Sindrome di Rett: sintomi, ereditarietà, aspettativa di vita

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Introduzione

La sindrome di Rett è un disturbo dello sviluppo di tipo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le ragazze. È caratterizzata da una crescita e uno sviluppo inizialmente normali (per 6 mesi circa), seguiti poi da un rallentamento generalizzato, dalla perdita della capacità di utilizzo fine delle mani che si producono invece in movimenti caratteristici, crescita rallentata di testa e cervello, disturbi della deambulazione, convulsioni e disabilità intellettiva.

Il disturbo è stato per la prima volta descritto dal Dr. Andreas Rett nel 1966, sebbene si sia dovuto attendere il 1983 ed una seconda pubblicazione (a firma del ricercatore svedese Dr. Bengt Hagberg) per vedere ufficialmente riconosciuta la sindrome.

Sindrome di Rett

Shutterstock/Leszek Czerwonka

Cause

Quasi tutti i casi di sindrome di Rett sono la conseguenza di una mutazione genetica, ovvero un’alterazione del DNA (a livello del gene metil CpG binding protein 2, MECP2).

Il gene in questione è responsabile della produzione di una proteina necessaria per il normale sviluppo del cervello, che agisce come uno dei tanti interruttori biochimici in grado di accendere e spegnere ulteriori interruttori (come un direttore d’orchestra che dirige i musicisti).

Se il gene MECP2 non funziona correttamente vengono prodotte quantità insufficienti o malfunzionanti della proteina in questione, che perde quindi la capacità di orchestrare gli altri geni collegati.

È tuttavia importante notare che non tutti coloro che hanno una mutazione MECP2 sviluppano la sindrome di Rett, che si manifesta in genere in concomitanza con altre necessarie mutazioni (alcune individuate, altre probabilmente ancora da scoprire).

Il gene MECP2 si trova sul cromosoma X, uno dei due cromosomi sessuali. Le ragazze possiedono due cromosomi X, mentre i ragazzi sono portatori di una coppia XY.

Generalmente nelle ragazze solo uno dei due cromosomi X è portatore della mutazione ed in ogni cellula nervosa viene utilizzato uno o l’alto, ovvero in una ragazza con la sindrome di Rett solo una parte delle cellule del sistema nervoso utilizzerà il gene difettoso, mentre le restanti faranno riferimento al gene esprimendo quantità normali della proteina.

La gravità della sindrome di Rett è quindi, almeno in parte, funzione della percentuale delle cellule malfunzionanti:

  • se il cromosoma X che porta il gene difettoso è disattivato in un’ampia proporzione di cellule, i sintomi saranno lievi,
  • ma se una percentuale maggiore di cellule ha invece il cromosoma X con il gene MECP2 normale disattivato, l’insorgenza del disturbo può verificarsi prima e i sintomi possono essere più gravi.

Poiché i ragazzi hanno un solo cromosoma X (più un cromosoma Y), non dispongono di una copia ulteriore che possa compensare quello difettoso e non hanno quindi alcuna protezione dagli effetti dannosi del difetto, che si traduce quasi invariabilmente in una morte poco dopo il parto.

Un numero estremamente limitato di maschi può presentare una mutazione diversa nel gene MECP2, o una mutazione sporadica dopo il concepimento, che ha come conseguenza un certo grado di disabilità intellettiva e problemi di sviluppo.

Ereditarietà

Sebbene la sindrome di Rett sia chiaramente una malattia genetica, meno dell’1% dei casi diagnosticati viene ereditato dai genitori, in altre parole la maggior parte dei casi è spontanea, il paziente mostra cioè gli effetti di una sfortunata ed imprevedibile mutazione casuale.

Esiste un test genetico prenatale (da condurre cioè durante la gravidanza) per individuare l’eventuale presenza della mutazione MECP2; può essere consigliato nelle famiglie che abbiano concepito in precedenza una figlia affetta dalla sindrome di Rett, ma considerando che la maggior parte dei casi deriva da mutazione spontanea il rischio che una famiglia abbia una seconda figlia con il disturbo è inferiore all’1%.

È infine possibile individuare ragazze e donne affette dalla mutazione genetica al gene MECP2  che tuttavia non mostrano alcun sintomo (portatrici asintomatiche).

