Per anni, un misterioso “morbo neurologico” ha agitato la provincia canadese del New Brunswick.
Una sindrome dai contorni sfuggenti, con sintomi gravi come demenza a rapida insorgenza, allucinazioni e tremori, che sembrava colpire senza spiegazione apparente.
I media l’hanno chiamata “sindrome neurologica di causa sconosciuta” (NSUC) e, dal 2019, sono stati raccolti oltre 200. Ma ora uno studio pubblicato su JAMA Neurology sembra spezzare l’aura di mistero che ha circondato questo caso per anni.
Secondo i ricercatori guidati dal neurologo Anthony Lang, dell’Università di Toronto, non esiste alcuna malattia sconosciuta. Lo studio, che ha analizzato nel dettaglio 25 pazienti, ha concluso che tutti avevano diagnosi neurologiche già conosciute, come Alzheimer, Parkinson, disturbi funzionali, lesioni cerebrali traumatiche o sindromi post-concussione.

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In altre parole, nessuna “nuova” malattia è emersa, ma piuttosto una catena di diagnosi sbagliate, documentazioni imprecise e interpretazioni affrettate.
L’autore dello studio non usa mezzi termini: “Quando abbiamo rivisto i casi con attenzione, abbiamo scoperto che molte delle informazioni raccolte in precedenza erano errate. C’erano pazienti a cui erano stati attribuiti sintomi che non avevano mai avuto, o esami interpretati male.” Secondo i ricercatori il caso si è trasformato in una sorta di “castello di carte”, sorretto più da ipotesi che da evidenze.
Il problema, però, è anche umano e sociale. A diversi pazienti era stato detto di avere una malattia misteriosa e forse letale. Questo ha generato paura, isolamento e incertezza, con un impatto importante sulla loro salute mentale e qualità della vita. Per questo, i ricercatori insistono sull’importanza di cercare un secondo parere, da parte di specialisti qualificati, e di garantire un percorso di cura adeguato.
Ma non tutti sono d’accordo. Il neurologo che per primo aveva segnalato il problema, Alier Marrero, contesta le conclusioni dello studio e denuncia di essere stato escluso dall’indagine. Sostiene di aver visitato centinaia di pazienti e di essere convinto che qualcosa di insolito ci sia davvero, anche se ancora sfugge alle analisi.
Le autorità sanitarie della provincia, pur prendendo atto dei nuovi risultati, non hanno ancora chiuso l’indagine. Anzi, hanno promesso ulteriori verifiche, coinvolgendo anche l’Agenzia canadese per la salute pubblica. Alcuni chiedono test ambientali – su acqua, suolo e aria – per escludere eventuali contaminazioni. Altri, invece, ritengono che le prove attuali bastino per archiviare il caso.
Quel che è certo è che questa vicenda mette in luce quanto sia difficile, nei casi complessi, distinguere tra realtà clinica e percezione collettiva. Errori diagnostici, mancanza di coordinamento tra specialisti e comunicazione poco chiara possono generare una tempesta perfetta di confusione, sospetti e paura.
Il “morbo del New Brunswick”, forse, non è mai esistito, a resta un monito su quanto conti la trasparenza, la rigore scientifico e, soprattutto, l’ascolto accurato dei pazienti, al di là delle ipotesi più sensazionalistiche.
Fonte originale: MedScape