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Cos’è il dolore cronico?
Una persona su 5.
In Italia, oltre 10 milioni di adulti soffrono di dolore cronico, con una certa prevalenza delle donne. Questi sono i drammatici numeri che emergono dal rapporto Istisan, ripreso anche dall’Istituto Superiore di Sanità.
Ci sono dolori che hanno perduto la memoria e non ricordano perché sono dolori.
Così scrive lo scrittore italoargentino Antonio Porchia e la frase delinea con triste eleganza un concetto medico apparentemente banale, ma che a un’analisi approfondita rivela invece non solo una certa complessità, ma in alcuni pazienti addirittura un apparente paradosso.
La definizione di dolore cronico è infatti molteplice e multisfaccettata, perché è un tipo di dolore che
- persiste o si ripresenta per un periodo superiore ai 3 mesi,
- si associa a una lesione che non guarisce
- oppure [ed è questa la situazione più paradossale, che] persiste per oltre un mese dopo la risoluzione di una lesione.
Cronico è un aggettivo che suggerisce una durata prolungata, quindi i primi due casi sono abbastanza intuitivi da comprendere, ma il terzo… il terzo… Come può guarire una ferita e persistere il dolore?
Lo spiega bene la dottoressa Racagni, “diversamente dal dolore acuto, che è provocato da una specifica malattia o lesione, il dolore cronico diventa esso stesso malattia se non viene correttamente gestito”.
Il dolore, da sintomo espressione di malattia, diventa esso stesso malattia, diventa causa di sé stesso.
Perché succede?
Restano ancora tanti aspetti da chiarire, ma quando una lesione, seppure magari apparentemente lieve, stimola senza soluzione di continuità i recettori del dolore, questi vanno il tilt, si perde il controllo e la sensibilità e si sviluppa uno stato di continua e ingiustificata segnalazione al cervello, anche quando la lesione iniziale è magari ormai guarita o visibilmente migliorata.
Come scrive il manuale MSD, la ragione risiede nel processo di sensibilizzazione: “il malessere dovuto a una patologia in risoluzione e che verrebbe altrimenti considerato come lieve o come appena fastidioso viene invece percepito come un dolore significativo”.
Esempi
Facciamo qualche esempio pratico: tornando alle statistiche italiane, scopriamo ad esempio che la causa più comune di dolore cronico è una malattia primaria, responsabile del dolore, come succede con diverse forme di artrite, un diabete avanzato, alcune forme di mal di testa, un’ernia del disco o anche la meno nota ma devastante fibromialgia.
In altri casi l’origine può essere un trauma, un intervento chirurgico o un tumore.
Esiste infine una quota, tutt’altro che irrilevante, di pazienti che lamentano dolore cronico ma senza ancora una chiara diagnosi di malattia.
Dolore neuropatico
Una distinzione importante, soprattutto quando si tratta di trovare una terapia efficace, è quella tra dolore cronico associato a lesioni dei tessuti, come quello dell’artrosi o dell’artrite reumatoide, rispetto a quello per certi versi più subdolo che coinvolge invece il sistema nervoso, il cosiddetto dolore neuropatico.
Tra gli esempi di dolore neuropatico troviamo tanto quello causato dall’herpes zoster, o fuoco di Sant’Antonio, causato dalla riattivazione a livello dei nervi del virus della varicella, quanto quello apparentemente inspiegabile spesso causato dalla sindrome dell’arto fantasma, ovvero la percezione di sensazioni dolorose a un arto che è tuttavia stato amputato. Per spiegarlo con una triste ironia, è come se nessuno avesse avvertito il cervello dell’amputazione o che questo non si arrenda all’idea.
Sintomi
Il sintomo chiave del dolore cronico è ovviamente il dolore stesso, che può assumere tratti anche caratteristici e talvolta differenti da quello che siamo abituati a considerare dolore, sia come tipo di sensazione che come entità.
Purtroppo c’è molto di più… e non mi riferisco solo agli eventuali segni e sintomi caratteristici della causa scatenante, almeno quando presente, come può essere il rossore di un’articolazione infiammata o lo sfogo cutaneo dell’herpes zoster, ma penso soprattutto alle ripercussioni psicologiche.
