000-150.000 nati vivi nella popolazione occidentale. Alcune forme sono più comuni nel sesso femminile per ragioni sconosciute

Sintomi

Il dolore addominale, la presenza di una massa addominale palpabile e l’ittero (colorazione giallastra di pelle e sclere, la parte bianca degli occhi) sono i sintomi caratteristici della condizione, tanto da essere noti come classica triade della cisti del coledoco, e tuttavia si riscontrano solo nel 20% dei casi.

L’85% dei bambini presenta solo 2 sintomi (tendenzialmente massa addominale e ittero, non dolore), al contrario degli adulti in cui la caratteristica di presentazione più comune è proprio il dolore addominale.

Possono inoltre essere presenti febbre e sintomi gastrointestinali vari (causati dall’infiammazione della via biliare), ad esempio i bambini di età inferiore ai 12 mesi possono presentare ittero, feci chiare e vomito.

Complicazioni

Il rischio maggiore legato alla presenza di una cisti del coledoco è l’aumento del rischio di colangiocarcinoma, peraltro con prognosi infausta, quindi la diagnosi precoce ed una gestione appropriata sono determinanti per migliorare la prognosi. per la migliore prognosi.

Le neoplasie si verificano principalmente nelle forme di tipo I e IV, mentre sono rare nelle rimanenti.

Tra le possibili complicazioni post-operatorie figura invece la possibile stenosi (restringimento delle vie biliari), che può a sua volta favorire lo sviluppo di:

  • stasi biliare e formazione di fango biliare o calcoli,
  • colangite ascendente (infiammazione della colecisti), dovuta al reflusso del succo pancreatico e del contenuto enterico nelle vie bilari,
  • pancreatite acuta,
  • infiammazione cronica della mucosa, fibrosi ed eventuale malignità.

Diagnosi

La maggior parte dei casi viene diagnosticata durante l’infanzia, mentre solo un caso su 4 viene scoperto in età adulta.

Non esistono esami di laboratorio in grado di suggerire la presenza, ne tanto meno confermarla, di cisti del coledoco. Si ricorre invece ad esami di imaging quali:

  • Ecografia, esame di primo livello che ha il vantaggio di un’ampia disponibilità sul territorio, economicità e non invasività per il paziente. Permette di evidenziare la presenza della malformazione e di infiammazione.
  • Colangiografia TC: Esame più invasivo, in grado però di garantire una maggior accuratezza rispetto all’ecografia (comunque variabile in base alla posizione della cisti).
  • Tecnezio-99 HIDA scan: Esame avanzato utile soprattutto nella distinzione tra cisti del coledoco e atresia biliare nei neonati.
  • Colangiopancreatografia a Risonanza Magnetica: tecnica di imaging che utilizza la risonanza magnetica (quindi senza esposizione a radiazioni) per visualizzare i dotti biliari e il dotto pancreatico in modo non invasivo.
  • Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP): esame che garantisce la massima accuratezza, ma al costo di una certa invasività ed esposizione a radiazioni ionizzanti. Anche a causa delle possibili complicanze è riservata a pazienti selezionati.

Cura

Il tipo di approccio che segue alla scoperta di una cisti del coledoco dipende dal tipo di cisti e dall’estensione della sua influenza, ma di norma si procede alla riparazione chirurgica (entro un mese di vita qualora la diagnosi avvenga durante la gestazione) per ridurre il rischio di potenziali complicanze, anche in assenza di sintomi.

La tecnica utilizzata varia in base alla posizione della cisti, ma gli studi condotti hanno permesso di dimostrare che questo approccio riduce il rischio tumorale rispetto al solo drenaggio, anche per questa ragione spesso si opta per la completa asportazione delle vie biliari (compresa la colecisti) e nel ripristino del flusso biliare mediante una connessione diretta delle vie biliari all’intestino.

Per quanto l’intervento richieda centri pediatrici specializzati, il paziente viene rapidamente dimesso e non gli viene richiesta alcuna particolare attenzione né dietetica né comportamentale negli anni successivi.

Poiché il rischio tumorale continua ad essere elevato, anche a distanza di 15 anni dal trattamento, è fortemente raccomandato un follow-up (monitoraggio) a lungo termine con valutazione biochimica (esami del sangue) ed ecografia addominale.

Fonti e bibliografia

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