Lecitina per il colesterolo: ne vale davvero la pena?

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Lecitina (E322)

Lecitina è un termine ombrello che racchiude diversi composti chimici; storicamente il nome deriva dalla parola greca lekithos (λεκιθος), che significa “tuorlo d’uovo” (la prima molecola fu isolata, a metà del XIX secolo, proprio da questo alimento).

Chimicamente le lecitine sono miscele di glicerofosfolipidi, tra cui

  • fosfatidilcolina,
  • fosfatidiletanolammina,
  • fosfatidilinositolo,
  • fosfatidilserina
  • e acido fosfatidico.

Nell’organismo umano alcune di queste sostanze trovano posto nelle membrane cellulari, ma la sostanza non è considerata essenziale (il fegato è in grado di produrla autonomamente); la lecitina alimentare è tuttavia una fonte di colina, un nutriente che è invece essenziale (ovvero da introdurre regolarmente con l’alimentazione).

La lecitina è una miscela di sostanze molto usata in tecnologia alimentare, tanto da aver meritato un codice specifico utilizzato nelle etichette nutrizionali: E322.

Ogni molecola possiede una parte lipofila (in grado di sciogliersi nei grassi come l’olio) e una idrofila (in grado di sciogliersi in acqua); grazie a questa sua peculiare natura le molecole di lecitina sono in grado di costituire un’interfaccia tra due sostanze altrimenti immiscibili, come appunto olio e acqua. Trova quindi applicazione tra l’altro come:

  • Emulsionante (consente la miscelazione di sostanze altrimenti immiscibili)
  • Solubilizzante (dissolve l’olio nell’acqua) e umidificante (aiuta le polveri a sciogliersi più velocemente nell’acqua)
  • Agente anti-cristallizzante, ad esempio nel cioccolato
  • Agente anti-raffermamento per allungare la conservabilità dell’alimento
  • Addensante.

Non stupisce quindi la sua presenza in un’ampia gamma di alimenti industriali e artigianali, come ad esempio prodotti da forno, formaggi, prodotti a base di carne, … È importante notare che nonostante la lecitina sia di per sé una sostanza non solo utile all’organismo, ma addirittura potenzialmente preziosa, spesso la sua presenza nell’elenco degli ingredienti è indice del fatto che l’alimento in questione sia un prodotto ultratrasformato e quindi tutt’altro che sano (e la presenza della lecitina non mitiga in alcun modo questo fatto).

A testimonianza di questo va ricordato che la lecitina di per sé, in quanto ingrediente singolo, è a sua volta una sostanza altamente processata.

Lecitina di soia o di girasole? Dove si trova?

Le fonti alimentari con il maggior contenuto di lecitina sono:

  • semi di soia (da cui viene prodotto il relativo olio, che può vantare il contenuto di lecitina e fosfatidi più alto fra tutti gli oli vegetali),
  • arachidi ,
  • fegato di vitello,
  • cereali (come avena e grano),
  • uova (in particolare nel tuorlo).

Dal punto di vista degli integratori alimentari (o in forma di materia prima) potrebbe essere estratta anche dal girasole, per aggirare il rischio di allergie alla soia.

E la lecitina geneticamente modificata?

La comunità scientifica è abbastanza compatta nel definire gli organismi geneticamente modificati ragionevolmente sicuri, soprattutto nel caso di quelli normalmente autorizzati al commercio. Nonostante questo è ancora abbastanza diffusa la preoccupazione circa eventuali rischi di salute e per questa ragione viene spesso preferita dagli utilizzatori finali la lecitina proveniente da fonti NON-OGM.

Andrebbe tuttavia ricordato che la lecitina in quanto tale, come ingrediente isolato, è il frutto di un processo industriale di trasformazione piuttosto lungo complesso (è un ingrediente altamente processato) e le analisi chimiche dimostrano come nel preparato finale la proteina (o  il relativo DNA geneticamente modificato) della coltura originale da cui viene estratta è sostanzialmente non rilevabile.

In altre parole la lecitina derivata da colture non OGM non è chimicamente distinguibile da quella ottenuta da colture OGM.

A cosa serve la lecitina come integratore?

Lecitina di soia

Shutterstock/Regreto

Viene talvolta proposta per il trattamento del morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson e altre forme di demenza, ma ad oggi non esiste prove scientifiche sufficientemente solide a sostegno di questi usi.

Purtroppo nemmeno quando assunta con l’obiettivo di ridurre il colesterolo sembra avere un effetto clinico significativo.

Lecitina di soia e tiroide

Il dubbio che la lecitina possa creare problemi alla tiroide deriva probabilmente dalla possibilità che la soia potesse interferire con l’assorbimento della terapia sostitutiva (levotiroxina) prescritta in caso di ipotiroidismo.

Una recente revisione sistematica della letteratura disponibile conclude tuttavia che “il consumo di soia non ha alcun effetto sugli ormoni tiroidei e aumenta in modo molto solo modesto i livelli di TSH, con un significato clinico non chiaro”.

Questi due elementi portano a concludere che sia sufficiente assumere eventuali farmaci per la tiroide a distanza da altri integratori e dal cibo, come peraltro indicato dal foglietto illustrativo.

Un normale consumo alimentare di lecitina (e di soia) non sembra invece rappresentare un problema (ma in caso di condizioni patologiche si raccomanda di valutare il proprio caso con l’endocrinologo).

Fa dimagrire

No, la lecitina non fa dimagrire.

Fa male? Effetti collaterali e controindicazioni

Sebbene in genere la lecitina di soia non contenga quantità significative di proteine della soia, qualche precauzione viene espressa nei confronti dei soggetti allergici alla soia. Questo è sostanzialmente l’unico rischio documentato della sostanza.

Dal punto di vista alimentare non pone alcun rischio ma, parlando di lecitina nella dieta, la più grande differenza tra la lecitina di origine animale e quella di origine animale è che la seconda è sempre accompagnata da colesterolo, sostanza sostituita tipicamente dai fitosteroli nel mondo vegetale, anche se di per sé questo ha meno ricadute pratiche su valori ematici di quanto si possa pensare, perché:

  • il colesterolo tal quale, assunto con la dieta, ha un impatto ridotto sui valori di colesterolo circolanti, più fortemente influenzati da altri tipi di grassi (è invece vero che gli alimenti animali contengono tipicamente grassi saturi, questi sì responsabili di un peggioramento dei valori);
  • nonostante quanto si possa pensare i fitosteroli non sembrano avere ricadute cliniche effettive in termini di rischio cardiovascolare (benché riduca i valori di colesterolo circolanti del sangue).

Resta comunque il fatto che gli alimenti animali nel complesso hanno un contenuto di grassi nutrizionalmente peggiore degli alimenti vegetali e per questa ragione i primi vanno limitati a favore dei secondi.

Fonti e bibliografia

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