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Introduzione

Non chiedermi il perché, ma tutte le volte che m’imbatto in qualche contenuto divulgativo descritto attraverso la parola “effetto” ne rimango subito attratto ed affascinato: sarà perché spesso si tratta di qualcosa di poco intuitivo quando non addirittura sorprendente, ma sta di fatto che a prescindere dall’argomento, medicina o altro, sono sempre interessato.

Credo di aver sentito parlare di effetto alba ad un corso di aggiornamento per farmacisti sul diabete, ormai più di 20 anni fa, e già allora mi aveva colpito.

Il fenomeno dell’alba consiste in aumento della glicemia, la quantità di zucchero nel sangue, che si verifica nei pazienti diabetici tra le 4:00 e le 8:00 del mattino, comunque diciamo indicativamente tra le 8 e 10 ore dopo essere andati a dormire.

Quello che stupisce è esattamente questo: rilevare un aumento dei valori dopo 8 ore di digiuno, quando invece ci aspetteremmo che proprio per questa ragione i valori tendano al minimo.

E, anche se non è direttamente correlato, non posso fare a meno di associarlo all’aumento della pressione arteriosa che avviene più o meno nelle stesse ore e che è una delle spiegazioni principali dell’aumento di infarti e ictus: tra le 6 del mattino e mezzogiorno si registra un aumento

  • del 40% del rischio di infarto,
  • del 29% del rischio di morte cardiaca
  • e del 49% del rischio di ictus

rispetto a quanto ci si aspetterebbe se questi eventi si verificassero in modo casuale e fossero uniformemente distribuiti nell’arco della giornata.

Perdona la divagazione, torniamo all’effetto alba, la cui causa è tuttora oggetto di dibattito, mentre non è invece in discussione il fatto che sia assolutamente necessario tenerne conto nella pianificazione della terapia, ma è un problema anche per chi diabetico non lo è?

Parliamone.

Cause

L’effetto alba è stato per la prima volta descritto all’inizio degli anni ’80, quando si è affiancato ad un altro effetto simile ma descritto decenni prima, l’effetto Somogyi: anche l’effetto Somogyi individua un aumento dei valori di glicemia al mattino, ma in questo caso preceduto da un episodio di ipoglicemia, un abbassamento dei valori, che NON si verifica nel caso dell’effetto alba.

In parole più semplici:

  • l’effetto Somogyi predice che dopo un abbassamento della glicemia durante la notte il corpo risponda per qualche ragione in modo esagerato, sfociando in un eccessivo aumento della glicemia, come una sorta di rimbalzo;
  • l’effetto alba si limita a rilevare un aumento dei valori e peraltro gode di una maggior solidità scientifica, insomma, si nota più spesso nella pratica di tutti i giorni.

Il fenomeno dell’alba è stato cioè ampiamente documentato e dimostrato, osservando peraltro ripetutamente una particolare difficoltà nel controllo di questo apparentemente immotivato aumento; è stato dimostrato sia nel diabete di tipo 1 che di tipo 2 ed in tutte le fasce di età, interessando globalmente oltre il 50% dei pazienti e andando spesso a peggiorare i valori di emoglobina glicata, l’esame del sangue che serve a farsi un’idea generale dei valori di glicemia negli ultimi 3 mesi.

Ma cosa succede nei pazienti non diabetici?

Le ricerche hanno dimostrato che i livelli di glucosio nel sangue, ma anche dell’insulina, l’ormone più importante alla base del controllo dei valori di glicemia, rimangono abbastanza stabili per tutta la notte, con solo un piccolo aumento della secrezione di insulina prima dell’alba. Nel paziente sano quindi NON si verifica effetto alba, perché proprio questa piccola produzione di insulina ne previene l’insorgenza.

Quello che non si conosce ancora esattamente è invece il reale meccanismo alla base dell’effetto nel soggetto diabetico, anche se le ipotesi ruotano tutte attorno agli ormoni responsabili di un maggior rilascio di zucchero dal parte del fegato, non solo glucagone, ma anche ormone della crescita, cortisolo e adrenalina, ad esempio, anche se non tutti gli autori concordano sulla distribuzione delle responsabilità.

