Ipercheratosi: immagini, pericoli e rimedi

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Introduzione

L’ipercheratosi è una condizione caratterizzata dall’ispessimento dello strato più esterno della pelle, costituito da cheratina (una proteina particolarmente resistente e capace quindi di funzione protettiva).

Si manifesta in modi estremamente variabili, perché può essere la conseguenza di azioni quotidiane (ad esempio calli e duroni su mani e piedi), un’infiammazione cronica (eczema) o malattie genetiche (ittiosi).

Immagini

Ipercheratosi plantare sul tallone

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Sindrome del nevo epidermico

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Ipercheratosi epidermolitica

By Mohammad2018 – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=82233002

Richiami di anatomia

Lo strato corneo della pelle è composto da più strati sovrapposti di cheratinociti, il tipo cellulare più abbondante nell’epidermide. Durante la maturazione vanno incontro a 5 differenti stadi partendo dalla parte più profonda dell’epidermide, dove nascono, e poi salendo fino alla superficie dove andranno incontro a sfaldamento.

Durante la loro evoluzione vanno incontro ad un processo definito cheratinogenesi in cui, semplificando, aumenta la concentrazione di cheratina presente e gradualmente viene persa acqua; contemporaneamente perdono il nucleo e gli organelli citoplasmatici tipici di una cellula normale, trasformandosi infine a cellule morte caratterizzate da una forma lamellare.

Ipercheratosi

Shutterstock/yomogi1

Nel complesso hanno quindi principalmente una funzione protettiva da aggressioni di organismi patogeni (virus, batteri, funghi, protozoi), calore, radiazioni UV, perdita d’acqua.

Classificazione

L’ipercheratosi può essere didatticamente classificata come

  • Ortocheratosica: ispessimento dello strato di cheratina con maturazione dei cheratinociti preservata;
  • Paracheratosica: i nuclei sono trattenuti, segno di maturazione ritardata dei cheratinociti.

La distinzione tra le due forme può essere condotta a microscopio.

Cause

L’aumento dello spessore dello strato corneo della pelle può essere il risultato di diversi processi esogeni (esterni) oppure endogeni (interni all’organismo), ma è generalmente correlato all’aumento della produzione di cheratina.

Nella maggior parte dei casi, nella pratica clinica, è dovuta principalmente a danni fisici o chimici cronici, ovvero ripetuti nel tempo, come l’attrito o l’uso di saponi aggressivi (soprattutto quelli a pH basico) ma può anche derivare da infiammazioni croniche od essere l’effetto collaterale di farmaci, tra cui la chemioterapia.

L’ipercheratosi che si verifica nel contesto di uno stato reattivo della pelle è poi il risultato ultimo della dermatite (infiammazione della cute): più in generale, quando l’epidermide viene esposta a lesioni ripetute e continue nel tempo, risponde con un fisiologico aumento del tasso proliferativo dei cheratinociti, che mostrano un’accelerazione della velocità di maturazione. Allo stesso tempo tendono anche a produrre più cheratina, aumentando così lo spessore dello strato corneo: l’esempio più banale di questo processo è probabilmente costituito da calli e duroni, la risposta dell’organismo alla necessità di uno strato protettivo più spesso ad un insulto fisico ripetuto.

Esistono alcune mutazioni genetiche responsabili di una spiccata tendenza all’ipercheratosi, come si osserva in condizioni quali ittiosi e cheratoderma: in queste malattie il danno genetico interessa porzioni di DNA coinvolte nella produzione di cheratina, come i geni KRT1 e KRT10 e che hanno come conseguenza la sintesi di una proteina difettosa in termini di struttura, che si presenta in aggregati irregolari che portano al collasso cellulare e alla formazione di vesciche. La funzione di barriera viene quindi compromessa e la pelle reagisce con un’iperproliferazione compensatoria, che porta all’ipercheratosi.

Ricordiamo infine la possibilità che sia il risultato di un deficit nutrizionale, soprattutto in termini di vitamina A.

A seconda dei casi il fenomeno può essere benigno o maligno.

Esempi

  • Ipercheratosi meccanica: è caratterizzata da un aumento dell’attività dei cheratinociti principalmente a causa della pressione cronica o dell’attrito sulla pelle, in forma di calli e duroni.
  • Psoriasi: condizione dermatologica in cui si verifica un aumento della proliferazione epidermica, che poggia su cause autoimmuni.
  • Verruche volgari: Ipercheratosi risultato di un’infezione virale (HPV).
  • Cheratosi seborroica: lesione rilevata sul piano cutaneo, di causa sconosciuta, a superficie verrucosa; è molto comune nell’età adulta ed anziana. Si tratta di una lesione benigna che non necessita di trattamento, se non per fini estetici.
  • Ittiosi: gruppo di malattie genetiche ed acquisite causate da una cheratinizzazione alterata. Le forme più comuni sono l’ittiosi volgare, ittiosi x-linked, congenita ed epidermolitica. Ad accomunare le diverse forme è la formazione di una barriera epidermica difettosa che induce ipercheratosi, desquamazione della pelle ed infiammazione.
  • Carcinoma squamocellulare: proliferazione neoplastica (tumore) di cheratinociti atipici, che può essere limitata solo all’epidermide od infiltrante.
  • Da farmaci: l’ipercheratosi può essere il risultato di diverse terapie, principalmente relative a trattamenti oncologici.

