Olio di cocco: benefici e controindicazioni (basta segreti!)

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Introduzione

  • Elimina il grasso addominale,
  • riduce l’appetito,
  • rafforza il sistema immunitario,
  • previene le malattie cardiache
  • riduce il rischio di sviluppare demenza,
  • aumenta il testosterone e ovviamente la potenza sessuale,
  • riduce i consumi del motorino
  • e ti fa anche pagare meno tasse.

Questi sono solo alcuni dei benefici dell’olio di cocco, per non parlare del suo dolce profumo dei tropici… ma sarà proprio così?

Cos’è l’olio di cocco?

L’olio di cocco è un grasso ottenuto dalla polpa della noce di cocco; al pari di qualsiasi altro olio o grasso da condimento, che sia olio extravergine di oliva, burro o strutto, contiene praticamente il 100% di grassi, nessuna traccia di proteine né di carboidrati.

Può essere prodotto attraverso diversi procedimenti, ma è importante notare che da un punto di vista nutrizionale il risultato non è poi troppo diverso: che sia raffinato o vergine, continua non solo a contenere esclusivamente solo grassi, ma anche la ripartizione tra i diversi acidi grassi rimane sostanzialmente invariata.

Scegliere l’olio di cocco vergine, proprio come succede con l’olio di oliva extravergine, significa invece garantirsi un apporto più sensibile di micronutrienti, ad esempio in termini di antiossidanti, e potenzialmente meno contaminanti residui dei processi di lavorazione. Se confrontiamo olio di cocco raffinato e olio di cocco vergine il secondo è sicuramente preferibile, ma nei seguenti paragrafi concentreremo l’attenzione sul contenuto in grassi, perché è su questi che si basano i presunti effetti benefici, e ribadisco nuovamente che da questo punto di vista la differenza tra i due è trascurabile.

Cosa contiene?

Posto che l’olio di cocco è quindi composto praticamente al 100% da grassi, è interessante capire che tipo di grassi contiene e la risposta è semplice, contiene per il 90% circa  grassi saturi, simili a quelli animali, tanto per intenderci, e che sono quindi stati associati a un più elevato rischio di sviluppo di aterosclerosi ed eventi cardiovascolari come infarti e ictus.

L’olio di cocco, pur essendo un grasso vegetale, è quindi un’eccezione, ma non nel senso che ti ha spiegato la tua influencer; insieme all’altrettanto noto olio di palma e a pochi altri, fa parte dei cosiddetti oli tropicali, che condividono essenzialmente due caratteristiche:

  • sono prodotti a partire da frutti tipici dei climi caldi (tropicali, appunto),
  • e a differenza della maggior parte delle altre fonti di grasso vegetali, gli oli tropicali sono caratterizzati da un contenuto di grassi molto più ricco di saturi. In altre parole, olio di cocco e olio di palma sono molto più simili a burro e strutto che non a olio d’oliva e avocado.

A titolo di paragone l’olio di oliva contiene solo circa il 15% di grassi saturi contro i, lo ribadiamo, 90% dell’olio di cocco.

Ma l’olio di cocco è pronto a calare l’asso, perché tra i grassi contenuti spicca la presenza dell’acido laurico, che è da solo responsabile di circa la metà dell’intero apporto.

Acidi grassi a catena media

L’acido laurico è in effetti una molecola un po’ particolare; fa parte dei cosiddetti acidi grassi a catena media, espressione che non indica semplicemente una ridotta dimensione della molecola, ma che soprattutto è presupposto per importanti ripercussioni sul destino cui va incontro.

La discriminazione metabolica tra i vari acidi grassi inizia presto, nel tratto gastrointestinale, dove gli acidi a catena media vengono assorbiti in modo più efficiente rispetto agli acidi grassi a catena lunga. Successivamente i medi come il laurico vengono trasportati attraverso il sangue direttamente al fegato, a differenza di quelli lunghi che prima di raggiungere il sangue devono essere inscatolati e immessi nella linfa.

L’ultima differenza chiave risiede nel modo in cui entrano nei mitocondri, le centrali elettriche della cellula dove vengono trasformati in energia: gli acidi a media catena riescono a entrare in modo preferenziale, per i più tecnici “indipendentemente dal sistema di trasporto rappresentato dalla carnitina“.

Gli acidi grassi a catena media si trovano anche nel latte vaccino, per venire poi concentrati ad esempio nel burro, ma è nell’olio di cocco che si trovano in quantità davvero rilevante; in virtù di questa via di assorbimento facilitata trovano impiego clinico nelle condizioni caratterizzate da disturbi di malassorbimento, ovvero quando per qualsiasi ragione l’intestino del paziente si trova in difficoltà nell’assorbimento degli acidi grassi a catena lunga.

