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Il paradosso francese
Tutti amano il paradosso francese… e come potrebbe essere diversamente? Mi riferisco al fatto che in Francia, nonostante l’abbondante consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, come ad esempio il formaggio, l’incidenza di malattie cardiovascolari è relativamente bassa, quantomeno rispetto ad altri Paesi con diete più o meno sovrapponibili.
Questa è un’osservazione nata all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso e fin da subito spiegata con l’altrettanto diffusa abitudine a un moderato consumo di vino rosso, il fattore che secondo i ricercatori dell’epoca rappresentava la differenza più rilevante rispetto alle Nazioni usate come termine di paragone, prima fra tutte gli USA.
Inutile dire che la ricerca su questo affascinante paradosso sia poi esplosa negli anni successivi, arrivando ben presto a individuare nel resveratrolo, una molecola presente nella buccia d’uva e poi ancora isolabile nel vino, la vera soluzione al mistero.
Oggi, a distanza di più di 40 anni, sappiamo tuttavia che non esiste alcun paradosso e che, ad esempio, dare per scontato che la popolazione francese e quella americana fossero paragonabili da un punto di vista dietetico sia stato un errore concettuale di partenza che da solo è sufficiente a smontare l’apparente anomalia. Non è stato ad esempio considerato lo stile di vita nel suo complesso, ma anche ritenere simile la dieta è stato un errore di superficialità, essendo quella francese (perlomeno di 40 anni fa) una delle tante espressioni del modello mediterraneo, in cui il consumo di formaggi e di vino rappresentava solo uno dei tasselli caratteristici, che perde gran parte della sua rilevanza nel mezzo di abbondanti quantità di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e olio d’oliva e con quantità limitate di proteine magre provenienti anche dal pesce.
Ancora più importante è notare come l’associazione tra una ridotta mortalità e il consumo di vino avesse un’esclusiva valenza di correlazione statistica, che non doveva in alcun modo essere interpretata come rapporto di causa-effetto, un tipo di relazione che richiede ben altre prove.
Altro aspetto interessante della vicenda è che il tasso di mortalità per malattie coronariche, la più importante espressione di malattia cardiovascolare, era tutto sommato omogeneo per l’intera regione europea, ma mostrando una progressiva riduzione andando dai Paesi del Nord verso quelli caldi del bacino mediterraneo, per cui parlare di Francia, Italia o Grecia in realtà non faceva una grossa differenza.
Ad oggi, per inciso, la situazione è leggermente cambiata, con una differenza che si esprime maggiormente in termini di est-ovest.
Va tuttavia detto che persiste un’importante differenza in termini di aspettativa di vita; secondo uno studio del 2023
Il vantaggio per l’Europa meridionale è piccolo in termini di tassi complessivi di mortalità per malattie cardiovascolari, ma decisamente maggiore in termini di aspettativa di vita, a causa delle differenze di età alla morte per queste cause, probabilmente grazie a valori più bassi di colesterolo nel sangue (50 mg/dL più alti nell’Europa settentrionale rispetto all’Europa meridionale).
Resiste invece la differenza con gli USA, ma torniamo a noi: le ricerche fatte sul resveratrolo sono quindi fuffa, o ci rimane qualcosa?
Louis Pasteur, chimico e biologo francese, soleva dire che “la fortuna favorisce solo le menti preparate” e buttare via tutta la ricerca condotta a partire da quel primo errore iniziale sarebbe un errore ancora più grosso, perché invece ci portiamo a casa un bagaglio di osservazioni estremamente interessanti nate proprio dal tentativo di spiegare quell’apparente paradosso.
E il resveratrolo fa parte di questi filoni collaterali.
Cos’è il resveratrolo?
Il resveratrolo è una molecola prodotta da alcune piante, a scopo protettivo, principalmente verso insulti esterni come virus, batteri e funghi, oltre che raggi UV e vere e proprie ferite, intese come danni fisici inferti al vegetale.
Alimenti: dove si trova?
Le principali fonti alimentari di resveratrolo sono:
- uva (nella buccia),
- frutti di bosco come mirtilli, lamponi e gelso,
- arachidi,
- cacao.
E poi ovviamente nel vino, soprattutto rosso, ovviamente perché prodotto con l’apporto delle bucce del’uva.
Vale comune la pena sottolineare che le concentrazioni presenti negli alimenti variano considerevolmente, non solo da stagione a stagione, ma anche da un lotto all’altro, presumibilmente perché la produzione può essere modulata dalla singola pianta in base alle necessità del momento. La stessa ampissima forbice di variabilità la si riscontra quindi anche nel vino, anche se la tendenza è comunque che il rosso ne contiene più del rosé, che ne contiene più del bianco.
A cosa serve? Proprietà e benefici
Tra i tantissimi effetti attribuiti al resveratrolo vale la pena di ricordare le proprietà
- antiossidanti, superiori a quella di altri antiossidanti come la vitamina C e la vitamina E
- antinfiammatorie, per inibizione della COX-2 proprio come gli antinfiammatori di ultima generazione
- antitumorali
- vaso- ed endotelio protettive, ovvero benefiche per i vasi sanguigni
- antiaggreganti
- sirtuino-stimolanti, sostanzialmente anti-age (le sirtuine sono molecole coinvolte nei processi di invecchiamento, le stesse stimolate anche dai protocolli di digiuno).
Da un punto di vista pratico questo significa che il suo utilizzo è stato esplorato per condizioni quali:
- sindrome metabolica, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari in genere
- tumori,
ma è ovviamente uno dei cavalli di battaglia di tanti ricercatori impegnati nello studio dei processi di invecchiamento, come il noto David Sinclair.