 

 

Sintomi

Il decorso della sindrome di Rett, compresa l’età di insorgenza e la gravità dei sintomi, varia da bambino a bambino, ma tutti i pazienti sono accomunati da un iniziale sviluppo apparentemente normale, sebbene a valutazioni più attente possono essere individuate alcune anomalie anche nella primissima infanzia, come perdita di tono muscolare, difficoltà nell’alimentazione e movimenti a scatti degli arti. Successivamente fanno invece la loro comparsa i sintomi più eclatanti, mentali e fisici. Con il progredire della sindrome, il bambino perde le abilità manuali mirate e la capacità di parlare. Altri sintomi iniziali possono includere problemi a gattonare o camminare ed un contatto visivo ridotto. La perdita dell’uso funzionale delle mani viene seguita dall’esecuzione di movimenti compulsivi delle mani, che vengono continuamente strizzate, battute e lavate. L’inizio di questo periodo di regressione è talvolta improvviso.

L’aprassia, l’incapacità di eseguire correttamente movimenti volontari, è forse la caratteristica più gravemente invalidante della sindrome di Rett, che interferisce con ogni movimento del corpo, inclusi lo sguardo e la parola.

Altri sintomi possono includere

I bambini con sindrome di Rett, inoltre, mostrano spesso comportamenti di tipo autistico nelle prime fasi.

Decorso

L’età d’esordio, l’andamento clinico e la gravità dei sintomi sono diversi da bambino a bambino, ma in linea generale il decorso della sindrome di Rett viene in genere suddiviso in 4 diverse fasi:

  1. Lo stadio I, spesso indicato anche come esordio precoce, inizia in genere tra i 6 e i 18 mesi di età. Questa fase può facilmente passare inosservata, perché i sintomi sono tipicamente vaghi ed il rallentamento dello sviluppo appena percettibile. Il bambino può iniziare a ridurre il contatto visivo (guardare negli occhi chi gli sta accanto) e avere un ridotto interesse per i giocattoli. Potrebbero verificarsi ritardi nelle abilità motorie più generali, come sedersi o gattonare, ma possono anche svilupparsi le prime torsioni delle mani ed una progressiva diminuzione della crescita della testa, ma spesso non sufficienti per essere notate. Questa fase di solito dura alcuni mesi, sebbene in alcuni pazienti potrebbe protrarsi fino ad un anno.
  2. La fase II, o rapida fase distruttiva, inizia di solito tra 1 e 4 anni e può durare settimane o mesi. Il suo esordio può essere rapido o graduale, poiché il bambino perde abilità manuali mirate e la capacità di espressione attraverso la parola. È durante questa fase che fanno la loro comparsa i caratteristici movimenti delle mani, che vengono strizzate, lavate con eccessiva frequenza, battute e portate continuamente alla bocca. Questi movimenti compulsivi si arrestano del tutto durante il sonno. Possono verificarsi disturbi della respirazione come episodi di apnea (il bambino trattiene il fiato senza una ragione) e iperventilazione (aumenta la frequenza degli atti respiratori), che tendono a migliorare durante il riposo. Alcune ragazze mostrano anche sintomi di tipo autistico come la perdita d’interazione sociale e della comunicazione. La camminata può divenire instabile e l’inizio dei movimenti diventa sempre più difficile. Durante questa fase il rallentamento della crescita del capo si fa più evidente.
  3. Lo stadio III, o stadio pseudostazionario, inizia di solito tra i 2 e i 10 anni e può durare per anni. Aprassia (perdita della capacità di eseguire movimenti volontari) e convulsioni sono frequenti durante questa fase, tuttavia può verificarsi un miglioramento nel comportamento, con diminuita irritabilità, pianti e caratteristiche simil-autistiche. Una ragazza allo stadio III può mostrare più interesse per ciò che la circonda e la sua prontezza, capacità di attenzione e capacità di comunicazione possono migliorare. Molte ragazze rimangono in questa fase per la maggior parte della loro vita.
  4. Lo stadio IV, o la fase di deterioramento motorio tardivo, può durare anni o decenni. Le caratteristiche salienti includono mobilità ridotta, curvatura della colonna vertebrale (scoliosi) e debolezza muscolare, rigidità, spasticità e aumento del tono muscolare con posture anomale di un braccio, una gamba o della parte superiore del corpo. Le ragazze che in precedenza erano in grado di camminare potrebbero perdere la capacità di farlo. Capacità cognitive e di comunicazione, così come le abilità manuali, non mostrano ulteriori peggioramenti ed i movimenti ripetitivi della mano possono diminuire. Anche il contatto visivo può migliorare (le bambine affette da questa patologia vengono spesso chiamate “bambine dagli occhi belli“, in virtù della loro spiccata capacità di comunicare con lo sguardo).