Il paziente affetto da dolore cronico è una persona che, comprensibilmente, può progressivamente maturare sentimenti di sfiducia, di rassegnazione, di tristezza, che purtroppo troppo spesso sfociano in veri disturbi psicologici come depressione o ansia.
Quante volte hai sentito di medici che hanno sbrigativamente spiegato con la presenza di una sindrome ansiosa la persistenza di un dolore inspiegabile?
In alcuni casi può trattarsi di una diagnosi effettivamente un po’ frettolosa, ma va riconosciuta la difficoltà di distinguere correttamente i diversi casi: certo, alcuni fattori psicologici possono amplificare il dolore persistente e fa bene il paziente a non arrendersi alla prima diagnosi, ma può essere vero anche il contrario, depressione e ansia possono predisporre allo sviluppo di dolore, e non è mai facile accettarlo e farsene una ragione.
E allora riconoscere l’origine del malessere diventa drammaticamente complesso, con un paziente che precipita in un circolo vizioso di scoramento, peggioramento del dolore e aggravamento dello stato psicologico.
Inoltre anche l’ambiente familiare, professionale e sociale possono contribuire, seppure involontariamente, a rinforzare comportamenti e situazioni che perpetuano ulteriormente il dolore cronico.
Terapia
La buona notizia è che negli ultimi anni c’è una crescente attenzione su questo tema, tanto dalla Medicina quanto, va detto, anche dalla politica, attraverso alcune buone leggi che stanno tentando con più o meno successo di semplificare l’accesso alle terapie.
Non è mai abbastanza, lo so, ma è un inizio.
Lo specialista che si occupa di dolore cronico è l’algologo, tipicamente un anestesista, ma il dolore cronico è una patologia complessa che richiede un approccio altrettanto complesso, strutturato, spesso multidisciplinare. Le armi a disposizione sono essenzialmente 6:
- farmaci,
- fisioterapia e terapia fisica in genere,
- chirurgia e altre procedure mediche,
- stile di vita,
- terapie complementari,
- psicoterapia.
Farmaci
Per gestire il dolore cronico, esistono diverse opzioni farmacologiche, con uno spettro di efficacia e di sicurezza estremamente variabile.
Si parte ovviamente dai medicinali di libera vendita, noti anche come farmaci da banco, tra cui paracetamolo, noto per le sue proprietà analgesiche ma privo di effetto antinfiammatorio (con vantaggi e svantaggi), e ovviamente i farmaci antinfiammatori non steroidei come l’ibuprofene o il naprossene, che combattono invece sia il dolore che l’infiammazione.
Quando questi rimedi non sono sufficienti, si può ricorrere a farmaci più potenti, come gli oppioidi, che agiscono direttamente sul sistema nervoso centrale per alleviare il dolore intenso; da grandi poteri derivano grandi responsabilità, e purtroppo oltre ad alcuni effetti indesiderati e una finestra terapeutica un po’ più delicata rispetto agli antinfammatori, questa classe di farmaci porta con sé l’elevato rischio di sviluppare dipendenza, a maggior ragione in un contesto come quello del dolore cronico che, per definizione, ha durata protratta.
Esiste poi l’opportunità dei farmaci cortisonici, nonché approcci più specialistici, più o meno invasivi, come cerotti medicati con antinfiammatori o anestetici locali e l’epidurale, ma la soprattutto si può ricorrere ad altre classi di farmaci che, sebbene non siano stati originariamente sviluppati per il trattamento del dolore, si sono dimostrati efficaci in questo ambito. Alcuni antidepressivi, ad esempio, possono essere utili non solo per gestire la componente emotiva del dolore cronico, ma anche per modulare la percezione del dolore stesso. Allo stesso modo, alcuni farmaci antiepilettici, come il gabapentin o il pregabalin, si sono rivelati efficaci nel trattamento di certi tipi di dolore neuropatico.
