Elettrostimolatore muscolare: funziona?

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Cos’è un elettrostimolatore?

Wikipedia definisce l’elettrostimolazione muscolare (EMS) come “l’attività di fare esercizio fisico da fermi grazie a un piccolo strumento elettronico […] tramite una piccola scarica elettrica ripetuta frequentemente”.

Descritto in questo modo sembra apparentemente il sacro Graal del fitness, un dispositivo in grado di garantire i benefici del movimento senza la fatica necessaria, ma come spesso succede quando qualcosa è troppo bello per essere vero esiste un “ma”… e, come si dice, quando c’è un “ma” tutto quello che viene prima non conta nulla.

La scoperta che l’applicazione di una corrente elettrica al muscolo è in grado di garantirne l’attivazione risale a più di due secoli fa e si tratta di un effetto che ha consentito avanzamenti medico-tecnologici enormi, se pensiamo che ad esempio anche il pacemaker cardiaco si basa proprio su questo principio.

Questa osservazione ci consente quindi di iniziare ad individuare due diversi campi di applicazione:

  • curativo, in caso di condizione medica (malattia, infortunio, …)
  • cosmetico-sportivo, per migliorare la prestazione, la composizione corporea, …

Esiste poi un terzo importante ambito, quello diagnostico, ma che non verrà trattato nel presente articolo.

Posto che i recenti progressi tecnologici (è possibile acquistare elettrostimolatori portatili e relativamente economici) hanno favorito la diffusione presso il grande pubblico (non solo allenatori e atleti, ma anche soggetti non sportivi), è naturale interrogarsi sulla reale efficacia, ma quando ci chiediamo se un elettrostimolatore funziona è indispensabile circoscrivere la risposta ad un preciso ambito di applicazione, perché generalizzare non può che essere un errore.

Elettrostimolatore

Shutterstock/Josfor

Funziona per migliorare la performance sportiva?

Esistono diversi approcci possibili in campo sportivo (che prevedono ad esempio l’applicazione di diverse frequenze), volte tra l’altro alla

  • promozione dell processo di recupero in atleti allenati alla resistenza (recovery),
  • miglioramento di forza e potenza muscolare negli eventi anaerobici (training).

“L’allenamento di forza mediante elettrostimolazione neuromuscolare promuove adattamenti neurologici e muscolari che sono complementari ai ben noti effetti dell’allenamento di resistenza volontario”; questa affermazione fa parte della sintesi editoriale di un congresso mondiale di ricercatori del 2010 sull’argomento. A questo proposito è tuttavia importante fare almeno due considerazioni:

  • A causa delle caratteristiche delle fibre muscolari scheletriche, diversi tipi di fibre possono essere attivati in misura differente a seconda del protocollo utilizzato, così come variabili sono le modificazioni indotte; alcuni programmi sono volti al miglioramento della resistenza alla fatica, altri aumenteranno alla produzione di forza.
  • La frase riportata non menziona l’entità dell’effetto, che può essere più o meno rilevante a seconda del soggetto.

Ma soprattutto il termine chiave è “complementari”, ovvero che richiedono comunque che si porti avanti anche un tradizionale e curato percorso di allenamento.

Uno studio pubblicato sul The Journal of Strength & Conditioning Research si è proposto di valutare se l’elettrostimolazione potesse o meno contribuire ad ottenere un vantaggio in termini di prestazioni in atleti professionisti, concludendo che, nonostante il già elevato livello di forma fisica, è possibile osservare un miglioramento almeno pari a quello di soggetti non allenati, anche se purtroppo si tratta di un campo in cui non è semplice ideare lavori di ricerca che possano prevedere un’efficace confronto con placebo.

In anni recenti si sono diffusi approcci dinamici, in cui la stimolazione elettrica avviene non con l’atleta a riposo, ma durante l’esecuzione del gesto sportivo (rendendo ancora più appropriato parlare di complementarietà).

In ultima analisi l’elettrostimolazione sportiva in alcuni specifici settori potrebbe garantire un effetto tangibile, ma è importante:

  • chiedersi se tangibile sia anche significativo (per un atleta professionista qualsiasi miglioramento può fare la differenza, non così per l’amatore),
  • evitare l’improvvisazione anelando a risultati eclatanti ed immediati, magari nemmeno supportati da un adeguato stile di vita (esercizio fisico E alimentazione),
  • essere consapevoli che il processo di adattamento ottenuto non è il risultato di una modifica olistica dell’organismo (mente, cuore, muscolo), ma solo di stimolazione passiva del tessuto muscolare.

Citiamo infine un ultimo possibile approccio sfruttato da alcuni atleti, che prevede una seduta a scopo defaticante e che sembra poter favorire il rilascio di piacevoli endorfine, oltre a garantire un modesto aumento della circolazione sanguigna a cui alcuni soggetti legano un certo sollievo  da indolenzimento, rigidità e dolori.

Funziona per la perdita di peso?

In questo caso la risposta non può che essere un secco “no” e, avendo compreso il funzionamento del dispositivo, non dovrebbe sorprendere troppo.

Se è vero che la pratica tradizionale di attività sportiva consente di bruciare calorie (per inciso in quantità inferiore a quanto spesso si crede), l’attivazione muscolare ottenuta tramite applicazione di corrente elettrica causa un dispendio assolutamente irrilevante, perché ottenuta bypassando i meccanismi naturali e offrendo direttamente l’elettricità dall’esterno (elettricità che rappresenta in questo caso la moneta energetica che forniamo pressoché pronta al muscolo). Viene inoltre meno anche il coinvolgimento sistemico dell’apparato cardiocircolatorio (cuore, circolazione e polmoni) ed il relativo dispendio calorico.

