Cos’è la glicemia e perché è così importante

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Introduzione

Cosa si nasconde dietro al valore della glicemia? Magari l’hai appena misurata in farmacia, hai trovato un risultato dubbio e ti chiedi come interpretarlo, diciamo 100, ad esempio.

  • Il tuo farmacista ti ha venduto un integratore per migliorarlo perché “Sì, non è grave, ma insomma, non è un proprio un valore ideale”.
  • Il tuo medico ti ha liquidato dicendoti che va bene, ma che certamente se la smettessi di mangiare babà alla crema ad ogni pasto e perdessi una decina di chili avresti un valore migliore.
  • Il tuo amico che ha il negozio all’angolo, quello che ti vende i Babà, ti ha detto guardandoti negli occhi “Ah, avessi io la tua glicemia… ” Lui prende farmaci per il diabete da 10 anni e dice di star benissimo…

A chi dare retta?

Mettiti comoda, sarà un articolo lunghetto perché vorrei fare una panoramica generale sul problema, approfondendo alcuni aspetti importanti che secondo me vengono spesso trascurati. Nel prossimo video parleremo invece di come funziona la gestione dello zucchero nell’organismo e, infine, concluderemo con un terzo video sul diabete, ma prima di arrivarci credo che sia utile mettere qualche fondamento teorico che ci permetta di inquadrare meglio il problema.

Se invece sei di fretta mettiamola così:

Se NON hai diabete e hai misurato la glicemia a digiuno da almeno 8 ore, se l’hai trovata inferiore a 100 è considerata normale, secondo alcuni autori anche 110, ma come vedremo insieme se hai voglia di dedicare qualche minuto in più, avere 99 è sì considerato normale, ma certamente non ideale.

Cos’è esattamente la glicemia?

La glicemia è la quantità di zucchero disciolta nel sangue.

Photo Credit twenty20.com

Mi permetterò per tutto l’articolo di parlare in modo generico di zucchero perché in questo contesto credo che sia una semplificazione che nulla toglie alla trattazione, anche se in realtà quello più presente nel sangue non è uno zucchero qualunque, ma glucosio.

Il glucosio è la benzina del nostro organismo, è la molecola che praticamente tutti gli organi del nostro corpo sono in grado di usare per trarre l’energia necessaria al loro funzionamento; molti organi sono anche capaci di ricorrere ai grassi quando necessario, ma ce ne sono alcuni che invece sono più schizzinosi e vogliono proprio lo zucchero: il midollo osseo, l’occhio, i testicoli negli ometti ma anche i globuli rossi, i globuli bianchi e, soprattutto, il cervello.

Il cervello ed il sistema nervoso centrale in genere rappresentano i maggiori consumatori di zucchero, pensa che ne richiedono anche più di 100 g al giorno, almeno in condizioni normali, poi ovviamente in caso di necessità l’evoluzione gli ha fornito la capacità di adattarsi anche a situazioni diverse in modo da garantire la sopravvivenza anche una volta terminate le scorte disponibili.

Il fatto che esistano organi e tessuti così dipendenti dal glucosio ha come ovvia conseguenza la necessità di fare in modo che questo sia sempre disponibile, distribuito e accessibile attraverso il sistema che si occupa di trasportare instancabilmente

  • sostanze energetiche e ossigeno dal centro alla periferia
  • molecole di rifiuto e anidride carbonica dalla periferia al centro,

ovvero il sangue.

Il sangue si occupa tra le altre cose di trasportare lo zucchero dove serve e sarà poi compito delle cellule prenderselo quando necessario: puoi immaginarlo come quei ristoranti orientali in cui ti fanno sedere vicino ad un nastro trasportatore su cui scorrono i piatti: tutto passa di lì e tu, quando c’è qualcosa che ti piace o che ti serve, lo prendi in autonomia.

Per fare in modo che ce ne sia per tutti la strada è una e una sola, mettere abbastanza zucchero in modo che anche il cliente seduto più lontano dalla cucina possa ancora trovare i piatti che gli servono, nonostante si serva per ultimo. Questo obiettivo viene brillantemente garantito attraverso meccanismi tali per cui la quantità di zucchero nel sangue non scenda mai sotto una certa soglia critica, ovvero 60 mg/dL.

Come si misura?

È possibile misurare la glicemia

  • su sangue venoso, prelevato ad esempio da una vena del braccio, tipicamente in ospedale od in laboratori specializzati,
  • su sangue capillare, mediante la puntura di un dito con un piccolo ago.

Il primo approccio è sicuramente caratterizzato da un’accuratezza maggiore, ma la valutazione su sangue capillare è molto più accessibile in termini di praticità e rapidità, essendo peraltro quella utilizzata dai pazienti diabetici a casa per monitorare l’andamento dei valori.

