Diabete LADA: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

LADA è l’acronimo inglese per Latent autoimmune diabetes in adults (diabete autoimmune latente dell’adulto), una forma di diabete autoimmune a lenta progressione.

Come nel caso del diabete di tipo 1, il diabete LADA si verifica perché il pancreas smette di produrre sufficienti quantità di insulina, l’ormone necessario a contenere i livello di zucchero nel sangue (glicemia); la differenza sostanziale è nei di tempi di progressione, molto più rallentati (pazienti con con LADA tipicamente non richiedono somministrazioni di insulina per mesi o addirittura anni, dal momento della diagnosi).

Alcuni autori suggeriscono che il LADA possa essere un sottotipo del diabete di tipo 1 (tanto da suggerire il nome di diabete di tipo 1.5), mentre altri lo descrivono come entità distinta.

Se inizialmente può essere gestito semplicemente con la dieta e lo stile di vita in genere (come un diabete di tipo 2), ad esempio con perdita di peso e attività fisica, la progressione sarà inesorabile richiedendo in ultimo l’introduzione di insulina. Va anche detto che la maggior parte di questi pazienti presenta inizialmente un’iperglicemia che non è drammatica come nel caso del diabete di tipo 1 ed è quindi molto comune che venga erroneamente diagnosticata e gestita inizialmente come tipo 2.

I sintomi possono essere quelli tipici del diabete (aumentata produzione di urina, sete, stanchezza severa) o, non raramente, viene scoperto casualmente in occasione di esami del sangue di routine.

Glucometro che segna 200 mg/dL

Shutterstock/Vicente Barcelo Varona

Cause

Il LADA è la forma più frequente di diabete autoimmune dell’adulto, nonché la forma più diffusa di diabete autoimmune nel complesso; il paziente affetto ha tipicamente più di 30 anni, un’età molto più avanzata rispetto alla norma dei pazienti cui viene diagnosticato il diabete di tipo 1; si ritiene che sia causato da una predisposizione genetica, anche se rimangono da chiarire i fattori precipitanti (probabilmente di origine ambientale).

In alcuni studi sembra emergere la condivisione di diversi fattori di rischio relativi allo stile di vita con il tipo 2, ad esempio:

  • sovrappeso/obesità (e un elevato rapporto vita-fianchi, indicativo di obesità addominale),
  • basso peso alla nascita,
  • eccessivo consumo di zuccheri semplici,
  • fumo.

L’aumento della pratica di attività fisica, un consumo moderato (o nullo) di alcolici e il consumo di pesce grasso sembrano esercitare invece un effetto protettivo.

Sintomi

I pazienti con LADA possono essere totalmente asintomatici (nessun disturbo) o presentare i classici sintomi di diabete, come:

Complicazioni

I pazienti con LADA hanno una sopravvivenza paragonabile ai pazienti con diabete di tipo 2, nonostante parametri metabolici più favorevoli; uno stretto controllo glicemico è comunque la chiave per migliorare la prognosi della malattia.

Le possibili complicazioni sono sovrapponibili a quelle della altre forme; la chetoacidosi è una complicanza a breve termine che si rischia una volta che il pancreas abbia ormai perso gran parte della sua capacità di produrre insulina, mentre sul lungo periodo figurano:

Il rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari è paragonabile a quello del diabete di tipo 2, con l’iperglicemia a fungere da principale fattore di rischio. Le probabilità di sviluppare complicanze microvascolari (come la retinopatia e la neuropatia) sono simili.

 

 

Diagnosi

Il LADA è, per definizione, una malattia degli adulti. L’Immunology for Diabetes Society (IDS) ha specificato tre criteri ai fini della diagnosi:

  1. età superiore a 35 anni
  2. presenza di autoanticorpi positivi contro le cellule beta delle isole pancreatiche, tra cui
    • ICA (anticorpi anti-citoplasmatici delle cellule insulari)
    • IM (anticorpi anti-insulina)
    • GADA (anticorpi anti-decarbossiasi dell’acido glutamico)
    • IA-2 (anticorpi anti-tirosin-fosfatasi)
  3. insulino-indipendenza per almeno i primi 6 mesi dopo la diagnosi iniziale.

In realtà, poiché inizialmente il pancreas produce ancora insulina, non è raro che la diagnosi iniziale sia quella di diabete di tipo 2, inoltre la decisione su quando di iniziare la terapia con insulina non è standardizzata e potrebbe variare da uno specialista all’altro.

Una storia personale o familiare di malattie autoimmuni, in presenza di elevata glicemia, potrebbe essere suggestiva di LADA, ma sono stati tentati anche altri approcci. Ad esempio si ritiene che i seguenti criteri

  • età superiore a 50 anni
  • BMI (indice di massa corporea) basso o normale
  • glicemia a digiuno 270 mg/dl o superiore, emoglobina glicata pari a 10% o superiore
  • perdita di peso nonostante una dieta costante nel contenuto calorico

possano consentire di individuare 3 pazienti su 4 affetti da LADA.

Relativamente al peptide-C, i pazienti presentano livelli residui tipicamente compresi tra quelli di diabete di tipo 1 (bassi) e di tipo 2 (alti):

  • nel tipo 1 il peptide C è spesso già assente alla prima diagnosi,
  • nel tipo 2 è aumentato.

I livelli di peptide C sono correlati inversamente con la quantità di anticorpi prodotti.

A queste difficoltà si contrappone la necessità di un rapido riconoscimento, che permetta l’introduzione di strategie appropriate per ritardare la distruzione delle cellule beta e ridurre le complicanze.

Cura

Una volta formulata la diagnosi di LADA si pianifica una terapia non farmacologica basata su

  • dieta (con attenzione a quantità e tipologia dei carboidrati),
  • esercizio fisico,
  • precauzioni per prevenire complicanze (simili a quelle impiegate nei pazienti con forme di diabete più comuni).

Il trattamento farmacologico deve invece essere personalizzato per ottenere il massimo vantaggio terapeutico sulla base del singolo paziente; gli obiettivi sono:

  • ottenere un buon controllo glicemico,
  • prevenire o ritardare le complicanze.

In questo senso le terapie che preservano la funzione delle cellule beta del pancreas sono una priorità.

Sebbene la metformina possa inizialmente aiutare nel controllo glicemico nei pazienti con BMI più elevato, da sola non esprime effetti sulle cellule beta; in questo senso i tiazolidinedioni hanno effetti antinfiammatori sulle cellule beta, permettendo un prolungamento della sopravvivenza, oltre a poter essere combinate con l’insulina (ma soffrono di un’esperienza clinica ridotta, essendo relativamente recenti).

Da evitare le sulfoniluree, che peggiorano la condizione del pancreas.

 

Fonti e bibliografia

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