Ma sai come si dice no? Quando qualcosa è troppo bella per essere vera…
Integratori di resveratrolo
Non dovrebbe quindi stupirti, alla luce dei tanti effetti positivi, del fatto che il resveratrolo sia oggi molto usato come integratore alimentare, nonostante le prove di una reale efficacia siano tutto fuorché solide; il problema più grosso è che la maggior parte degli esperimenti sono condotti in vitro, ovvero in provetta, perché esiste un enorme criticità a cui non abbiamo ancora accennato: il resveratrolo ha una scarsissima biodisponibilità, ovvero una volta assunto per bocca la quantità che troviamo effettivamente in circolo nel sangue è poca, pochissima, e ci rimane anche per un tempo particolarmente breve (pensa che in meno di 20 minuti la concentrazione circolante si dimezza, fino a sparire).
Una delle ragioni per cui in circolo ce ne arriva anche poco, tra l’altro, è che in parte viene già metabolizzato e trasformato dai batteri intestinali.
Nel complesso tutto questo significa che molto spesso l’azione positiva osservata negli esperimenti in provetta potrebbe essere legata a concentrazioni e tempi di esposizione molto maggiori rispetto alle condizioni effettivamente raggiungibili nel tuo corpo.
Perché trans-resveratrolo?
Potresti imbatterti in integratori contenenti trans-resveratrolo… cosa significa? Il resveratrolo esiste, anche in natura, in due diverse conformazioni, ovvero due diverse forme della stessa identica molecola, trans- e cis-. La forma trans- viene in genere considerata più attiva della cis-, ecco perché viene preferita.
Effetti collaterali e controindicazioni
In uno studio della durata di un anno, condotto su pazienti affetti da malattia di Alzheimer, gli effetti collaterali più frequentemente lamentati dai pazienti sono stati prevalentemente
Più in generale in letteratura si ritrovano anche segnalazioni di disturbi correlati, come dolore addominale e flatulenza.
È controindicato in gravidanza e potrebbe infine interferire con diversi farmaci in quanto inibitore irreversibile del citocromo CYP3A4.
Cosa ci portiamo a casa?
La grande quantità di dati preclinici a sostegno dell’uso del resveratrolo giustifica senza ombra di dubbio ulteriori ricerche, magari anche da un punto di vista chimico (non sarebbe la prima volta che una piccola modifica alla struttura molecolare sia in grado di stravolgere farmacocinetica e/o farmacodinamica di un principio attivo, basti pensare all’acido acetilsalicilico, l’aspirina, rispetto all’acido salicilico scoperto nel salice).
A mio avviso tuttavia, ad oggi le prove disponibili non giustificano un reale utilizzo di integratori a base di resveratrolo, che sono peraltro piuttosto costosi, e ciononostante t’invito a seguirmi nel seguente ragionamento.
È da decenni che la medicina, inizialmente forse per motivi concettuali (e oggi probabilmente più per ragioni commerciali…) ha intrapreso un percorso riduzionistico volto alla ricerca della singola molecola responsabile di grandi effetti sull’organismo, ma tipicamente con risultati che nella migliore delle ipotesi sono poi mediocri.
Eppure tanti integratori, perlomeno di quelli che possano vantare una certa letteratura a supporto, sono estratti da alimenti normalmente presenti nella tua dieta, perché se gli studi ci dimostrano che un certo alimento fa bene è poi naturale il desiderio di comprenderne la ragione ultima, ma questo spesso significa incaponirsi alla ricerca di una singola molecola, quando invece è molto probabile che l’effetto prodotto nasca da una combinazione sinergica tra numerosi principi attivi contenuti.
Tentano poi di convincerci a comprare un certo integratore contenente la molecola più promettente tra quelle individuate, ma questo svia l’attenzione dal dato pratico più importante, quello da cui siamo partiti: l’alimento di partenza, quello che in prima battuta aveva dimostrato un effetto positivo, nella maggior parte dei casi più dello stesso integratore.
E ti sottolineo la parola “dimostrato”. In questo senso mi preme farti notare che il vino è un caso particolare, perché la ricerca ha anche ormai dimostrato (e in modo inequivocabile) che i benefici di salute non ne giustificano gli altrettanto dimostrati rischi, ma diversa è ovviamente la conclusione su uva, frutti di bosco, arachidi e cacao.
A proposito, hai mai fatto caso che il 99% degli integratori di provenienza alimentare nascono da cibi di origine vegetale? Frutta, verdura, cereali integrali, legumi, semi e frutta secca a guscio, … le solite cose insomma… l’unica eccezione che mi viene in mente in questo momento sono gli omega-3, più facilmente accessibili mediante il pesce, che peraltro anche loro hanno sempre dimostrato grande efficacia se assunti attraverso il cibo e molto meno quando introdotti come integratore.
Ma questi gruppi alimentari che ti ho citato… frutta, verdura, cereali integrali, legumi e pesce, semi e frutta secca a guscio… non ti ricordano nulla? Eh già, proprio la dieta mediterranea, il principale elemento che spiega il solo apparente paradosso francese da cui siamo partiti. Dieta mediterranea che guarda caso vanta tonnellate di letteratura estremamente solida in relazione a effetti cardioprotettivi, antitumorali, antinfiammatori, …
È incredibile quanto la Natura sappia essere elegantemente semplice nei suoi meccanismi e quanto riesca l’uomo ad essere miope di fronte a questa semplicità.
Fonti e bibliografia
Autore
Dr. Roberto Gindro
DivulgatoreLaurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.