Prostata ingrossata e intervento: indicazioni, rischi, …

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Cos’è la prostata?

La prostata è una ghiandola a forma di piramide rovesciata che si trova dietro il pube, di dimensioni medie pari a 4 cm di larghezza e 3 cm di altezza e con un peso che va dagli 8 g nel giovane a 20-30 g nell’adulto-anziano.

Sopra la prostata si appoggia la vescica da cui origina l’uretra che attraversa per 3-4 cm la ghiandola prostatica. Posteriormente alla prostata e vicino alla vescica invece si trovano le vescichette seminali da cui originano i dotti eiaculatori che, attraversando la ghiandola prostatica, trasportano il liquido seminale a livello dell’uretra. Anche il retto si trova posteriormente alla prostata.

Anatomia dell'apparato riproduttore maschile

iStock.com/Graphic_BKK1979

La prostata secerne un liquido ricco di zinco e proteine che è fondamentale per garantire la corretta funzione degli spermatozoi presenti nel liquido seminale.

Classicamente la prostata è stata suddivisa in zone a seconda del contenuto ghiandolare e della regione anatomica in cui si trovano:

  • zona periferica,
  • zona centrale,
  • zona di transizione
  • e fibrostroma anteriore.

Le due più comuni patologie che colpiscono la ghiandola interessano zone diverse:

  • L’ipertrofia prostatica benigna origina più frequentemente a livello della zona di transizione all’interno della quale decorre l’uretra: ciò spiega la sintomatologia caratterizzata da minzione debole e frequenti stimoli urinari soprattutto notturni.
  • Il tumore della prostata origina più frequentemente a livello della zona periferica e può dare sintomi più tardivamente.

In questo articolo affronteremo l’intervento relativo all’ipertrofia prostatica benigna.

Intervento per l’ipertrofia prostatica benigna (IPB)

L’IPB è una patologia estremamente frequente nella popolazione, che interessa circa il 25% degli uomini con più di 85 anni. Si tratta di una proliferazione del tessuto fibro-ghiandolare le cui cause non sono del tutto chiare: probabilmente si verifica uno squilibrio tra alcuni ormoni presenti in circolo, in particolare testosterone ed estrogeni, che determinerebbe un richiamo di cellule infiammatorie a livello della prostata.

Ipertrofia prostatica benigna, semplificazione anatomica

iStock.com/newannyart

L’intervento chirurgico per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna viene valutato quando il trattamento conservativo e/o farmacologico non sia sufficiente a permettere una qualità di vita accettabile per il paziente, al fine quindi di migliorare sintomi quali:

  • difficoltà ad iniziare la minzione,
  • flusso debole,
  • frequente ed urgente bisogno di urinare,
  • necessità di alzarsi durante la notte per urinare (nicturia),
  • incapacità di svuotare completamente la vescica.

L’approccio più comune per il trattamento chirurgico dell’ipetrofia prostatica benigna prevede il ricorso alla tecnica T.U.R.P. (resezione transuretrale della prostata), a patto che il volume prostatico non sia maggiore di 70-75cc e la vescica abbia mantenuto una regolare capacità di contrazione (per capire questo potrebbe essere necessario un esame specialistico come lo studio urodinamico).

Non è di norma condotto in regime d’urgenza.

Preparazione

È necessario che il paziente affronti l’intervento a digiuno (da almeno 6-8 ore), mentre durante la visita anestetica precedente la chirurgia verranno fornite indicazioni sugli eventuali farmaci in uso (sostituendo eventuali anticoagulanti con l’eparina da somministrare sottocute).

Intervento chirurgico

La T.U.R.P. è un intervento che viene condotto attraverso l’uretra, il canale da cui avviene normalmente l’emissione dell’urina, utilizzando uno strumento endoscopico molto sottile dotato di telecamera, luce e strumenti chirurgici necessari alla resezione della ghiandola. Non sono quindi necessari tagli chirurgici come nel caso degli interventi a cielo aperto.

Ha durata di circa un’ora.

L’anestesia praticata è di tipo spinale, quindi non è generalmente richiesto l’addormentamento con anestesia generale, pur garantendo l’assoluta assenza di dolore per il paziente.

Una volta inserito l’endoscopio attraverso l’uretra il chirurgo procede alla rimozione del tessuto prostatico in eccesso attraverso

  • cauterizzazione (rimozione del tessuto attraverso l’uso del calore)
  • o dissezione

così da permettere nuovamente una minzione efficace; la porzione rimossa di prostata verrà sottoposta ad esame istologico, per escludere la presenza di patologie tumorali.

