Introduzione
Il Disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione fa parte dei disturbi dissociativi, un gruppo di malattie accomunate dall’alterazione dell’esperienza soggettiva, molto spesso in seguito ad un trauma o uno stress acuto (abusi, violenze, incidenti, catastrofi naturali).
In particolare i disturbi dissociativi sono caratterizzati da una vera e propria sconnessione delle funzioni cerebrali di:
- coscienza di sé e dell’ambiente circostante,
- senso di identità,
- rappresentazione corporea,
- controllo motorio e del comportamento,
- memoria,
- emotività,
- percezione.
Per quanto riguarda la depersonalizzazione/derealizzazione la disregolazione riguarda:
- esperienza del sé o di parti del sé: depersonalizzazione,
- esperienza dell’ambiente circostante: derealizzazione.
La persona si sente sconnessa dalle proprie sensazioni o dal mondo esterno provando un senso di irrealtà, estraneità, stranezza, profondo distacco (ad esempio osserva le proprie azioni dall’esterno, come in un sogno, si sente un automa, sente che il corpo o le emozioni non gli appartengano).

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Prognosi
In molti casi i sintomi del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione spariscono spontaneamente, ma in alcune circostanze possono divenire angoscianti o compromettere l’affettività e i rapporti interpersonali e sociali di chi ne soffre.
Nei casi severi la mancanza di connessione con sé e con gli altri, l’appiattimento dell’affettività e la sensazione generale di mancanza di risonanza con la vita provoca una profonda sofferenza fino allo sviluppo di pensieri di suicidio.
È fondamentale rifiutare l’idea di non poter chiedere aiuto, perché questo non fa altro che aumentare la sensazione di intensa solitudine.
Prevalenza e decorso
La prevalenza, ossia il numero di casi nella popolazione generale, del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione è del 2%, distribuita in egual misura fra femmine e maschi.
In realtà quasi la metà degli adulti ha provato una volta nella vita almeno un episodio transitorio di depersonalizzazione o derealizzazione, ad esempio si è sentito un osservatore esterno mentre faceva qualcosa da solo o con altre persone.
D’altra parte la presenza dei sintomi completi che permettono di fare diagnosi è più rara rispetto a quelli passeggeri.
L’esordio del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione può essere improvviso oppure più graduale e mediamente avviene intorno ai 16 anni, anche se esistono casi di insorgenza in infanzia.
Meno frequente è l’esordio dopo i 20 anni e molto raro oltre i 40 anni.
Per quanto riguarda il decorso del disturbo può avvenire in diversi modi, in particolare gli episodi possono essere:
- separati gli uni dagli altri,
- continui fin dall’esordio,
- dapprima episodici per poi diventare continui (alcune persone non ricordano una fase della propria vita libera dai sintomi).
I tre casi sono tutti diffusi con la stessa probabilità fra i pazienti interessati dalla condizione.
Cause
Le cause del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione sono molto spesso i traumi e gli stress acuti. Esistono poi alterazioni biochimiche nel cervello, predisposizione familiare alla malattia e fattori precipitanti.
- Traumi e stress acuti: Esiste una chiara associazione fra traumi infantili (abusi emotivi, fisici, violenze, essere testimoni di violenze domestiche, crescere con un genitore gravemente malato di mente, morte inaspettata o suicidio di una persona cara) e sintomi dissociativi i quali spesso si manifestano in seguito. Ad esempio, nel disturbo da stress post-traumatico si hanno dei sintomi dissociativi come amnesia (perdita di memoria), flashback e depersonalizzazione/derealizzazione. I sintomi dissociativi di per sé non sono risposte “anormali”; sono infatti meccanismi di difesa e di sopravvivenza di fronte ai pericoli, che si attivano nel tentativo di adattarsi al trauma e superare l’ansia. La situazione diventa patologica quando i sintomi sono generalizzati, cioè perdurano oltre il trauma o si manifestano in assenza del pericolo.