Esistono alcuni lavori di ricerca che hanno in realtà dimostrato un miglioramento anche piuttosto sensibile, ma in cui purtroppo (forse inevitabilmente) il gruppo di controllo non riceveva alcuna forma di placebo né di trattamento alternativo. Proprio in questo senso può probabilmente essere meglio interpretato il fatto che alcuni autori hanno comunque correlato positivamente l’utilizzo di un elettrostimolatore al dimagrimento, osservando che i soggetti che ne fanno uso sono poi più inclini alla partecipazione ad attività fisica…

Elettrostimolazione per addominali, glutei e cellulite, funziona?

La FDA americana è molto chiara a questo proposito: sebbene un elettrostimolatore possa essere in grado di rafforzare, tonificare o rassodare temporaneamente un muscolo, nessun dispositivo risulta autorizzato per la perdita di peso, la riduzione della circonferenza o per il miglioramento della prestanza degli addominali (il cosiddetto six-packs).

In altre parole è in linea teorica possibile che protocolli specifici possano contribuire al raggiungimento dell’effetto estetico e funzionale desiderato (e sospirato…) dall’utilizzatore, soprattutto se evoluto, ma in nessun caso ci si dovrebbe aspettare un effetto slegato da un adeguato programma di allenamento tradizionale.

L’applicazione di corrente elettrica ai muscoli ne causa la contrazione ed una stimolazione ripetuta può garantire un certo miglioramento in termini di tonicità e rafforzamento ma, sulla base dei dati attualmente disponibili, non è lecito aspettarsi alcun cambiamento importante dal punto di vista estetico se non affiancato da un adeguato stile di vita (dieta ed esercizio fisico regolare).

Funziona per la riabilitazione fisica?

In medicina, l’elettrostimolatore può essere usato ad esempio per la riabilitazione a seguito di traumi dell’apparato muscolo-scheletrico e per la prevenzione dell’atrofia muscolare, ovvero la perdita di muscolo, quando non sia possibile muoversi (ad esempio in caso di soggetti costretti a letto o all’immobilità per altre ragioni).

Approcci simili sono utilizzati anche in pazienti gravemente debilitati (ad esempio affetti da BPCO, malattie respiratorie croniche, insufficienza cardiaca cronica e/o tumori); nei casi di malattie progressive in stato avanzato si sviluppano spesso gravi quadri di cachessia e debolezza muscolare, che ha ovviamente un impatto negativo sulla capacità di essere e mantenersi indipendenti, nonché sulla qualità di vita; quando non sia possibile attenersi ad un programma di mantenimento fisico la stimolazione elettrica neuromuscolare può rappresentare un’alternativa per mantenere e migliorare la forza muscolare degli arti inferiori.

Da questo punto di vista l’efficacia sembra interessante, ma la letteratura disponibile è tuttavia limitata e non ancora sufficiente a determinare conclusioni realmente solide (e che sono probabilmente variabili in base a condizione, protocollo, …).

Si raccomanda in ogni caso di evitare il fai da te e seguire scrupolosamente le indicazioni mediche (fisiatra, fisioterapista, ortopedico, …).

Un principio simile è ad esempio quello declinato nella TENS, volto in questo caso a garantire un effetto analgesico (la corrente applicata non è sufficiente ad innescare una contrazione muscolare visibile).

Elettrostimolazione sul viso: funziona a livello cosmetico?

L’applicazione di leggere scosse elettriche mediante elettrodi applicati sul viso è una declinazione piuttosto recente dell’elettrostimolazione muscolare, che si pone l’obiettivo di rafforzare e tonificare una muscolatura non più adeguatamente sostenuta (ad esempio guance cascanti).

Ad oggi non esiste un adeguata quantità di letteratura per offrire una risposta certa, ma si raccomanda di affidarsi solo a centri qualificati e con esperienza dimostrabile.

Cosa succede durante una seduta? Fa male?

  • Gli elettrodi sono posizionati intorno al distretto corporeo oggetto del trattamento.
  • La corrente elettrica verrà inizialmente applicata in forma molto leggera, per poi essere gradualmente aumentata.
  • Quello che si percepisce è una sensazione di formicolio e, a seconda del protocollo, si potrebbe avvertire/vedere la contrazione muscolare più o meno accentuata.

Controindicazioni e rischi

Questo tipo di stimolazione muscolare può ormai vantare uno storico di utilizzo che si misura in anni, quando non decenni, sia a livello sportivo che fisioterapico, fatto che lo rende ragionevolmente sicuro per la maggior parte dei casi. È tuttavia molto importante acquistare esclusivamente apparecchi autorizzati per la vendita al pubblico e che l’utilizzo avvenga nel più scrupoloso rispetto delle indicazioni fornite dal produttore.

Il principale rischio in termini di rilevanza clinica legato all’elettrostimolazione è la possibilità di incorrere in rabdomiolisi, una pericolosa condizione caratterizzata dalla rottura delle cellule muscolari e dal conseguente rilascio in circolo del contenuto. Le sostanze così immesse nel sangue, come la mioglobina, possono diventare causa di danni gravi e permanenti ai reni. Per monitorare quest’eventualità si raccomanda di verificare periodicamente i valori di creatinfosfochinasi (CPK) nel sangue, ma anche il colore dell’urina può essere indicativo (una colorazione rossastra è motivo di allarme).

La FDA americana ha ricevuto negli anni segnalazioni di shock, ustioni, lividi, irritazioni cutanee e dolore associati all’uso di alcuni di questi dispositivi.

Ci sono state anche alcune segnalazioni recenti di possibili interferenze con dispositivi impiantati come pacemaker e defibrillatori, rendendolo controindicato in questi soggetti. Si raccomanda più in generale cautela in soggetti cardiopatici, mentre è controindicato (per il principio di precauzione) nelle donne in gravidanza.

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