Alla fine dell’intervento verrà infine posizionato un catetere vescicale che rimarrà in sede per almeno 2 giorni, al fine di di permettere un corretto lavaggio della vescica dagli eventuali residui.

Dopo l’intervento

Il paziente viene quindi trasferito presso il reparto dove rimarrà sdraiato per tutto il giorno.

I possibili sintomi che avvertirà saranno inizialmente legati all’anestesia (che dura fino a 6 ore) e consistono soprattutto in cefalea, ma già il giorno dopo l’intervento è possibile camminare e mangiare normalmente. La dimissione, se non ci sono problemi, avviene dopo 2 giorni dall’intervento, previa valutazione delle urine emesse e del residuo minzionale tramite ecografia sovrapubica.

I due giorni di degenza sono legati alla necessità di valutare la ripresa del paziente, oltre che dall’esigenza di procedere a frequenti irrigazioni di vescica e uretra con soluzione fisiologica attraverso il catetere vescicale.

A seconda dell’età e dello stato di salute generale è normale avvertire un po’ di stanchezza post-intervento, che potrebbe durare da qualche settimana fino ad un paio di mesi.

Quali sono le complicanze dell’intervento?

L’anestesia permette di evitare al paziente qualsiasi forma di dolore durante l’intervento, mentre nel post-operatorio è possibile avvertire un po’ di fastidio dovuto alla presenza del catetere (e alle irrigazioni, che possono provocare una sgradevole sensazione di vescica piena).

A causa del gonfiore della prostata in seguito al procedimento di resezione, che è causa di  infiammazione, inizialmente non è possibile per il paziente urinare normalmente; lo stesso catetere usato per le irrigazioni sarà quindi contemporaneamente utile anche per permettere lo svuotamento della vescica finché necessario.

A seguito della dimissione è normale per il paziente riscontrare alcune difficoltà durante la minzione per qualche giorno, oltre a riscontrare tracce di sangue nelle urine, ma si tratta di sintomi destinati a risolversi rapidamente; più raramente potrebbe invece essere necessario lasciare in posizione il catetere più a lungo, qualche giorno o poche settimane, nei casi in cui non sia possibile urinare normalmente.

L’intervento è considerato ragionevolmente sicuro e le complicanze rare; tra queste ricordiamo:

  • Complicanze intraoperatorie
  • Complicanze dopo l’intervento
    • Infezioni delle vie urinarie
    • Ritenzione urinaria: potrebbe richiedere il mantenimento del catetere vescicale per un periodo più lungo.
  • Complicanze comuni a tutti gli interventi:
    • polmonari,
    • infezioni,
    • cardiache.
  • Complicanze a lungo termine:
    • incontinenza urinaria e disfunzione erettile (queste prime due complicanze sono tipiche della chirurgia prostatica),
    • eiaculazione retrograda con conseguente sterilità (ma non viene meno la percezione del piacere associato),
    • sclerosi del collo vescicale,
    • stenosi dell’uretra,
    • ricrescita del tessuto prostatico (rischio di recidiva).

Cosa dovrò fare al domicilio?

Potrebbe essere prescritta una terapia antibiotica da continuare al domicilio. Potranno esserci alcuni disturbi durante la minzione come bruciore ed incontinenza. Tra le indicazioni fornite alla dimissione si consiglia di bere in quantità sufficiente e di non trattenere lo stimolo ad urinare.

  • Sarà possibile tornare a guidare rapidamente, nella maggior parte dei casi in circa una settimana (la discriminante è la capacità di frenare prontamente in caso di emergenza).
  • Il ritorno al lavoro è strettamente dipendente dal tipo di attività svolta.
  • Verrà consigliata un’astinenza sessuale di circa 3-4 settimane.

Si raccomanda di contattare il medico in caso di:

  • febbre (superiore ai 38°),
  • dolore severo durante la minzione,
  • incapacità di urinare,
  • persistenza di sangue nelle urine.

Follow-up

Quando il paziente verrà chiamato per il ritiro del referto dell’esame istologico, il medico prenderà visione dell’esame urine ed urocoltura. Verranno prescritti altri controlli da effettuare dopo alcuni mesi come la valutazione del PSA e studi specialistici come uroflussometria.

In caso di normalità i controlli potranno diventare annuali.

Fonti e bibliografia

 

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