Lo strumento utilizzato a questo scopo prende il nome di glucometro e, secondo la norma ISO 15197, l’attuale generazione di dispositivi dovrebbero fornire risultati

  • con una tolleranza pari a ±15% rispetto alla misurazione su sangue venoso (laboratorio) per concentrazioni superiori a 100 mg/dL,
  • entro ±15 mg/dL per concentrazioni inferiori a 100 mg/dL

almeno il 95% delle volte, un risultato considerato più che soddisfacente per il controllo della malattia e per screening occasionali, ma che tuttavia non può essere considerato sufficiente per la diagnosi (un valore di 126 mg/dL, necessario alla diagnosi di diabete, è associato ad una tolleranza ammessa tra ±19 mg/dL!).

Tra i fattori in grado di influire sulla qualità della misurazione rientrano

  • calibrazione del dispositivo,
  • la temperatura ed umidità ambientale,
  • quantità di sangue,
  • presenza nel sangue di sostanze in grado di interferire (tra cui la vitamina C) nel sangue,
  • ematocrito,
  • sporcizia sul sensore,
  • invecchiamento delle strisce reattive.
Utilizzo del glucometro

By BruceBlaus. When using this image in external sources it can be cited as:Blausen.com staff (2014). “Medical gallery of Blausen Medical 2014”. WikiJournal of Medicine 1 (2). DOI:10.15347/wjm/2014.010. ISSN 2002-4436. – Own work, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=29738536

Da un punto di vista pratico si raccomanda di attenersi scrupolosamente alle istruzioni fornite con il dispositivo, ma generalmente è necessario:

  • Lavarsi ed asciugarsi bene le mani.
  • Inserire una striscia reattiva nello strumento.
  • Pungere il lato del polpastrello con la lancetta apposita (che è monouso).
  • Appoggiare la parte reattiva della striscia sulla goccia di sangue.
  • Leggere il valore sullo strumento.

Ciascuna misurazione richiede quindi l’utilizzo di una lancetta pungidito ed una striscia reattiva, entrambi monouso.

I rischi dell’ipoglicemia

Se misurando la glicemia in qualsiasi momento tu trovassi un valore più basso di 60-70 ti troveresti in ipoglicemia, avvertendo probabilmente

  • malessere e capogiri (il cervello non riceve più abbastanza zucchero),
  • fame (il corpo ti sta segnalando la necessità di porre rimedio),
  • disturbi della visione (ti ricordi? avevamo detto che l’occhio necessita di zucchero),
  • palpitazioni e tachicardia (il cuore fa il possibile per distribuire rapidamente quel poco che c’è, come se provassimo ad accelerare il nastro trasportatore con i piattini)
  • e poi ancora nervosismo, pallore, nausea, vomito, alterazioni dell’umore, mal di testa e se non poniamo rimedio e la glicemia dovesse continuare a scendere svenimento, shock e alla fine coma.

Potrebbe per esempio succedere in caso di digiuno prolungato, ma a meno che tu non sia diabetica è poco probabile lo sviluppo di una crisi grave, perché il nostro corpo è bravissimo a porvi rimedio e a contenere la situazione, sostanzialmente attraverso le due uniche strade possibili:

  1. Mobilizzare le riserve di zucchero se ci sono (riserve accumulate in forma di glicogeno nel fegato)
  2. Sintetizzare zucchero ex-novo mediante reazioni biochimiche (si parla in questo caso di gluconeogenesi e può usare ad esempio proteine e grassi accumulati, in particolare di questi ultimi ne abbiamo davvero un sacco a disposizione).

La riserva di zucchero epatica è estremamente limitata, si parla di circa 75 g per un uomo di 70 kg, per questo non devi vedere questi due meccanismi come prima uno e poi l’altro, ma come sempre succede nel nostro organismo, e ne vedremo altri esempi dopo, come un equilibrio dinamico tra i due, in cui viene enfatizzato un processo o l’altro a seconda della situazione.

Il punto fondamentale di tutto questo discorso è però sostanzialmente questo: anche se smettiamo di introdurre zuccheri con la dieta, ad esempio eliminando completamente pane, pasta, legumi e frutta, il nostro corpo farà comunque in modo che la glicemia non scenda sotto un livello minimo necessario alla vita.

Quanto zucchero c’è nel sangue?

Quanto zucchero circola in ogni momento nel sangue? Facciamo un rapido calcolo insieme. Abbiamo detto che il limite minimo della glicemia è circa 70 mg/dL, poi ci sono variazioni individuali e anche tra le stesse linee guida, ma prendiamo un valore più comune come può essere 90 mg/dL. Un uomo adulto diciamo che dispone di circa 5 L di sangue, forse un po’ di più, questo significa che in ogni momento in circolo ci sono circa 5 g di zucchero.

5 grammi? Ma come 5 grammi? Ma se abbiamo detto che solo il cervello ne consuma in condizioni ideali circa 100 g al giorno? Eh già, al netto delle approssimazioni i numeri sono proprio questi e non abbiamo contato il dispendio energetico dei muscoli. Quando esco a correre a seconda di velocità e distanza consumo qualche decina ulteriore di grammi e poi ovviamente ci sono tutte le altre funzioni dell’organismo. Questo ti fa capire quanto sia bravo l’organismo a gestire lo zucchero circolante, trovando costantemente un efficace compromesso tra quantità in circolo e necessità dell’organismo.

