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Introduzione
Un milione di misurazioni.
Letteralmente un milione di misurazioni su 25000 soggetti tedeschi nel 1850.
Ecco la base su cui abbiamo costruito un’idea che oggi diamo per scontata, ma che in passato non lo era affatto:
La febbre è un sintomo, che può eventualmente diventare un segno, e non una malattia.
Questa definizione apparentemente banale è stata una vera rivoluzione del pensiero medico e la dobbiamo al dottor Wunderlich, che con invidiabile pazienza ha definito come normale una temperatura corporea di 37° dopo averla misurata per oltre un milione di volte sotto le (speriamo lavate ma non ci conterei troppo) ascelle di 25000 connazionali.
Te ne parlo perché è interessante notare come questi valori siano stati verificati solo in poche occasioni nonostante i 170 anni trascorsi e tipicamente con campioni molto più ridotti, questo è per esempio uno studio del 1992 nato proprio con l’obiettivo di verificare le conclusioni di Wunderlich, ma condotto solo su 148 persone, mentre solo un paio di giorni fa è stato pubblicato su Jama un interessante lavoro che è stato in grado di prendere in considerazione più di 600000 persone. Di questo è particolarmente curioso il metodo d’indagine: i ricercatori hanno infatti avuto l’intuizione di andare a pescare le misurazioni registrate sulle cartelle cliniche dei pazienti da medici professionisti, durante il loro lavoro ambulatoriale quotidiano.
Posto che anche questo studio pone diversi limiti di generalizzazione, e se vuoi approfondire c’è un’interessante analisi del Dr. Wilson su Medscape, io salterei direttamente alle conclusioni che mi sembrano utili anche per noi.
Valori normali
Il valore medio di temperatura corporea che emerge dallo studio, misurato in bocca, è di 36.64° C.
Questo significa che tutto ciò che è diverso da questo valore è patologico? Suggestivo di qualcosa che non va? Ovviamente no, ed è qui che a mio avviso le cose si fanno interessanti.
- La temperatura corporea varia in base al sesso, tendenzialmente le donne mostrano qualche decimo di grado in più di noi maschietti.
- I ricercatori non hanno preso in considerazione individui con caratteristiche fisiche troppo diverse dalla media, ad esempio molto alti e molto bassi, molto magri od obesi, tutti fattori che potrebbero incidere.
- Tende a diminuire progressivamente con il passare degli anni: se una donna di 20 anni mostra poco più di 36.7°, a 80 anni il valore medio è sceso a poco meno di 36.6.
- La temperatura corporea varia nell’arco della giornata: è minima nelle prime ore del mattino e pian piano aumenta fino a raggiungere un picco verso metà pomeriggio, ma bada bene, parliamo sempre di decimi di grado.
Eh già, perché anche solo prendendo in considerazione le 24 ore di un giorno qualunque è assolutamente normale registrare oscillazioni che possono raggiungere il mezzo grado, in conseguenza di fattori quali
- cambiamenti metabolici,
- il normale ciclo sonno/veglia,
- variabilità ormonale
- e cambiamenti nei livelli di attività.
In caso di vera e propria febbre, invece, l’aumento della temperatura corporea è tipicamente superiore a 0,5 °C e soprattutto è secondario al rilascio di specifiche sostanze definite pirogene.
Se hai qualche minuto da perdere i ricercatori hanno pubblicato un interessante calcolatore che, immessi i tuoi dati anamnestici (sesso, età, peso e altezza) ti mostra l’andamento della temperatura nell’arco della giornata e, l’aspetto più interessante, è a mio avviso la comunque ampia variabilità predetta, quasi due gradi, a testimonianza del fatto che nonostante tutte queste variabili prese in considerazione c’è ancora spazio per alterazioni soggettive (alcune prevedibili, come la fase del ciclo mestruale femminili, altre imprevedibili).
A titolo di curiosità ti segnalo anche che ci sono ricercatori convinti del fatto che la temperatura media della popolazione sia progressivamente diminuita negli ultimi decenni, in parte forse per l’aumentata precisione dei termometri, ma altre ipotesi allo studio sono anche più intriganti:
- una riduzione del metabolismo
- una riduzione dell’energia spesa quotidianamente (ti ricordo che produrre energia implica necessariamente una perdita in termini di calore, proprio come succede nel motore della tua macchina)
- un diverso ambiente di vita, le case di oggi sono molto diverse da quelle di 100 anni fa
- forse anche per un ridotto stato infiammatorio, grazie ai miglioramenti sanitari dell’ultimo secolo.
Quanta confusione!
Alla fatidica domanda che spesso poniamo al nostro medico, dottore, 37° è già febbre?, la risposta è quindi presumibilmente sì, soprattutto in alcune categorie di soggetti come ad esempio, estremizzando un po’ a fini divulgativi, un nonnino maschietto magro-magro.
Questa grande variabilità è alla base di una sorta di paradosso: nonostante l’evidente rilevanza della febbre per qualsiasi diagnosi medica, NON esiste ad oggi una definizione universalmente accettata, comprensiva di intervallo numerico, come invece abbiamo per qualsiasi altro parametro vitale, pensa ad esempio alla pressione del sangue, ai battiti del cuore, alla saturazione dell’ossigeno o a qualsiasi altro parametro del sangue.
Nella mole di letteratura prodotta durante la pandemia da COVID, tutti i lavori evidenziavano ovviamente la febbre come sintomo chiave e più comune, ma pochissimi entravano nel dettaglio della misurazione:
- quale termometro?
- dove è stata misurata?
- a che ora?
- caratteristiche del paziente?
