Infezione all’ombelico nel neonato (onfalite): pericoli e cura

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Introduzione

L’onfalite è un’infezione dell’ombelico e/o dei tessuti circostanti che si verifica principalmente nel neonato; il rischio è legato alla possibile progressione dell’infezione con interessamento dell’intero organismo (sepsi) e possibile rischio fatale.

Si tratta di una condizione ormai rara nei Paesi industrializzati, ma che purtroppo colpisce ancora con troppa frequenza in aree caratterizzate da un’assistenza sanitaria insufficiente.

Cause

Il cordone ombelicale è il legame fisico tra madre e figlio, attraverso cui passano sangue ossigenato e ricco di nutrienti dalla placenta al feto e le sostanze di rifiuto in senso inverso; viene tagliato subito dopo la nascita a pochi centimetri dall’addome ed il moncone residuo è destinato ad asciugarsi gradualmente per poi cadere entro 5-15 giorni, lasciando una cicatrice permanente (ombelico).

A seguito della nascita l’ombelico passa da una condizione di assoluta sterilità (l’interno dell’utero materno) ad un ambiente ricco di vita batterica, che immediatamente ne colonizza il distretto (al pari dell’intera superficie corporea); i tessuti residui del moncone ombelicale non solo promuovono la rapida crescita di questi batteri, ma i vasi sanguigni possono fungere da porta d’accesso per il flusso sanguigno, con il potenziale rischio di innescare una pericolosa infezione sistemica.

L’onfalite è un’infezione dell’ombelico che si sviluppa tipicamente durante questo delicato processo e gli gli agenti patogeni più comunemente responsabili sono Staphylococcus aureus, Streptococcus pyogenes e vari batteri gram-negativi come Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae e Proteus mirabilis.

È una malattia ormai rara nei Paesi sviluppati, con un’incidenza inferiore all’1%, mentre nei Paesi in via di sviluppo raggiunge valori prossimi al 10% in ospedale ed oltre il 20% per i parti in casa.

Fattori di rischio

I fattori di rischio per lo sviluppo dell’onfalite comprendono:

  • basso peso alla nascita (inferiore a 2.5 kg),
  • cateterismo ombelicale (procedura che consente la rapida somministrazione di farmaci),
  • rottura prolungata delle membrane (rottura delle “acque”, non seguita dal parto entro 24-48 ore) e travaglio prolungato,
  • infezione materna,
  • alterazioni del sistema immunitario,
  • cura impropria del cordone ombelicale (l’applicazione dello sterco di vacca ancora diffusa nei paesi in via di sviluppo per tradizioni culturali è ovviamente associata a tassi più elevati di onfalite),
  • deficit di adesione leucocitaria (LAD), una rara condizione causa di immunodeficienza genetica, ed altre forme di compromissione del sistema immunitario.

È invece molto rara superata la fase neonatale, benché si trovino in letteratura segnalazioni di casi anche in età adulta.

Sintomi

I sintomi in genere iniziano a un’età media di 3-5 giorni nei neonati prematuri, 5-9 nei nati a termine, con lo sviluppo di:

  • dolore,
  • arrossamento,
  • gonfiore ed indurimento di ombelico e tessuti circostanti.

I piccoli pazienti potrebbero anche presentare perdite purulente (pus) o di sangue dal moncone del cordone ombelicale.

Complicazioni

Inizialmente quest’infezione è limitata agli strati di pelle più superficiali (cellulite infettiva), ma se trascurata può progressivamente estendersi fino a coinvolgere l’intera parete addominale. Lo sviluppo di sintomi sistemici come

suggeriscono la diffusione dell’infezione attraverso il sangue (sepsi) e sono associate ad un grave peggioramento della prognosi.

Sebbene non comune, potrebbe verificarsi una fascite necrotizzante, infezione che può coinvolgere gli strati più profondi della pelle fino al tessuto muscolare ed oltre, in grado di  causare una rapida morte dei tessuti coinvolti.

Diagnosi

La diagnosi, o quantomeno il sospetto diagnostico, è in genere clinico (basato cioè sull’osservazione dei sintomi), ma richiede la conferma mediante indagini di laboratorio che possono comprendere:

  • emocromo completo (con particolare attenzione alla conta dei globuli bianchi)
  • coltura dell’eventuale materiale purulento raccolto dall’ombelico, che possa guidare nella scelta dell’antibiotico più efficace.

In caso di sintomi sistemici (e sospetto di sepsi) potrebbe essere utile ricorrere ad una valutazione più generalizzata che comprenda anche

  • radiografia del torace,
  • analisi delle urine,
  • urinocoltura
  • e coltura del liquido cerebrospinale (per evidenziare l’eventuale diffusione dell’infezione a livello del sistema nervoso centrale).

Cura

L’onfalite viene trattata con un’aggressiva terapia antibiotica ad ampio spettro somministrata per via endovenosa; viene in genere intrapreso un trattamento empirico iniziale, eventualmente sostituito non appena siano disponibili i risultati della coltura.

La durata della terapia antibiotica dipende dalla risposta clinica del paziente e dalle eventuali complicanze che possono svilupparsi durante il ricovero ospedaliero.

Fonti e bibliografia

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