- Disregolazione dei circuiti cerebrali: si assiste alla modifica di alcun circuiti e attività del cervello (asse ipotalamo-ipofisi-surrene, lobo parietale inferiore, corteccia prefrontale e sistema limbico).
- Fattori comportamentali. Possono favorire la negazione della realtà e lo sviluppo di adattamenti non adeguati:
- tendenza all’evitamento,
- difese del sé immaturo (meccanismi di idealizzazione, svalutazione o proiezione),
- tendenza alla “disconnessione” (a causa dell’inibizione emotiva dovuta a trauma, abuso, trascuratezza e deprivazione in infanzia),
- tendenza all’“iperconnessione” (dipendenza, vulnerabilità).
- Fattori precipitanti che possono peggiorare il disturbo:
- gravi stress interpersonali, economici o lavorativi,
- depressione,
- ansia (in particolare gli attacchi di panico),
- mancanza di sonno.
- Droghe. Nel 15% dei casi di depersonalizzazione/derealizzazione i sintomi sono scatenati in maniera specifica da:
- THC (tetraidrocannabinolo),
- allucinogeni,
- ketamina,
- MDMA (3,4-metilenediossimetamfetamina “ectasy”),
- salvia divinorum (pianta psicoattiva allucinogena).
Sintomi
I sintomi del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione sono particolarmente invalidanti, poiché vissuti come delle intrusioni non volute e improvvise
- nei pensieri,
- nelle percezioni,
- nel comportamento
della persona e che hanno come effetto l’interruzione della continuità dell’esperienza soggettiva.
Non ci sono prove di una distinzione netta fra chi ha sintomi predominanti di depersonalizzazione e chi di derealizzazione, si possono presentare entrambe o singolarmente.
I sintomi consistono in episodi persistenti e ricorrenti di:
- Depersonalizzazione: esperienza distorta, di irrealtà, di estraneità e distacco dal sé o da parti del sé, dal corpo o da parte del corpo. Questa definizione comprende:
- frammentazione del senso di identità,
- distacco dalla propria mente, da se stessi o dal proprio corpo (“Non sono nessuno”; “So di avere delle emozioni ma non le sento”; “I miei pensieri non sembrano appartenermi”; “Il braccio non è mio”),
- diminuita consapevolezza delle proprie azioni (sentirsi degli automi, robotici, non riuscire a controllare i movimenti e le proprie parole),
- ottundimento emotivo o fisico,
- ricordi alterati o difficoltà a sentirsi il protagonista degli stessi,
- perdita della memoria (amnesia),
- sensazione di un sé diviso fino ai casi estremi di “esperienze extracorporee” nelle quali una parte è l’osservatore della scena e l’altra parte è la protagonista.
- Derealizzazione: esperienza distorta, di irrealtà, di estraneità e distacco dal mondo esterno, dalle persone e dagli oggetti, come se ci si sentisse dentro una bolla, dietro a un velo o un vetro che dividono la persona dal resto. L’ambiente è percepito come:
- irreale,
- onirico,
- nebbioso,
- inanimato,
- senza colori,
- artificiale,
- deformato.
Possono presentarsi distorsioni della percezione:
- temporale (tempo o troppo veloce o troppo lento),
- visiva (aumento o restringimento del campo visivo, bidimensionalità, dimensioni alterate e così via),
- uditiva (udire voci, suoni silenziati o amplificati),
- tattile.
Altri sintomi accompagnatori possono essere:
- sintomi fisici vaghi:
- ovattamento/pesantezza/pienezza alla testa,
- formicolio,
- stordimento;
- preoccupazioni ossessive, come controllare ripetutamente le proprie percezioni per essere sicuri siano reali,
- ansia,
- depressione.
Negli episodi di depersonalizzazione/derealizzazione l’esame di realtà rimane integro, cioè la persona conserva le capacità di distinguere ciò che sta provando da quello che è reale (a differenza dei disturbi psicotici nei quali questa consapevolezza manca).
Nonostante questa apparente “lucidità”, può essere molto difficoltoso esprimere e descrivere i propri sintomi fino a cercare di razionalizzarli o cancellarli per timore di “stare impazzendo” o di soffrire di una malattia cerebrale grave.