Aspettativa di vita

Nonostante le evidenti difficoltà causate dai sintomi, molte donne affette da sindrome di Rett possono godere di una sufficiente qualità di vita fino alla mezza età e oltre.

Poiché il disturbo è raro in realtà le stime e le conoscenze sulla prognosi a lungo termine e sulla sopravvivenza media sono molto limitate; sebbene ci siano donne tra i 40 e i 50 anni con il disturbo, al momento non è possibile fare stime affidabili sull’aspettativa di vita oltre i 40 anni.

Diagnosi

I medici diagnosticano clinicamente la sindrome di Rett attraverso l’osservazione di segni e sintomi caratteristici durante la prima infanzia, in particolare valutandone lo sviluppo dello stato fisico e neurologico del bambino.

La diagnosi è in ogni caso un processo piuttosto complesso ed articolato, che si fonda sull’utilizzo di specifiche linee guida suddivise in tre tipi di criteri clinici:

  • principali, necessari alla diagnosi, ad esempio
    • perdita parziale o completa delle abilità manuali acquisite,
    • perdita parziale o completa del linguaggio parlato acquisito
    • movimenti ripetitivi delle mani (come torcere o stringere le mani, battere le mani o sfregarle),
    • anomalie dell’andatura, ad esempio camminare sulle dita dei piedi, camminare in modo instabile, …
  • di supporto (che non sono richiesti ai fini delle diagnosi, ma possono essere osservati), ad esempio
    • scoliosi,
    • digrignamento dei denti,
    • mani e piedi piccoli in relazione all’altezza,
    • disturbi del sonno,
    • tono muscolare anormale,
    • produzione di risate o urla inspiegabili della durata prolungata (anche per ore),
    • comunicazione oculare intensa (da cui il nome popolare di bambine dagli occhi belli)
    • e risposta ridotta al dolore;
  • e di esclusione (la presenza di uno qualsiasi di questi esclude la diagnosi di sindrome di Rett classica), ad esempio:
    • danno cerebrale secondario a trauma,
    • malattia neurometabolica,
    • grave infezione che causa problemi neurologici,
    • sviluppo psicomotorio grossolanamente anormale già nei primi 6 mesi di vita.

La certezza di diagnosi è ottenibile infine mediante test genetico, che prevede la ricerca della mutazione MECP2 sul cromosoma X della bambina.

Cura

In quanto malattia genetica purtroppo ad oggi non esiste cura per la sindrome di Rett.

Il trattamento è quindi sintomatico, incentrato sulla gestione dei sintomi, e di supporto, richiedendo un approccio multidisciplinare.

Potrebbero essere necessari farmaci per le anomalie respiratorie e le difficoltà motorie, mentre i farmaci anticonvulsivanti possono essere utilizzati per controllare le convulsioni.

È necessario un regolare monitoraggio per il possibile sviluppo di scoliosi e di anomalie cardiache.

La terapia occupazionale può aiutare i bambini a sviluppare le necessarie abilità per il quotidiano (vestirsi, nutrirsi e praticare arti e mestieri), mentre la terapia fisica e l’idroterapia possono favorire la mobilità. Alcuni bambini possono richiedere attrezzature e ausili speciali come tutori per arrestare la scoliosi, stecche per modificare i movimenti delle mani e programmi nutrizionali per aiutarli a mantenere un peso adeguato.

In alcuni casi possono essere richiesti supporti accademici, sociali e professionali.

Approfondimenti

In Italia sono attive le seguenti associazioni (fonte Mario Negri):

Fonti e bibliografia

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