Cos’è il vaiolo
Il vaiolo è una malattia contagiosa di origine virale, i cui ultimi casi si sono registrati negli anni settanta. L’Organizzazione Mondiale Della Sanità (OMS) ha dichiarato l’eradicazione della malattia nel 1980 e conseguentemente è stato abrogato l’obbligo alla vaccinazione presente fino ad allora; questo risultato è stato reso possibile grazie ad un efficace programma, diffuso in tutto il mondo dall’OMS, che combinava vaccinazione e quarantena.
Si tratta di una malattia contagiosa particolarmente grave, che si trasmette da un soggetto all’altro; i sintomi principali consistono in febbre e rash cutaneo, caratteristico e progressivo, responsabile della comparsa di cicatrici permanenti su vaste aree del corpo, spesso volto compreso. In alcuni casi il virus si è reso responsabile di cecità permanente.
La mortalità media era pari a circa il 30% dei pazienti.
Esistevano due principali varianti del virus del vaiolo:
- Variola major, infezione più pericolosa e associata a un tasso di mortalità maggiore, di cui esistono quattro sottotipi:
- ordinario, rende conto di circa il 90% dei casi,
- modificato, una forma lieve tipica dei soggetti già vaccinati, caratterizzata da un andamento meno grave e una sintomatologia meno accentuata; questo tipo è raramente fatale e può essere facilmente confuso con la varicella,
- piatto (anche detto maligno): una forma quasi sempre fatale, che si sviluppa più spesso nei bambini e nei soggetti con disordini del sistema immunitario,
- emorragico: forma rara, ma molto grave, caratterizzata dalla presenza di emorragie a livello della cute, delle mucose, del tratto gastro-intestinale; in questo caso non si sviluppano le vescicole (rash cutaneo “piatto”), ma la cute appare da subito scura, a causa dell’accumulo di sangue nel derma profondo. L’emorragia può interessare l’occhio (a livello sottocongiuntivale), il cuore, la milza, il rene, il fegato e i muscoli. Anche questa forma è più comune nei soggetti immunodepressi, per lo più adulti.
- Variola minor, causa di una forma più lieve della malattia, detta alastrim, con una mortalità più bassa (inferiore all’1%).
Il virus del vaiolo non esiste più in natura, ma esistono alcune riserve conservate per scopi di studio e ricerca.
La vaccinazione antivaiolosa è invece ancora disponibile, ma attualmente viene eseguita solo su soggetti a rischio (scienziati, medici, professionisti che lavorano negli ambienti di ricerca a potenziale contatto col virus).
Trasmissione
L’essere umano è l’unico ospite del virus, che non si trasmette quindi per mezzo di animali o altri vettori.
La trasmissione del virus avviene essenzialmente per:
- inalazione,
- contatto con croste (meno efficace),
- contagio attraverso liquidi corporei infetti (saliva e secrezioni nasofaringee) o oggetti personali contaminati.
A seguito del contagio il virus raggiunge le vie respiratorie dove inizia a moltiplicarsi, in principio senza causare sintomi o possibilità di ulteriore contagio; segue poi il coinvolgimento dei linfonodi locali e la diffusione del virus per via ematica a vari organi e tessuti:
- milza,
- fegato,
- midollo osseo,
- altri linfonodi,
- altri organi,
- cute.
In questa fase compaiono i sintomi.
La possibilità di trasmissione ad altri soggetti inizia in genere a seguito della comparsa delle manifestazioni cutanee e il paziente rimane contagioso per tutta la durata della malattia, ma in particolar modo durante la prima settimana di rash cutaneo, fino a che non si sia staccata anche l’ultima crosta.
Sintomi
L’incubazione del vaiolo ha una durata variabile dai 5 ai 17 giorni (in media 12); i sintomi comprendono varie manifestazioni, caratteristiche di ogni fase della malattia.
Inizialmente l’infezione si presenta con:
- febbre,
- malessere generale,
- emicrania,
- dolori muscolari,
- vomito.
Successivamente compare il tipico rash cutaneo, che si manifesta con la presenza di piccole macchie rosse che iniziano a livello della bocca e della lingua, della durata di 4-5 giorni; le macchie possono poi infettarsi e diventare delle vere e proprie ulcere, fase in cui l’infezione risulta più contagiosa. Poco più tardi compaiono nuove eruzioni cutanee, diffuse a tutta la pelle (dal volto agli arti superiori e inferiori) e nel giro di 24 ore l’intera superficie cutanea viene ricoperta di macchie. Anche i palmi delle mani e le piante dei piedi vengono coinvolti.
Durante la comparsa dell’eruzione cutanea si rileva un abbassamento della temperatura e il soggetto riferisce di sentirsi meglio, tuttavia nei successivi 3 giorni
- le macchie si trasformano in vescicole purulente,
- la temperatura sale di nuovo e rimane alta finché le pustole non cicatrizzano, diventando crosticine che cominciano a squamarsi per poi staccarsi.