Spesso la gestione ottimale del dolore cronico richiede un approccio multifarmacologico, con una combinazione personalizzata di medicinali, una strategia che se ben pianificata permette di affrontare il problema da più angolazioni, potenzialmente ottenendo non solo un maggior sollievo, ma anche una riduzione di effetti indesiderati e rischi.
Fisioterapia
Alcuni tipi di dolore cronico rispondono bene alla fisioterapia, intesa come manipolazione e, soprattutto, esercizi mirati al miglioramento della funzionalità fisica e contemporanea riduzione della percezione del dolore.
A seconda delle esigenze il programma può prevedere esercizi di
- rafforzamento muscolare, pensati per incrementare la forza e la stabilità delle aree interessate dal dolore,
- allungamento e flessibilità, volti a migliorare l’elasticità dei tessuti, ridurre la rigidità articolare e aumentare l’ampiezza dei movimenti.
L’efficacia della terapia fisica nel trattamento del dolore cronico è supportata da numerose evidenze scientifiche, soprattutto per specifiche patologie come mal di schiena cronico, osteoartrite, fibromialgia e anche alcuni tipi di cefalea.
Inutile dire che per massimizzare i risultati sarebbe opportuno pianificare un programma attentamente personalizzato in base alle specifiche esigenze, capacità e obiettivi di ciascun paziente (ciò che funziona per una persona potrebbe non essere adatto per un’altra) e il piano di trattamento potrebbe richiedere aggiustamenti nel tempo in base ai progressi e alle risposte del paziente stesso.
Infine, ma non meno importante, l’efficacia della terapia fisica dipende in larga misura dall’impegno e dalla costanza del paziente; molti programmi richiedono anche la pratica di esercizi da eseguire a casa, e l’aderenza a queste routine può fare una grande differenza nei risultati a lungo termine.
Molto interessante, a questo proposito, la conclusione di questo studio:
La frequenza dell’esercizio è più importante del tipo, della durata o dell’intensità.
È una semplificazione ovviamente, ma rende l’idea. Attività fisica che peraltro è in grado di agire positivamente anche sull’umore, innescando una sorta d’inversione positiva sul circolo vizioso che sostiene dolore e sintomi depressivi.
Chirurgia e altre procedure mediche
Blocchi nervosi, interventi chirurgici e interventi direttamente sui nervi; queste sono alcune delle possibilità più recenti offerte dalla Medicina, ma soprattutto nel caso degli interventi più invasivi si tratta ovviamente di opzioni di seconda linea, quando dovessero fallire altri approcci più conservativi.
Stile di vita
La gestione efficace del dolore cronico va oltre il semplice trattamento dei sintomi e richiede un approccio olistico alla salute. Adottare uno stile di vita sano può giocare un ruolo davvero cruciale nel migliorare la tua qualità di vita, ma anche per ridurre l’intensità e la frequenza degli episodi di dolore.
Smettere di fumare
Uno dei passi più significativi che puoi intraprendere è smettere di fumare, se sei un fumatore. Il tabagismo non solo ha effetti negativi sulla salute generale, ma può anche esacerbare il dolore cronico. La nicotina restringe i vasi sanguigni, riducendo il flusso di sangue e ossigeno ai tessuti, il che può intensificare il dolore. Se trovi difficile smettere da solo non esitare a chiedere supporto. Esistono numerose risorse disponibili, dai programmi di cessazione del fumo ai farmaci, che possono aumentare significativamente le tue possibilità di successo.
Peso corporeo
Il mantenimento di un peso corporeo sano è un altro fattore chiave nella gestione del dolore, soprattutto per quanto riguarda le articolazioni portanti come anche e ginocchia. L’eccesso di peso aumenta lo stress meccanico su queste articolazioni, accelerandone l’usura e potenzialmente esacerbando condizioni come l’osteoartrite. Anche una modesta perdita di peso può portare a miglioramenti significativi nella riduzione del dolore e nell’aumento della mobilità, ma anche quando la natura del dolore non fosse conseguenza di artrosi la perdita di almeno una parte dei chili in eccesso può giocare un ruolo fondamentale, perché direttamente associata a una riduzione dell’infiammazione sistemica cronica, che a sua volta peggiora il dolore.