L’esperienze possono essere veramente terrorizzanti e invalidanti quando si presentano nei momenti meno opportuni (ad esempio sentirsi fluttuare e osservare le proprie azioni dall’alto mentre si paga alle casse del supermercato, senza riuscire a muoversi o a parlare; paura di non riuscire mai più a ritornare nel proprio corpo).
La durata dei sintomi è variabile da poche ore o giorni fino anche a più settimane, mesi o anni.
In alcuni casi l’intensità può aumentare o diminuire considerevolmente, mentre a volte può rimanere stabile.
Nei casi gravi i sintomi sono presenti per anni o decenni.
Diagnosi
La diagnosi del disturbo di derealizzazione/depersonalizzazione è clinica e si basa sulla raccolta dei sintomi secondo i criteri diagnostici del DSM V (Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali), ossia:
- presenza di persistenti o ricorrenti episodi di depersonalizzazione, derealizzazione o entrambe,
- in questi momenti l’esame di realtà è intatto (la capacità di riconoscere ciò che è reale da ciò che non lo è), a differenza delle psicosi,
- compromissione delle attività quotidiane e dei rapporti sociali
- esclusione che i sintomi siano causati da droghe, farmaci o altre malattie.
Importante è escludere alcune condizioni, alcune gravi, in grado di mimare i sintomi:
- altra malattia medica (come lesioni cerebrali, epilessia o sindrome delle apnee ostruttive nel sonno): soprattutto in presenza di un esordio dopo i 40 anni o di sintomi atipici,
- altri disturbi dissociativi,
- disturbo depressivo maggiore,
- disturbo ossessivo-compulsivo,
- disturbo d’ansia,
- disturbi psicotici,
- abuso di sostanze/farmaci (intossicazione acuta o astinenza),
- aspetti culturali (è importante menzionare che in alcune culture sintomi possono essere indotti volontariamente da alcune pratiche di meditazione e rituali religiosi e non devono essere diagnosticati come patologici).
Cura
La cura del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione si rende necessaria nei casi persistenti e disabilitanti e ha l’obiettivo più ampio di affrontare gli eventi traumatici all’origine dei sintomi.
L’approccio multidisciplinare di psicoterapia e farmaci, che prenda in considerazione il contesto della storia di abuso o trauma, è quello associato ai migliori risultati nel lungo termine e a minori ricadute. Dipende ovviamente dalla persona e dalla severità del quadro.
- Psicoterapia, di cui ne esistono diversi tipi come:
- Terapia cognitivo-comportamentale: riconosce i comportamenti fonte di disagio e li sostituisce con quelli più funzionali.
- EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing): tratta i sintomi della sindrome da stress post-traumatico.
- Terapia dialettico-comportamentale: indirizzata ai disturbi del comportamento severi in seguito ad abusi, traumi o ideazione e tentativi di suicidio.
- Terapia familiare: l’oggetto di terapia è la persona nel contesto delle dinamiche relazionali familiari.
- Arte e musico-terapia: esplorano e facilitano l’espressione di pensieri, sentimenti e percezioni bloccati.
- Farmaci. Non esistono farmaci specifici per la depersonalizzazione/derealizzazione, si ricorre quindi ad approcci in grado di trattare i sintomi concomitanti di ansia e disturbi dell’umore:
- ansiolitici,
- antidepressivi,
- antipsicotici (nei casi di traumi complessi).
- Tecniche di rilassamento e meditazione.
Fonti e bibliografia
- Cleveland Clinic
- DSM V – Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali V edizione
- Gentile JP. et al, STRESS AND TRAUMA: Psychotherapy and Pharmacotherapy for Depersonalization/Derealization Disorder. Innov Clin Neurosci. 2014; 11(7-8): 37-41
Autore
Dr.ssa Roberta Kayed
Medico chirurgoSpecializzanda in Psicoterapia e Medical Writer, iscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bologna n. 17114.