Dopo circa 3 o 4 settimane dall’inizio dei sintomi la maggior parte delle pustole si secca e comincia a staccarsi dalla pelle, lasciando però una cicatrice profonda, definita “butteratura”.
La fase di contagio termina con la caduta di tutte le crosticine.
Complicazioni
Le complicanze dell’infezione sono molteplici, variando anche in base alla tipologia di virus in questione:
- cicatrici cutanee caratteristiche, soprattutto a livello del volto,
- sovrainfezioni batteriche delle lesioni cutanee,
- cecità, come conseguenza di ulcere corneali e successivi esiti cicatriziali,
- deformità degli arti, a causa di episodi di infiammazione di ossa e articolazioni (artrite e osteomielite),
- complicanze respiratorie (bronchite, polmonite).
Diagnosi
La diagnosi di vaiolo è solitamente clinica, basata soprattutto sulle caratteristiche lesioni cutanee, spesso di grande aiuto nell’identificazione della fonte di contagio che consente la quarantena e la vaccinazione preventiva dei contatti, ma la conferma si ottiene mediante analisi ambulatoriali (crescita del virus in colture cellulari).
Prima dell’eradicazione, il vaiolo veniva spesso confuso con la varicella, malattia con cui entrava quindi in diagnosi differenziale.
Le due malattie possono in realtà essere distinte con vari metodi:
- Clinicamente il rash della varicella non si localizza a livello dei palmi delle mani e delle piante dei piedi.
- Le pustole della varicella presentano dimensioni variabili, a seconda del momento in cui si sviluppano, mentre le lesioni del vaiolo sono più o meno tutte delle stesse dimensioni.
Sono ovviamente disponibili vari esami di laboratorio per la determinazione della diagnosi.
Cura
Non esiste una terapia efficace contro il vaiolo e per questo ancora oggi se ne discute come potenziale minaccia batteriologica in caso di attentati; gli antibiotici non sono efficaci, essendo la malattia provocata da un virus e non di origine batterica, per cui l’unica possibilità è la prevenzione dell’infezione mediante vaccinazione.
Il trattamento dell’infezione è solamente di supporto, e prevede:
- mantenimento dell’idratazione,
- monitoraggio dell’infezione,
- ventilazione artificiale laddove necessaria,
- terapie per lo shock settico nelle forme maligne ed emorragiche.
Vaccino
Il vaiolo è stata la prima malattia a essere controllata mediante l’immunizzazione e la sua eradicazione rappresenta uno dei maggiori successi dell’epidemiologia medica; il vaccino è stato letteralmente inventato e messo a punto in una prima formulazione da Edward Jenner nel 1796, ma l’eradicazione è stata possibile grazie a una formulazione più moderna e ad un’estesa campagna indetta dall’OMS iniziata nel 1967.
Tutti coloro che potevano essere suscettibili d’infezione, specialmente i soggetti a contatto diretto con la malattia, sono stati vaccinati interrompendo la catena di trasmissione inter-umana.
Durante la campagna di eradicazione è stato utilizzato il virus vaccinico, di origine bovina e molto simile al virus del vaiolo umano. La procedura consisteva nell’inoculazione nel paziente, per via cutanea, del virus vivo per poi osservare la comparsa di vescicole e pustole, che si seccavano successivamente, formano una crosta che cadeva dopo circa 21 giorni dalla vaccinazione, lasciando una cicatrice a conferma dell’avvenuta immunizzazione.
A causa del ricorso al virus vivo, l’operazione di vaccinazione risultava particolarmente lenta e delicata, perché era importante evitare la diffusione del virus in aree del corpo lontane dalla sede di inoculo.
Il vaccino presentava inoltre diversi effetti collaterali, tra cui complicazioni gravi e talora fatali:
- febbre,
- mal di testa,
- irritazioni diffuse,
- encefalite,
- infezione progressiva (necrosi vaccinica, una condizione molto grave che si verificava solitamente in pazienti immunocompromessi inavvertitamente vaccinati),
- infiammazione cardiaca.
Alcuni soggetti presentano maggiori probabilità di effetti avversi:
- portatori di malattie della pelle (eczema, dermatite)
- pazienti immunodepressi (sottoposti a un trapianto d’organo, a chemioterapia per trattamento di cancro, sieropositivi, cardiopatici).
La vaccinazione antivaiolosa garantisce un’elevata immunità contro il vaiolo per 3-5 anni, mentre dopo tale periodo il livello di protezione decresce.
Il vaccino si è rivelato molto efficace, prevenendo l’infezione da vaiolo nel 95% circa dei soggetti vaccinati. È inoltre efficiente anche a contatto già avvenuto, purché somministrato entro pochi giorni dall’esposizione al virus.
Allo stato attuale non c’è motivo per pensare a nuove campagne di vaccinazione, data l’assenza di pericolo di diffusione virale e i possibili effetti avversi del vaccino.
Autore
Dr.ssa Elisabetta Fabiani
Medico Chirurgo - Chirurgo generaleIscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Crotone n. 1296