La mancata descrizione del sito anatomico in cui vengono effettuate le misurazioni è poi particolarmente problematica, data la variazione di temperatura che ne deriva; prendi ad esempio questa revisione sistematica:
- rettale, 37,04°C
- orecchio 36,64°C
- bocca 36,57°C
- ascellare, 35,97°C.
Ma come? Non avevamo appena definito un attimo fa 36.64 °C???
Appunto…
Ecco perché ad esempio il manuale MSD definisce la febbre come una temperatura orale superiore a 37,8°C o una temperatura rettale superiore a 38,2°C o, meglio, una temperatura superiore al valore normale giornaliero noto di una persona…
Va beh, ma che c’importa del termometro, tanto la possiamo avvertire appoggiando la mano sulla fronte, no?
No.
La palpazione della pelle nella diagnosi di febbre è altamente inaffidabile. La presenza di febbre viene sottostimata in quasi un caso su due, anche quando la temperatura effettivamente misurata raggiunge i 39°C.
Sintomi
E i sintomi che l’accompagnano? Ci aiutano?
Beh, forse un pochino… i sintomi del paziente sono dovuti principalmente alla condizione che causa la febbre, ma anche la febbre stessa può da sola indurre
- brividi, che sono spesso proprio il meccanismo con cui il corpo aumenta la propria temperatura (s’induce una contrazione volontaria che provoca il brivido e, come detto prima, si produce anche calore),
- eventuale sudorazione,
- sensazione di freddo mentre la temperatura aumenta
- ovviamente un certo malessere generale.
Febbre senza sintomi?
A complicare la situazione il fatto che in alcuni casi si registra una febbricola senza sintomi, anche se a questo proposito è molto importante distinguere la febbre dall’ipertermia:
- Nella caso della febbre si verifica un aumento della temperatura determinato da una precisa scelta del cervello, che consente al corpo di provvedere a un aumento controllato della temperatura interna e soprattutto al mantenimento della funzionalità generale di tutti gli organi,
- nel paziente che sviluppi ipertermia, invece, l’aumento della temperatura interna del corpo va oltre i confini della temperatura decisa dal cervello, ad esempio per ragioni ambientali, esponendo il paziente a gravi rischi di salute.
Insomma, l’ipertermia è diversa, molto diversa dalla febbre, perché se questa è una risposta dell’organismo a un qualsiasi stato di infiammazione e che per questo insorge a prescindere dalla temperatura ambientale, l’ipertermia invece si verifica perché indotta solo dalla temperatura esterna.
A cosa serve la febbre?
Eh già, perché la febbre è una reazione sistemica, ovvero di tutto l’organismo, a un’infezione; è un meccanismo che si è evoluto negli animali a sangue caldo per oltre 600 milioni di anni a scopo difensivo.
Sebbene un aumento della temperatura corporea porti successivamente ad un aumento del costo metabolico, richiede cioè parecchia energia da bruciare, i benefici in termini di sopravvivenza sono eclatanti.
Un aumento della temperatura corporea agisce come intanto come sistema di attivazione della sorveglianza immunitaria attraverso diversi tipi di cellule, ma esprime anche un effetto diretto, chiaramente dimostrato da un interessante aneddoto storico.
Prima della scoperta degli antibiotici, la sifilide (una malattia sessualmente trasmessa) poteva avere complicazioni drammatiche, spesso anche mortali; per fartela molto breve, il medico austriaco Wagner-Jauregg ricevette il Premio Nobel per la medicina nel 1927 come riconoscimento dell’importanza dell’ideazione di una terapia nota come malarioterapia, un trattamento della sifilide che consisteva nel contagio volontario di un paziente affetto da neurosifilide con i plasmodi della malaria, malattia nota per causare severi picchi febbrili, picchi che servivano a contrastare i batteri responsabili della sifilide.
Rimaneva poi il problema successivo di curare la malaria, ma vabbeh, un problema alla volta, no?
Quando è necessario abbassare la febbre?
E questo ci porta all’ultima domanda, quando dobbiamo usare farmaci antipiretici, che abbassino la febbre?
Beh, qui la risposta è semplice, quando lo dice il medico…
Scherzi a parte, ora abbiamo capito che definire un valore normale di temperatura è un vero pasticcio, ma entro certi limiti potrebbe non essere un problema così grosso per noi… per una leggera febbriciattola è infatti spesso preferibile evitare l’assunzione di farmaci e lasciare che sia il corpo a reagire, anche perché abbiamo evidenze del fatto che spegnere sul nascere questa risposta fisiologica possa addirittura allungare i tempi di guarigione.
Come si legge in una lettera inviata al British Medical Journal, è sorprendente che nel 21° secolo si stia ancora discutendo sull’utilità di intervenire con farmaci per ridurre la temperatura corporea e alleviare i sintomi dell’influenza, perché esistono solide ragioni scientifiche per considerare questo consiglio come potenzialmente controproducente, ad esempio l’osservazione che l’assunzione di antinfiammatori in caso di raffreddore aumenti il tasso di proliferazione del virus responsabile.
NON ti sto dicendo di non assumere farmaci, quello che ti sto consigliando è di non abusarne, e soprattutto lasciare che sia il tuo medico a valutare se e quando sia corretto intervenire; ad esempio nei bambini, più sono piccoli e più attenzione serve, non tanto per la febbre in sé, ma per la ragione per cui si manifesta. In caso di dubbi, telefonata alla pediatra, mi raccomando, attenendosi poi scrupolosamente alle indicazioni ottenute.
Un’ultima avvertenza: a dover essere segnalata al medico è anche una febbriciattola insolita e inspiegabile, che duri per troppi giorni.
Autore
Dr. Roberto Gindro
laureato in Farmacia, PhD.Laurea in Farmacia con lode, PhD in Scienza delle sostanze bioattive.
Fondatore del sito, si occupa ad oggi della supervisione editoriale e scientifica.