Su come ci riesce ne parleremo nel prossimo video, ma a questo punto credo che sorga abbastanza spontanea una domanda: se le necessità sono così tante, perché semplicemente non tenere in circolo una quantità maggiore di zucchero e risparmiarci la necessità di un costante aggiustamento dei valori? Mettiamo semplicemente più piattini sul nastro trasportatore, lasciamoli girare e buonanotte al secchio! Così intanto possiamo dedicarci ad altro.

Purtroppo questo non si può fare e sai perché?

I rischi dell’iperglicemia

Facciamo un esempio con qualcosa che conosciamo bene. Immagina uno sciroppo qualunque, oppure il miele, in entrambi i casi parliamo sostanzialmente di acqua e zuccheri.

Sapendo che il sangue deve scorrere facilmente all’interno di vasi via via più piccoli, fino a diventare microscopici, tu pensa se avesse la consistenza del miele… sarebbe davvero impossibile e questo è il risultato estremo di una soluzione in cui sia stata sciolta un’abbondante quantità di zucchero, ma non solo!

Purtroppo, anche senza arrivare a questi estremi, lo zucchero nel sangue reagisce costantemente con proteine ed altre sostanze attraverso processi di glicazione casuale, che tuttavia hanno come triste conseguenza il fatto che quello che ne risulta non è più utilizzabile, che si tratti di proteina o grasso.

In parole più semplici lo zucchero si attacca a proteine e grassi come fa il Koala con il suo albero preferito di eucalipto e li rende però inutilizzabili, inutili.

Photo Credit: https://elements.envato.com/

Ne è un esempio l’emoglobina glicata, di cui magari avrai sentito parlare, in cui ad essere attaccati dagli zuccheri sono i globuli rossi, a livello dell’emoglobina che contengono.

L’evoluzione ha quindi delimitato uno strettissimo intervallo di valori, frutto di un compromesso tra le necessità dell’organismo e la possibilità di poter rinunciare alle proteine perse a causa del nostro zucchero-koala, prezzo da pagare per poter disporre della quantità minima necessaria; questo è d’altra parte il modello in piccolo del dualismo dello zucchero sulla nostra tavola. È sostanzialmente necessario consumarne tutti i giorni, ma se esageriamo il danno può essere drammaticamente superiore al beneficio.

Valori normali o valori ideali?

Ecco perché come dicevamo all’inizio avere un valore normale, ovvero compreso tra 70 o 100, o addirittura tra 70 e 110 secondo alcuni Autori, non significa che è sicuramente tutto nella norma. Avere 109 è molto, molto diverso da 70. È un po’ come per i battiti cardiaci, ne avevamo parlato qui, o come la pressione, più basso è il valore è meglio è, ovviamente sempre a patto di non manifestare sintomi di malessere.

Per completare il quadro dei valori ricordiamo poi che:

  • Valori inferiori a 60-70 sono indice di ipoglicemia, ovvero troppo bassi.
  • Valori compresi tra 100 e 125 sono indicativi di alterata glicemia a digiuno, quello che una volta si chiamava prediabete
  • Valori da 126 in su sono infine indicativi di diabete conclamato, a patto che la misurazione venga confermata da un secondo prelievo effettuato qualche tempo dopo il primo.

Di questi due casi, alterata glicemia a digiuno e diabete, ne parleremo meglio nel terzo video della serie, ma a conferma di quanto detto prima, ovvero che la glicemia non basta che sia normale perché più è bassa e meglio è, ti sottolineo che per un diabetico avere 130 o avere 200 fa tutta la differenza del mondo in termini non solo di possibili complicazioni, ma anche di aspettativa di vita.

Chiaramente ci sono degli importanti distinguo, ad esempio se hai 100 anni e mi stai leggendo sappi innanzi tutto che provo grande invidia per come sei invecchiata, ma sappi anche che nel tuo caso un valore di 100-110 può essere molto più accettabile rispetto ad un diversamente giovane come potrei essere io.

Quando iniziare a preoccuparsi della glicemia?

Adesso, subito, da ieri! Non è mai troppo presto per migliorare dieta e stile di vita, così come non è mai troppo tardi. Se oggi stai bene inizia a preoccuparti da oggi di migliorare o mantenere una glicemia ottimale. Se sei diabetico non è comunque troppo tardi per impegnarsi a migliorare i propri valori, perché farlo può significare conservare o meno la vista tra 10 anni, può significare andare o meno incontro ad un’amputazione del piede, può significare guadagnare o perdere anni di vita. Ricorda, non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi.

Di Gregory Maxwell – From File:Yin yang.png, converted to SVG by Gregory Maxwell., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=364239

Insomma, per riassumere, zucchero e glicemia sono per certi versi concettualmente simili al dualismo dello yin/yang: di per sé non sono né il male assoluto né il bene, quello a cui dobbiamo tendere è invece un equilibrio dinamico, quotidiano, costruito non solo su cosa mangiare, ma anche come, quando e in abbinamento a cosa, attività fisica, ovviamente, e aspetti trascurati come il sonno e la gestione dello stress.

 

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