Questo è più o meno quello che ti raccontano i fautori dell’olio di cocco come panacea di tutti i mali, ma in realtà, se proprio volessimo essere precisi, l’acido laurico può essere classificato tanto come acido grasso a catena media che a catena lunga; con i suoi 12 atomi di carbonio si trova infatti proprio al limite tra le due categorie, e in effetti in quanto a digestione e metabolismo “si comporta più come un acido grasso a catena lunga, perché la maggior parte (70%–75%) viene assorbita dai chilomicroni [(ovvero secondo la via tradizionale)]. In confronto, il 95% degli acidi grassi a catena media [più corti del laurico], vengono assorbiti direttamente dalla vena porta”  come illustrato prima (fonte), ma questi corrispondono solo a un 10-15% circa del totale presente nell’olio di cocco.

Ti faccio queste precisazioni perché, seppure apparentemente noiose, sono rilevanti ai fini della discussione complessiva, in quanto tra i fautori dell’olio di cocco spesso si citano proprio queste proprietà peculiari degli acidi grassi a catena media alla base dei presunti benefici.

Facciamo quindi finta che il laurico si comporti come i fratelli minori a catena più media di lui e analizziamoli questi benefici…

I benefici degli acidi grassi a catena media

Su Wikipedia italiana si legge che i vantaggi degli acidi grassi a media catena comprenderebbero:

  • più facile metabolizzazione e ossidazione
  • maggiore termogenesi alimentare
  • maggiore consumo lipidico
  • minore probabilità di accumulo
  • riduzione del volume degli adipociti
  • riduzione del peso corporeo
  • maggiore potere saziante
  • proprietà dimagranti.

È sicuramente vero che vengono assorbiti e metabolizzati più facilmente, ne abbiamo appena visto le ragioni, ma purtroppo su quasi tutto il resto casca l’asino… Prova a pensare: com’è possibile che introducendo calorie si dimagrisca?

Temo che l’equivoco nasca da una cattiva interpretazione del fatto che, consumando lipidi in abbondanza, soprattutto se questi sono di così facile utilizzo, si stimola il corpo a favorire l’utilizzo di questi a scopo energetico rispetto a carboidrati e proteine… ma per fortuna (se pensiamo all’uomo di 10000 anni fa) o purtroppo (se pensiamo a noi stessi), il corpo ha un pessimo vizio: produce energia bruciando grassi e/o carboidrati solo quando queste calorie gli servono… ma rimane sempre e soltanto il bilancio tra introduzione di calorie e spesa che determina l’eventuale variazione di peso.

Sono preferenzialmente ossidati rispetto ad altri grassi, ma non per questo promuovono un’ossidazione senza scopo.

Discorso simile per la termogenesi, ovvero il costo che il nostro organismo spende per estrarre l’energia dagli alimenti; è vero che nei grassi a catena media è più favorevole, ma questo non li rende certo a calorie negative… a parità di peso assorbirai qualche punto percentuale in meno di calorie, ma certamente non ti faranno dimagrire (Per approfondire: Come assumere l’olio di cocco per dimagrire).

L’olio di cocco contiene tante calorie e tanti grassi totali quanto altre fonti di grassi, circa 110-120 calorie per cucchiaio…. e scusa se è poco!

Ma, ehi, questo sulla carta… può essere che ci sia qualche meccanismo non ancora noto, quindi per verificare possiamo ricorrere a studi sul campo; una revisione recente, del 2022, che mette insieme tutta la letteratura affidabile sul tema, dimostra che non solo non riduce il peso corporeo, non solo non riduce la circonferenza in vita, ma non riduce nemmeno la massa grassa… e onestamente mi sarei stupito del contrario. Come concludono gli autori:

L’assunzione di olio di cocco non ha dimostrato alcun miglioramento clinicamente rilevante nel profilo lipidico e nella composizione corporea rispetto ad altri oli/grassi. Dovrebbero essere implementate strategie per consigliare al pubblico di consumare altri oli dai comprovati effetti cardiometabolici, non di olio di cocco.

Eh già, perché non solo non è utile, ma dobbiamo parlare anche del rischio cardiometabolico.

Controindicazioni: rischio cardiovascolare

(NB: Una piccola premessa… parlerò di colesterolo buono e cattivo per rendere più comprensibile il ragionamento, anche se questi aggettivi sono impropri.)

Una revisione sistematica e meta analisi pubblicata su Circulation nel 2020 purtroppo non lascia molto spazio all’immaginazione:

Il consumo di olio di cocco porta a un aumento significativamente maggiore del colesterolo LDL rispetto agli oli vegetali non tropicali.

Ma come? E l’acido laurico a catena media? Non aumentava il colesterolo HDL… quello buono?

L’acido laurico aumenta notevolmente il colesterolo totale, ed effettivamente gran parte del suo effetto si esprime sul colesterolo HDL (fonte). Purtroppo c’è un problema… aumenta comunque anche il colesterolo LDL, quello cattivo… Leggerai che aumentando di più l’HDL questo va a compensare il peggioramento del primo, grazie al miglioramento del rapporto tra i due, peccato che questa posizione era ritenuta corretta circa 10 anni fa, prima delle dimostrazioni inequivocabili del fatto che il colesterolo LDL è un fattore di rischio indipendente.