Sta di fatto che questi ormoni, o comunque almeno alcuni, segnalano al fegato di aumentare la produzione di glucosio in preparazione al risveglio, fornendoti da subito le energie necessarie. In un paziente sano le cellule beta del pancreas rilasciano insulina per tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue, ma il paziente diabetico potrebbe non essere in grado di farlo (diabete di tipo 1) o non rispondere adeguatamente all’insulina prodotta (diabete di tipo 2).

Diagnosi differenziale

Prima di passare a descrivere come viene contrastato, resta da chiarire un aspetto importante: avere la glicemia alta al mattino NON significa necessariamente essere soggetti all’effetto alba, che per essere diagnosticato richiede un’analisi più approfondita che non può prescindere dalla conoscenza dei valori durante la notte.

Molto indicativamente si parla di effetto alba quando si rileva un aumento di almeno 20-25 mg/dL tra il valore minimo della notte ed il valore raggiunto prima di colazione.

Cura

La verifica di questo aumento dei valori al mattino è quindi importante per tutti i pazienti diabetici, perché se presente e non controllato può peggiorare il controllo complessivo della malattia aumentando il rischio di complicazioni a medio-lungo termine.

La gestione è in gran parte di competenza del medico, gestione che viene poi declinata soprattutto nella scelta del tipo di insulina da usare e in che dosi, anche se rimane una sfida terapeutica non banale perché l’effetto da contrastare si verifica a distanza di parecchie ore dalla somministrazione serale; non a caso la soluzione più efficace si è dimostrata essere l’adozione del microinfusore, un dispositivo in grado di rilasciare in continuo insulina in base alle necessità.

Microinfusore applicato

Shutterstock/Click and Photo

Dieta e attività fisica

Ma ovviamente anche lo stile di vita è un’occasione imprescindibile per garantirsi un miglior controllo ed è stato dimostrato che la strategia più efficace in questo senso consiste nell’aumento della quantità di esercizio fisico la sera e nel prediligere un rapporto proteine/carboidrati del pasto serale leggermente aumentato.

Cosa significa?

Significa che data una dieta sana, completa ed equilibrata, meglio sarebbe nel paziente diabetico preferire un consumo di carboidrati (pane, pasta, riso e cereali in genere …) concentrato a colazione e pranzo, privilegiando le proteine al pasto serale. Attenzione, questo NON significa dieta iperproteica se non espressamente prescritta, non significa che i carboidrati facciano male se scelti bene e consumati nelle giuste quantità, significa solo orientare la distribuzione di proteine e carboidrati in modo mirato.

Paradossalmente anche consumare la colazione è molto importante: anche se sembra controintuitivo, un pasto mattutino contribuisce a diminuire la secrezione di ormoni insulino-antagonisti, ovvero in grado di remare contro l’insulina.

Insomma, resta valido il consiglio dei nostri nonni: colazione da re, pranzo da principe, cena da povero.

Per quanto riguarda l’attività fisica in alcuni pazienti è sufficiente una breve passeggiata dopo cena, ma soprattutto nel caso di attività più intense raccomando sempre di parlarne con il diabetologo, perché gli effetti ipoglicemizzanti dell’esercizio possono durare per ore, quindi se ti alleni prima di andare a dormire rischi eccessivi abbassamenti nella notte in caso di terapia non adeguata.

E l’attività fisica al mattino la buttiamo via? Assolutamente no: l’esercizio mattutino può essere  particolarmente utile per bruciare facilmente quello zucchero in più in circolo. Insomma, più attività fisica fai meglio è, ricordati sempre di pianificarla con l’aiuto del medico, soprattutto se sei in terapia con insulina.

In buona sostanza non esiste la strategia ideale e adatta a tutti per contrastare questi possibili picchi mattutini, ma con qualche tentativo quasi tutti riescono a inquadrarla.

Quasi, tutti.

Per chi proprio non dovesse riuscirci l’obiettivo si sposta verso un controllo ancora più attento della glicemia durante il giorno, in modo che in ultima analisi la glicata sia entro valori accettabili, ed eventualmente nel ricorso ad un microinfusore.

Fonti e bibliografia

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