Dieta
Inutile dire che l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale non solo nel controllo del peso, ma anche nella gestione diretta dell’infiammazione e del dolore. Una dieta equilibrata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, frutta secca a guscio, semi e naturalmente olio extravergine di oliva, può fornire i nutrienti necessari per sostenere la salute delle articolazioni e dei tessuti. Alcuni alimenti, come i pesci grassi ricchi di omega-3, le noci e i semi, hanno proprietà anti-infiammatorie naturali che possono contribuire a ridurre il dolore. Al contrario, limitare il consumo di alimenti processati, zuccheri raffinati e grassi saturi può aiutare a controllare l’infiammazione sistemica.
Attività fisica
L’esercizio fisico regolare è un pilastro fondamentale nella gestione del dolore cronico, come abbiamo già accennato prima parlando di fisioterapia. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un’attività fisica appropriata non solo può alleviare il dolore esistente, ma può anche prevenire l’insorgenza di nuovi episodi dolorosi. L’esercizio aiuta a mantenere la flessibilità delle articolazioni, rafforza i muscoli di supporto e migliora la circolazione sanguigna, tutti fattori che contribuiscono alla riduzione del dolore. Inoltre, l’attività fisica stimola il rilascio di endorfine, i naturali antidolorifici del corpo, che possono migliorare l’umore e la percezione del dolore.
È importante sottolineare che il tipo e l’intensità dell’esercizio devono essere adattati alle tue specifiche condizioni e capacità, ma attività a basso impatto come il nuoto, il pilates, lo yoga o semplici passeggiate possono essere ottimi punti di partenza adatti praticamente a tutti. In questo gruppo di attività ci inseriamo anche quelle pratiche di medicina complementare che, a differenza di quelle citate, potrebbero non godere di una reale evidenza scientifica di efficacia, ma se praticate da personale sanitario qualificato potrebbe avere senso provare, come ad esempio l’agopuntura o il ricorso a integratori e simili.
Sonno e stress
Infine, non sottovalutare l’importanza del sonno e della gestione dello stress nella tua routine di cura personale. Un sonno adeguato è essenziale per la riparazione dei tessuti e il controllo del dolore, mentre tecniche di gestione dello stress come la meditazione o il rilassamento progressivo possono contribuire a ridurre la tensione muscolare e migliorare la tua capacità di gestire il dolore. Permettimi di ricordarti che nella gestione dello stress qualsiasi strategia è buona e può avere effetti superiori alle aspettative, come ad esempio l’ascolto o la pratica attiva della musica.
Psicoterapia
Ho lasciato la psicoterapia per ultima, ma non certo perché meno importante, tutto il contrario.
Che si tratti di terapia cognitivo comportamentale o altro approccio, magari più recente, intraprendere un percorso psicologico può davvero fare tutta la differenza del mondo e a questo punto, avendo esplorato i numerosi legami che si intrecciano in modo complesso e in entrambe le direzioni, tra mente e dolore, non dovrebbe stupirti.
E allora perché siamo ancora così restii a rivolgerci a uno psicologo?
Perché se ci viene una macchia strana sulla pelle andiamo subito dal dermatologo, se abbiamo mal di denti andiamo dal dentista e se invece abbiamo difficoltà in ambito di salute mentale troviamo così difficile rivolgersi al professionista che se ne occupa?
Credimi, è davvero ora di spazzare per sempre lo stigma che avvolge questa branca della Medicina e accettare l’idea che possa realmente fare la differenza in alcuni casi; non aspettare di fare il passo quando ti trovi all’angolo e hai già provato tutto, perché come abbiamo detto all’inizio ci sono ragioni organiche per spezzare il circolo vizioso della sensibilizzazione al dolore il prima possibile… più aspetti e più diventa complicato uscirne.
Fonti e bibliografia
Le domande più frequenti
Qual è la differenza tra dolore acuto e dolore cronico?
Chi colpisce maggiormente il dolore cronico?
Come spegnere il dolore cronico?
Autore
Dr. Roberto Gindro
DivulgatoreLaurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.