“Indipendente” significa che a parità di qualsiasi altra condizione, avere un colesterolo LDL più alto significa rischiare di più, come dimostrano ad esempio i recenti studi di randomizzazione mendeliana e d’intervento.

Ecco perché ad oggi il rapporto tra colesterolo LDL e HDL ha perso d’importanza e, soprattutto, non è più sufficiente a giustificare valori di LDL oltre i limiti. Questa è esattamente la ragione che ha spinto l’American Heart Association a esporsi in modo molto netto, sconsigliando il consumo di olio di cocco.

Sebbene l’HDL sia ancora oggi considerato un robusto indicatore di rischio per le malattie cardiovascolari, quando troppo basso, gli studi genetici e i farmaci che aumentano l’HDL ad oggi non hanno mai dimostrato un effetto diretto di protezione: insomma, avere un HDL elevato è una buona cosa, ma alzarlo apposta non sembra essere particolarmente utile, probabilmente ad essere effettivamente utili sono alcuni comportamenti protettivi come l’attività fisica e una buona dieta, che inducono anche un aumento del valore di HDL senza che questo possegga un proprio meccanismo di protezione una volta raggiunti almeno i valori normali.

L’insieme delle prove ottenute mediante gli studi di intervento condotti fino ad oggi suggerisce che la sostituzione dell’olio di cocco con grassi insaturi cis altererebbe i profili lipidici nel sangue in modo coerente con una riduzione dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Fonte

Tradotto, buttare via l’olio di cocco e sostituirlo con i grassi insaturi caratteristici di pesce, oli di semi e frutta secca a guscio, salva delle vite.

L’olio di cocco, oltre all’acido laurico di cui abbiamo già parlato, contiene anche un 18% di miristico che, senza se e senza ma, è purtroppo noto per il suo effetto di aumento del colesterolo LDL.

Il ricercatore di Harvard che ha firmato un editoriale sulla prestigiosa rivista Circulation, in accompagnamento alla revisione di cui abbiamo accennato prima… come dire, mi sembra abbastanza inequivocabile sul tema:

L’olio di cocco può essere considerato uno degli oli da cucina più dannosi dal punto di vista del rischio di malattie cardiovascolari.

Per cosa possiamo usare l’olio di cocco?

Ragazza con in mano una noce di cocco aperta

Shutterstock/KOBRIN PHOTO

Quindi dobbiamo proprio buttarlo via?

No, non si butta mai via nulla, puoi ad esempio usarlo su capelli e pelle, per cui a seconda del tipo di cute può essere un efficace idratante. Ad esempio in caso di capelli secchi o crespi si può applicare una piccola quantità sul fusto del capello, lasciando poi agire per il tempo desiderato e infine lavare.

Capelli e pelle, ad esempio; l’olio di cocco è un efficace idratante per pelle e capelli. Ad esempio in caos di capelli secchi o crespi si può applicare una piccola quantità sul fusto del capello, lasciando poi agire per il tempo desiderato e infine lavare.

Ironie a parte, l’olio di cocco vergine ha un punto di fumo di circa 177 °C, che ne consente un uso per cotture rapide e non aggressive, come invece può essere la frittura; hai un po’ più di margine con quello raffinato, il cui punto di fumo è di poco superiore ai 200°, ma a mio avviso c’è un’unica ragione per ricorrere all’olio di cocco, che è sfruttarne il retrogusto dolciastro quando questo sia funzionale alla ricetta e il primo esempio che mi viene in mente è certamente nella preparazione di curry di verdure, in cui l’aroma delle spezie crea un contrasto incredibilmente piacevole, posto che in realtà (con tutti i limiti delle mie competenze culinarie) spesso si usa il latte di cocco, più che l’olio di cocco, che ha una composizione già più equilibrata.

Per quanti sforzi io possa fare, non vedo davvero altre ragioni plausibili per preferirlo ad altri grassi.

Una sola precisazione: tipicamente l’olio di cocco vergine mantiene in parte odore e aroma del cocco, a differenza di quello raffinato, che è invece sostanzialmente neutro.

Il cocco intero si può mangiare?

Certo che sì, anzi, le prove epidemiologiche provenienti da popolazioni che consumano notevoli quantità di cocco sono spesso citate come prova che l’olio di cocco non avrebbe effetti negativi sulla salute cardiovascolare, ma dimenticandosi di dire che si stanno paragonando praticamente due alimenti diversi, per almeno tre ragioni:

  1. l’assenza della fibra nell’olio di cocco,
  2. la presenza di acqua che ne abbatte il contenuto di grassi e calorie a parità di peso,
  3. il fatto che di polpa di cocco tendenzialmente ne mangiamo qualche pezzetto e poi siamo a posto, avendo così consumato solo una frazione dei grassi e delle calorie che potremmo facilmente deglutire a parità di volume di olio di cocco.

E, non meno importante, ci si dimentica che queste popolazioni hanno tendenzialmente una dieta complessivamente plant-based e non lesinano nemmeno per quanto riguarda l’attività fisica

Fonti e bibliografia

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