Diagnosi

L’anamnesi e la valutazione clinica sono fondamentali per comprendere la causa origine dell’ipercheratosi nei casi in cui questa non sia palese; l’obiettivo principale è raccogliere quante più informazioni possibili per isolare i casi che richiedano una diagnosi istopatologica (analisi in laboratorio) per indirizzare al trattamento più appropriato.

L’anamnesi non può prescindere da:

  • età del paziente,
  • storia clinica familiare,
  • esposizione a sostanze tossiche, farmaci,
  • mansioni lavorative,
  • anamnesi della lesione in corso (quando è comparsa, evoluzione, …),
  • patologie e trattamenti concomitanti.

L’esame obiettivo (ispezione visiva della lesione) deve essere approfondito per comprendere esattamente l’entità della malattia, con particolare attenzione all’intera superficie cutanea del corpo (al di là della lesione individuata dal paziente), inclusi cuoio capelluto, palpebre, orecchie, perineo e mucosa genitale, capelli e unghie. La lesione viene descritta in termini di colore, consistenza, forma e distribuzione. Anche la pelle circostante dev’essere esaminata per rilevare la presenza di peculiarità quali xerosi generalizzata (secchezza), seborrea, alterazioni della sudorazione, segni di fotoinvecchiamento come lentiggini cheratosi attinica.

Quando necessario il medico dermatologo può ricorrere ad esami strumentali per chiarire l’origine della lesione:

  • Dermoscopia: esame non invasivo che consente l’ingrandimento della lesione cutanea, attraverso una sorta di potente lente d’ingrandimento dotata di fonte luminosa.
  • Biopsia: esame moderatamente invasivo che richiede il prelievo di un piccolo campione di pelle, è tuttavia essenziale nei casi in cui il contesto clinico non sia immediatamente chiaro.
  • Patch test: possono essere utili per identificare l’allergene causale quando si sospetti una dermatite allergica, suggerita da eruzioni persistenti, pruriginose, eczematose in cui sia stata esclusa qualsiasi altra causa identificabile.

Complicazioni

Al di là delle complicazioni proprie della causa scatenante, si pensi ad esempio alle condizioni maligne, non va sottovalutato l’impatto in termini di disagio psicosociale che può originare dall’aspetto estetico dell’ipercheratosi, soprattutto quando si sviluppa nelle aree esposte come il viso, il cuoio capelluto ed il collo.

Un’altra complicazione che è talvolta possibile osservare è la cicatrizzazione secondaria alla manipolazione traumatica delle lesioni da parte del paziente (che ad esempio si può grattare, o addirittura tentare di rimuovere con metodi casalinghi ed invasivi).

Cura e rimedi

La scelta del trattamento non può prescindere da una corretta diagnosi del disturbo:

  • L’abitudine ad una corretta pratica di cura quotidiana della pelle è fondamentale per prevenire l’eccessiva secchezza e favorire l’esfoliazione degli strati più superficiali, ad esempio con detergenti a pH adatto e non aggressivi, evitando anche bagni troppo caldi. Utile l’applicazione di emollienti ed agenti cheratolitici topici (acido lattico, acido salicilico, urea) sulle aree interessate delle ipercheratosi (a concentrazione specifica).
  • Approcci più aggressivi possono essere intrapresi su ipercheratosi benigne come calli e duroni, per ridurre la pressione esercitata e e la quantità di tessuto ipercheratosico.
  • L’applicazione (più raramente l’assunzione) di farmaci cortisonici rappresentano il trattamento di prima scelta per le malattie caratterizzate da un processo infiammatorio di base come il lichen planus o la psoriasi. L’applicazione topica è la scelta migliore per la malattia localizzata, per un periodo di tempo compreso tra 1-2 settimane (trattamenti prolungati godono di un rapporto rischio beneficio meno favorevole).
  • I retinoidi (derivati della vitamina A), topici o orali, sono usati nei disturbi della cheratinizzazione come ittiosi, cheratosi follicolare e psoriasi.
  • Immunosoppressori e/o immunomodulatori (ciclosporina, idrossiclorochina, sulfasalazina, alefacept, efalizumab) possono essere utilizzati nei casi gravi di recidiva, così come gli inibitori topici della calcineurina (tacrolimus o pimecrolimus).
  • I trattamenti combinati con laser e microdermoabrasione sono tecniche non invasive che trovano talvolta applicazione per specifiche malattie.
  • Le procedure chirurgiche hanno una rilevanza limitata a pazienti e casi estremamente selezionati.

Fonti e bibliografia

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